
ABBR. E

OVVERO “L’ANATEMA DELLA PAROLA”
E’ giunto il momento di metterci un punto. Nel senso del punto fermo, quello che chiude un periodo prima di passare ad altro argomento.
Non il punto che non è seguito dalla maiuscola, che non richiede di inserire uno spazio, che gioca ad alternarsi fra singole lettere. Odio quel tipo di punto.
Attenta alla mia stessa essenza e brucia ogni mia libertà.
Potrò, finalmente, dar voce ai miei diritti? Di esistere, di allungarmi, di estendermi, di stiracchiarmi, di dispiegarmi, di srotolarmi nelle mie diverse lunghezze senza dover più incespicare nei punti che mi (s)troncano o sentirmi contratta in un’accozzaglia dura e impronunciabile di consonanti troppo promiscue?
Senza dovermi scervellare per capire se s.s. sta per strada statale, sua santità o Schutz-staffein; se p.s sta per pubblica sicurezza, post-scriptum o previdenza sociale, se a.c. sta per anno corrente, avanti Cristo o assegno circolare?
Basta. Reclamo…
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