L’odio è un sentimento che tiene compagnia. Ma nel caso della politica può anche risultare conveniente. Prendiamo Di Pietro: può crescere nei voti solo in un clima di contrapposizione esasperata. Ieri poco prima delle 9: «Non intendo associarmi agli ipocriti che vogliono usare questo gesto di violenza folle come una spugna su quanto ha fatto e sta facendo questo governo ». Alle 13.06: «Non sono un ipocrita e non vado a trovare Berlusconi». Eccetera. Il partito di Di Pietro, secondo la bella analisi che ne ha fatto in un suo saggio l’onorevole Pisicchio, sarebbe nei suoi simpatizzanti una forza moderata, vicina per inclinazioni e stili di vita a quelli dell’Udc, solo con una minore assiduità alla messa. Se Di Pietro non gridasse, Casini lo surclasserebbe. Perciò grida, e gridando soddisfa anche una sua vecchia simpatia per le manette. Gridando, oltre tutto, può sperare di raccogliere voti in quell’area che sta all’estrema sinistra e che non riesce a rassemblarsi. Si tratta di una percentuale del 10-15%, su cui vorrebbe mettere le mani anche Bersani e in questo senso l’uscita in stile dipietresco di Rosy Bindi non sembra lungimirante.
Ma il ferimento di Berlusconi a chi servirà?
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