L’uomo tartaruga di Zàachila, Macario Matus, in Poesia n. 279, febbraio 2013

Zàachila fu la seconda dimora

degli zapotechi, dopo Teotitlan

del Valle. Si sapeva che sotto il paese

c’erano quattro ramarri che reggevano il mondo.

Ma in una delle tombe trovate

apparve l’uomo tartaruga, con la testa

coperta con pelliccia di ozelot. Nelle mani

portava una daga di ossidiana, frecce

e guaine di corteccia vegetale come scudi.

Disgraziatamente fu abbattuto a tradimento.

Di fronte è impossibile dominarla,

con le sue fauci e la lingua potente

strappa dita e mani nemiche.

In pericolo mette la testa sotto il carapace,

scende nel fiume, rotola sulla sabbia del mare

e scappa fra le onde bianche di schiuma.

Sgravatasi, cova i suoi figli sulla tiepida spiaggia.

Dopo qualche tempo ritorna solo per guardare

la prole alzarsi, scomparire

davanti all’oceano, alla terra e agli uomini.

(Macario Matus)

Un pensiero riguardo “L’uomo tartaruga di Zàachila, Macario Matus, in Poesia n. 279, febbraio 2013

  1. Cara Tartarugosa, non so se hai visto la prima de “La lettura” di ieri del Corsera. Mi sei subito venuta in mente. Buonissime ore a te, confidando nel risveglio prossimo venturo della natura, dopo questi ultimi colpi di coda dell’inverno

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