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“Nelle colline sopra Asti, Paolo Conte bambino ascoltò la telefonata con cui la donna delle pulizie fu avvertita che i suoi cinque figli erano stati fucilati dai nazisti …
anni dopo scriverà la più bella canzone italiana sul dopoguerra”
(in Aldo Cazzullo, Giuro che non avrò più fame, Mondadori, 2018, pagina 17):
Bionda, non guardar dal finestrino
che c’è un paesaggio che non va.
È appena finito il temporale,
sei case su dieci
sono andate giù.
Meglio che tu apri la capote
e con i tuoi occhioni guardi in sù.
Beviti sto cielo azzurro e alto
che sembra di smalto
e corre con noi.
Sulla Topolino amaranto
si va che è un incanto,
nel quarantasei.
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Via via, vieni via con me, il refrain più commovente della mia gioventù e di quella di molti altri della mia generazione. Paolo Conte è ritornato a Roma dopo la pandemia e ha infiammato per due serate le migliaia di anime della cavea all’Auditorium Parco della musica. Bellissimo vedere tanti giovani. A 85 anni ha cantato per due ore con il gruppo di amici di sempre, i suoi straordinari musicisti. Il pubblico romano lo ha accolto con immenso affetto.
Aveva cominciato come autore. Ha scritto alcuni dei capolavori della musica. Azzurro per Adriano Celentano, e Insieme a te non ci sto più per Caterina Caselli, tanto per intenderci. Ha scritto per Patty Pravo, per Gigliola Cinquetti, per Bruno Lauzi. Pensare che da ragazzo non voleva cantare, scriveva solo per altri, che secondo lui avevano la voce più giusta. Per fortuna per noi, alla fine se ne è infischiato e ci ha accompagnato con la sua indimenticabile e straordinaria voce per decenni.
È legato da una lunga amicizia con Roberto Benigni e Nicola Piovani. Tutti e tre appassionati di enigmistica, si scambiano sofisticatissimi rebus da una vita. Lo si capisce bene dalle loro opere. Benigni ha interpretato con finezza diverse canzoni dell’amico Paolo, tra cui appunto Via con me e Sud America. Ha poi composto l’appassionata Mi piace la moglie di Paolo Conte, per la bellissima e spiritosa Egle. Il coniuge ha risposto dedicando una canzone alla zia di Benigni.
Paolo Conte ci ha portati via da questo tempo grigio, difesi dalle mode, nella libertà provvisoria di un sogno. Il suo grande fascino deriva dalla straordinaria musica, naturalmente, ma anche dalla capacità onirica dei testi. Noi adolescenti ne avevamo un gran bisogno. Azzurro era perfetto per questo. In un pomeriggio fermo e deprimente potevo immaginarmi i colori del cielo e un viaggio in treno per andare altrove.
Ricordo una sera a Torino, con i suoi musicisti. Hanno suonato per gioco Insieme a te non ci sto più e abbiamo cominciato a interpretare la frase «chi se ne va, che male fa». Per alcuni voleva dire quanto è doloroso essere abbandonati, per altri invece, che a volte si deve andare via ma non si hanno colpe. Scivoli dentro i testi dell’ex avvocato di Asti grazie a questi doppi significati e ai suoi mondi fantastici. Come in Onda su onda, invenzione geniale di un malcapitato con una fidanzata che lo tradisce, e invece di cadere nel dolore, si immagina di cadere in mare e di finire su un’isola incantata, una terra di gioia e di donne bellissime, «ci sono palme e bambù/ è un luogo pieno di virtù. Steso al sole ad asciugarmi/ il corpo e il viso,/ guardo in faccia il paradiso.»
“Razmataz” è la sua opera europea. Scritta in italiano, in inglese, francese, tedesco e spagnolo. Un’orchestra di venti elementi, compresi quartetti d’archi e coriste. Ci ha trascinato nel mondo di sogno degli anni ’20 e ’30, culle dell’estetica del Novecento. È un musical, un film senza cinema. Si trovano molti miti di Conte: il jazz dei pionieri, l’avanguardia, la Babele dei linguaggi, la “sensualità” delle vite disperate, il mare di luci di una Parigi popolata di “commissari e farfalle”, la nostalgia per qualcosa che non si è vissuto.
Anni fa mi disse: «Sono stanco. Ho più di sessant’anni e mi domando che senso ha questo invecchiare accanto a un pianoforte». Per fortuna è stato un gran bugiardo. Ha girato il mondo in questi 25 anni e io ho avuto l’onore di seguirlo come cronista. Siamo stati in Germania, Olanda, al Barbican Hall di Londra, ovviamente all’Odéon di Parigi, negli Stati Uniti, a New York, Boston, e infine anche in Canada.
I suoi testi sono porte che si spalancano verso il sogno e la fantasia, che spesso significano salvezza. Per me ascoltare Conte è come entrare in paradiso.
Paolo Conte, nato ad Asti il 6 gennaio 1937 (84 anni). Cantante. Autore. Il più grande cantautore italiano vivente. Molto noto anche all’estero (soprattutto in Francia). Tra gli album Un gelato al limon (1979), Appunti di viaggio (1982), Paolo Conte (1974), Aguaplano (1987), Parole d’amore scritte a macchina (1990), Novecento (1992), Una faccia in prestito (1995), Razmataz (2000), Elegia (2004), Psiche (2008), Amazing Game (2016). Del 2020 il film documentario Paolo conte. Viene via con me di Giorgio Verdelli. «Sembra burbero ma in realtà è uno che ha un sorriso dentro e anche una tenerezza e una voglia di comunicare che si esprime per sottintesi» (Giorgio Verdelli) • «Paolo Conte est sexy» (Jane Birkin) • «Da bravo e nobile provinciale quale è sempre stato, ha narrato di un altrove che è nei sogni di tutti. Ha saputo raccontare come nessun altro lo sguardo goffo e innocente dei piemontesi di terra che per la prima volta scoprivano il mare, e Genova per noi rimane la canzone perfetta, una delle dieci più belle canzoni italiane di tutti i tempi. Perfino un periferico bar Mocambo era diventato il luogo dove trovare sublimi e dimessi elisir. Tutti abbiamo fantasticato su quelle bionde che soggiogavano i frequentatori di balere, tutti ci siamo inteneriti su “una luna strepitosa che ci guarda con tristezza”, sul naso di Bartali, impervio come una salita, sui rebus, i calembour, su quelle parole inaspettate che deliziavano l’anima, e qualche volta anche su irresistibili volgarità (“c’è sempre chi si apparta, si mette a scorreggiar tranquillamente” cantava in Per ogni cinquantennio), dette con la grazia sorniona di chi può permettersi qualsiasi licenza» (Gino Castaldo) • «Ha più volte dichiarato che l’impulso primario di ogni sua canzone è sempre musicale; è un gruppo di note, un tema, un motivo, chiamatelo come volete, a proporsi prima come grumo sonoro e quindi via via a definirsi, ordinarsi, compiutamente comporsi. In altri termini, in principio per lui è la Musica, appresso viene il Verbo» (Andrea Camilleri) • «Il disegnatore Bill Griffith, quello di Zippy, che gli ha voluto fare un ritratto, ha colto perfettamente la sua maschera: le rughe, i baffi, gli occhi buoni, lo sguardo di chi ne ha viste di tutti i colori ma nasconde tutto dietro un broncio bonario» (Giuseppe Videtti) • «“Un mago introverso che fonde chanson, poesia enigmatica, vaudeville e swing raffinato”. Non son mai prodighi di complimenti gli inglesi per noi italiani. Ma così il Times ha definito Paolo Conte (…) È uno dei pochi connazionali capaci di incantare gli stranieri» (Matteo Cruccu) [18/6/2009] • «È un poeta del ‘900 che insegnavo ai miei studenti assieme a Luzi, Montale e Ungaretti» (Doriana Fournier, per anni docente all’Henry IV di Parigi) • «È un giocoliere della parola scritta e detta, che della crittografia ha fatto un’arte, un tessitore di armonie e tappeti sonori che pochi sanno intrecciare, un musicista dal profilo unico, dotato di un’ironia schiva e di una sapienza poetica inconfondibili» (Stefano Salis) • «Non sta più scrivendo nulla? “No, assolutamente no. Ma vedremo, poi magari improvviso qualcosa”» (a Simona Voglino Levy, Rolling Stone).
• Titoli di testa «Viviamo in un momento molto cretino» (a Guia Soncini, Marie Claire).
• Vita È nato un anno esatto prima di Celentano: «Siamo stati entrambi portati non dalla Befana, come si tende a dire, ma dai Re Magi» • Di origini borghesi, il padre era un notaio, la madre proveniva da una famiglia di proprietari terrieri: «I miei genitori erano appassionati di musica, erano giovani e in barba alle proibizioni del fascismo si procuravano partiture americane, qualche disco» (a Dario Olivero, Robinson) • «Ho vissuto da bambino, durante la guerra, un bel periodo in una tenuta in campagna di mio nonno, che mi è rimasta ancora adesso come un’idea di paradiso. La prima passione musicale mi è venuta fuori quando mi mettevo su un poggio in alto ad ascoltare: sotto, nel campo lì vicino, aravano con un trattore. Il trattore faceva tutto il perimetro, e man mano che si avvicinava agli angoli emetteva dei suoni diversi, sentivi proprio il ferro, poi magari quando si allontanava faceva una specie di muggito, e questo mi affascinava da morire, stavo lì due ore, e dentro ci sentivo l’essenza della musica» (Soncini) • Aveva otto anni quando finì la Seconda guerra mondiale: «Un mattino alle cinque mia madre ha preso me e mio fratello e ci ha portati alla finestra a guardare sotto i tedeschi che se ne andavano. Ho sentito anche mia madre dire: Bei ragazzi. Aveva ragione» (ibid.) • Suonava il trombone. In terza liceo fu bocciato perché alla scuola preferiva la musica e i suoi glielo requisirono: «Presi sei materie a ottobre e poi sono caduto per il greco» (Voglino Levi) • È avvocato: «Sono laureato, in Giurisprudenza, ma all’epoca, per vari motivi, un po’ perché non avevo punteggi stratosferici, poi perché già pensavo ad altro, fu una cosa sbrigativa, mi ricordo: era un freddo mattino di nebbia, senza nessuno che mi festeggiava» • «Da avvocato ho curato tre o quattro fallimenti e sento, ho sempre sentito, un po’ di tenerezza verso certi personaggi falliti» • «Per diverso tempo ho mantenuto i piedi in due staffe: la mattina a Palazzo di giustizia e il pomeriggio mi fiondavo a Milano dagli editori, insieme a mio fratello facevamo delle tirate con delle nebbie pazzesche per sentirci dire “non posso, sono in riunione”» (Voglino Levi) • Passione per il jazz fin dall’adolescenza, prese parte come pianista e vibrafonista a piccole formazioni locali, poi cominciò a scrivere canzoni per Celentano (Chi era lui, 1966; Siamo la coppia più bella del mondo, 1967; Azzurro, 1968), Caterina Caselli (Insieme a te non ci sto più, 1968), Enzo Jannacci (Mexico e nuvole, 1969), Bruno Lauzi (Onda su onda, Genova per noi) • «Da ragazzo avrei voluto fare il medico, ma l’attrazione per la musica è stata più forte. (…) non riuscirei a immaginare la mia vita senza arte» (CdS 9/10/2008) • Appassionato suonatore di kazoo: «Si costruiva facilmente anche in casa. Io e mio fratello, da bambini, lo facevamo con il pettine e la carta velina. Nel periodo in cui tenevo concerti da solo, perché l’orchestra non potevo permettermela, mio fratello Giorgio mi regalò un vero kazoo, che ho sempre conservato gelosamente, perché usandolo avevo l’impressione di avere alle spalle un’orchestra fantasma. Mi piace il fatto che sia uno strumento con una vaga parvenza umana, perché alla fine sempre di vocalismo si tratta» • «In genere mi rivolgevo agli editori con i provini, a volte uscivano fuori interpreti a sorpresa. Quando affidi la tua canzone a un altro o segui da vicino tutto (l’arrangiamento per esempio è importantissimo) o vai incontro a dei rischi. C’è sempre la possibilità che un vero interprete crei qualcosa di grande e inaspettato, ma c’è anche il rischio del tradimento» • «Come autore, cercavo una credibilità vocale. Non mi soffermavo troppo sul personaggio. Non mi piaceva chi cantava da cantante, preferivo quelli che usavano la lingua italiana in modo credibile, naturale. Ecco perché mi è sempre piaciuto tantissimo Celentano» • Nel 1974 cominciò a cantare le sue canzoni: «A un certo punto, mi accorsi che stavo scrivendo, in una maniera meno esportabile, canzoni che non avrei potuto facilmente mettere in mano ad altri, più ermetiche. Non ricordo quale fu il primo brano che mi rifiutai di dare, ma a un certo punto cominciai a tenermi le canzoni nel cassetto. Temevo che non sarebbero state capite» • Sul primo concerto da cantante: «Avevo già i baffi. Era di mezza stagione, ero vestito di velluto marron. Mi ricordo che avevo un piano verticale, e durante le prove avevo appoggiato una bottiglia di acqua minerale che poi ho dimenticato. Quando poi di sera sono entrato in scena, nel buio, gli ho dato un colpo e ho subito battezzato le prime file. C’era già tanta gente, ad ascoltarmi, un 400-500 persone; poi per 5-6 anni ho suonato ai Festival dell’Unità e mi piaceva anche: l’intellighenzia allora era lì, erano belle le feste con le donne che facevan da mangiare, si compravano i libri negli stand. Ho tenuto concerti anche a qualche grosso Festival dell’Unità, a Roma, Genova, Milano; leggendarie le kermesse emiliane, con quel buon profumo di costine di maiale» • Ha cantato per la Rai la sigla del Giro d’Italia 2007, Silenziosa velocità (poi inserita in Psiche) • Nel maggio 2007 l’Accademia delle Belle Arti di Catanzaro gli ha conferito la laurea honoris causa in Pittura per l’opera multimediale Razmataz • Gli Avion Travel hanno pubblicato l’album Danson metropoli – Canzoni di Paolo Conte (2007) • «Anacronistico per stile e vocazione, Paolo Conte riemerge ormai sempre più di rado dalla sua aristocratica pigrizia di provinciale di lusso amato dal mondo intero. Sempre meno dischi, sempre meno concerti, non parliamo poi di vetrine e passerelle: se le sue interviste sono autentiche rarità, dalle parti di tv e talk show nessuno in quarant’anni di proscenio l’ha mai visto. Passati da poco i settanta, Conte pare sempre più vicino a sfumare in un personaggio dei racconti cantati, delle tele moderniste, dei film in bianco e nero del suo lussureggiante, malinconico universo salgariano, lasciandoci, per sopravvivere, il solo ma prezioso conforto dei suoi baffi in smoking, della sua voce scorbutica, delle sue canzoni, preziose archeologie di jazz, parole e sentimenti» (Paolo Russo) • Nel settembre 2008 esce l’album di inediti Psiche, presentato in anteprima alla Salle Pleyel di Parigi con l’orchestra sinfonica dell’Ile de France diretta da Bruno Fontaine (a cui seguirà una tournée europea). «Psiche piacerà ai contiani fedeli, che vi ritroveranno i miti di sempre, dalla bici al circo, dai misteri femminili alle suggestioni esotiche. Ma ci sono anche sapori e colori inediti, una ricerca musicale che accantona per un po’ jazz e swing e sposa per la prima volta l’elettronica, “i suoni di gomma e di plastica dei sintetizzatori, con la loro strana poesia”» (Curzio Maltese) • Ottobre 2010, nuovo album Nelson (in ricordo del suo cane, un pastore tedesco morto un paio d’anni prima). Quindici inediti cantati in inglese, francese, spagnolo e napoletano. «I brani nuovi entrano poco nei miei live, la gente impiega molto tempo ad abituarsi e nei concerti vuole celebrare la festa della nostalgia» (CdS) • «La città di Parigi ha consegnato a Paolo Conte la Grande médaille de Vermeil, la massima onorificenza della capitale, rendendogli omaggio come cittadino benemerito» (CdS) • Nel novembre 2011, la nuova raccolta di brani dal titolo Gong-oh (con l’inedito La musica è pagana) • Nell’ottobre 2014 Snob. «Non si riferisce certo a me. Come sempre prendo il titolo di uno dei brani e lo uso come titolo. Poi bisogna tener conto che ho un pubblico internazionale e la parola snob è facilmente intelligibile. Comunque per me esistono tre tipi di persone non ordinarie: intellettuale, snob e dandy. Naturalmente la mia preferita è dandy. Lo snob è raffinato ma anche un po’ parvenu» (ad Antonio Lodetti, Giornale) • Nel 2016 pubblica l’album strumentale Amazing Game «era materiale che avevo scritto per il teatro e lo avevo in un cassetto. Semplicemente mi piaceva: è tutta roba improvvisata, una mescola affettuosa tra me e i miei musicisti. Abbiamo avuto un momento di grazia ed è nato il disco da questo dialogo intimo fra di noi. Bello» (Voglino Levy) • Del gennaio 2020 il documentario di Giorgio Verdelli Paolo Conte. Via con me presentato in anteprima alla mostra di Venezia. «L’Avvocato di Asti appare finalmente in prima persona sul grande schermo. Marcello Mastroianni, che ne capiva, lo riteneva l’unico che avrebbe potuto prendere il suo posto sul set. Nel cast del film troviamo Roberto Benigni, Pupi Avati, Caterina Caselli, Jane Birkin, Francesco De Gregori, Jovanotti, Giovanni Veronesi, Vinicio Capossela e Luca Zingaretti, che fa la guida in un viaggio tra milonghe, maccaie genovesi, cassiere che masticano caramelle alaskane, palcoscenici di grandi teatri parigini, londinesi, americani, napoletani, tarantolate esibizioni di Enzo Jannacci al Club Tenco e Monica Vitti che canta Avanti, bionda. Grazie al ricchissimo archivio personale dell’artista Verdelli ha messo in scena la memoria di Conte» (D’Orrico, Sette).
Ricordi «Chi o cosa le manca? Voglio dire, cosa è svanito del passato che vorrebbe ancora con sé? “Mio padre che mi paga un caffè al bar e vederlo che lascia sul bancone cento lire”» (a Paolo Sorrentino, Vanity).
• Frasi «Proprio come Salgari faccio viaggiare i personaggi delle mie canzoni, senza conoscere esattamente i luoghi che evoco. Mi bastano le sensazioni date da un nome o da un profumo. Ci sono giorni d’inverno, quando fiorisce il calicantus nel mio giardino, che basta avvicinarsi ad uno dei suoi fiori per salire su un tappeto volante» • «Non ho mai condiviso la presunzione che una canzone possa cambiare il mondo. Posso capire che una canzone possa far compagnia, siglare un periodo della vita, mettere un sigillo su una storia d’amore. È un mezzo di comunicazione nella misura in cui l’arte, in ogni caso, comunica. Una canzone può segnare un’epoca, questo sì. La canzone ha un odore e può portarti il profumo di una certa situazione, di un momento. Se ascolto Ma l’amore no, sono investito immediatamente dal veleno di quegli anni di guerra» • «Come tanti compositori che scrivono prima le musiche e poi le parole, in genere scrivo con un finto inglese, che è elastico, ti fa sognare molto di più, i pezzi rimangono più astratti, poi quando devi fare i conti con l’italiano cambia tutto» • «Credo fermamente che la gabbia metrica e la rigidità della lingua italiana (quasi impossibile da usare su accordi jazz, meglio invece sui ritmi latinoamericani), se all’inizio creano problemi, alla fine ti costringono a un’essenzialità che fa bene al testo. Forse è anche per questo che uno degli scrittori che amo di più è Simenon. Dei suoi libri Gide diceva: non c’è un’oncia di grasso letterario» • «Io sono un appassionato di tanghi tedeschi, me li faceva ascoltare mia madre, quelli delle cantanti espressioniste come Zara Leander. Erano fatali, l’anima musicale tedesca che si esprimeva con la stessa esuberanza di quella argentina. Il mio preferito era uno che si chiamava Warum» • «Così come la lucertola è il riassunto di un coccodrillo, un tango può essere il riassunto di una vita» • «Mi ricordo una volta, anni fa, era d’estate, dovevo finire di scrivere le canzoni per un album, non avevo idee, ero disperato. Così finii per comprare un nuovo rimario. Tornato a casa, lessi sul risvolto di copertina: contiene frasi di autori come Paolo Conte. Lo buttai via» • «Mi ritengo già fin troppo fortunato per quello che sono riuscito a ottenere perché all’inizio mai mi sarei aspettato un favore di questo tipo. Sono sempre stato parco nelle richieste verso me stesso, ho sempre continuato a sperare di scrivere una bella canzone, magari migliore di altre, niente di più» • «Mi piace il concetto di fuga, e anche il suo sapore. Non so se si fugge per scappare o per rincorrere, credo un po’ tutte e due. Fuggire è, insieme, allontanarsi e ritornare» • «I solitari come me, tendenzialmente un po’ malinconici, che hanno difficoltà a vivere la superficialità delle cose, sono da sempre già un po’ vecchi» (nel giorno del suo settantesimo compleanno) • «Su me stesso non ho mai scritto nulla, non sono per le autoconfessioni. Solo in Sotto le stelle del jazz c’era il comportamento di quattro gatti della mia generazione» • «Le canzoni nascono fresche, fragranti di misteriose essenze (…) Col passar del tempo, ma soprattutto col successo, perdono l’aroma delle origini. È per questo che, per esempio, su Bartali e Sudamerica io accelero i ritmi, mi concentro, mi spremo nel desiderio di restituir loro la magia del momento in cui sono nate» • «Ascoltavo la cronaca del Giro d’ Italia. Alla radio, naturalmente. Sognando e immaginando. (…) Gino Bartali l’ho conosciuto anche di persona (…) Ne ho un ricordo bellissimo. Un uomo leale, di grande cordialità, simpatia e semplicità. Un vero sportivo» • «Anche se ha scritto una canzone per Bartali, Paolo Conte parteggia di più per Coppi: “Era pura aerodinamicità, già nella sua stessa figura fisica”» (Aldo Cazzullo) • «Non ho mai viaggiato volentieri, però viaggio. Se so che è una cosa da fare vado: ma il turismo no, mai. A stare a casa si sta meglio, ho tante cose da fare» [Sta 25/6/2010] • «Quando vado in paesi lontani, la prima cosa che faccio è toccare la terra, voglio conoscere un posto con le dita» • «Certo i miei anni preferiti sono gli anni Venti, ma amo anche gli anni Dieci e gli anni Quaranta, io viaggio avanti e indietro nel tempo. Sono vecchio e ancorato ad alcuni principi estetici. C’è una grossa differenza fra musica attuale e moderna. Io appartengo al moderno. L’attuale ha un senso perché viene suonato oggi ma non ha la forza rivoluzionaria del moderno» (Lodetti) • «Le donne si appassionano al jazz perché non amano l’improvvisazione» • «L’omologazione e il consumismo sono la ragione di base della crisi, tutto è usa e getta. Una maturazione in proprio te la dà la grande passione, che è antitetica all’ansia dilagante di avere successo. (…) Non ho mai visto né Amici né X Factor. Non li ho mai aperti, come programmi. Io in tivù guardo il football» [ibid.] • «Non ho mai fatto niente per il successo, ho fatto tutto solo per dare vita alle mie canzoni. Tenevo solo alle mie composizioni» ( Voglino Levy) • «Nella mia ignoranza cerco di capire: quanto c’è di illuministico nei tempi attuali? Può essere che sia questo, qualcosa che somigli all’illuminismo, epoca di certezze e non di dubbi. Io sono amante dei dubbi» (Soncini) • «Non sono mai stato molto contento di quello che ho fatto» • «La cultura è quella che non hai mai veramente avuto a portata di mano. Devi sentire che ti stai aiutando con un po’ di materiale elevato rispetto a te» (ibid.) • «Io ho sempre dato più importanza alla musica, però negli ultimi tempi inizio a pensare che potrei essere ricordato anche per i testi» (a Giorgio Verdelli, Vieni via con me) • «Non amo tanto raccontarmi in posti diversi da una canzone. In passato l’ho fatto, mi sono aperto. Il fatto è che ci sono artisti che vogliono essere compresi. Io penso alla bellezza di non essere capito nemmeno da me. Non sono per niente sicuro di voler sapere chi sono» (a Massimo Cotto, Mess) • «Penso che il passato prossimo invecchi prima di quello remoto» (ad Antonio Gnoli, Rep) • «La vita ha tante stagioni, la vecchiaia non è detto che non contenga la felicità» (Cotto, Cit.).
Amore È sposato con Egle, cui ha dedicato Gelato al limon: «Se mia moglie è in platea la cerco con gli occhi, perché lei è la quintessenza del mio pubblico» (anche Benigni le ha dedicato una canzone, Mi piace la moglie di Paolo Conte: «Paolo, tu non sapevi che Egle ama il pistacchio / e che personalmente odia il limon») • «Quale novità portò sua moglie? “Un senso di libertà. Poi tante altre cose, ma la prima che mi viene in mente è la libertà”. Vi siete conosciuti in tribunale. Lei da avvocato, sua moglie lavorava là. Come l’ha conquistata? “Credo con le prime canzoni, come Lo scapolo e La ragazza fisarmonica. È stata sempre appassionata di musica e profonda nel sentire, capire”. Mi chiedo: si ricorda qualche due di picche? “Non so. Sa, come tutti ho delle rose che non colsi”. Ce ne è qualcuna che l’ha graffiata più delle altre? “No. Nessun rimpianto. Se non assaggi… questo però non lo scriviamo nell’intervista…”. Assaggiare cosa? “La rosa, finché non assaggi la rosa, non sai bene. Ecco”» (a Luca Mastrantonio, Sette) • Ha un cane di nome Orazio, un bastardino. Prima aveva un pastore che si chiamava Nelson: «Era bellissimo, nero lucido. Un po’ tontolone ma di una bellezza unica. Indolente, sì, per farsi rispettare. L’ho avuto per 12 anni».
• Vizi «Ho alcuni vizietti, cose che la televisione italiana riesce a fare benissimo: La squadra, anzitutto. E poi, su quell’onda, me li sono fatti tutti, Distretto di polizia, Montalbano, Don Matteo, Carabinieri» • «Vedevo Perry Mason e, dopo, Nero Wolfe. Perry Mason risolveva gialli giudiziari a beneficio del proprio cliente innocente. E (pragmatismo americano?), smascherava il colpevole, facendolo comparire addirittura in aula. Trovo, a questo proposito, che il nostro Gianrico Carofiglio sia andato oltre: il suo avvocato Guerrieri riesce a far assolvere il suo cliente innocente, e basta lì. È una lezione di giustizia più alta di quella americana» (D’Orrico, cit.) • Non guarda Sanremo • Tifa per il Milan: «Non sono un vero tifoso, il tifoso anzi io lo aborro. Io sono un intenditore di calcio. Da bambino, come tanti qui della zona, tenevo per il grande Torino. Poi, c’è stata la tragedia di Superga e siamo quasi tutti passati alla Juve […]. Nell’inverno del ‘50, andai con mio zio a Torino a vedere Juventus-Milan. Primo gol della Juve, poi il Milan cominciò una sarabanda e gliene ficcò sette. Finì 7 a 1! C’era il famoso trio Gre-No-Li dei tre svedesi che era strepitoso. […] Ho lasciato la Signora, e ancora adesso tifo per il Milan». Appassionato di ciclismo, cui ha dedicato una delle sue canzoni più celebri, Bartali • Beve il caffè corto con molto zucchero • Fuma Marlboro rosse morbide.
Curiosità Anche pittore: «Nella mia vita il vizio della pittura è molto più vecchio rispetto a quello della musica. Risale a quando ero bambino, poi magari sono stato anni senza toccare pennelli o matite. Da piccolino disegnavo trattori. Crescendo ho disegnato donne nude e musicisti di jazz» • Appassionato di Settimana Enigmistica, rebus, crittografie. «Siamo un gruppo: io, Benigni, Piovani, Guccini. Il più forte? Paolo Conte: se la batte con Bartezzaghi. (…) con quelli del mio “gruppo” ci scambiamo crittografie ideate da noi. Poi passiamo mesi a cercare di risolverle» (Vincenzo Cerami) • Si diverte a inviare per posta a Vinicio Capossela rebus complicatissimi • «Paolo Conte affascinato dalle televendite in tv. S’è anche fatto convincere a comprare qualche quadro» (Silvia Fumarola) • Ha visto otto volte Casablanca e sette L’uomo senza paura con Kirk Douglas • Se fosse un animale sarebbe «indeciso, tra elefante e asino. Entrambi adorabili» (Luca Mastrantonio) • Paolo Conte in vita sua ha letto pochissimi romanzi. «Nessun personaggio mi ha mai particolarmente colpito. Fin da adolescente prediligevo la poesia, in particolare i novecentisti italiani». Legge solo «cose brevi. Gli occhi si affaticano. Pavese, Piero Chiara, l’esilarante maggiordomo di Wodehouse, i porti di Giorgio Seferis, Flaiano» (Malcom Pagani) • Detesta farsi fotografare dai tempi della prima comunione (D’Orrico) • Da qualche anno ha lasciato Asti per traferirsi in campagna: «Vorrei dirle una cosa sugli astigiani, e io sono astigiano purosangue. Qui di poesia e di cose gentili non si è mai trattato. Qui chi ha voluto scrivere ha scritto tragedie. Alfieri, Della Valle, Alione… Perché siamo ancora di origine contadina, rurale. Qui non c’è nessun frizzo galante, qui siamo tagliati un po’ con la scure» (a Dario Olivero, Robinson) • Non è mai stati all’Harry’s Bar di Venezia [D’Orrico, CdS]• Ama la solitudine: «Non so se è perché mi piace stare con me stesso o perché non mi piace stare con gli altri. Non ho tanta voglia di misurarmi con altri. Me ne sto nel mio recinto e mi arrangio, anche perché mi son sempre divertito a fare musica e a disegnare. Sono un pensionato nato, insomma» (a Voglino Levy, cit.) • Non ha il cellulare e non ama la tecnologia: «Colleziono penne stilografiche e matite automatiche». Gli piacciono «le parole con la zeta. E America. Contiene qualcosa che al solo pronunciarla diventa poesia, ha qualcosa di leggendario e arcano» (a Massimo Cotto, Mess) • La parola cantautore gli dà fastidio (Gnoli, Rep) • Ha orrore dell’attualità: «Il suo rumore mi rende impossibile scrivere» (ad Antonio Gnoli, cit.).
Titoli di coda «Una volta mi chiesero, cosa ti piacerebbe che scrivessero sul tuo epitaffio? E io: “È stato il miglior suonatore di kazoo del mondo”».
… Verdelli ha attinto all’immenso patrimonio dell’archivio personale di Conte, dalle riprese dei tour internazionali alle tante occasioni di una carriera assolutamente unica. Il film si inoltra nel labirinto delle sue canzoni, anche quelle scritte per gli interpreti più diversi (da Adriano Celentano a Enzo Jannacci, passando per Jane Birkin, Caterina Caselli e Bruno Lauzi …
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Questa la scaletta proposta all’Auditorium della Conciliazione, la stessa – presumo – che, con qualche variazione, sarà replicata a Brescia il 29 ottobre e a Milano l’11 e il 12 novembre. Dopodiché ci sarà Torino il 12 dicembre e a febbraio (11 e 12)… Paris (!!) e poi Amburgo il 25.
A voi la scaletta:
vai a:
da Antonio D’Orrico, Quando Conte fa musica solo con le parole, in Corriere della Sera Sette
Fammi una domanda di riserva: Paolo Conte in parole sue raccolte da Massimo Cotto eBook: Massimo Cotto: Amazon.it: Kindle Store
Monday August 4, 2014
ST.MORITZ (CH)
Palais Concert Hall Laudinella – Festival da Jazz St. Moritz
www.festivaldajazz.ch
Saturday October 25, 2014
LEGNANO (IT)
Teatro Galleria
Call Center
Thursday October 30, 2014
BOLOGNA (IT)
Teatro Europauditorium
Call Center
Sunday November 9, 2014
MUNICH (D)
Philharmonie
en.gasteig.de
Tuesday November 11, 2014
BARCELONA (ES)
L’Auditori
www.auditori.cat
November 27,28 AND 29, 2014
MILANO
Sala ‘Verdi’ Conservatorio G. Verdi
Call Center
December 4, 5 and 6, 2014
ROME (IT)
Teatro Sistina
06 4200711
www.ilsistina.it
January 26 and 27, 2015
PARIS (FR)
Le Grand Rex
www.legrandrex.com
Friday February 27, 2015
AMSTERDAM (NL)
Koninklijk Theater Carre
…
…
da BARTALI di Paolo Conte
gli AUDIO del concerto:
gli AUDIO del concerto:
A un anno dall’ultimo album “Nelson”, esce oggi in tutta Europa il best di Paolo Conte “Gong-Oh”, che celebra una carriera quasi quarantennale iniziata con l’album “Paolo Conte” del 1974; anche se il reale debutto discografico è del 1962 con il gruppo Paul Conte Quartet (con il fratello Giorgio Conte alla batteria) che ha inciso un Ep per la Rca Italiana passato inosservato. Fra le 19 canzoni della raccolta “Gong-Oh” (che ripropone classici come “Sotto le stelle del jazz”, “Alle prese con una verde milonga” e “Novecento”) c’è anche l’inedito “La musica è pagana” intriso di suggestioni esotiche e ritmi rotondi.
Che cosa l’ha spinta a pubblicare il best “Gong-Oh”?
«L’adempimento di un contratto discografico, prima di tutto».
Qual è la sua visione di musica pagana?
«Nel singolo ho voluto celebrare il godimento fisico che dà la musica, essenza di per sé invisibile e impalpabile».
In questo brano canta “quan to ho inseguito la musica tra i temporali io”: quanta tenacia ha dovuto avere per riuscire ad affermarsi?
«Ho sempre creduto nelle mie composizioni musicali e poetiche, superando i limiti del mio modo di essere interprete ».
Qual è il criterio di selezione delle canzoni della raccolta “Gong-Oh”?
« Molte registrazioni provengono dall’album “Una faccia in prestito” del 1995, che è uno fra i miei preferiti».
Il suo classico “Via con me” è annunciato con un arrangiamento inedito…
«Ci sono semplicemente pochi abbellimenti al bridge strumentale. Niente di più».
“Via con me” è stata cantata anche da Roberto Benigni: quali sono gli interpreti delle sue canzoni di cui è maggiormente soddisfatto e orgoglioso?
«Ho avuto interpreti di gran valore: da Caterina Caselli a Patty Pravo, Adriano Celentano, Bruno Lauzi, Enzo Jannacci, Miriam Makeba con Dizzy Gillespie e tanti altri. A tutti dico grazie ».
Nel 2012 festeggerà 50 anni di carriera. Quali sono la soddisfazione più grande e la delusione più cocente?
«Tirando le somme… mi è andata bene».
Lo scorso gennaio ha ricevuto a Parigi la “Grande Médaille de Vermeil”, massima onorificenza della capitale francese per un cittadino. L’Italia spesso è esterofila: lei si sente più apprezzato all’estero?
«La Francia mi ha premiato molto: “Officier de l’ordre des arts et des lettres de la République française” e la “Grande Médaille de Vermeil” del Comune di Parigi. L’Italia, però, mi ha conferito la nomina di Cavaliere di Gran Croce e due lauree honoris causa.
Match pari».
Lei è tra i firmatari dell’appello della Siae per combattere ogni forma di violazione del diritto d’auto re. In che modo si può sconfiggere la pirateria discografica?
«Se lo sapessi… sarei miliardario».
Qual è il teatro di Milano che lei predilige per un suo concerto?
«Già che ci siamo, diciamo La Scala. Ovvi i motivi».
Ivano Fossati, i R.E.M: e Vasco Rossi, ciascuno a modo suo, hanno deciso di smettere con la musica. Al contrario, Ornella Vanoni ha affermato che un artista muore se si ritira. Qual è la sua opinione?
«Abbiamo tutti un debito con il destino, che ci ha dato un mestiere che nasce da qualcosa che ci piace».
E qual è il suo futuro artistico?
«Lavorare fin che si può per onorare questo debito. Dico bene?».
TRATTO DA: http://www.cronacaqui.it/gossip/19710_paolo-conte-abbiamo-tutti-un-debito-con-il-destino.html
eravamo lì, nel Teatro di Varese in Piazza della Repubblica, e vedere e sentire ancora una volta Paolo Conte.
un momento di eternità.
grande, grandissimo compagno dentro il nostro tempo che resta
Luciana
da una lettera di Luciana ad Alessandra:
… “abbiamo ascoltato Conte a Varese. Effettivamente ci sono persone (spero non solo i “grandi”) che invecchiando riescono a superare se stessi. Come già notato per Svampa (alternava chiacchierate a canzoni) anche Paolo C. ha accorciato i suoi tempi a favore della musica e ha concesso un’unica canzone di bis, facendo segno alla sua gola come a dire “Non ce la faccio più”. E’ stato un tripudio. Molti capelli bianchi oltre che argento nella platea e applausi a non finire. Si è anche commosso. Il suo repertorio da concerto pesca sempre nei successi del passato, e penso che il pubblico si aspetti proprio quelli, non perchè le nuovi canzoni siano da meno, ma proprio perchè le antiche note sono quelle ormai penetrate nel profondo. Ne siamo stati felici” …
la nostra registrazione clandestina è pessima, tuttavia serve a ricordare perlomeno il repertorio di quella sera
Paolo Conte al Teatro di Varese 1 ottobre 2011 – parte 1 e parte 2
Un anno fa l’Observer, dopo un concerto trionfale a Londra, defini Paolo Conte “Un maestro di un’eleganza perduta”. Un titolo perfetto e un omaggio a un grande della musica italiana.
Settantaquattro anni portati con disinvoltura, sul palco non una parola, se non quelle cantate. Eppure Conte scalda e coinvolge il pubblico.
Esattamente come dieci anni fa, l’Apollonio è tutto esaurito. Il cantautore di Asti resterà alla storia a Varese perché fu proprio lui ad inaugurare il teatro con un concerto memorabile. Come allora lui lascia parlare la sua musica. Lo accompagnano dieci musicisti che si muovono intorno al suo pianoforte come L’orchestrina di Nelson che chiude lo spettacolo.
È Cuanta pasion ad aprire il concerto che per quasi due ore strega il pubblico varesino. Una scaletta fatta di canzoni del suo ultimo album Nelson e poi tanti pezzi classici senza sbavature, tra i palleggi del cuore di Alle prese con una verde Milonga, Dancing, Max e Sotto le stelle del jazz, Nina.
Un solo bis ed è quasi un regalo, perché Conte ne concede davvero pochi, e aveva stupito tutti proprio dieci anni fa perché chiuse lo spettacolo senza rientrare sul palco.
Lui si è sempre sottratto alle lusinghe e come raccontava al giornalista dopo il concerto di Londra, “trovo di cattivo gusto approfittare della notorietà per lanciare messaggi”. Un signore di altri tempi, con uno spettacolo che regge solo sulla buona musica ele sue canzoni sono un po’ come un buon vino, invecchiando si assaporano con ancora maggior gusto.
Varese è una tappa speciale per Paolo Conte che domani riceverà il premio del Festival del racconto “Le Parole della Musica”, in collaborazione con il prestigioso Premio Tenco.
da Varese – Paolo Conte, un incantevole ritorno | Varese Laghi | Varese News.
Ascoli, 28 agosto 2011 – Paolo Conte ha illuminato la notte ascolana con una tappa del suo tour che lo vede protagonista nelle capitali europee. Ieri sera l’artista 74enne ha sedotto la splendida piazza del Popolo.
Cantautore, pianista, amante di jazz, Paolo Conte ha presentato i brani del suo nuovo album Nelson, dedicato al suo cane “dalle orecchie musicali” scomparso 2 anni fa. Un lavoro che liricamente e musicalmente ci riporta alle cose migliori dell’artista, con le immancabili citazioni e melodie d’altri tempi, ma con l’aggiunta di un “gioco di lingue” cimentandosi in napoletano, spagnolo, francese ed inglese.
Conte è stato accompagnato sul palco dalla sua band composta da: Nunzio Barbieri (guitar, electric guitar); Lucio Caliendo (oboe, bassoon, percussions, keyboard); Claudio Chiara (alto sax, tenor sax, baritone sax, flute, accordeon, bass, keyboard); Daniele Dall’Omo (guitar); Daniele Di Gregorio (drums, percussions, marimba, piano); Luca Enipeo (guitar); Massimo Pizianti (accordeon, bandoneon, clarinet, baritone sax, piano, keyboard); Piergiorgio Rosso (violin); Jino Touche (double bass, electric guitar) e Luca Velotti (soprano sax, tenor sax, contralto sax, bariton sax, clarinet).
Paolo Conte illumina la notte ascolana – Il Resto Del Carlino – Ascoli.
….
un nuovo disco, quindici canzoni in chiaroscuro come piace a lui, cantate con le lingue del mondo, francese, inglese, spagnolo e anche napoletano riunite sotto un titolo curioso che fa venire in mente storie di mare e invece è dedicato a un cane, Nelson, come il celebre ammiraglio inglese.
«E’ un cane di una bellezza stratosferica che due anni fa se ne é andato. Un pastore francese che io inseguivo tutto il giorno per guardarlo. Ma di notte, quando di solito mi siedo al piano per suonare, era lui che mi inseguiva, si siedeva ai miei piedi ed era pronto ad alzarsi quando sentiva le note, sempre quelle, sono un abitudinario, con cui chiudevo le mie performance casalinghe. Aveva un grandissimo orecchio musicale. Adesso ho un altro cane che si chiama Orazio. A Nelson però ho voluto dedicare questo disco». Nelson e una dedica senza musica ma con l’onore della copertina del cd dove il pastore francese campeggia tutto nero, dipinto dal suo padrone cantautore.
l’intero articolo qui:
Paolo Conte: le mie canzoni per Nelson Il nuovo disco dedicato a un cane – Il Messaggero.
27 luglio – 2 agosto 2009
La Seconda edizione di Venezia Jazz Festival, il festival in scena dal 27 luglio al 2 agosto e organizzato da Veneto Jazz, si presenta ricca di alcuni eventi di rilievo che si svolgeranno anche in terraferma a Mestre. Naturalmente come l’anno scorso il tutto sarà arricchito da una lunga lista di eventi minori per tutta la città di Venezia.
La manifestazione sarà coronata da uno spettacolare evento nella sontuosa cornice di Piazza San Marco: il concerto del cantautore Paolo Conte e dell’Orchestra Sinfonica di Venezia (31 luglio): una produzione speciale che vede in scena elementi dell’Orchestra del Teatro La Fenice, accompagnati dalla nutrita band dell’artista diretta da Bruno Fontaine.
Anche il Teatro La Fenice, tempio della musica mondiale, sarà il palcoscenico di prestigiosi eventi, come il concerto del trombettista Wynton Marsalis e la sua Jazz at Lincoln Center Orchestra (28 luglio) e il doppio concerto del sassofonista Charles Lloyd, in quartetto, e della All Star Band di Richard Galliano, stella mondiale della fisarmonica (29 luglio), accompagnato da Gonzalo Rubalcaba (piano), Richard Bona (contrabbasso), Clarence Penn (batteria e percussioni).
PROGRAMMA EVENTI DI RILIEVO
27 luglio – Piazza Ferretto (Mestre) – ore 21.30
KOCANI ORKESTAR
28 luglio – Teatro La Fenice di Venezia – ore 21.00
WYNTON MARSALIS e JAZZ AT LINCOLN CENTER ORCHESTRA
29 luglio – Teatro La Fenice di Venezia – ore 21.00 / DOPPIO CONCERTO
CHARLES LLOYD 4TET
30 luglio – Piazza Ferretto (Mestre) – ore 21.30
KLEZROYM
30 luglio – Collezione Peggy Guggenheim – ore 22.00
TRIO MADEIRA
31 luglio – Piazza San Marco – Venezia – ore 21.30
PAOLO CONTE e L’ORCHESTRA SINFONICA DI VENEZIA con elementi del Teatro La Fenice di Venezia – orchestra diretta di Bruno Fontaine
Paolo Conte, Concerto di Bologna del 26 gennaio 2009
Le chiamiamo “vacanzine”.
Una vacanzina è un intervallo di tempo breve (al massimo due notti fuori casa) dentro il quale si concentra l’energia di un viaggio lungo, quando si va in luoghi lontani e saturi di tutto quanto si associa al mitologema del viaggio: lontananza, paesaggi, persone, costumi, cibo, tempo per sé.
La vacanzina ha il suo limite nelle cure da dedicare alla gatta Miciù. E il limite ha il pregio di forgiare la personalità: rinunciare a qualcosa per qualcos’altro ancora più meritevole di attenzione.
A Bologna, nonostante i treni ad alta velocità, arriviamo in quattro ore. Fa parte del bene della vacanzina non avere fretta.
Pranzo: l’Uno una Ribeye – Entrecote di manzo, l’Altra Filetti di pollo alla griglia alla RoadHouseGrill. Parte del pomeriggio trascorre a camminare in una periferia di Bologna. Infatti fa parte del noi viaggianti quello di sbagliare ripetutamente e pervicacemente strade ed indirizzi.
Preludio alla notte: Hotel Unaway. Freddo fuori caldo dentro. Ci piace il caldo dentro. E’ a due passi dall’
Europauditorium di Piazza della Costituzione
dove ci sarà, alla sera, il Concerto di Paolo Conte.
Il giretto tardo-pomeridiano per i centro di Bologna è abbastanza trascurabile. Comunque è l’autobus 28 che ci porta in Via Indipendenza.
Cala la sera, scende la pioggia fine, si entra al teatro.
Alle 21 e 20 Paolo Conte entra in scena con il suo sapiente, colto, fantasioso, competente gruppo di strumentisti:
Daniele di Gregorio, percussioni e piano
Jino Touche, contrabbasso
Daniele dall’Olmo, chitarra
Massimo Pitzianti e Claudio Chiara, sassofoni e fisarmonica
Luca Velotti, clarinetto
Lucio Caliendo, oboe e fagotto
Piergiorgio Rosso, violino. E’ la nuova entrata in orchestra di questo periodo. Tutti i suoi inserti volano nell’aria, ma ancor più in: Diavolo rosso, Dancing … applausi …
(Alessandra, filologa passionale di Paolo Conte mi conferma: “ebbene sì: il violino è un’innovazione di questo tour! non so se resterà in pianta stabile nell’orchestra, ma di certo Paolo e i suoi musicisti sono maghi stupefacenti”)
E’ dal 1974 che conosco e inseguo la sua individualità artistica: quella di attingere alla propria biografia personale per lievi accenni pittorici e trascolorarla e immergerla in suoni che alludono alle mitologie del jazz della Francia degli anni ’20 e alla gioiosità dei ritmi sudamericani
Paolo Conte è come il Bagatto dei Tarocchi: dietro il suo piano, con la trombetta e con la sua voce arrochita racconta i miti minori del Novecento. E in questi miti, ancorchè minori, le persone si riconoscono come in specchi che restituiscono immagini del Sé in situazione di Reverie.
Ma in un concerto c’è anche l’arte della scaletta.
Un conto è il disco, che al suo centro mandalico mette il particolare punto di approdo cui è arrivato l’artista in quel momento. Altra prospettiva è un concerto, nel quale al centro c’è il rapporto alchemico che l’artista intende stabilire con il suo pubblico.
La combinazione da elaborare funziona così: “quella sera lì e solo per coloro che sono lì quella sera”. E’ per questo che ci si sente una comunità nella sala. Una comunità provvisoria di due ore, ma con tutte le fusionalità che fanno la differenza.
Primo tempo
Sotto le stelle del jazz (1984)
certi capivano il jazz … pochi capivano il jazz … così eravamo noi … le donne odiavano il jazz “non si capisce il motivo”
Come di (1984)
la comédie d’un jour, d’un jour d’ta vie … Parlami, dunque il ricordo si semplifica nel suono dolce ed infelice, qui, come di, come di …
Alle prese con una verde Milonga (1981)
e mi avrai, verde milonga che sei stata scritta per me, per la mia sensibilità, per le mie scarpe lucidate … io sono qui, sono venuto a suonare, sono venuto ad amare, e di nascosto a danzare …
Bartali (1979)
Farà piacere un bel mazzo di rose e anche il rumore che fa il cellophane, ma una birra fa gola di più … Oh quanta strada nei miei sandali, quanta ne avrà fatta Bartali, quel naso triste come una salita quegli occhi allegri da italiano in gita … E’ tutto un complesso di cose che fa sì che io mi fermi qui …
Bella di Giorno (2008)
Io so chi tu sei so neanche chi sei ma so che tu sei si so che tu sei tanto amata amata e desiderata
Gioco d’azzardo (1982)
io parlo di me, di me che ho goduto, di me che ho amato e che ho perduto … però tra noi si trattava d’amore
Gli impermeabili (1984)
Mocambò … serrande abbassate … pioggia sulle insegne delle notti andate … devo pensarci su quale storia vuoi che io racconti? … e ricomincerà … come da un rendezvous … ma come piove sugli impermeabili”
Lo zio (1982)
ah zio, zio, com’è, com’è spiegami tutto, spiega perché e piano piano si srotola di questo film la pellicola …
L’amore che (2008)
L amore che arriva con movenze lente qui sotto gli occhi della gente, mi parla con voce tremante… sì. Illudendo, lusingando Incantando e come danzando afferra le mani … Sì… Ti amo tanto e ti sento arrossendo e impallidendo quasi morendo, sì. L’amore che trafigge me lascia che dica “Non so cos’è. Non lo so mica.. Ma credo in te dolce nemica….
per il lettore che vuole fare comunità temporanea:
Paolo Conte, Live a Bologna 26 gennaio 2009, Primo tempo
Secondo tempo
Velocità silenziosa (2008)
Una bella bici che va silenziosa velocità sopra le distanze, le lontananze starà una bici non si ama, si lubrifica, si modifica una bici si declama come una poesia per volare via una bici la si ama come l’ultima delle fantasie
Madeleine (1981)
Qui, tutto il meglio è già qui, non ci sono parole per spiegare ed intuire e capire, Madeleine, e se mai ricordare…tanto, io capisco soltanto il tatto delle tue mani e la canzone perduta e ritrovata come un’altra, un’altra vita… Ma tutto il meglio è già qui, non ci sono parole…
Dancing (1982)
C’è stato un attimo che tu mi sei sembrato niente, è stato quando la tua mano mi ha lasciato solo e inesistente, hai volteggiato e sei tornata qui, l’orchestra è andata avanti e, poi, nessuno ha visto… vieni…e l’inquietudine e gli inchini fan di me un orango che si muove con la grazia di chi non è convinto che la rumba sia soltanto un’allegria del tango…
Chiamami adesso (1992)
Chiamami adesso, sì, lo so che prima era… era più facile… ma è adesso che ho bisogno io di
farmi trovare, farmi trovare qui chiamami adesso che è più buon il mio cuore… Dammi il tempo che tempo non sia Dammi un sogno che sonno non dia… Chiamami adesso che non ho più niente da dire, ma voglio parlare lo stesso insieme a te
Genova per noi (1998)
Con quella faccia un po’ così quell’espressione un po’ così che abbiamo noi prima di andare a Genova che ben sicuri mai non siamo che quel posto dove andiamo non c’inghiotte e non torniamo più … In un’immobile campagna con la pioggia che ci bagna e i gamberoni rossi sono un sogno
e il sole è un lampo giallo al parabrise…
Via con me (1981)
Via, via, vieni via di qui, niente pi ti lega a questi luoghi, neanche questi fiori azzurri via, via, neanche questo tempo grigio pieno di musiche e di uomini che ti son piaciuti, Its wonderfoul, its wonderfoul, its wonderfoul good luck my babe, its wonderfoul, its wonderfoul, its wonderfoul, I dream of you chips, chips, du-du-du-du-du
Berlino (2008)
Piove a Berlino una pioggia spagnola e sulle scarpe nuove di pioggia e pensieri incantati affascinanti prove di sogno e di luce deliranti esilaranti vuoti ed erranti
Max (1987)
Max era Max più tranquillo che mai, la sua lucidità… Max non si spiega, fammi scendere, Max vedo un segreto avvicinarsi qui, Max
Diavolo rosso (1982)
Diavolo rosso dimentica la strada viene qui con noi a bere un’aranciata controluce tutto il tempo se ne va Girano le lucciole nei cerchi della notte questo buio sa di fieno e di lontano e la canzone forse sa di ratafià
Eden (1990)
Solo in un silenzio penso a niente e voglio solo te, padre emozionato ed entusiasta che ti specchi in me Solo contro niente mi accontento e non mi annoio mai, suono un bel saxofono d’argento e non mi sbaglio mai…
Bis
Cuanta Passiòn (2005)
Ma sì, sarà il carattere o la malinconia che sta dietro al carattere come una gelosia sarà il pensiero vergine che ha la fantasia vissuta dal carattere come la frenesia Cuanta pasiòn en la vida cuanta pasiòn …
Via con me (1981)
Via, via, vieni via di qui, niente pi ti lega a questi luoghi, neanche questi fiori azzurri via, via, neanche questo tempo grigio pieno di musiche e di uomini che ti son piaciuti, Its wonderfoul, its wonderfoul, its wonderfoul good luck my babe, its wonderfoul, its wonderfoul, its wonderfoul, I dream of you chips, chips, du-du-du-du-du
Per il lettore che vuole fare comunità temporanea:
Paolo Conte, Live a Bologna 26 gennaio 2009, Secondo tempo
… di chi era quella voce femminile dietro di me che cinguettava
“Its wonderfoul, its wonderfoul, its wonderfoul good luck my babe, its wonderfoul, its wonderfoul, its ?”
un lievissimo incontro temporaneo di cuore e comunità
Lp 33 giri
Paolo Conte, 1974
Paolo Conte, 1975
Un gelato al limon, 1979
Paris Milonga, 1981
Appunti di viaggio, 1982
Paolo Conte, 1984
Aguaplano, 1987
Paolo Conte, Concerti, 1989
Parole d’amore scritte a macchina, 1990
Paolo Conte, Live, 1988
… creare richiede, analogamente, sofferenza, una condizione spesso invisa alla modernità. Poi, certo, mentre si crea, a un certo punto ci si comincia a divertire.
Quando? Ovvio (come no…): “Quando la sofferenza si trasforma in estasi”, conclude l’avvocato …
pubblicato qui: http://blog.muoversinsieme.it/archive/2008/12/19/paolo-conte-e-il-tempo-ah-che-rebus1.html
… Essere nato nel giorno in cui i Re Magi fecero visita a Gesù Bambino deve averlo condizionato, almeno un pochino. Perché Paolo Conte sembra proprio il tipo che dà peso alle coincidenze e alle date …
Dal Blog di Stannah http://blog.muoversinsieme.it/archive/2008/12/19/paolo-conte-e-il-tempo-ah-che-rebus.html
1. Il testo letto nel video è questo:
“Se cerco di cogliere sul piano esperienziale il fenomeno intersoggettivo che io assumo come parametro, strumento e finalità del mio interagire col paziente, devo dire che esso si rivela a me come la felice condizione dell’esistere con l’altro senza bisogni.
Se però analizzo questa condizione mi accorgo che essa si fonda sul soddisfacimento di due bisogni che le sono essenziali; quello che l’altro ci sia, in quanto è grazie all’esserci dell’altro che io mi manifesto come esistente e mi riconosco, e quello che io ci sia in libertà, poiché mi riconosco solo se sono libera di dirmi e di darmi così come, di volta in volta, l’esistere dell’altro mi rivela a me stessa.
In questa felice condizione, quindi, non percepisco altri bisogni se non quelli della presenza dell’altro e della mia libertà. Non sono forse questi i requisiti dell’esistere dell’uomo come soggetto?
…
Devo procedere nell’analisi di queste caratteristiche: la relazione e la libertà.
Il primo bisogno del soggetto per essere tale è l’esistenza di un altro da sé.Molte sono le forme sotto le quali questo altro si fa presenza agli occhi dell’uomo: può essere, di volta in volta, il mondo esterno, ovvero il mondo delle cose e dei valori sociali, o il mondo interno, ovvero il mondo dei pensieri e degli affetti; può essere il Tu umano, l’altro dell’incontro, o il Tu interiore, l’altro cui l’uomo si riferisce quando è con se stesso; può essere la corporeità dell’uomo o i suoi comportamenti o i suoi modi di rapportarsi al mondo, nel momento in cui egli se ne distacca per riconoscerli e riferirli a sé; può essere infine l’uomo nella sua globalità, quando l’uomo stesso prende da se medesimo la distanza necessaria per definirsi in una identità.”
in Silvia Montefoschi, L’Uno e l’Altro: interdipendenza e intersoggettività, Feltrinelli, 1977, ora in Silvia Montefoschi, L’evoluzionedella coscienza, Opere, Volume Secondo – Tomo 1, Zephyro Edizioni, Milano 2008, p. 74-75.
2. Lo scritto del 2004, citato nell’audio-video è qui:
Intervista a Montefoschi sul concetto di “intersoggettività” (2004) di Tullio Tommasi
3. La canzone è :
Paolo Conte, Bella di giorno, in Psiche, 2008
Io so chi tu sei
so neanche chi sei
ma so che tu sei
si so che tu sei tanto amata
amata e desiderata
l’istinto ti sa
trattare ti sa
guidare ti sa
con poche parole precise
poche parole decise
e uno sguardo d’intesa
un’elegantissima scusa
come una bella di giorno
tu sei il mondo che hai intorno
sei bella senza ritegno
nell’acqua fresca di un bagno
io so che tu sei
so neanche chi sei
ma so che tu sei
si so che tu sei tanto amata
amata e desiderata
e sola
Silvia Montefoschi, L’ Uno e l’Altro. Interdipendenza e intersoggettività nel rapporto psicoanalitico,
Feltrinelli, 1977, p. 32-44
1. Il testo letto nel video è questo:
“Se cerco di cogliere sul piano esperienziale il fenomeno intersoggettivo che io assumo come parametro, strumento e finalità del mio interagire col paziente, devo dire che esso si rivela a me come la felice condizione dell’esistere con l’altro senza bisogni.
Se però analizzo questa condizione mi accorgo che essa si fonda sul soddisfacimento di due bisogni che le sono essenziali; quello che l’altro ci sia, in quanto è grazie all’esserci dell’altro che io mi manifesto come esistente e mi riconosco, e quello che io ci sia in libertà, poiché mi riconosco solo se sono libera di dirmi e di darmi così come, di volta in volta, l’esistere dell’altro mi rivela a me stessa.
In questa felice condizione, quindi, non percepisco altri bisogni se non quelli della presenza dell’altro e della mia libertà. Non sono forse questi i requisiti dell’esistere dell’uomo come soggetto?
…
Devo procedere nell’analisi di queste caratteristiche: la relazione e la libertà.
Il primo bisogno del soggetto per essere tale è l’esistenza di un altro da sé. Molte sono le forme sotto le quali questo altro si fa presenza agli occhi dell’uomo: può essere, di volta in volta, il mondo esterno, ovvero il mondo delle cose e dei valori sociali, o il mondo interno, ovvero il mondo dei pensieri e degli affetti; può essere il Tu umano, l’altro dell’incontro, o il Tu interiore, l’altro cui l’uomo si riferisce quando è con se stesso; può essere la corporeità dell’uomo o i suoi comportamenti o i suoi modi di rapportarsi al mondo, nel momento in cui egli se ne distacca per riconoscerli e riferirli a sé; può essere infine l’uomo nella sua globalità, quando l’uomo stesso prende da se medesimo la distanza necessaria per definirsi in una identità.”
in Silvia Montefoschi, L’Uno e l’Altro: interdipendenza e intersoggettività, Feltrinelli, 1977, ora in Silvia Montefoschi, L’evoluzione della coscienza, Opere, Volume Secondo – Tomo 1, Zephyro Edizioni, Milano 2008, p. 74-75.
2. Lo scritto del 2004, citato nell’audio-video è qui:
Intervista a Montefoschi sul concetto di “intersoggettività” (2004) di Tullio Tommasi
3. La canzone è :
Paolo Conte, Bella di giorno, in Psiche, 2008
Io so chi tu sei
so neanche chi sei
ma so che tu sei
si so che tu sei tanto amata
amata e desiderata
l’istinto ti sa
trattare ti sa
guidare ti sa
con poche parole precise
poche parole decise
e uno sguardo d’intesa
un’elegantissima scusa
come una bella di giorno
tu sei il mondo che hai intorno
sei bella senza ritegno
nell’acqua fresca di un bagno
io so che tu sei
so neanche chi sei
ma so che tu sei
si so che tu sei tanto amata
amata e desiderata
e sola
<!– –>
1. Il testo letto nel video è questo:
“Se cerco di cogliere sul piano esperienziale il fenomeno intersoggettivo che io assumo come parametro, strumento e finalità del mio interagire col paziente, devo dire che esso si rivela a me come la felice condizione dell’esistere con l’altro senza bisogni.
Se però analizzo questa condizione mi accorgo che essa si fonda sul soddisfacimento di due bisogni che le sono essenziali; quello che l’altro ci sia, in quanto è grazie all’esserci dell’altro che io mi manifesto come esistente e mi riconosco, e quello che io ci sia in libertà, poiché mi riconosco solo se sono libera di dirmi e di darmi così come, di volta in volta, l’esistere dell’altro mi rivela a me stessa.
In questa felice condizione, quindi, non percepisco altri bisogni se non quelli della presenza dell’altro e della mia libertà. Non sono forse questi i requisiti dell’esistere dell’uomo come soggetto?
…
Devo procedere nell’analisi di queste caratteristiche: la relazione e la libertà.
Il primo bisogno del soggetto per essere tale è l’esistenza di un altro da sé. Molte sono le forme sotto le quali questo altro si fa presenza agli occhi dell’uomo: può essere, di volta in volta, il mondo esterno, ovvero il mondo delle cose e dei valori sociali, o il mondo interno, ovvero il mondo dei pensieri e degli affetti; può essere il Tu umano, l’altro dell’incontro, o il Tu interiore, l’altro cui l’uomo si riferisce quando è con se stesso; può essere la corporeità dell’uomo o i suoi comportamenti o i suoi modi di rapportarsi al mondo, nel momento in cui egli se ne distacca per riconoscerli e riferirli a sé; può essere infine l’uomo nella sua globalità, quando l’uomo stesso prende da se medesimo la distanza necessaria per definirsi in una identità.”
in Silvia Montefoschi, L’Uno e l’Altro: interdipendenza e intersoggettività, Feltrinelli, 1977, ora in Silvia Montefoschi, L’evoluzione della coscienza, Opere, Volume Secondo – Tomo 1, Zephyro Edizioni, Milano 2008, p. 74-75.
2. Lo scritto del 2004, citato nell’audio-video è qui:
Intervista a Montefoschi sul concetto di “intersoggettività” (2004) di Tullio Tommasi
3. La canzone è :
Paolo Conte, Bella di giorno, in Psiche, 2008
Io so chi tu sei
so neanche chi sei
ma so che tu sei
si so che tu sei tanto amata
amata e desiderata
l’istinto ti sa
trattare ti sa
guidare ti sa
con poche parole precise
poche parole decise
e uno sguardo d’intesa
un’elegantissima scusa
come una bella di giorno
tu sei il mondo che hai intorno
sei bella senza ritegno
nell’acqua fresca di un bagno
io so che tu sei
so neanche chi sei
ma so che tu sei
si so che tu sei tanto amata
amata e desiderata
e sola
lo stesso video è anche qui:
Cicerone, La natura degli dèi, IV
Occorre darsi del tempo
Socchiudere le finestre.
Entrare nel semibuio.
Scrutare l’orizzonte: … l’orizzonte è Dentro, non fuori. Almeno questa volta
Guarda, senti, guardali tutti, poi uno alla volta e lasciati andare … andare … andare …
Questa esecuzione è da annoverare fra i capolavori della umanità. I musici sono in stato di grazia, ma il chitarrista è semplicemente eroico.
Gioia di vivere per la nostra identità plurima
Riusciamo a concederci un viaggio musicale a Verona.