TartaRugosa ha letto e scritto di: Luisa Carrada (2012), Lavoro, dunque scrivo!, Zanichelli, 2013

TartaRugosa ha letto e scritto di:

Luisa Carrada (2012)

Lavoro,  dunque scrivo!

Zanichelli

E’ fine luglio, tempo di vacanze.

Le usuali notizie metereologiche: a metà mese una violenta grandinata ha messo a repentaglio il mio carapace. Nascosta sotto il telo di copertura dei pomodori, percepivo il cupo tonfo dei chicchi gelati sopra e intorno me. Dalle 4 alle 4.30. Poi  il silenzio.

Quando mi sono decisa a sporgere il capo, i pomodori non c’erano più e ampie chiazze di ghiaccio riempivano i solchi di quello che fino al giorno prima sembrava essere il risveglio delle ritardatarie coltivazioni.

Ma io sono forte e la natura pure. Così in questi giorni, a 38 gradi e una siccità preoccupante, tutti ci stiamo dando da fare per costruire la nostra resilienza.

E anche se il pensiero va all’imminente agosto, la sensazione della parola “lavoro” va oltre l’immaginazione. Si sta lavorando davvero!

Poi c’è TartaRugoso in preda agli incubi del foglio bianco e quindi dedico a lui questa lettura, perché “quando il testo è più complesso e dedicato alla stampa, gli si chiede ancora di più un pensiero ispiratore, una struttura coerente e armonica, uno stile, una voce inconfondibile. Cose che scaturiscono da un lavoro minuzioso, quasi sempre anche lungo”.

Molti insegnamenti di questo libro arrivano dritti dritti anche a me, visto e considerato che Carrada approfondisce con esercizi di scrittura gli stili e le modalità più adatte alle nuove forme di comunicazione di  intranet, siti web e social media, sostenendo che “siamo diventati tutti un po’ scrittori ed editor … per tutti, mantenere e far crescere le relazioni dipende quindi anche dalla capacità di esprimersi attraverso testi chiari ed efficaci”.

Senza poi parlare degli innumerevoli esempi di quanto poco gradevoli siano modelli comunicativi improntati su linguaggi burocratesi che conferiscono al testo significati difficili da decodificare, soprattutto oggi che ci troviamo nella necessità di concentrare i nostri messaggi non più su pagine ma su schermi, cioè su finestre che mostrano solo una porzione di testo alla volta.

Per Carrada l’accesso alle tante informazioni che ormai costellano la nostra sete di conoscenza è positivo:”non spaventi l’abbondanza, anzi. E’ sempre meglio avere a disposizione più materiale di quanto poi effettivamente utilizzeremo. … Copiate e tagliate pure, ma annotate rigorosamente autore e fonte di ogni cosa, anche minima. … Il testo migliore non è frutto di un collage,ma di una scelta”.

E’ questa la fase del pre-writing, si raccoglie e contemporaneamente si progetta. Nella testa di chi scrive, lentamente quanto misteriosamente, carta, bit, informazioni, notizie, materiali raccolti iniziano ad intrecciarsi e a formare le prime mappe, scalette e  organizzazioni testuali.

Chi deve scrivere per pubblicare saggi ben conosce questo momento, la cui durata può anche essere molto lunga.

E ora, dopo il processo della raccolta, la “corsa alla redazione”, la parte che più affligge TartaRugoso.

A lui le parole di Carrada: “Siamo alla redazione, la fase più temuta e procrastinata. Una paura che si smorzerà assai se abbiamo ben  lavorato prima. Il segreto è infatti non arrivarci con il foglio bianco, ma con molti fogli già ben riempiti con molte parole che ci aspettano: le mappe, gli appunti, la scaletta. Tutto è pronto per la fase di redazione, che in genere scatta quando:

– i materiali raccolti sono talmente tanti che”chiedono” di prendere forma in una prima stesura

– siamo talmente coinvolti e convinti del nostro lavoro che desideriamo condividerlo al più presto

– la scadenza per la consegna si avvicina pericolosamente”.

Per abbassare l’ansia, quindi, è fondamentale non perdere tempo nel cercare le giuste parole dell’avvio, quanto invece correre, ovvero “accettare di scrivere la prima bozza anche “così così”, senza fermarsi a rifinire…. Non fermiamoci a controllare un dato, ad arrovellarci su una singola parola, a limare un periodo…. Quello che man mano ci viene in mente, scriviamolo in rosso per ricordarcene dopo. Ora, meglio inseguire la suggestione di una parola, di una nuova idea e fissarle subito prima che svaniscano. Per verificare coerenza e tenuta del testo, fare i controlli, sintonizzare lo stile, per fortuna c’è la revisione. Se ci si mette a correre, inoltre, la paura passa”.

E’ dunque nella fase di revisione che si deve rallentare per: controllare contenuti e loro organizzazione, eseguire il controllo grammaticale, migliorare lo stile, verificare le  fonti, definire la formattazione.

Nel suo tirare le fila, l’autrice ricorda a chiunque si senta intimorito dalla scrittura:

–          è meglio organizzarsi che aspettare l’ispirazione

–          se crediamo che l’ispirazione ci visiti all’improvviso è perché nasce dal materiale accumulato

–          non colpevolizzarsi se non si sta incollati al computer: si scrive anche quando non si scrive

Passata questa introduzione, si entra nel cuore degli argomenti classici delle scuole di scrittura, con un occhio particolare alla struttura del testo sulla pagina web.

TartaRugosa, notoriamente arcaica e ostile a queste innovazioni, ha finalmente imparato perché quando scriveva articoli sul blogzine, puntualmente riceveva dalla redazione il suggerimento di capovolgere il testo. Infatti: “Il modello retorico classico comincia con l’introduzione (esordio, narrazione, argomentazione, epilogo), quello giornalistico con la notizia e la conclusione. … In una pagina web la notizia deve stare necessariamente sopra lo scroll, poiché è sulla prima schermata che i lettori si soffermano per l’80% del tempo…. La piramide rovesciata deve perciò anticipare la conclusione, facendo seguire la notizia o le informazioni più importanti”.

Provvidenziali i suggerimenti forniti per la cura della sintassi: le riflessioni sull’utilizzo della forma attiva, del congiuntivo, del gerundio, del lessico specialistico accompagnate dal confronto tra un testo “macchinoso” e l’immediata traduzione dello stesso con una sintassi semplificata aiutano senz’altro a migliorare il proprio stile e facilitare la comprensione di ciò che si scrive.

Particolarmente affascinante per me il capitolo sul “Cercare la parola giusta senza essere Flaubert”.

Un esercizio che aiuta è soffermarsi su una parola, capire come è nata e si è trasformata, guardarne la forma, pronunciarla per ascoltarne il suono. Improvvisamente, è come se si aprisse un sipario e le parole raccontassero un’intera storia”.

Nel mondo del lavoro, questa attitudine evidentemente non è molto seguita e me ne sono resa conto nel leggere gli esempi che Carrada porta a supporto dei gerghi inutili, che contribuiscono a distrarre il lettore, a deviare l’informazione, a confondere l’attenzione.

Errori in cui molte volte io stessa sono caduta, nella falsa convinzione che la scelta di alcuni verbi, aggettivi, locuzioni fossero più autorevoli proprio per la pomposità di cui amano circondarsi le organizzazioni. La lista è sconfortante, a proposito dei verbi così distinti:

–          i paternalistici: consentire, mettere in grado, permettere

–          i velleitari: volere, intendere

–          gli antiquati: provvedere, procedere, trasmettere

–          i visionari: vedere, prevedere

–          i buoni-a-tutto: effettuare, sviluppare, realizzare, usare, utilizzare

–          i pomposi: rappresentare, costituire, figurare, risultare

Impietosi, ma d’un vero che più vero non si può: provvedere al pagamento, anziché pagare, per esempio, oppure procedere all’avvio del progetto, anziché avviare il progetto, e via elencando.

Sembra davvero che  la scrittura professionale avversi radicalmente preposizioni semplici, preferendo loro parole ed espressioni lunghe. I consigli in questo caso riguardano:

–          è sempre possibile spiegare con parole semplici quelle più difficili

–          i vocabolari sono i nostri amici, anche quello etimologico

–          per scegliere la parola giusta bisogna conoscerne tante

–          usiamo senza problemi le parole straniere solo quando non hanno una buona e dignitosa alternativa in italiano; in tutti gli altri casi pensiamoci su

Se poi ci soffermiamo sulla lunghezza del testo, è essenziale ricordare che i nuovi media esigono la capacità di saper potare e tagliare: “Togliere le parole che non servono è come passare un panno su un vetro appannato e veder emergere più nitido il paesaggio che sta dall’altra parte”. Naturalmente la gentilezza della sfrondatura non significa che  bisogna trasformare la parola intera in abbreviazione (p.v.; u.s.; gg.; prof.ssa; gent.le). Ci sono poi cose che non andrebbero mai tagliate, per esempio il nome di battesimo che, se indicato solo con l’iniziale, impedisce il riconoscimento del sesso.

Un altro accorgimento è di evitare verbi che comunichino nostre intenzioni, in quanto appesantiscono il messaggio, rendendolo appunto più appannato. Espressioni come: ricordiamo, precisiamo, aggiungiamo, rammentiamo, è  interessante notare che, scriviamo per ricordare che … sono spesso del tutto superflue. Per esempio la frase: La informiamo che i ns uffici saranno chiusi fino al 18 agosto diventa molto più efficace con: I nostri uffici saranno chiusi fino al 18 agosto.

La coppia vincente sulla pagina web, indica l’autrice, è rappresentata da titolo e sotto-titolo, in quanto possono racchiudere sia l’oggetto, sia il tema dell’articolo. L’oculata scelta della loro costruzione, inoltre, consente un buon posizionamento sui motori di ricerca, orientando e incuriosendo il lettore con sole poche battute di lettura veloce.

La necessità di accontentare un pubblico ormai incapace di sostare sui caratteri di stampa prevede l’apprendimento di tanti piccoli accorgimenti che Carrada offre in abbondanza ai suoi lettori (utilizzo di liste, spaziature, colonne, font, numerazioni, ridondanze, ripetizioni, formule di cortesia, e tante altre cose ancora): è sufficiente darsi la briga di leggere il suo libro e mettere in pratica gli esercizi proposti.

I risultati non mancheranno, parola di TartaRugosa che si è cimentata con successo in una delicata lettera di risposta ad un cliente deluso!

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