Cercasi UOMINI
che vogliano raccontare
i loro 20 anni.
Anche donne, certo.
Ma loro hanno più di noi la tendenza
alla complicità comunicativa.
Il contesto è abbastanza neutro:
la lettura di un libro.
La conversazione da cui parte il mio ricordo è qui:
- Ian Mc Ewan, Chesil Beach (blog http://ineziessenziali.blogspot.it di Marina)
“avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”
Paul Nizan (1905-1940), Aden d’Arabia, prefazione di J.P.Sartre, Nondadori, 1961
Nel 1968 avevo vent’anni.
Ho l’età della Costituzione repubblicana, da qui devo avere ereditato culturalmente l’idea della centralità delle regole per mantenere l’equilibrio psicologico e sociale e raggiungevo i miei venti anni nel cosiddetto sessantotto.
Ero uno degli studenti di trento.
Ho conosciuto quella cultura. L’ho conosciuta attraverso le biografie delle persone. E’ per questo che mi tengo accuratamente alla larga dalla commemorazione dei reduci e – ancora peggio – da quella della stilista del comunismo che si chiama Rossana rossanda.
“Scopare” era un imperativo categorico. Ricordo in biblioteca uno che poi scriverà qualche libretto del tutto dimenticabile: guarda una ragazza e le chiede a bruciapelo. “ma tu scopi ?”.
Confesso che non ho personalmente vissuto quella religione della scopata. Un apparato genitale soddisfacente ma qualche insicurezza di troppo. Ho così evitato l’aids e ho poi felicemente scoperto che il tempio dell’eros è nell’amore coniugale. E che l’eros lo si coltiva nella relazione, nella conoscenza dei corpi, in quella dimestichezza domestica in cui si esaltano le abitudini, i tempi dei chakra di ciascuno. Nella relazione coniugale che è la più profonda delle relazioni , ma anche la più libera. Profonda perché fondata sulla conoscenza reciproca e sulla organizzazione della vita quotidiana. E più libera, perché può finire rapidamente nell’odio reciproco e nel gioco del detestarsi
Però quelli del 68 e seguenti erano i tempi della “rivoluzione sessuale”. Un mio amico anarchico (questo si è impiccato alla fine degli anni’70) girava con il libro di wilhem reich la rivoluzione sessuale sotto braccio (con fare molto enfatico). Lo usava come un segnale di disponibilità.
Ian Mc Ewan (che amo molto, anche perché siamo cresciuti insieme, essendo anche lui del 1948) racconta la situazione psicologica della relazione matrimonial- sessuale del 1962.
L’opposto del “ma tu scopi?”
“erano giovani, freschi di studi e tutti e due ancora vergini in quella loro prima notte di nozze, nonché figli di un tempo in cui affrontare a voce problemi sessuali risultava semplicemente impossibile” (p.5)
Tu, marina hai colto un elemento centrale di quel romanzo: “il meccanismo per cui una vita, o due vite insieme, possono essere segnate da un solo giorno, da un solo atto.”
Da una parte il non dirsi, dall’altra il togliersi le mutande inseguendo il (indubbiamente meraviglioso) codice dell’istinto sessuale che non incontrava più la regola morale tramandata dalla tradizione.
Mi fermo qui.
Perché vorrei tornare un’altra volta sui motivi per cui non si parlano, non si dicono quello che (forse) poteva essere detto.
Non posso trascurare un passaggio del tuo commento a tartarugosa : “Mia figlia, 36 anni, sostiene che gli uomini verranno usati come oggetti sessuali ;-)” interpreto il segno emoticon come uno schiacciamento dell’occhio, cioè che è uno scherzo linguistico. Altrimenti tuo nipote tommasino avrà un ciclo vitale piuttosto arduo , con poco spazio per coltivare l’erotica (di cui discettava anche l’antipatico adriano)
Grazie per l’attenzione
Il lettore amalteo

