Zàachila fu la seconda dimora
degli zapotechi, dopo Teotitlan
del Valle. Si sapeva che sotto il paese
c’erano quattro ramarri che reggevano il mondo.
Ma in una delle tombe trovate
apparve l’uomo tartaruga, con la testa
coperta con pelliccia di ozelot. Nelle mani
portava una daga di ossidiana, frecce
e guaine di corteccia vegetale come scudi.
Disgraziatamente fu abbattuto a tradimento.
Di fronte è impossibile dominarla,
con le sue fauci e la lingua potente
strappa dita e mani nemiche.
In pericolo mette la testa sotto il carapace,
scende nel fiume, rotola sulla sabbia del mare
e scappa fra le onde bianche di schiuma.
Sgravatasi, cova i suoi figli sulla tiepida spiaggia.
Dopo qualche tempo ritorna solo per guardare
la prole alzarsi, scomparire
davanti all’oceano, alla terra e agli uomini.
(Macario Matus)

Cara Tartarugosa, non so se hai visto la prima de “La lettura” di ieri del Corsera. Mi sei subito venuta in mente. Buonissime ore a te, confidando nel risveglio prossimo venturo della natura, dopo questi ultimi colpi di coda dell’inverno
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