Due giorni a Ferrara. Manifestazione Ferrara sotto le stelle, a sentire Toumani Diabatè

Due giorni Ferrara. 

Manifestazione Ferrara sotto le stelle, a sentire Toumani Diabatè.

Ne ho parlato e conversato qualche settimana fa qui:

Toumani Diabate’, The Mande’ Variations


grazie per questa informazione a Giuseppe Federico di Onda Rock



Toumani Diabate’
The Mande’ Variations

Links:


Videos:


Mi affascina per vari motivi.
In primo luogo per le risonanze antiche che sa elaborare e trasmettere. Mi viene in mente quell’ “Africaaaa …” di Nina Simone, in una delle sue espressioni dentro l’interpretazione di Little Girl Blue in quella serata a Montreux, nel 1976: ” …. Africaaa …”  A 6 minuti e 50 …
Poi per la qualità dei suoni singoli ed orchestrali che vengono fuori dalla Kora.
Dice Jazzfromitaly di questo suono:

Assistere ad un concerto per kora solo è un’esperienza unica.
Ti chiedi come sia possibile ascoltare quella cascata di suoni, da dove nascono quei bordoni come giri di basso ed allo stesso tempo ti ritrovi a godere di quelle lunghissime melodie, cristalline, con mille impercettibili variazioni e sempre nuove.

E, infine per le contaminazioni con la musica europea e gli stilemi della improvvisazione jazz.
In Kaunding Cissoko, sento le fughe bachiane rilette da John Lewis:

http://www.divshare.com/flash/playlist?myId=4580041-a62


Connessioni:

  • intervista a Toumani Diabatè e tecnica di costruzione della Korà. Video rintracciato da Prisma:

  • Scarica il video

  • recensione di Giuseppe Federico e Diego Capuano in Ondarock: 

La cultura del continente africano custodisce tradizioni ancestrali di preservazione e diffusione della propria cultura e del proprio passato. La musica si è sviluppata in un contesto storico privo di scrittura e ha assunto il ruolo importante di principale veicolo di comunicazione della tradizione popolare. Nel Mali l’unico vero depositario della memoria storica del proprio popolo è il djeli(letteralmente “trasmissione attraverso il sangue”), il cantore e musicista meglio conosciuto in Occidente con il termine di derivazione francese griot.
Questa figura ha un ruolo sociale importante in quanto è il custode del patrimonio di temi e melodie trasmessi nei secoli attraverso le generazioni. E’ ad esso che si fa riferimento per affermare l’identità culturale del popolomandè e per divulgare le storie e le gesta degli antenati, degli spiriti e della propria famiglia o gruppo etnico.
La kora è lo strumento tradizionale suonato dai djeli di etnia mandinka. Si tratta di un’arpa liuto a 21 corde che si compone di una cosiddetta calabash, ovvero una grossa semi-zucca ricoperta di pelle di mucca (o di antilope e talvolta capra), alla quale è attaccato un manico che fa da tirante per le 21 corde che si inseriscono, in due file parallele rispettivamente di 10 e 11 corde. Le corde sono legate al manico da anelli di pelli che determinano l’accordatura.
Ovviamente esistono delle varianti di kora, e svariati gli sono stili, le tecniche e le accordature della stessa. Addirittura le origini dello strumento sono incerte: secondo Diabatè la kora risale ai tempi di Soundjata Keita, il primo re dell’impero del Mali del XIII secolo e dopo peripezie capitata nelle mani di un antenato dello stesso musicista.

Toumani Diabatè è soltanto uno degli ultimi discendenti di una famiglia di importanti musicisti: suo padre era Sidiki Diabatè,uno dei protagonisti della musica del Mali e colui che pubblicò il primo disco di sola kora in assoluto (“Cordes Anciennes”, 1970).
Sono essenzialmente due le scuole importanti di kora: quella del Gambia e quella del Mali. La prima fa un uso della kora come strumento solista, quella del Mali la usa prevalentemente come strumento di accompagnamento per i cantanti.
Per la registrazione di questo disco l’artista ha apportato alcune modifiche alla kora: per la prima volta, in alcuni brani, sono state utilizzate delle corde tipiche delle arpe di tipo occidentale. Altra novità è l’utilizzo di chiavi di legno al posto di tradizionali anelli di pelle adoperati per il tiraggio delle corde. Queste modifiche nell’accordatura dello strumento hanno determinato un suono più limpido e armonico.

L’importanza di “The Mandè Variations” (i mandè sono un gruppo etnico dell’Africa Occidentale, definiti dalla cultura e dalla lingua piuttosto che dall’etnicità, alla cui popolazione mandinka, inclusa in questo gruppo, appartiene Diabatè) è spiegata proprio dalle variazioni dai temi del repertorio tradizionale del Mali e dall’uso pionieristico della kora. La caratteristica principale è costituita dalla libera improvvisazione e dalla “variazione” di ritmo, armonia, tema, melodia e dalla contaminazione con altre sonorità: temi tipici del jazz(“Ali Farka Tourè”, dove fraseggi di assoluta libertà impro-virtuosistica sono spezzati da momenti di struggente intensità lirica), minimalismo (in “Ismael Drame”, dedicata alla propria guida spirituale, l’atmosfera si fa più cupa e riflessiva), raga indiano (“El Nabiyouna” ricorda fraseggi di sitar indiani, prima di sfociare in una dinamica più energica del solito), fino a un accenno western morriconiano (la conclusiva “Cantelowes”, che finisce poi con il dipanarsi in un intreccio ritmico e melodico tipico dello stile del più classico di Diabatè).
Tra le dediche da segnalare anche quella di “Kaounding Cissoko” a un altro amico e musicista scomparso: Baaba Maal, fenomeno pop (chitarrista, cantante, ballerino) del Senegal.

L’album arriva venti anni dopo l’esordio del musicista maliano, quando a 21 anni pubblicò “Kaira”, l’altro lavoro per sola kora che inaugurò una carriera ricchissima di prestigiose collaborazioni, valga per tutte quella con il mai troppo compianto Ali Farka Tourè: “In The Heart Of The Moon”, uscito nel 2005 e Grammy Awards 2006.
Ciò che rende l’opera unica è la grande semplicità e raffinatezza nel combinare i vari passaggi sonori, rivisitare le melodie tradizionali dei djeli scavando nelle radici arcaiche senza tuttavia snaturarle anzi arricchendole con altre influenze. Tutto il disco è permeato da momenti di grande intensità e lirismo che lasciano senza fiato: Diabaté dimostra una padronanza assoluta dello strumento improvvisando con una naturalezza disarmante e dettando in contemporanea la linea di basso, accompagnamento e improvvisazione.

In “Si naani”, forse uno dei momenti più intensi del disco, ricorre a una scala di tipo orientale detta “egizia” e, attraverso in una serie rivisitazioni di alcune melodie dei djeli del Mali del nord e del centro, parte da una canzone d’amore, “Maramba Musu”, snodandosi attraverso una serie di rielaborazioni fino a “Njaaro” (una melodia tipica dei djeli di etnia fulani).
Territori musicali inediti, dove l’equilibrio tra tradizione e modernità riesce a trovare un importante punto d’arrivo. Un po’ come faceva John Fahey con la sua chitarra, con un’intensità che spazza subito via qualsiasi accusa di virtuosismo gratuito, Toumani Diabatè riesce ad architettare con spontaneità una musica che, senza l’utilizzo di parole, fa parlare e vibrare terra e anima, facendo emergere secoli di culture e tradizioni del proprio paese.
“The Mandè Variations” è un album bello e non facile,una preghiera in otto movimenti lontana da qualsiasi moda o tendenza.

(18/04/2008)




Su questo concerto ha scritto Jazzfromitaly:

Venerdì sono andato ad un concerto unico, quello diToumani Diabatè organizzato dagli amici di T.P. Africa. Un concerto bellissimo, che avrebbe meritato l’auditorium di Roma, l’attenzione dei media, ed un pubblico più numeroso. Due ore di poesia unica, di improvvisazione felice e di una valenza culturale enorme, come ben sintetizzato dalle parole di Giulio Mario Rampelli
“…I dischi non possono rendere l’atmosfera che si crea in presenza di un djeli e del suo strumento, gli occhi chiusi, rapiti all’interno, le mani agili che pizzicano le corde, le melodie notturne e le cascate di note che cadono e volano improvvise. E’ un viaggio nello spazio e nel tempo, guidato da chi conosce altre dimensioni, antiche storie, memorie cancellate…
.
Ebbene, Toumani, questo uomo straordinario figlio di diverse generazioni di griot, che da sempre sfida se stesso nella ricerca musicale tra le radici e la modernità, ad un certo punto ha detto:
“…nel mio Paese, il Mali, abbiamo subìto per anni il colonialismo.
Era difficile, loro avevano il potere e le armi, ma mio padre ed i miei parenti si sono ribellati ugualmente, hanno combattuto questo clima di soprusi e di repressione con i loro strumenti.
Sì, i miei antenati hanno fatto la resistenza con la Kora, il Balafon, la M’bira, quelle erano le loro armi, questi sono i miei strumenti…”
 
Un uomo straordinario, di una grandezza enorme e di una modestia umana rara, bello e inimmaginabile, come solo un Maestro del racconto per immagini poteva ritrarre.
Art by Maurizio Ribichini

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