i benefici del Cioccolato

Fa bene al cuore perché grazie alle sostanze contenute nel cacao, il cioccolato fondente ha effetti benefici sull’apparato cardiovascolare, sul cuore e sulle arterie.

Usato con moderazione, il cioccolato diminuisce il rischio di patologie coronariche dell’8%, come pubblicato sulla rivista ufficiale della European Society of Cardiology.

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Cioccolato benefici: le Origini della bevanda degli dei.

Pozzi Cinzia, Corpi estranei. Convivere con pacemaker e altri dispositivi sottopelle, Codice edizioni, 2022

Mappe nel Sistema dei Servizi alla Persona e alla Comunità

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Cinzia Pozzi dal 2008 convive con un defibrillatore cardiaco impiantabile: definisce il momento in cui è diventata bionica come un momento spartiacque nella vita, uno di quei momenti in cui si crea una divergenza tra un prima che conosciamo bene e un dopo di cui si sa pochissimo. Con alle spalle studi di biologia molecolare e una recente laurea in sanità digitale, Pozzi in questo libro racconta la duplice sfida che i pazienti bionici si trovano ad affrontare, quella alla malattia e quella dell’adattamento al nuovo corpo tecnologico. Attraverso le storie di pazienti con diverse patologie, Corpi estranei racconta cosa significa diventare bionici, tra benefici ma anche eventuali complicanze e tanta disinformazione perché «forse imparando a conoscere chi sono e come vivono queste persone con protesi nascoste…

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Antologia del cuore stanco. Persone con scompenso cardiaco, familiari e medici si raccontano, a cura di: Antonietta Cappuccio e Maria Giulia Marini Edizioni effedi, 2019 – ISTUD Sanità

Vittorio Lingiardi, CUORE tenero o matto da legare?, in Il Sole 24 Ore/Domenica,16 febbraio 2020

…..

Il cuore è nelle nostre frasi di tutti i giorni: a cuor leggero, avere a cuore, col cuore in mano, un cuore di pietra, mi scalda il cuore, cuor di leone, una stretta al cuore. E nelle nostre parole: batticuore, crepacuore, rincuorare, malincuore, ma anche (dal latino cor, cordis) cordiale, ricordo, coraggio. ”

Il cuore è nei versi che amiamo, dal core che ’ntenerisce i navicanti danteschi nell’ora che volge il disio, al palpito di Szymborska che per me è il manifesto dell’intersoggettività: «Ascolta come mi batte forte il tuo cuore». Non esiste un cuore senza canzoni e non esistono canzoni senza un cuore: Mina cantava Mi sei scoppiato dentro al cuore all’improvviso, un anno dopo ballavamo al ritmo del Cuore matto di Little Tony.

Inutile dire che il muscolo cardiaco batte anche in ogni biblioteca, dal cuore più popolare d’Italia, quello di De Amicis, a volumi dottissimi come il regalo ricevuto da un amico dantista, The Medioeval Heart di Heather Webb (Yale University Press), o la magnifica anatomia culturale (Organi vitali, Adelphi) scritta dal medico messicano-americano Francisco González-Crussí. Ogni venerdì mi adagio tra i cuori gonfi di Ježek che illustrano le Questioni di cuore di Natalia Aspesi e se apro il mio cassetto delle cartoline mi battono in petto i cuori dell’arte, quelli barocchi trafitti dall’angelo e quelli gaiamente paonazzi di Keith Haring. Uno di quelli che amo di più lo porge a Gesù una Caritas di Giotto nella Cappella degli Scrovegni.

Mappe nel Sistema dei Servizi alla Persona e alla Comunità

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mi ricordo … LAURA CONTI, “occuparsi” e non “preoccuparsi” , un foglio di diario del 12 novembre 2007

lunedì, 12 novembre 2007

Salute e malattia: “occuparsi” e non “preoccuparsi”

Siamo psicologicamente fragili davanti alle malattie. Ma forse è meglio parlare solo per me e dire: sono psicologicamente fragile davanti alle malattie.
Il vissuto della “salute” è quello della perfetta aderenza fra l’immagine con cui mi si presenta realmente il mio corpo e l’immagine ideale che ho interiormente del mio corpo. Se leggo o sto al computer è la vista e l’uso delle dita che mi mettono tranquillo. Se vado alla casa sul lago ho bisogno di gambe per camminare e un po’ di muscolatura per vangare.
Sto bene quando non sento alcun conflitto fra il corpo ideale (quello che mi consente la mie presenza nel mondo) e quello reale.

Ma cosa succede quando qualcosa si incrina?
Cosa succede dal punto soggettivo, intendo dire.

Accade di percepire una frattura fra il mio stato corporeo e quello standard di comportamento e di capacità di azione che prima mi sembravano ovvi.
Lo stare bene coincide quasi con la situazione di non percepire il mio corpo, perché – per l’appunto –  funziona.
L’incrinatura comincia quando il corpo parla.
Mi ha parlato l’estate del 2006 per un giorno intero, dopo i 270 scalini (bassi) che vanno dalla casa alla strada. E poi ancora nei mesi successivi. Con segni evidenti o di semplice allentamento della normale funzionalità o di alterata funzione.
In particolare mi ha parlato il cuore. Questo organo fisico ha lanciato qualche segnale che ho – in una alternanza fra ipocondria e fatalismo diagnostico – ascoltato ed accolto. Grazie anche al Servizio sanitario nazionale che con grave irresponsabilità viene criticato e che – invece – è un grande valore del welfare italiano.

Mi viene spontaneo confrontare la dimensione simbolica con quella medico-scientifica.
Il cuore, è innanzitutto un simbolo di “centro”, come insegna il linguaggio: “il cuore del problema”, il “cuore della città”.

Ma è anche considerato la sede di quella conoscenza che passa attraverso le emozioni:

“ il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce[…]. Io dico che il cuore ama l’Essere universale naturalmente, e ama sé stesso naturalmente, […] e s’indurisce contro l’uno o l’altro, a sua scelta. […]”, Blaise Pascal

Tuttavia, quando si percepisce una incrinatura, il cuore simbolico assume l’altro suo significato, diventando un potente e perennemente in azione muscolo chiamato “miocardio”.

Alla soggettività conviene  prudentemente affiancare l’oggettività.
Alla forza del simbolo occorre aggiungere quella complementare della indagine obiettiva.
Fra oggi e domani il mio miocardio è sotto esame di un servizio pubblico di medicina nucleare.

Sarò anche blandamente radioattivo per 48 ore.
La mia grande amica ed insegnante Laura Conti mi diceva con la sua garrula voce:

Non bisogna preoccuparsi, ma occuparsi della propria salute”.
Saggia Laura che aveva – in poche ed efficaci parole – indicato la strada.

di ritorno dall’impianto del PM, giovedì 17 ottobre 2019

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lettera di Luciana a G.

ciao *** , ti rispondo io per paolo che è ancora in valduce . Oggi ha fatto un impianto ti pacemaker. L’ultima visita cardiologica di settembre non aveva riscontrato anomalie, ma in base alla segnalazione di paolo sul senso di vertigine soprattutto al risveglio, il cardiologo gli ha fatto un massaggio al seno carotideo verificando un’asistolia maggiore di 7 secondi e ha quindi dato indicazione di pm.
Soffre infatti di bradicardia con battiti 55/minuto.
Non è stato per nulla contento e a noi 2, ignoranti in materia, ci è sembrato un eccesso di zelo.
Stasera mi ha detto che gli permane il senso di vertigine e che il pm si attiva solo in caso di battiti inferiori ai 45/min.
E’ preoccupato dal fatto che praticamente gli hanno bucato il cuore e teme sue rimostranze.
Comunque così è. Domani probabilmente effettueranno tutte le verifiche post intervento e forse lo dimettono venerdì.
Ti ringrazia moltissimo per la tua attenzione. Ha preferito non dire nulla a nessuno perchè in questa fase della sua vita non sopporta le inevitabili domande che avrebbe ricevuto.

Confidiamo nei progressi della techne e speriamo che tutto proceda per il meglio.

 

Cara l. , non è proprio un “bucare il cuore” nel senso di attraversarlo, perchè la sonda entra attraverso i vasi e quindi si tratta solo di una puntura dall’interno.

Il pace-maker è protettivo rispetto agli arresti/rallentamenti marcati cardiaci che possono danneggiare il cervello : in questo caso parte una piccola ma sufficiente scarica elettrica interna.

Può non far piacere, ma è un bel paracadute.
Purtroppo non protegge dalle transitoie vertigini, che sono state correttamente interpretate come un “campanello di allarme”. Meglio prevenire.


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JAUHAR Sandep, Il cuore, una storia – Bollati Boringhieri, 2019

Il cuore è al centro di ogni aspetto della nostra esistenza. Per secoli è sembrato che la comprensione del suo funzionamento dovesse sfuggirci: un muscolo d’eccezione misteriosamente animato, motore primo della vita, ma anche centro delle nostre emozioni e ritenuto, seppur contro ogni evidenza, la sede dell’anima; ricetto sentimentale per le nostre paure, l’odio incondizionato, la passione e il desiderio amoroso.
Sandeep Jauhar, cardiologo di origine indiana, sgombrando il campo dalle connotazioni metaforiche con cui l’essere umano ha sempre rivestito quest’organo, intreccia abilmente cronache di scoperta, positivismo e dolore con i commoventi racconti sulla storia dei disturbi cardiaci nella sua famiglia e sui pazienti che ha avuto in cura per molti anni; fa risalire alla morte improvvisa del nonno in India la sua passione-ossessione per il muscolo cardiaco, fino a scoprirsi egli stesso affetto da un insidioso male al cuore.
Ricco di storia informativa sulla nascita della moderna cardiologia, leggendo Il cuore scopriremo come e da chi è stato effettuato il primo intervento chirurgico a cuore aperto, ci stupiremo della genialità di William Harvey che ha indagato e svelato la natura della circolazione sanguigna, incontreremo C. Walton Lillehei che con la macchina cuore-polmoni ha dato speranza di vita a milioni di pazienti, seguiremo Werner Forssmann che per primo sperimentò su se stesso la procedura per raggiungere il cuore con un catetere – aprendo così la strada a una chirurgia cardiaca meno invasiva –, vedremo nel suo laboratorio George Mines, gentiluomo inglese, che scoprì i meccanismi elettrici del muscolo cardiaco; e assisteremo all’invenzione, quasi per caso, del pacemaker impiantabile, fino alle ultime frontiere dei trapianti con cuori artificiali.
Jauhar compie un’impresa degna dei migliori scienziati umanisti, quella di saper unire le competenze acquisite nel lungo e difficile apprendistato alla professione medica con lo spirito che ha animato altri grandi medici-scrittori – Oliver Sacks su tutti, ma anche più recentemente Atul Gawande, Siddhartha Mukherjee e Henry Marsh –, ovvero una profonda conoscenza dell’animo umano, messo a dura prova dalla malattia, e di saperlo raccontare con intima gentilezza e una partecipazione sempre rispettosa. Affronta i limiti della tecnica medica, confida che i progressi futuri dipenderanno sempre più dai nostri stili di vita e sempre meno dai dispositivi che saremo in grado di inventare, e insegna, con la sua scrittura coinvolgente e appassionante, a convivere con le fragilità del nostro corpo.
Il cuore è uno di quei libri rari e felici, capace di insegnare molto e di cambiare nel profondo la visione del mondo e della vita di ogni lettore.

vai alla scheda dell’editore

Il cuore – Bollati Boringhieri

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pacemaker: “segna-ritmo”, “generatore di ritmo”

Per pacemaker, termine inglese che significa “segna-ritmo”, si intende un apparecchio capace di stimolare elettricamente la contrazione del cuore quando questa non viene assicurata in maniera normale dal tessuto di conduzione cardiaca.

Wikipedia

vedi anche:

https://www.usi.it/notizie/248/il-pacemaker-tutte-le-cose-da-sapere

https://www.medtronic.com/it-it/pazienti/trattamenti-terapie/pacemakers.html

https://www.my-personaltrainer.it/salute-benessere/pacemaker.html

Scompenso cardiaco, quando il cuore va in affanno: conoscerlo e prevenirlo – di Elena Meli, in Corriere.it, giugno 2017

Cardiologia e salute del cuore. Leggi sul Corriere della Sera i consigli degli esperti su prevenzione e cura di patologie cardiache.

Sorgente: Scompenso cardiaco, quando il cuore va in affanno: conoscerlo e prevenirlo – Corriere.it

Quando ci si siede a tavola e uno dei tuoi amici tira fuori una grande quantità di pillole e comincia a prenderle …, da Francesco Piccolo, Momenti di trascurabile infelicità, Einaudi, 2015, pag. 154

Quando ci si siede a tavola e uno dei tuoi amici tira fuori una grande quantità di pillole e comincia a prenderle, intanto che chiacchiera e ordina. E non dice perché prende quelle pillole, e tu non sai se sono vitamine oppure se sta curando una malattia grave

 

da Francesco Piccolo, Momenti di trascurabile infelicità, Einaudi, 2015, pag. 154

intervista a PAOLO FERRARIO, Autobiografia di un infarto, fra biografia e politiche sociali, a cura di ALICE MELZI, in Welfare Oggi n. 6 novembre/dicembre 2014, pagine 7-10, Maggioli editore

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SITO DI WELFARE OGGI:

INDICE DEL N. 6/2014:

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pubblicato anche qui:

intervista a PAOLO FERRARIO, Autobiografia di un infarto, fra biografia e politiche sociali, a cura di ALICE MELZI, in Welfare Oggi n. 6 novembre/dicembre 2014, pagine 7-10, Maggioli editore « POLITICHE SOCIALI e SERVIZI.

Carteggio con A sulla situazione del cuore, nel quadro del Destino

grazie, alberto.

 

con la dottoressa abbiamo impostato il programma di attenzione al mio cuore:

esami diagnostici per vedere gli effetti sul fegato dei 4 farmaci che ingurgito ogni giorno (un ” lento avvelenamento necessario e senza alternative”),

verifica della pressione due o tre volte alla settimana,

elettrocardiogramma da sforzo in previsione di una visita cardiologica a settembre.

sempre sperando che non ci siano imprevisti.

quanto allo “stare”:

ogni tanto leggeri giramenti di testa,

debolezza e affaticamento facile.

 

come mi comporto?

come dice un motto locale: “curarsi con i famaci, guarire con il cibo”.

voglio dire: seguo una dieta rigorosa e utile alla circolazione sanguigna.

Poi faccio il possibile per non avviare discussioni moleste: me lo ha suggerito Epitteto.

questo è il bollettino medico: il nostro affidamento alla techne medica, come ci insegna il Maestro da quasi 70 anni.

 

per il resto va tutto molto bene:

relazione affettiva con Luciana (per l’Eros)

camminate per como, che è città bellissima (per il Luogo)

lettura dei giornali cartacei e online (per la Polis)

lettura di libri,

musica,

film

… ancora una decina di episodi di Criminal Minds da vedere…( evviva la squadra!).

Il Tutto insieme è Destino

 

ciao e grazie per averla sollecitata (fra poco trsporto quesa letterina interna sul mio blog)saluti cari e buoni giorni

come stai? come sta? rispondo: …

“come stai?”

“come sta?”

rispondo:

“sto” (prima dell'”essere” viene lo “stare”)
e tanto basta
grazie per l’attenzione e buon 2015 con un messaggio di due anni fa che mantiene intatto il suo valore per il peso da assegnare al momento presente:
 
saluti cordiali e buon lavoro

Paolo Ferrario. Lettera a un amico sul tema: perchè "tendenza al diario e medicina narrativa" si tengono insieme con le politiche sociali?

caro ***
ho letto e riletto il mio articoletto biografico che ti (e vi) ho inviato
Purtroppo c’è un problema.
Non riesco proprio a modificarlo secondo le vostre indicazioni.
E’ in tutta evidenza una resistenza psicologica.
Come sai l’articolo è una sistematizzazione della mia pagina espressamente autobiografica pubblicata qui
Anche nell’articolo nuovo ho bisogno di mantenere un forte equilibrio (proprio come in una bilancia dove ci sono dei pesi ) fra il ricordo personale e le mie griglie di analisi in tema di politiche sociali (che nell’ultimo libro sono riuscito a trattare nei capitoli dal 5 al 10 del mio libro)
Ogni riduzione del racconto autobiografico mi sembra alterare quell’equilibrio che ricercavo
Quanto ho detto è, come leggi, prevalentemente psicologico, ossia inerente alla mia struttura di personalità (ho in particolare trattato il tema nel paradigma del capitolo 6)
C’è però anche un altro ordine di riflessione che vorrei sottoporre alla tua attenzione
Come sai nell’ultimo decennio si va molto diffondendo una “tendenza all’autobiografia” (penso in particolare alla esperienza della LUA libera università dell’autobiografia di Anghiari) che recentemente sta molto virando sulla “medicina narrativa “
Come interpretare questa trasformazione molecolare?
Io la leggo così: come un successo del welfare.
Le malattie sono curabili e quindi chi “sopravvive” vuole raccontare. Il trionfo della Techne (come ci insegna da decenni Emanuele Severino) comporta un di più di autobiografismo
C’è nella medicina narrativa molto del “sociale” che è implicito nei sistemi di servizio sociosanitario e socioeducativo, in genere raccontati sotto le griglie della analisi istituzionale, economica. organizzativa e professionale
Ecco dunque separarsi due sfere dell’agire sociale:
1.  la tecnicalità medica, insidiata dalla “medicina difensiva”, che nasce proprio dalla crescita delle aspettative e della già presente “psiche rancorosa”, tipica del carattere degli italiani, che sono contemporaneamente evasori delle tasse e pretenziosi nelle cure
e
2. la voglia di raccontare. Da qui i tanti, tantissimi diari, romanzi, esperienze narrative
Tieni presente che capisco bene, molto bene, i criteri di scientificità e ricerca di una rivista importante per storia e aderenza alle politiche sociali come *** .
Anzi: proprio per questo voi dovete tutelare il profilo culturale della rivista. E’ necessario che sia così.
Dunque rinuncio a pubblicare l’articolo su ***.
Pensavo di proporti di pubblicarlo sul sito *** , visto che il buon funzionamento (non “eccellenza”: solo contingente e forse casuale buon funzionamento dell’ospedale ) è di un ospedale cittadino accreditato. Ma ho sfogliato il sito e mi rendo conto che anche lì è eccentrico.
Forse lo sarebbe un po’ meno sul sito di  ***. Ma, immagino, anche loro avranno criteri di selezione e inclusione. E  poi ormai sono , da tanto tempo, solo un lettore di quella rivista
Ragione per cui lo pubblicherò sui miei blog con un’unica variazione: la parte “degenza” verrà divisa in due : “degenza in fase acuta” e “degenza in fase remissiva”. Poichè, in termini di processo, è più precisa
Scusami per questa lunga lettera argomentativa, peraltro molto pensata.
Colgo infine l’occasione per ringraziarti moltissimo per avere stimolato in me la “committenza” per l’articolo: mi hai indotto a meglio pensare la mia vicenda e ricollocare in un reticolo concettuale nuovo la imponente “tendenza al diario e alla medicina narrativa”
Ringrazio anche il redattore per la sua pazienza nella lettura e ti prego, se vuoi, di fargli pervenire questa mail
Saluti cari e buoni giorni a a te e a voi

Paolo Ferrario, autobiografia, INFARTO, DRG e piagnisteo sull’aumento delle tasse. Costo 19.000 euro che non mi sono costati nulla, in quanto faccio parte di uno stato che, attraverso le tasse, remunera il costo del servizio sanitario nazionale

questa sera l’energumeno tascabile brunetta (b minuscola per troiette da cabaret)    farà la sua solita sceneggiata televisiva (attenzione: cinepresa bassa altrimenti non lo si vede).
e allora facciamo qualche minimo conto (che ciascuno potrebbe fare per sè, se fosse sincero) sulla base della mia recente esperienza


Faccio un po’ di autobiografia in relazione al piagnisteo sull’aumento delle tasse.

A causa dell’infarto sono stato ricoverato due volte nell’ospedale cittadino

I due interventi di angioplastica cardiaca sono costati 19.000 euro (ripeto: diciannovemila euro) al fondo regionale. Il calcolo è basato sul sistema dei Drg che calcolano la restituzione di costo dei diversi fattori che compongono la spesa sanitaria per tipo di azioni di servizio.

Non ho pagato nulla.

Dunque ho “risparmiato” 19.000 euro

E allora anche con aumento delle tasse per ricalcolare la spesa sanitaria regionale io e così milioni di italiani), ABBIAMO UN VANTAGGIO ENORME DALLA ESISTENZA, STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Con una sanità privata: come minimo 19.000 euro.

Con il servizio sanitario nazionale: costo zero

Se ciascuno che esce dal medico di base con qualche chilo di voucher per i farmaci e gli esami diagnostici (o, quando va peggio; utilizza un pronto soccorso ospedaliero) facesse UNA VOLTA questi conti non romperebbe più i coglioni con la litania dell’aumento delle tasse.

E’ del tutto evidente, sul piano storico, che senza il sistema delle tasse non ci sarebbe un servizio sanitario nazionale diffuso sul territorio. E che occorrebbe girare fra medici ed ospedali con le tessere delle assicurazioni private.

Inoltre, se si fosse onesti nelle analisi, occorrerebbe distinguere fra:

  • TASSE (redistribuzione a tutta la comunità dei redditi personali)
  • CONTRIBUTI PREVIDENZIALI (risparmio individuale per ottenere in vecchiaia anagrafica una pensione)
  • COSTI DEI SERVIZI CONNESSI AL VIVERE IN UNA CITTA’ (avere in casa la luce, l’acqua, il telefono, gli scarichi del cesso e buttare via i propri rifiuti)

Mettere tutte quelle spese nella unica falsa dizione di “tasse” mette in ombra la struttura dei costi necessaria a vivere la nostra quodidianità di persone singole e di famiglie

E ho notato che quelli che più fanno il pagnisteo sono i piccoli e grandi evasori.

E per questo che il piagnisteo sull’aumento delle tasse spegne i neuroni è andrà a costruire tutti le variabili che porteranno alla eliminazione della storica, fondante e tutelante RIFORMA SANITARIA

da Paolo Ferrario, autobiografia, INFARTO, DRG e piagnisteo sull’aumento delle tasse. Costo 19.000 euro che non mi sono costati nulla « POLITICHE SOCIALI e SERVIZI.

carteggio con P

Caro Paolo,
                    dopo la trepidazione per la tua batosta, con tutto quello che ne è seguito, ho letto con crescente soddisfazione i tuoi numerosi, puntuali e sempre interessanti stimoli culturali.
La batosta sembra neutralizzata.
Il nostro incontro a Palazzo Volpi mi ha dato conferma: lo sguardo attento e vigile, la parola pronta e appassionata e i progetti impavidi dimostrano un benessere spirituale, ma anche fisico (mirabile unità del nostro corpo!), che sa ben convivere con tutte ‘le valvole’ imposte dalla tua storia e sapientemente immesse dalla sapienza cardiochirurgica.
Bene, Paolo! Mi congratulo con la tua forza d’animo e con la tua capacità di adattamento a tutte le novità che la batosta ha portato con sé.
D’altra parte so che non sei solo …
Ti ringrazio per la registrazione, che copre un vuoto di cui sono responsabile per la mia goffaggine tecnologica: dovevo spostare una levetta e premere un pulsante, eppure sono miseramente fallito.
Alla prossima!
***
P.S. Vivo interesse e curiosità mi spingono a sollecitare quel nostro incontro ‘a metà strada’ tra viale Varese e via Nulli … e tu mi dai il tuo libro.
Per ora sono impegnato il lunedì e il mercoledì pomeriggio. Lascio scegliere a te. Di nuovo grazie. 

carteggio con G

Caro Paolo,

in allegato trovi una foto (di due anni fa, per l’esattezza) del posto da cui ti sto scrivendo adesso: é il balcone di un appartamentino, ricavato da un fienile ristrutturato e adibito a case per turisti in ***).
Ci vengo a fine settembre ormai da cinque anni a curarmi – nel senso di una prevenzione terziaria – la psoriasi.
Ben altra vicenda sanitaria da quelle che sono toccate a te.
Quando in maggio lessi, in ritardo, del tuo infarto non mi sono sentito di farmi vivo. Stupida ritrosia, visto che so bene e predico l’importanza e il potere del sostegno da parte delle persone, parenti e amici, in momenti come quelli; perfino, si guarisce prima. Ma tant’é: é un mio limite, faccio sempre così.
Anche a me dispiace che tu abbia deciso di rinunciare all’università. E’ una perdita, e dio sa quanto ci sia bisogno di buoni docenti. Io penso che continuerò ancora per qualche anno, anche se ho una crescente sensazione di inadeguatezza; di aver fatto il mio tempo per questo tipo di insegnamento. Viceversa, scopro di essere apprezzato dagli allievi del corso di psicoterapia, dove – credo – ciò che conta, più che quello che sai é il come, il “sapore”, come diceva Roland Barthes. E su questo abbiamo ancora da spendere.
Ti ringrazio per il libro. Io sto in ****. Ho miracolosamente recuperato una copia di “Ethnos e Civiltà” che mi é servito per redigere lo scritto che trovi, anche lui, in allegato; non penso che ti dica qualcosa che già non sai, ma mi fa piacere dartelo.
E’ un capitolo di un reading la cui preparazione va faticosamente avanti e che forse uscirà l’anno prossimo sulla psicoterapia transculturale. Per ora, ovviamente, é top secret.
Stammi bene. Con grande affetto,
***
RISPONDO
ciao ***
che bella lettera.
affettuosa e autobiografica al punto giusto!
vedo con piacere che anche tu sei un cultore del “genius loci” che per me e per noi è coatesa sul lario (chissà se una volta ci verrai: ora occorre aspettare il prossimo ciclo maggio/settembre!)
sono contento della mia “opus”. è un lavoro di sintesi di 40 anni di studio e formazione
sono davvero soddisfatto della “R di risultato”, come emanuele severino fa dire a hegel
come sai, il tuo antico docente universitario è stato il perfetto ed insuperabile compagno dei giorni e delle notti sul letto monitorato. davvero “rimedio” più forte e stabile non poteva esserci
quanto al sostegno di cui parli (il tuo intendo) : è stato ed è sempre nei ricordi . e io ti ho sentito sempre come un amico accogliente ed empatico
sarà forse che siamo stati “berlingueriani” (almeno così mi sembra che anche tu fossi)
saluti cari e speriamo di rivederci in qualche luogo

Sono a casa, al riparo, e respiro. Ogni vivente dotato della capacità di pensare e pensarsi sta sulla Terra errando fra Tempo, Luogo, Eros, Polis e Destino. Propiziano: Emanuele Severino e Davide van De Sfroos, Como 2-5 settembre 2014

ogni vivente

dotato della capacità

di pensare e pensarsi

sta sulla Terra

errando fra

Tempo,

Luogo,

Eros,

Polis

e Destino

 

E’ venerdì, giorno di dimissione dall’ospedale.

Luogo.

Ritorno a casa attraversando, piano, piano, la bellissima Como: si fa un percorso di storia romana, di medioevo, di architettura razionalista

Attraversare (piano, piano) Como significa camminare su 2000 anni di storia.

Eros è attualizzato dai nostri gatti (due gatte e un gatto) e dalla telefonata trepidante di Luciana. E poi alle 18 da lei stessa, perchè così vogliono le regole del lavoro

Sono a casa, al riparo.

La Techne medica ha svolto al meglio i suoi compiti: diagnosi e trattamento cardiologico validati sul piano delle procedure e delle abilità tecniche dei medici; assistenza sociosanitaria di buona qualità relazionale; consolidati trattamenti farmacologici

Sarò vivo, nel Tempo che resta, grazie ai successi della tecnica:

3 stent ad allargare le coronarie,

farmaci quotidiani per rendere fluido il sangue.

Mi sento grato a questo muscolo interno al torace che batte, batte, batte nonostante le staffilate che ha preso il 10 maggio.

Occorrerà, dunque Respirare:

Ora si tratta di continuare a vivere adottando gli stili di vita adatti alla situazione oggettiva.

Miei compagni di queste giornate e di queste notti sono stati alcuni libri di Emanuele Severino e alcune canzoni. Ricordo la splendida lezione: Nichilismo e destino, Book editore 2012, dove si legge:

“Noi cominciamo a vivere respirando, muovendo gli arti e il pensiero. Se non sommovessimo quello che inizialmente siamo, resteremmo soffocati da una sorta di barriera.

L’uomo, per vivere, deve flettere l’inflessibile. Prima c’è il pericolo di morte davanti alla barriera non ancora infranta. Successivamente il pericolo di morte è rappresentato dal risultato della flessione della barriera, perchè la barriera infranta produce quel divenire delle cose che si chiama appunto nascita e morte.

Da allora l’uomo va alla ricerca del rimedio contro il pericolo del diventare altro

Fra le canzoni, la prediletta di questi mesi e delle ultime notti è:

Davide Van De Sfroos, IL DONO DEL TEMPO:

 

il giorno e le ore della LEGNA CHE DIVENTA CENERE, della GENETICA e delle POLITICHE SOCIALI, martedì 3 settembre 2014

Emanuele Severino da molto tempo ci insegna che “tutte le cose, nel nostro modo di pensare, sono legna che diventa cenere. Ognuno di noi è un po’ di legna, chimicamente differenziata, ma è qualcosa che si brucia”.

Oggi è ancora il giorno di quello che chiamo, con Carlo Tullo Altan, la “situazione problematica”.

Comunque vada, che sia solo il momento della ipotetica diagnosi della techne biomedica, oppure quello della più lunga presa in carico, oggi è un momento della vita nel quale si sintetizzano i tre momenti fondanti di ciascuna vita e, quindi, anche della mia.

In primo luogo, come dicevo, è l’attimo in cui riflettere su quel passaggio: è vero che la legna diventa cenere, ma è altrettanto vero che “la legna non è cenere, ma è legna che diventa cenere”, cioè mantiene anche nel passaggio la sua identità dell’esser legna.

In secondo luogo è anche il momento nel quale viene alla luce che ciascuno di noi è innanzi tutto un impasto genetico. Siamo, sono, un insieme di cellule geneticamente guidate da informazioni a noi trasmesse nel corso delle infinite generazioni da cui proveniamo.

Detto questo, detto, cioè, che la legna non è cenere, ma diventa cenere, e che siamo un impasto genetico, è altrettanto storicamente evidente che nella nostra cultura siamo anche nelle mani della Polis e delle politiche sociali.

Nel nostro tempo affidiamo, affido, il nostro corpo, a storici sistemi organizzativi costituiti dalla medicina, dalle leggi, dai tecnici che li sanno produrre e utilizzare.

Dunque la speranza (sì: solo la speranza) è che la genetica non voglia ancora compiere il suo ciclo. Ma la speranza è anche che ci siamo professionisti competenti, sicuri dei loro saperi, metodologicamente allenati alle procedure e motivati (anche se sono parti di routines organizzative) a offrire il loro servizio.

Ripeto, professionisti motivati. Questo mi sembra oggi essere la questione fondamentale.

Le politiche sociali sono azioni, processi, esiti, ma hanno bisogno innanzi tutto di persone che sappiano incarnare tutti questi elementi.

Dunque mi affido non a un creatore, ma alla mia genetica, alle politiche sociali e alla consapevolezza che comunque la legna non diventa cenere (A non può contemporaneamente essere non A).

Stent coronarico, 10 maggio e 3 settembre 2014

Uno stent coronarico è un tubicino espandibile con una struttura a rete metallica, in lega di cobalto o in acciaio di grado medicale. Gli stent possono essere di ausilio per ridurre l’ostruzione ricorrente o il restringimento del vaso in seguito a una procedura di angioplastica. Una volta impiantato, lo stent rimarrà permanentemente in sede.

La procedura di impianto di stent

Come in una qualsiasi angioplastica, lo stent è montato su un palloncino che viene espanso all’interno dell’arteria coronaria per comprimere la placca e ripristinare il flusso sanguigno. Dopo avere compresso la placca contro la parete del vaso, lo stent viene portato alla massima espansione all’interno dell’arteria, dove si comporterà come un'”impalcatura” in miniatura. Il palloncino viene quindi sgonfiato e rimosso, lasciando però lo stent in sede affinché il vaso rimanga pervio. Per alcuni pazienti può essere necessario posizionare più di uno stent in funzione della lunghezza del tratto interessato dall’ostruzione

STENT

 

Il 10 maggio 2014, nel giorno di sabato, è arrivata la “mazzata”. La diagnosi sarà: INFARTO. “Infarto preso in tempo”

Il 10 maggio 2014, nel giorno di sabato, è arrivata la “mazzata”.
La mazzata, in una magnifica espressione linguistica di Emanuele Severino, è l’esperienza del dolore e della morte.

Leggerò, poi, queste sue righe:

“L’uomo può cominciare a vivere solo se vuole trasformare sé stesso e il mondo da cui è circondato, Se non fa questo non può nemmeno compiere quella trasformazione di sé che è il respirare in senso letterale. E muore. Vive solo se si fa largo nella Barriera che gli impedisce di trasformare sé e il mondo”

in Emanuele Severino, La potenza dell’errare, Mondadori 2013, p. 44/45.

Arriva il momento in cui “non ci si può fare largo”. L’ho sperimentato.

Io e Luciana eravamo a Coatesa, nel luogo del destino (nel Link c’è il racconto e il vissuto di Luciana, il mio amore).
Già all’arrivo c’erano segnali del corpo. Discontinui, ma mai provati fino ad allora.

E mi decido a parlarne, dicendole subito:

Qualsiasi cosa accada, ricordati che ho vissuto al meglio ogni attimo della nostra vita assieme
Poi un dolore forte, lancinante, trafittivo all’altezza del cuore: come una coltellata che arriva dall’interno. Diverso da tutti i tipi di dolore fino ad allora provati.

Torniamo a Como. A posteriori so che guidare una automobile in quelle condizioni è stato un rischio. Ma resistevo alla idea che fosse arrivato “quel” momento.
Devo solo a Luciana se, successivamente, ho preso la decisione di andare al pronto soccorso: le mie “resistenze” alla sfida che stava arrivando mi avrebbero portato alla probabile morte. Devo a Luciana ancora un po’ del tempo che resta.
Il pronto soccorso è quello dell’ospedale Valduce, lo stesso in cui venni operato di tonsille, nel 1951 o 1952.

Da questo momento la techne medica prende in mano la mia vita.
Il sistema istituzionale, le procedure, probabilmente i DRG, i professionisti preposti ai vari pezzi organizzativi (ognuno di loro ha svolto con efficacia il proprio compito: grazie) hanno funzionato sia come meccanismi interni (“funzionamento”), sia come raggiungimento degli obiettivi (“funzionalità”). Un successo organizzativo, pensando che era di sabato pomeriggio, circa attorno alle 17.

La diagnosi sarà: infarto. “Infarto preso in tempo”

Nella sala operatoria della divisione di cardiologia mi dicono: “tutte e tre le coronarie sono ostruite al 99%. Il dolore è provocato da questo: il cuore non riceve sangue”.
L’intervento di  “coronaroplastica”  cardiologica consiste nell’inserire un “retino”: di fatto un anello (“Stent”) che allarga l’arteria principale. Dovrò fare lo stesso intervento per almeno una seconda coronaria nei prossimi mesi.

Nella prima fase di questa vicenda ho verificato i fattori storici e culturali della techne medica, alla quale noi moderni affidiamo le nostre vite. Si tratta della stretta connessione fra:

1 diagnosi efficace

2 terapia adatta, standardizzata e validata.

Non sempre la medicina (che è costituita da un pensiero ed una prassi entrambi ipotetici) è in grado di esibire quella connessione.

Abbiamo così:

1 le “diagnosi incerte e controverse”

2 la gamma delle “terapie possibili” e cariche di ansiogene alternative

La cardiologia, nell’ambito delle scienze mediche, è maggiormente in grado di stabilire procedure standardizzate e verificate. Forse in questa parte del corpo la medicina ha amplificato la sua (ipotetica, ripeto) capacità di “rimedio”

Vengo trasportato su un letto monitorato della unità coronarica. Di fatto isolato dal resto del mondo, perché da quel letto non mi posso muovere. Mi manca del tutto quel rapporto con internet e il web, che ormai costituisce una “estensione necessaria” del mio cervello. E’ una sensazione di sospensione dalle relazioni comunicative ormai più consistenti di questi ultimi anni. Mi fa sentire “spaesato”.

E Luciana, adattandosi alla situazione, si trasforma nel dio Ermes mediatore e farà in modo di “tenere i fili” di quelle relazioni , imparando in condizione estrema perfino ad usare la bacheca di facebook. Gli elenchi dei messaggi che mi e ci sono arrivati hanno costituito una grande sorpresa interpersonale. E il sentimento è spesso sconfinato nelle lacrime.

Le fasi terapeutiche sono dunque queste:

  • diagnosi in emergenza;
  • intervento di chirurgia cardiovascolare angioplastica;
  • controllo immediatamente post operatorio in letto monitorato (primi tre giorni);
  • spostamento nelle attigue stanze, nelle quali si accresce la libertà di movimento (lo spazio-barriera ora è la stanza, mentre prima era il letto);
  • poi ci sarà la dimissione
  • e uno stile di vita che dovrà essere diverso.


La fase della terapia intensiva è stata un problema, in particolare per le funzioni escretorie: “pappagallo, “padelle” e “comode” sono protesi utili, ma troppo esposte al “pubblico”. Qui è il “privato” a essere contaminato.

Anche le cosiddette “visite” sono un problema. Sono due ore al giorno con un visitatore per volta.

E io ho bisogno di vedere solo Luciana. Sottraggono tempo alla mia relazione primaria.

Per cui ho chiesto che non ci fossero: e sono state ampiamente sostituite, con esiti comunicativi sorprendenti, dalla messaggistica internettiana, che acquista un valore empatico di solito inavvertito in altri momenti.
“Sentire” così tante persone che partecipano al mio molecolare evento, è stato bellissimo, commovente e importante.

La notte è lunga. La notte non passa mai. Ottimo il registratorino Olympus e l’ascolto degli Audiolibri. Strumenti davvero capaci di dare un altro segno alla lentezza e palpabilità delle ore. Nina Simone, Antony and the Jonsons, Emanuele Severino (indispensabile), Massimo Cacciari, le letture poetiche di Domenico Pelini …  aiutano. Aiutano molto nelle notti cariche di buio e di luci.

In uno dei “giorni dell’immobilità un improvviso e forte temporale ha riattivato l’angoscia. Paura per l’orto, per la solitudine della tartaruga, per la stanza sul centro storico. Paura dell’incontrollabile e dell’imprevedibile. Paura che la “mazzata” ritorni. Paura che la vita intera sia in balia degli eventi caotici.
E’ nell’immobilità dello stare costretto su un letto che comprendo che la libertà consiste proprio nel gesto semplice di potere muoversi e agire sul mondo.

Osservo il monitor che calcola (sempre in modo ipotetico e probabilistico) le mie funzioni vitali: basta uno sforzo e le linee si impennano. Poi si mettono a battere le frequenze che stanno nella norma:
l’uomo può cominciare a vivere”, Emanuele Severino, La potenza dell’errare, pag. 44


Ho la chiara cognizione che da sabato 10 maggio cambia tutto (o molto) nella mia quotidianità: sarò un po’ meno il regista delle mie azioni. Le attività più penalizzate saranno certamente quelle legate ai lavori pesanti di giardinaggio a Coatesa. Non certo quelle internettiane, per le quali anche una mobilità lieve è sufficiente.
La percezione netta è quella di un “rallentamento” costellato anche da “interruzioni imprevedibili”.
Non ci sono strade alternative: occorrerà adattarsi soggettivamente alla nuova situazione oggettiva. Scoprirò (poi) che anche Epitteto aiuta.


intervista a PAOLO FERRARIO, Autobiografia di un infarto, fra biografia e politiche sociali, a cura di ALICE MELZI, in Welfare Oggi n. 6 novembre/dicembre 2014, pagine 7-10, Maggioli editore

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SITO DI WELFARE OGGI:

INDICE DEL N. 6/2014:

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