Tu sei
in quanto io ti penso
quale pensante me
e io sono
in quanto tu mi pensi
quale pensante te
sicchè
tu non cessi di pensarmi
e quindi di esserci
finchè io ti penso
e io non cesso di pensarti
e quindi di esserci
finchè tu mi pensi
E se
è il mio pensarti
a far sì che tu ci sia
quale pensante me
ed è il tuo pensarmi
a far sì che io ci sia
quale pensante te
tu non puoi cessare
di pensare me
perché io non posso cessare
di pensare te
e noi
non possiamo che
pensarci all’infinito
Ma se
è il nostro reciproco pensarci
a porci in essere
nell’infinito dirci
“Tu sei”
che
quale atto supremo dell’amore
ci fa l’un l’altro
garanti della vita
noi stessi siamo l’infinito
L’infinito infatti
si dà solamente
nell’intersoggettività
dove
il soggetto che pensa
non ha più bisogno
per esserci
quale pensante
di conoscersi nella finitudine
del suo pensato
perché si riconosce
nel pensare infinito
dell’altro soggetto che pensa
E se noi stessi
siamo l’infinito
l’infinito
finalmente è
perché
l’infinito non è
se non
in chi è infinitamente
in Silvia Montefoschi, La glorificazione del vivente nell’intersoggettività tra l’uno e l’altro, Golden Press, Genova