Claudio Risè, La spinta al miglioramento di sé

L’uomo ha sempre considerato, in modo più o meno consapevole secondo le culture, il proprio corpo e la propria psiche come quelle terre da riordinare e da ripulire. Su questa base forte, naturale, poggiano i «buoni propositi» di inizio anno: un tempo nuovo che vuole organizzarsi e fruttificare al meglio, in una terra ancora vergine.
Questa è la «psicologia del cambiamento e della speranza» di inizio anno, dominata dall’immagine del Bambino: Gesù, ma anche l’anno ancora bambino, a cui corrispondono i nostri aspetti psicologici ed emotivi nuovi, che preparano i loro germogli sotto il freddo (anche affettivo) dell’inverno, e potrebbero poi assicurarci nuove e piacevoli stagioni.
A questa visione si oppone però una psicologia del disincanto (di successo crescente nell’ultimo secolo), dominata dall’archetipo del vecchio scettico: colui che sa che ogni cosa finisce, e, quindi, non ha più voglia (e non crede possibile, e neppure desiderabile) di cominciarne di nuovo.
Il conflitto tra le due visioni, della speranza e del disincanto, si appoggia in questo periodo dell’anno su potenti forze contrapposte, all’interno della psiche come all’esterno, nella natura.
Il disincanto possiede anche una sua versione aggressiva: quella rappresentata dall’archetipo del «vecchio re» Erode, che, impaurito dall’immagine del possibile cambiamento, ordina l’uccisione di tutti i bambini nati in questo periodo, per evitare di perdere il trono.
Attenzione dunque: nutrite e difendete i vostri buoni propositi (magari anche nascondendoli ai curiosi malevoli).

l’intero articolo qui:
La spinta al miglioramento di sé

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