Dante Visconti (1916-1973), 57 anni.
Mio professore di Lettere e storico del Risorgimento.
Gli devo ancora uno dei più grandi esercizi di memoria reiterativa. “Mandate a memoria il Canto XI dell’Inferno”:
D’ogne malizia, ch’odio in cielo acquista,
ingiuria è ‘l fine, ed ogne fin cotale
o con forza o con frode altrui contrista.
Dante Alighieri, Commedia, L’Inferno, XI, 22 e seguenti
Ha lasciato segni in me indelebili:
“Ragiona con la tua testa”,
“Mi illudo che tu abbia assorbito da me l’amore alla ricerca della chiarezza e all’indipendenza di pensiero”,
“Leggi Pascoli, lascia stare Carducci”,
“Attento … chi diventa cattolico per la folgorazione sulla via di Damasco poi esagera”.
E, infatti, nel 1971 ho creduto di essere un credente cattolico. Ma era solo un’illusione: non ho la grazia della fede, ma solo la ragionevole ragione.
Avevo un appuntamento con lui. Era come andare ad una seduta analitica: si passava da Plinio il Vecchio a Salvemini. Con escursione laterale all’Ulisse di James Joyce. Era puro piacere della conversazione.
Ricevetti una telefonata: “Avevi un appuntamento con Dante, vero? … Dante non c’è più …”.
Se un tronco ha bisogno di radici forti, questa è la più forte, profonda e duratura.
E’ quella dei diciott’anni.
Il fugace padre parallelo.
