I Fachiri sardi di Carloforte (di Paolo Ferrario, 27 aprile 2015)
Antefatto
Attila e Regina propongono a Paolo e Luciana di trascorrere le vacanze estive in Sd in un appartamento in affitto. Obiettivi: godersi spiagge da sogno, rilassarsi, esplorare la zona mineraria del Sc, contenere i costi.
Luciana convince Paolo ad accettare senza troppo considerare i possibili effetti della convivenza con un’altra coppia.
All’inizio della seconda e ultima settimana di ferie li troviamo tutti a Cf seduti tutti e quattro a un tavolino di una gelateria sul lungomare, impegnati a scrivere cartoline e a conversare .
Ad un certo punto Luciana e Regina si alzano: la prima entra nel bar per ordinare una coppa di gelato e la seconda si dirige in direzione opposta verso l’imbarcadero per controllare gli orari di partenza del traghetto.
Dei due uomini rimasti seduti, Attila parla animatamente e Paolo mostra chiari segnali di insofferenza.
Visto da Paolo:
Un incubo, non saprei come altro definire quel periodo. Non so perché a Luciana fosse venuto in mente quell’anno di andare in vacanza in Sd con Attila e Regina e tanto meno perché io avessi potuto accettare un’idea così stramba.
Tristi presagi si erano manifestati da subito, da quando Attila, con aria trionfalistica, aveva annunciato che per risparmiare il 30% sulla traversata in traghetto si doveva partire per Liv. alle due e mezzo di notte. Inoltre, per rendere più conveniente la spedizione, si poteva tranquillamente usare un’auto sola. Ricordo ancora le facce stizzite, la sua e soprattutto quella della moglie, quando avevo seccamente respinto la proposta, adducendo il fatto che al rientro dovevo recarmi direttamente a Rovigo per impegni di lavoro e quindi dovevo essere autonomo.
Passi pure il fatto che in prossimità del Passo della Cisa ho rischiato un colpo di sonno e Luciana manco se n’è accorta; passino anche le penose escursioni giornaliere di circa un’ora e tre quarti verso la prima spiaggia accessibile sotto un sole a picco (prima non si poteva perché Regina, con la scusa della pressione bassa, prima delle dieci non ce la faceva proprio ad alzarsi); passino alcuni pranzi letteralmente saltati perché sempre Regina osservava che con quel caldo era meglio fare un unico pasto serale …
Ma Carloforte, ecco, Carloforte proprio no!
Carloforte non mi è ancora passato adesso, a distanza di venti anni.
Me lo ricordo come fosse oggi. Eravamo seduti al tavolo di una gelateria. Regina e Luciana avevano acquistato una serie di cartoline, non per uso personale come di solito fa Luciana, bensì per quello stupido rituale di indirizzarle ad amici, conoscenti, colleghi per metterli nella condizione di manifestare finta gioia e gratificazione per quel gentil pensiero. E’ noto che, salvo maniaci collezionisti, le cartoline in genere vengono trattate alla stregua dei volantini pubblicitari. Comunque sia a un certo punto Luciana ha pensato bene di andare a ordinarsi un gelato e Regina invece ha detto che voleva sgranchirsi le gambe e così è andata a verificare la corsa di ritorno per Cg.
E io sono rimasto lì ad ascoltare le farneticazioni di Attila che parlava, parlava, parlava. Tra me e me ripassavo i Delitti esemplari di Max Aub e ne formulavo uno nuovo “L’ho ammazzato perché parlava troppo”.
Come sia finito sul discorso dei fachiri non lo ricordo proprio. Sfortunatamente ricordo la veemenza con cui sosteneva la capacità degli stessi di poter stare in apnea sott’acqua per nove ore. “Stai a vedere che è una specie umana con le branchie” avevo tentato di inserirmi in quell’oceano di parole.
“Li ho visti. Non c’era nessun trucco. E’ grazie alla loro forza di volontà, al controllo del respiro e alla concentrazione mentale che riescono a strabiliare noi poveri occidentali con risultati così incredibili e inspiegabili per la nostra schematica e riduttiva scienza medica”.
Non ne potevo più di quella faccia beota dagli occhi a palla e guance grasse cascanti, sentivo un pizzicorino crescere nelle dita delle mani… ma dove cazzo era finita Luciana? Perché non era lì a darmi una mano ad arginare quella valanga delle sue granitiche certezze?
Visto da Luciana:
Dopo vent’anni forse sto diventando un po’ intollerante, ma sfido chiunque a mantenersi calmo di fronte alle frequenti recriminazioni del proprio compagno di vita su un fatto assolutamente futile e inconsistente.
Eppure Paolo ne ha fatto una questione di principio: “Tu quella volta non ti sei schierata dalla mia parte, anzi! Sembrava quasi volessi dare ragione ad Attila”.
E rieccoci con la storia dei fachiri in Sardegna.
Ammetto: non era stata un’idea felice decidere di fare una vacanza con quei due.
Prima che io e Regina trovassimo marito era nostra abitudine, nei ponti lavorativi, partire per brevi viaggi scegliendo ogni volta una città d’arte italiana. Io adoravo viaggiare in treno, camminare lungo strade cariche di storia, scattare fotografie e sognare. Regina, purtroppo, cercava in quegli spostamenti di combattere la sua depressione, sfogando su di me, durante chilometriche passeggiate, la sua disperazione per l’impossibilità di essere diversa da quella che era.
Negli anni le cose non erano molto cambiate, ma questa volta in Sd saremmo stati in quattro e, tutto sommato, l’idea di ripartire il costo di una casa in affitto non mi dispiaceva affatto.
Evidentemente mi sbagliavo: i caratteri sono duri a modificarsi. Ricordo ancora con un brivido il trasferimento dallo sbarco a … alla fatidica casa. Sette ore di viaggio, ben più lungo della traversata stessa. A mezzanotte eravamo ancora in auto. Nei giorni seguenti, ancora ore e ore in auto sotto il sole cocente di mezzogiorno per raggiungere una spiaggia nemmeno tanto da sogno, abitudini alimentari totalmente diverse e discussioni infinite sulla scelta delle trattorie, per non parlare delle divisioni degli spazi abitativi stile “separati in casa”.
Paolo inoltre non sopportava Attila, la sua logorrea, i suoi perenni
“come dire …”.
E, anche rispetto a Regina, se avesse potuto strozzarla per le sue scenate isteriche l’avrebbe fatto ben volentieri.
Certo però che anche Paolo non scherzava con le sue abilità relazionali!
A Carloforte, giustappunto, da quando ci eravamo seduti al tavolo del bar continuava a dimenarsi e a guardarsi intorno annoiato. Lo so, scrivere cartoline è una cosa che detesta, ma che t’importa! E metti ‘ ’sta firma senza tanti commenti! Regina è sensibilissima nel cogliere atteggiamenti conflittuali e, credendo di mediare, in realtà riesce solo a peggiorare la situazione.
Così quel pomeriggio, per evitare a me stessa di sbottare verso le inquietudini di Paolo, me ne sono andata a prendere un gelato. Attila stava parlando dei suoi numerosi viaggi in India, luogo per lui mitico a tal punto da fargli dire che, quando era là e vedeva i roghi dei defunti, si sentiva a casa sua. Intanto che ero in fila, nel brusio di fondo sento emergere la voce di Paolo. Mi volto verso il tavolo esterno e vedo le sue mani che massacrano un tovagliolino di carta, mentre il tono della voce si alza ancora di più.
Al mio ritorno sono ancora lì a controbattere sulle capacità paranormali dei fachiri in acqua. Paolo mi guarda con aria di sfida: “Sostiene che i fachiri possono stare per 9 ore sott’acqua!”. Mi lascio scivolare quelle parole addosso, sperando che Paolo capisca che è meglio lasciare cadere il discorso.
Non me l’ha più perdonato. Ancora oggi non perde occasione, quando litighiamo, di bofonchiare che io posso andare d’accordo solo con i deficienti che pretendono di far credere ai fachiri con le branchie. Anzi, se la lite è particolarmente aspra, gli bastano cinque parole: “Come i fachiri di Carloforte”.
Visto da Regina:
Carloforte? Sì, ci sono andata una ventina d’anni fa. E’ un bellissimo posto. La Sardegna tutta è un bellissimo posto e se posso ci ritorno volentieri.
Certo, ci vorrebbe un altro umore per godere appieno di quei paesaggi. Le mie vacanze in realtà sono sempre una fuga, come se essere in un luogo lontano potesse influire anche sul mio modo di essere al mondo.
Quella volta a Carloforte non ero sola con Attila. C’erano anche Luciana e Paolo. Non era stato un buon anno. A giugno avevo finito il mio percorso analitico. O meglio: il mio psicoterapeuta aveva decretato che il suo compito era finito e mi aveva congedato suggerendomi il nome di uno psichiatra.
Non avevo più lacrime da piangere e mi sentivo come “L’appeso” dei Tarocchi: a testa in giù, legata, ma con gli occhi ben aperti. Immutabile. Questo era il mio copione esistenziale così simile al masso di Sisifo che, una volta arrivato in cima al monte, riprecipita a valle.
Non ricordo nei dettagli quella vacanza. Sì, ecco, mi aveva stupito il fatto che Paolo avesse rifiutato di partire con una macchina sola. Sarebbe costato molto meno, ma poi lui al ritorno doveva andare direttamente in Veneto, a Rovigo mi sembra.
Certo essere in quattro non è semplice.
Personalmente, credo di essere una persona abbastanza accomodante e senza molte pretese: sopporto lunghe ore di viaggio, non cerco particolari comodità, faccio un pranzo solo al giorno …
Quando da ragazza andavo in vacanza con Luciana non sussistevano problemi, trovavamo sempre un accordo nonostante i diversi bioritmi.
Con gli uomini le cose si complicano: lei mi pare piuttosto succube di Paolo e c’è da dire che Paolo è pure aggressivo. O la pensi come lui, o sei un deficiente.
Nemmeno Attila ha un buon carattere. Ha lo stile del montanaro: abituato a escursioni solitarie in montagna ci ha messo un bel po’, grazie a me, a imparare a interagire con gli altri. Non ha ancora trovato il giusto livello. O se ne sta immusonito per conto suo o inizia a parlare a macchinetta senza lasciare spazio ad alcun intervento. Inevitabile che con Paolo si accendino scintille.
Probabilmente non siamo state molto fortunate in amore se Luciana si è lasciata plagiare da un uomo che pretende di avere sempre ragione e io mi trovo a dover fare l’educatrice di un orso.
I fachiri? Ah sì, eravamo sempre a Carloforte.
Mentre spuntavo la lista delle persone cui spedire una cartolina, mi è capitato sotto gli occhi il nome del mio ex psicoanalista. Per evitare di scoppiare a piangere davanti a tutti ho preso la scusa di verificare gli orari del traghetto.
Mi sentivo una merda mentre gli occhi velati cercavano di mettere a fuoco i numeri ballerini del tabellone.
Poco dopo sono arrivati tutti e tre e Attila mi ha chiesto conferma delle doti dei fachiri di resistere a lungo immersi sott’acqua.
“Certo”, avevo risposto, “i fachiri si sottopongono a una rigidissima disciplina psicofisiologica fino a raggiungere un ritmo respiratorio lentissimo che non incide sullo stato di coscienza. Non solo possono tollerare tempi estremi in apnea, ma addirittura stare ermeticamente sepolti in bare interrate per alcuni giorni. I fachiri sono in grado di raggiungere uno stato superiore dell’esistenza e noi occidentali abbiamo molte cose da imparare da loro”.
Come? No, non siamo più andati in vacanza con Paolo e Luciana.
Qualche volta butto là la possibilità di brevi trasferte “low cost”.
Ma mi è parso di capire che a loro non interessa risparmiare.
