E’ uscito un gran libro che racconta come Mao Tse-tung, uno dei più grandi carnefici della storia del genere umano, è stato trasformato in un simbolo di “liberazione” da un pugno di intellettuali francesi. I loro nomi sono noti: Jean-Paul Sartre, Michel Foucault, Philippe Sollers e Julia Kristeva. Così come si era innamorato del maoismo, Foucalt si sarebbe commosso per la Rivoluzione iraniana di Khomeini, da lui definito “un santo”. Quello chansonnier di Sartre, dal suo tavolo al Cafè de Flore, applaudì così al massacro degli atleti israeliani a Monaco 1972: “In questa guerra, la sola arma di cui dispongono i palestinesi è il terrorismo. I poveri e gli oppressi non ne hanno altre. Il principio del terrorismo è il seguente: bisogna uccidere”. Paghiamo ancora per le teorie di questi intellettuali da caffè che hanno legittimato il terrore totalitario e il risentimento antioccidentale. Sartre non aveva esitato a scrivere, nella prefazione a “I dannati della terra” di Fanon, che il fatto di uccidere un occidentale figlio del colonizzatore era parte del bene rivoluzionario.
