8 Settembre: le mie radici civiche

Questo albero di grande maestosità e bellezza è in un giardino condominiale di Albavilla, in provincia di Como.

Col tempo è’ diventato un simbolo naturale che mi parla con sapienza dell’importanza delle radici personali intrecciate a quelle civiche.

Col tempo è’ diventato un simbolo naturale che mi parla con sapienza dell’importanza delle radici personali intrecciate a quelle civiche.

L’8 Settembre 1943 per l’Italia (ma non per gli italiani, purtroppo) è una data periodizzante.

Quel giorno, che si commemora oggi con penose polemiche , il generale Pietro Badoglio siglò l’armistizio con i nuovi alleati americani, dopo che il fascismo mussoliniano aveva  – invece – portato il nostro paese alla mostruosa alleanza con la Germania hitleriana della Seconda guerra mondiale e della Shoah. Dopo aver firmato l’armistizio, Badoglio fuggì con il re Vittorio Emanuele III a Brindisi, lasciando l’esercito e tutto il paese nelle mani della violenta reazione tedesca, che mise a ferro e fuoco l’Italia del Nord ancora per altri 2 anni.


Quella data mi ricorda che la Repubblica italiana ha le sue radici nella sconfitta 
– al prezzo di tantissimi morti e feriti –del fascismo. E questo fornisce alimento alla mia impossibilità morale di aderire a coalizioni di destra, anche quando ne condivido alcune specifiche scelte amministrative.
Ma quella data mi ricorda anche che alle radici della Repubblica italiana ci sono gli Stati Uniti d’America e gli anglo-americani, che parteciparono attivamente alla sconfitta del nazifascismo in Europa.
E questo mi differenzia politicamente dai partiti che fanno di una loro identità antiamericana il loro povero e miserabile cemento ideologico.

 


Napolitano parla del «duplice segno della Resistenza: quello della ribellione, della volontà di riscatto, della speranza di libertà e di giustizia di tanti giovani che combatterono nelle formazioni partigiane sacrificando in non pochi la loro vita; e quello del senso del dovere, della fedeltà e della dignità che animarono la partecipazione dei militari, compresa quella dei seicentomila deportati nei campi tedeschi che rifiutarono l’adesione alla Repubblica di Salò».”Farei un torto alla mia coscienza – dice La Russa – se non ricordassi che altri militari in divisa, come quelli della Nembo dell’esercito della Rsi, soggettivamente e dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli anglo-americani, e meritando quindi il rispetto pur nella differenza di posizioni di tutti coloro che guardano con obiettività alla storia d’Italia«.

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