Mappe nel Sistema dei Servizi alla Persona e alla Comunità

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Mappe nel Sistema dei Servizi alla Persona e alla Comunità
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Laura Conti, ambientalista tra ragione e passione, di Fulvia Bandoli
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Fondazione Nilde Iotti – Laura Conti, ambientalista tra ragione e passione, di Fulvia Bandoli
Cosa è un racconto? In ricordo di Laura Conti
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Cosa è un racconto? In ricordo di Laura Conti
Mappe nel Sistema dei Servizi alla Persona e alla Comunità
vai alla scheda dell’editorehttps://www.fandangolibri.it/prodotto/laura-non-ce/
ricordato anche in Barbara Bonomi Romagnoli, Marina Turi, Laura non c’è, Fandango libri, 2021 – Tracce e Sentieri
leggi anche questa scheda: http://www.tecalibri.info/B/BONOMIROMAGNOLI-B_lauraC.htm
Post dedicati a Laura Conti (1921-1993) in questo blog:
Ricordo una frase di Laura Conti che mi aveva colpito:
“Un prato d’erba incolto ed abbandonato è un gran bene, un polmone per la terra”.
per ricordare le pubblicazioni di LAURA CONTI:
http://www.segnalo.it/TRACCE/NONPIU/lauraconti/lauraconti.htm
LAURA CONTI, UNA LEPRE CON LA FACCIA DA BAMBINA, ristampato da Fandango, articolo in blog La Lettrice Assorta
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LAURA CONTI, UNA LEPRE CON LA FACCIA DA BAMBINA, ristampato da Fandango, articolo in blog La Lettrice Assorta – MAPPE nelle POLITICHE SOCIALI e nei SERVIZI
Nel numero 3-4 del 1972 del «Giornale dei genitori», Laura Conti scriveva una nuova «difesa del Gatto con gli stivali», che qui riporto quasi per intero:
… Voglio raccontare come l’ho vissuta io, da bambina e cioè mezzo secolo fa, la storia del Gatto con gli stivali.
Anzitutto il Gatto, come il suo padroncino e come me, era Piccolo in un mondo di Grandi; ma i suoi stivali lo mettevano in grado di fare dei passi lunghissimi, cioè di uscire dal suo stato di piccolezza pur rimanendovi, di fare grandi passi pur continuando a essere un piccolo gatto.
Anch’io, volevo restare piccola ma fare cose da grande, anzi battere i grandi sul loro stesso terreno, la grandezza (la lunghezza dei passi)… Il rapporto piccolo-grande usciva poi dal senso proprio, delle dimensioni, per proiettarsi in un senso figurato. Il Gatto, oltre a essere piccolo, è anche sottovalutato, giudicato inutile: la sua presenza in casa veniva giudicata un mio capriccetto fastidioso.
Perciò mi piaceva molto che l’animaletto inutile diventasse un potente alleato. Che cosa il Gatto facesse non m’importava nulla, tanto che l’ho completamente dimenticato: c’è voluto il «Giornale dei Genitori» per ricordarmi le sue furbizie diplomatiche e riconosco che si tratta di diplomazia volgare.
Ma a me le azioni del Gatto non importavano, mi importavano i risultati: mi importava che si potesse vincere giocando sul perdente, se posso esprimere con linguaggio adulto una sensazione infantile (infatti il bambino che ereditava il Gatto veniva, sul principio, compianto per l’insignificante eredità). Dunque mi affascinava il doppio rovesciamento, da piccolo in grande e da perdente in vincente. Non m’interessava la vittoria in sé: mi interessava la vittoria improbabile.
La duplice natura del Gatto (piccolo-grande, perdente-vincente) soddisfaceva non solo il desiderio paradossale di essere grande pur mentre ero piccola, ma anche l’altro desiderio paradossale, di veder vincere una creatura che continuava a rimanere un piccolo, debole, morbido gattino.
Io detestavo i forti, nelle fiabesche lotte tra forti e deboli, e parteggiavo per i deboli; ma se i deboli vincono, c’è il rischio che si debba considerarli forti, e cioè odiarli. La storia del Gatto con gli stivali mi sottraeva a questo rischio, perché il Gatto, anche vincendo la partita contro il Re, continuava a rimanere un Gatto. Si trattava cioè della situazione Davide-Golia, ma con un Davide che continuava a rimanere un pastorello, e non diventava mai il Potente Re Davide; non è che faccia questo paragone a posteriori: alla stessa età in cui mi si raccontava la storia del Gatto mi si raccontava anche la Storia Sacra, e il fatto che il pastorello diventasse Re non mi piaceva affatto, a me piaceva soltanto che con la sua piccola fionda abbattesse il gigante. A differenza di Davide, il Gatto vinceva il Re ma non diventava Re, restava Gatto.
Sicché, se penso alla mia esperienza personale, posso confermare pienamente quel che dici tu: non il «contenuto» ma il «movimento» era l’essenziale della fiaba. Il contenuto poteva anche essere conformista, reazionario; ma il movimento era ben diverso, poiché dimostrava che nella vita quel che conta non è l’amicizia dei Re ma l’amicizia dei Gatti, cioè delle piccole creature sottovalutate e deboli, che sanno imporsi ai potenti.
in: Gianni Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Einaudi 1973, p. 192-193
lunedì, 12 novembre 2007
Siamo psicologicamente fragili davanti alle malattie. Ma forse è meglio parlare solo per me e dire: sono psicologicamente fragile davanti alle malattie.
Il vissuto della “salute” è quello della perfetta aderenza fra l’immagine con cui mi si presenta realmente il mio corpo e l’immagine ideale che ho interiormente del mio corpo. Se leggo o sto al computer è la vista e l’uso delle dita che mi mettono tranquillo. Se vado alla casa sul lago ho bisogno di gambe per camminare e un po’ di muscolatura per vangare.
Sto bene quando non sento alcun conflitto fra il corpo ideale (quello che mi consente la mie presenza nel mondo) e quello reale.
Ma cosa succede quando qualcosa si incrina?
Cosa succede dal punto soggettivo, intendo dire.
Accade di percepire una frattura fra il mio stato corporeo e quello standard di comportamento e di capacità di azione che prima mi sembravano ovvi.
Lo stare bene coincide quasi con la situazione di non percepire il mio corpo, perché – per l’appunto – funziona.
L’incrinatura comincia quando il corpo parla.
Mi ha parlato l’estate del 2006 per un giorno intero, dopo i 270 scalini (bassi) che vanno dalla casa alla strada. E poi ancora nei mesi successivi. Con segni evidenti o di semplice allentamento della normale funzionalità o di alterata funzione.
In particolare mi ha parlato il cuore. Questo organo fisico ha lanciato qualche segnale che ho – in una alternanza fra ipocondria e fatalismo diagnostico – ascoltato ed accolto. Grazie anche al Servizio sanitario nazionale che con grave irresponsabilità viene criticato e che – invece – è un grande valore del welfare italiano.
Mi viene spontaneo confrontare la dimensione simbolica con quella medico-scientifica.
Il cuore, è innanzitutto un simbolo di “centro”, come insegna il linguaggio: “il cuore del problema”, il “cuore della città”.
Ma è anche considerato la sede di quella conoscenza che passa attraverso le emozioni:
“ il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce[…]. Io dico che il cuore ama l’Essere universale naturalmente, e ama sé stesso naturalmente, […] e s’indurisce contro l’uno o l’altro, a sua scelta. […]”, Blaise Pascal
Tuttavia, quando si percepisce una incrinatura, il cuore simbolico assume l’altro suo significato, diventando un potente e perennemente in azione muscolo chiamato “miocardio”.
Alla soggettività conviene prudentemente affiancare l’oggettività.
Alla forza del simbolo occorre aggiungere quella complementare della indagine obiettiva.
Fra oggi e domani il mio miocardio è sotto esame di un servizio pubblico di medicina nucleare.
Sarò anche blandamente radioattivo per 48 ore.
La mia grande amica ed insegnante Laura Conti mi diceva con la sua garrula voce:
“Non bisogna preoccuparsi, ma occuparsi della propria salute”.
Saggia Laura che aveva – in poche ed efficaci parole – indicato la strada.
RICEVO
Caro Paolo48, da luglio penso di scriverti e a dicembre finalmente lo faccio.
Che pazienza ci vuole con la pigrizia…..
Dunque: a luglio abbiamo finito di scansionare tutti gli articoli del tuo archivio di Laura Conti, che sono su una chiavetta per te. ( possiamo accordarci per consegna a Cadorna, quando ti fa comodo, nel 2020).
Sempre a luglio abbiamo dedicato, nel Parco di Villa Dho a Seveso, un concerto tellurico alla nostra Antenata generosa, ispirandoci al suo sapere che: “ è più facile vivere se vivere piace…” .
Ti segnalo l’articolo di Laura Centemeri – L’ambientalismo operaio visto da Seveso- , che trovi in rete sulla rivista “Le parole e le cose”, che mi sembra un ben riuscito riconoscimento.
Auguri a te e al sistema vivente
angela46
“Al mondo senza cellulare siamo rimasti solo io e te , credo” … “Per questo siamo amici” … “Abbiamo mantenuto una reperibilità selettiva”. In Julia, di Giancarlo Berardi, Agosto 2019
vai ai post dedicati a LAURA CONTI
https://traccesent.com/category/persone-conosciute-nel-tempo/laura-c/
…
Mattarella ha citato alcune tra le donne che più si sono spese per la salvaguardia del pianeta Terra. Dall’americana Rachel Carson, che a metà degli anni Quaranta del secolo scorso, iniziava la sua battaglia contro l’abuso degli insetticidi, all’italiana Laura Conti, medico, partigiana e deputata, che si distinse particolarmente nel denunciare le responsabilità politiche e imprenditoriali dopo il disastro di Seveso, per proseguire con la kenyana Wangari Maathai, premio Nobel per la pace, fino aRigoberta Menchù, paladina dei diritti dei campesinos guatemaltechi. E, ancora, all’indiana Vandana Shiva, ispiratrice del movimento democratico globale”. Infine, Mattarella ha voluto dare atto al Parlamento “di aver compiuto un importante passo in avanti nella definizione del reato di disastro ambientale: un crimine grave finora sanzionato in misura inadeguata”.
tutto l’articolo qui:
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“Oltre quel muro – La Resistenza nel campo di Bolzano 1944-45“. Questo il titolo della mostra documentaria realizzata da Dario Venegoni e Leonardo Visco Gilardi per conto della Fondazione Memoria della Deportazione. La mostra è stata presentata giovedì 5 dicembre presso il Teatro Cristallo di Bolzano sotto l’Alto Patronato del Capo dello Stato.
Il progetto ha beneficiato di un contributo della Commissione Europea. Il progetto grafico è di Franco e Silvia Malaguti.
In 26 pannelli vengono presentati per la prima volta decine e decine di documenti inediti che testimoniano di un’incessante attività clandestina che coinvolse centinaia di persone dentro e fuori il Lager di via Resia, in aperta sfida alle SS. Si tratta di fotografie, lettere e documenti reperiti in diversi archivi italiani e tra le carte personali dei familiari di molti ex deportati nel Lager.
La mostra è disponibile per altre esposizioni. Le organizzazioni e gli enti che desiderassero presentarlapossono scaricare l’apposito modulo da presentare alla Fondazione Memoria della Deportazione. Il modulo contiene tutte le informazioni necessarie per predisporre l’allestimento della mostra.
E’ online il filmato in cui i due autori presentano la mostra.
E’ possibile vedere i pannelli della mostra in fomato A4 (PDF).
Scarica la mostra in italiano:
Pannelli 1-14 (PDF, 4,14 Mb)
Pannelli 15-26 (PDF, 5,64 Mb)
Scarica la mostra in tedesco:
Deutsch 1-14 (PDF, 4,14 Mb)
Deutsch 15-26 (PDF, 5,64 Mb)
Fra poco vado a Milano per:
E domattina alle 8 parto per Venezia, per:
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LAURA CONTI
Alle radici dell’ecologia
di Laura Certomà
con una biografia a cura di Loredana Lucarini
e un estratto dall’inedito Le difese della Natura
Chiara Certomà si è laureata in Filosofia della Scienza all’Università “La Sapienza” di Roma. Svolge ricerca e attività didattica nell’ambito dell’ecologia politica, geografia critica e filosofia post-moderna.
Chiara Certomà
Laura Conti
Alle radici dell’ecologia
con una biografia di Loredana Lucarini
Collana: I maestri dell’ecologismo (collana diretta da Marco Fratoddi)
Formato: 12×19,5
Pagine: 180
Prezzo: € 8,00
ISBN: 978.88.96613.04.7
da La Biblioteca del Cigno presenta i Maestri dell’ecologismo italiano.
Laura Conti mi parlava spesso di lei. Ho un vago ricordo del loro ridere di una psicologa emiliana dei primi anni ’60, che, alla domanda “ma perchè fate il sesso plurimo”, rispose ” .. ma è per l’angossia …”
vai a: http://www.treccani.it/enciclopedia/miriam-mafai/
Giampaolo Pansa piange la collega con cui ha tanto condivise a Repubblica e la ricorda come “un’eterna ragazza, una forza della natura”. “E’ sempre stata una donna giovane – continua – molto coraggiosa. Era una persona con cui era delizioso stare in redazione. La cosa che ricordo di più di lei era la sua risata: rideva come se fosse una ragazzina”.
Laura Conti, biografia e voce dal passato.
Dedicato a Prisma, che è ha spinto alla ricerca della voce
Negli anni 1972- 1990 ho avuto la fortuna di frequentare, in una relazione che ha intrecciato innanzitutto l’amicizia e poi la politica, una straordinaria donna del nostro secondo Novecento: Laura Conti (1921-1993)
Da lei ho imparato aspetti importanti del mio lavoro: l’impostazione teorica da dare agli studi storici, il funzionamento delle politiche sociali, l’uso non dogmatico nell’utilizzare il metodo nell’analisi dei fatti sociali, l’osservazione e la pratica dei ruoli amministrativi nelle istituzioni. Ora che sono più vecchio comprendo meglio che da lei ho imparato soprattutto un modo di affrontare le questioni della vita ed i compiti che ci sono assegnati nel percorrere la strada che il destino ci ha assegnato.
Laura Conti è stata per me una vera scuola parallela. Probabilmente quella più formativa, perchè appresa faccia a faccia, nella vicinanza della discussione intensa.
Andavo da lei con il blocco degli appunti. E talvolta registravo le sue parole.
Provavo nei suoi confronti una devozione filiale. Ammiravo la sua scrittura, la sua verve, le sue straordinarie capacità nell’estrarre da un libro il filo da inseguire e da elaborare in quadri e prospettive del tutto diverse da quelle impostate dallo stesso autore. Aveva una cultura di spettro ampissimo: medicina, biologia, economia, diritto, antropologia, sociologia. Ma tutto sempre inserito in quadri storici. Conversare con lei era un irripetibile godimento intellettuale.
Andavo a prenderla sotto casa e la portavo fuori a cena. In modo che potessimo parlare in auto. Infatti la sua voglia di leggere e studiare la portava ad amministrare con oculatezza il suo tempo. Ognuno di questi appuntamenti di amicizia con me (più volte mi ha detto che ero come suo figlio) era per lei tempo sottratto ai suoi studi voraci. E quando tornava a casa, attorno a mezzanotte, andava avanti sul libro che aveva interrotto poche ore prima.
Di lei conservo vivi ricordi personali (racconti biografici, storie di persone conosciute, valutazioni sulla politica) ed anche molti suoi scritti.
La vita attiva ed adulta delle persone può essere opportunamente scandita in fasi.
Per quanto mi riguarda vedo il film della sua biografia in questo modo:
la giovinezza dei vent’anni (laurea in medicina in piena guerra, Resistenza, internamento nel lager di Bolzano);
l’immediato dopoguerra e la militanza nel Psi e la successiva scelta del Pci, negli anni ’50;
amministratrice negli enti locali, alla Provincia di Milano, negli anni ’70;
la fase pionieristica dell’ avvio delle Regioni, nel ruolo di consigliere regionale, che si è intrecciata con la “folgorazione” del pensiero ambientalista e sua conversione su questo modello di pensiero (prima metà degli anni ’80);
elezione nel Parlamento italiano e in quello europeo (seconda metà degli anni ’80);
la sua contrarietà alla trasformazione del Pci in Pds (1989-1993). Un mondo che le cadeva addosso.
E qui c’è la mia ferita, perchè in quell’arco di tempo le nostre strade si sono diversificate e – come è successo per molti militanti – si è rotta anche questa amorevole amicizia. Nessun rimpianto, come dice Giorgio Gaber nella sua canzone “Qualcuno era comunista”. Ma certo un dispiacere cui non si può porre rimedio. Tanto più che , successivamente, sotto gli impulsi della storia le mie prospettive politiche sono ulteriormente cambiate, fino ad avere scritto 11 settembre 2001-11 settembre 2006. To Cross the Line , cioè qualcosa che in quegli anni mi sarebbe apparso del tutto impossibile anche solo pensare.
Resta, dunque, quel ricordo indelebile e intatto nei fili della memoria.
Ma poi, molto dopo la sua morte, ricevetti da una assessora della Provincia di Bolzano una lettera che mi sollecitava a ricordare che Laura aveva anche sfiorato la deportazione nel lager di Mathausen. Ne parla Piero Caleffi nel libro Si fa presto a dire fame (edizioni del Gallo 1954 e poi Mondadori, 1967). Ne parla anche Laura, ma in una rarefatta forma letteraria, nel libro La condizione sperimentale, Mondadori.
La Fondazione Micheletti di Brescia conserva circa 6.000 volumi della sua biblioteca e vari altri materiali di studio (appunti, ritagli, corrispondenza, scritti, materiali di lavoro, testi relativi all’attività politica e a pubblicazioni, rassegne stampa).
Nel disco/libro di Tina Franchini e Fiorella Ferrazza, Come nascono i bambini,
Edizioni I Dischi del sole, c’è un microsolco 33 giri con la sua voce.
L’ho cercato e ritrovato fra le cose che si conservano. E fra poco sentiremo questo ulteriore esempio della sua poliedricità: quella della divulgatrice scientifica, in particolare di biologia
Il 5 dicembre 2006 la cara amica Prisma mi ha inviato questa lettera, che riporto quasi per intero:
ciao …, a proposito di sincronicità, questa mattina sono dovuta andare in lega ambiente di Milano, dove, per puro caso, ho visto un vecchio volantino che parlava di una commemorazione di laura conti. mi sono ricordata che … ci sono più pagine dedicate a lei, così ho chiesto informazioni. sono stati gentilissimi. magari le saprai già, comunque te le passo. il 3 maggio 2006, in occasione dei 30 anni di seveso e dei 60 anni della casa della cultura, di cui lei è stata segretaria, è stata organizzata dalla provincia di Milano in collaborazione con lega ambiente una cerimonia di commemorazione. ma la cosa più bella è avvenuta il 2 novembre 2006. su proposta di letizia moratti, al "Famedio" (Tempio della Fama), del cimitero monumentale di Milano, dove ci sono le tombe del manzoni, di verdi, ecc., ci sono anche apposte, lungo le pareti, delle lapidi di marmo con incisi i nomi di più personaggi benemeriti. il 2 novembre è stata apposta anche la lapide di laura conti. inoltre sul sito www.altronovecento.quipo.it, rivista on line promossa dalla fondazione micheletti, compare un numero monografico su laura conti. queste informazioni me le ha date una signora gentilissima, la dottoressa ..., considerata una delle memorie storiche di laura …. Sono certo che anche una piccola testimonianza, come questa pagina, può intrecciare altre informazioni e ricordi. E' come portare dei fiori alla cara Laura, che in questo momento riaffiora alla mia mente attraverso il suo sorriso e quel gaio
Fiori, fiori per Laura. E’ il mio motto Ecco qui. Sono riuscito ad estrarre da un vecchio disco a 33 giri questa lettura: Laura Conti Lo sai come nascono i bambini?
L’audio e’ stato cancellato dallo spazio su Splinder
E’ un documento audio che va storicizzato, ai primissimi anni ’70. Quando parlare di educazione sessuale era ancora una impresa difficile e irta di ostacoli. L’obiettivo era parlare di riproduzione sessuale a bambini molto piccoli. Vorrei che si apprezzasse la dolcezza di quella voce, l’ironia, il timbro. E che ve la immaginiate quando parlava di economia, di politica, di diritto, di storia, di antropologia. Perché oggi questo documento audio? Non c’è un motivo particolare. Era arrivato il momento. Quando si è su tracce e sentieri ogni momento può essere quello giusto.
12 febbraio 2003
Mi arriva una belle lettera.
egregio professore,
stamane cercavo info su laura conti e ho trovato anche il suo sito.
bravo, io non ho avuto la fortuna di incontrarla e me ne rammarico particolarmente perché l’avrei intervistata.
laura conti era stata deportata nel lager di bolzano, e vi era rimasta per 8 mesi, e io mi occupo proprio di questa parte di storia della nostra città (bolzano).
ho letto che una parte degli scritti (non so se quelli “politici”) di laura conti sono conservati alla fondazione micheletti di brescia.
lei ne sa qualcosa?
ah, dimenticavo di dirle che in una libreria ho trovato una polverosissima copia di un libro di laura conti “la condizione sperimentale” in cui – probabilmente al 99,99% – descrive la sua esperienza di deportazione nel lager di bolzano, ma senza mai collocare geograficamente i suoi ricordi.
saluti e grazie!
carla giacomozzi
La rete di internet avvicina. Avvicina percorsi diversi.
E’ come incontrarsi nei campi e campielli di Venezia.
Gentilissima Carla Giacomozzi
sono felice della sua lettera
Ogni persona che cerca la memoria e le tracce di Laura Conti è per me un (nel suo caso una) compagno di viaggio
Sì: La condizione sperimentale allude alla sua esperienza nel lager di Bolzano. Laura me ne parlava, ma senza ampi approfondimenti . Ho solo due ricordi nella mia memoria: il racconto di una topa che aveva fatto i suoi piccoli “nelle orecchie” di Laura e un brutale guardiano che toglieva gli occhi dei deportati. Il libro è una trasposizione con forti intenzionalità letterarie. Non un documento storico.
Se le interessa un’altra bellissima opera letteraria le consiglio Cecilia e le streghe, Einaudi. E’ incredibilmente”attuale”.
Se lei troverà notizie su questo periodo della sua vita mi piacerebbe darne memoria anche sul mio sito. Magari potrei cominciare con una memoria sul lager di Bolzano: forse lei ha già un suo articolo. Io ho solo il libro “Si fa presto a dire fame” di Pietro Caleffi, Mondadori 1967, che annota alcuni ricordi di Laura.
Intanto la ringrazio per l’annotazione sulla fondazione Micheletti di Brescia, che non ho ancora avuto l’occasione di andare a vedere
Ho intenzione di andare avanti nella mia ricerca e di allacciare vari fili della sua fortissima presenza: politica, scientifica, letteraria. La terrò informata
Grazie per avermi scritto
ci risentiremo
cari saluti
Paolo Ferrario
Cimitero di Musocco, campo 20
26 maggio 1993
Sono riuscito ad estrarre da un vecchio disco a 33 giri questa lettura:
Laura Conti Lo sai come nascono i bambini?
E’ un documento audio che va storicizzato, ai primissimi anni ’70. Quando parlare di educazione sessuale era ancora una impresa difficile e irta di ostacoli
.L’obiettivo era parlare di riproduzione sessuale a bambini molto piccoli.
Vorrei che si apprezzasse la dolcezza di quella voce, l’ironia, il timbro.
E che ve la immaginiate quando parlava di economia, di politica, di diritto, di storia, di antropologia
Nel numero 3-4 del 1972 del «Giornale dei genitori», Laura Conti scriveva una nuova «difesa del Gatto con gli stivali», che qui riporto quasi per intero:
… Voglio raccontare come l’ho vissuta io, da bambina e cioè mezzo secolo fa, la storia del Gatto con gli stivali.
Anzitutto il Gatto, come il suo padroncino e come me, era Piccolo in un mondo di Grandi; ma i suoi stivali lo mettevano in grado di fare dei passi lunghissimi, cioè di uscire dal suo stato di piccolezza pur rimanendovi, di fare grandi passi pur continuando a essere un piccolo gatto.
Anch’io, volevo restare piccola ma fare cose da grande, anzi battere i grandi sul loro stesso terreno, la grandezza (la lunghezza dei passi)… Il rapporto piccolo-grande usciva poi dal senso proprio, delle dimensioni, per proiettarsi in un senso figurato.
Il Gatto, oltre a essere piccolo, è anche sottovalutato, giudicato inutile: la sua presenza in casa veniva giudicata un mio capriccetto fastidioso. Perciò mi piaceva molto che l’animaletto inutile diventasse un potente alleato. Che cosa il Gatto facesse non m’importava nulla, tanto che l’ho completamente dimenticato: c’è voluto il «Giornale dei Genitori» per ricordarmi le sue furbizie diplomatiche e riconosco che si tratta di diplomazia volgare.
Ma a me le azioni del Gatto non importavano, mi importavano i risultati: mi importava che si potesse vincere giocando sul perdente, se posso esprimere con linguaggio adulto una sensazione infantile (infatti il bambino che ereditava il Gatto veniva, sul principio, compianto per l’insignificante eredità). Dunque mi affascinava il doppio rovesciamento, da piccolo in grande e da perdente in vincente. Non m’interessava la vittoria in sé: mi interessava la vittoria improbabile.
La duplice natura del Gatto (piccolo-grande, perdente-vincente) soddisfaceva non solo il desiderio paradossale di essere grande pur mentre ero piccola, ma anche l’altro desiderio paradossale, di veder vincere una creatura che continuava a rimanere un piccolo, debole, morbido gattino. Io detestavo i forti, nelle fiabesche lotte tra forti e deboli, e parteggiavo per i deboli; ma se i deboli vincono, c’è il rischio che si debba considerarli forti, e cioè odiarli.
La storia del Gatto con gli stivali mi sottraeva a questo rischio, perché il Gatto, anche vincendo la partita contro il Re, continuava a rimanere un Gatto. Si trattava cioè della situazione Davide-Golia, ma con un Davide che continuava a rimanere un pastorello, e non diventava mai il Potente Re Davide; non è che faccia questo paragone a posteriori: alla stessa età in cui mi si raccontava la storia del Gatto mi si raccontava anche la Storia Sacra, e il fatto che il pastorello diventasse Re non mi piaceva affatto, a me piaceva soltanto che con la sua piccola fionda abbattesse il gigante. A differenza di Davide, il Gatto vinceva il Re ma non diventava Re, restava Gatto.
Sicché, se penso alla mia esperienza personale, posso confermare pienamente quel che dici tu: non il «contenuto» ma il «movimento» era l’essenziale della fiaba. Il contenuto poteva anche essere conformista, reazionario; ma il movimento era ben diverso, poiché dimostrava che nella vita quel che conta non è l’amicizia dei Re ma l’amicizia dei Gatti, cioè delle piccole creature sottovalutate e deboli, che sanno imporsi ai potenti.
in: Gianni Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Einaudi 1973, p. 192-193
31 marzo 1921
Ariete