“viottolo generalmente stretto, che in luoghi campestri o montani si è formato in seguito a frequente passaggio di persone o animali”
(in Cortellazzo/Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana)
Nelle città si direbbe “vicolo”. Sentiero si connette a “strada”, che deriva dal tardo latino “strata” (da “sternere”, ossia stendere, selciare) e da cui derivano street (ingl,), strade (ted.), estrada (spa. port.). Route (fra.) proviene invece dal latino popolare “rupta” (a sua volta da viam rompere “aprirsi un varco”)
A mezzi diversi corrispondono strade diverse, e perciò si distinguono fra pedonali e carrozzabili, autostrade, tramvie e ferrovie; a seconda della regione attraversata e dell’entità dello spostamento che consentono, si hanno strade urbane o strade «aperte», di campagna o di montagna, strade statali, provinciali e comunali, strade maestre e strade vicinali.
I percorsi si compiono a piedi o a dorso d’animale, e l’uomo si misura fisicamente con lo stato e la pendenza della strada, che può presentarsi piana o ripida, diritta o tortuosa, polverosa, sdrucciolevole, ghiacciata o dissestata, senza sbocco o interrotta da cose o da persone (come frane, barricate, assembramenti umani).
Sentiero o strada si legano a cammino, talora lungo e faticoso, quantificato nel tempo necessario a coprire una certa distanza, e che dunque varia al variare del mezzo usato per lo spostamento. L’idea che il cammino sia una prova è all’origine della simbologia della strada come aspetto del vivente, cui si associa il tema dello sviluppo orientato e quello del fluire del tempo dentro uno spazio. Anche il fiume assolve questa funzione, tuttavia la strada porta con sé una specifica impronta umana: la strada è sempre e soprattutto traccia del passaggio di qualcun altro ed è piena di altri segni, come le pietre miliari, i lastricati, le cunette, i ponti, i marciapiedi, i lampioni, i tombini, i pali della luce o del telegrafo, le cornici di alberi e siepi, la segnaletica verticale ed orizzontale, i cartelloni pubblicitari.
Se faccio un confronto con il corso naturale del fiume, strade e sentieri rappresentano un percorso culturale, intenzionato e finalizzato, e per questo capace di attrarre interpretazioni e proiezioni psicologiche. Può essere il modello di pensiero della stasi o stabilitas, che si oppone la maledizione del movimento: allora la buona strada è quella del ritorno lineare da un punto ad un altro punto. Se invece il modello è il viaggio di scoperta, la curiositas, e il movimento è concepito come graduale acquisizione di una pienezza esperienziale, allora buona è la strada curvilinea e panoramica.
Da cui la evidente distinzione fra soggetti umani su piace “stare” (fra i quali ben volentieri mi colloco) e quelli cui piace “andare”.
L’ha ripubblicato su COATESA.com.
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