caro ***
ho letto e riletto il mio articoletto biografico che ti (e vi) ho inviato
Purtroppo c’è un problema.
Non riesco proprio a modificarlo secondo le vostre indicazioni.
E’ in tutta evidenza una resistenza psicologica.
Come sai l’articolo è una sistematizzazione della mia pagina espressamente autobiografica pubblicata qui
Anche nell’articolo nuovo ho bisogno di mantenere un forte equilibrio (proprio come in una bilancia dove ci sono dei pesi ) fra il ricordo personale e le mie griglie di analisi in tema di politiche sociali (che nell’ultimo libro sono riuscito a trattare nei capitoli dal 5 al 10 del mio libro)
Ogni riduzione del racconto autobiografico mi sembra alterare quell’equilibrio che ricercavo
Quanto ho detto è, come leggi, prevalentemente psicologico, ossia inerente alla mia struttura di personalità (ho in particolare trattato il tema nel paradigma del capitolo 6)
C’è però anche un altro ordine di riflessione che vorrei sottoporre alla tua attenzione
Come sai nell’ultimo decennio si va molto diffondendo una “tendenza all’autobiografia” (penso in particolare alla esperienza della LUA libera università dell’autobiografia di Anghiari) che recentemente sta molto virando sulla “medicina narrativa “
Come interpretare questa trasformazione molecolare?
Io la leggo così: come un successo del welfare.
Le malattie sono curabili e quindi chi “sopravvive” vuole raccontare. Il trionfo della Techne (come ci insegna da decenni Emanuele Severino) comporta un di più di autobiografismo
C’è nella medicina narrativa molto del “sociale” che è implicito nei sistemi di servizio sociosanitario e socioeducativo, in genere raccontati sotto le griglie della analisi istituzionale, economica. organizzativa e professionale
Ecco dunque separarsi due sfere dell’agire sociale:
1. la tecnicalità medica, insidiata dalla “medicina difensiva”, che nasce proprio dalla crescita delle aspettative e della già presente “psiche rancorosa”, tipica del carattere degli italiani, che sono contemporaneamente evasori delle tasse e pretenziosi nelle cure
e
2. la voglia di raccontare. Da qui i tanti, tantissimi diari, romanzi, esperienze narrative
Tieni presente che capisco bene, molto bene, i criteri di scientificità e ricerca di una rivista importante per storia e aderenza alle politiche sociali come *** .
Anzi: proprio per questo voi dovete tutelare il profilo culturale della rivista. E’ necessario che sia così.
Dunque rinuncio a pubblicare l’articolo su ***.
Pensavo di proporti di pubblicarlo sul sito *** , visto che il buon funzionamento (non “eccellenza”: solo contingente e forse casuale buon funzionamento dell’ospedale ) è di un ospedale cittadino accreditato. Ma ho sfogliato il sito e mi rendo conto che anche lì è eccentrico.
Forse lo sarebbe un po’ meno sul sito di ***. Ma, immagino, anche loro avranno criteri di selezione e inclusione. E poi ormai sono , da tanto tempo, solo un lettore di quella rivista
Ragione per cui lo pubblicherò sui miei blog con un’unica variazione: la parte “degenza” verrà divisa in due : “degenza in fase acuta” e “degenza in fase remissiva”. Poichè, in termini di processo, è più precisa
Scusami per questa lunga lettera argomentativa, peraltro molto pensata.
Colgo infine l’occasione per ringraziarti moltissimo per avere stimolato in me la “committenza” per l’articolo: mi hai indotto a meglio pensare la mia vicenda e ricollocare in un reticolo concettuale nuovo la imponente “tendenza al diario e alla medicina narrativa”
Ringrazio anche il redattore per la sua pazienza nella lettura e ti prego, se vuoi, di fargli pervenire questa mail
Saluti cari e buoni giorni a a te e a voi