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era difficile da credere che “Open” potesse arrivare ad abbattere un’ulteriore barriera, a sfondare una diga che non sembrava esistere, a superare l’ennesimo limite. E invece è proprio quello che avviene: a partire dal titolo, i tre riprendono in mano la formula dei lavori precedenti e la lanciano nello spazio aperto, pronosticando e gestendo con maestria l’inevitabile perdita di forza d’urto, al sacrificio della quale corrisponde un guadagno ben più ingente nelle sfumature. Queste ultime divengono, in tutti i sensi, universali, si articolano fra di loro giocando a turno sul contrasto vuoto-pieno e, soprattutto, sul dialogo fra scheletro ritmico e melodia.
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Categorie:The Necks: Abraham, Buck, Swanton