Massimo Cacciari e la visione della morte come passaggio
In un’intervista rilasciata ad Antonio Polito per Sette del Corriere della Sera il filosofo veneziano affronta il tema della morte con una prospettiva metafisica e anti-convenzionale.
Cacciari, classe 1944, definisce la fine dell’esistenza non come annientamento ma come «passaggio», rifiutando l’idea di una conclusione definitiva: «Nulla muore, tutto si trasforma. Viene meno la mia consistenza fisica, il mio corpo diventa altre cose»[1].
Il rito zoroastriano e la trasformazione del corpo
Cacciari immagina per sé un addio che rompa con le tradizioni occidentali: «Vorrei un rito zoroastriano, con il corpo offerto alle aquile», riferendosi alla pratica di esposizione delle salme agli elementi naturali. Questa scelta simbolizza il rifiuto di un attaccamento alla «mera durata» fisica, in linea con la sua critica alla società contemporanea, ossessionata dall’apparenza e dalla sopravvivenza[1].
Critica alla modernità e all’«umanità oscena»
Il filosofo condanna l’«individuo contemporaneo», colpevole di aver ridotto la vita a una corsa senza scopo: «Siamo attaccati all’apparenza fisica, ma immaginare di durare eternamente è insensato». Per Cacciari, l’eternità non coincide con l’infinito prolungamento del tempo, bensì con un «istante eterno», concetto che richiama le riflessioni teologiche sul nunc stans[1].
Logica e fede: il confine dell’impossibile
Pur mantenendo un approccio razionale, Cacciari non esclude l’esistenza di dimensioni oltre la morte: «Ritengo illogico escludere l’impossibile». Pur distinguendo la fede («un dono») dalla logica, apre uno spazio teorico a un «cloud» delle coscienze, paragonando la persistenza dei pensieri umani alla luce delle stelle morte, che continua a viaggiare nell’universo[1].
Biografia essenziale
Nato a Venezia nel 1944, laureato in Filosofia a Padova nel 1967, Cacciari è stato professore di Estetica e preside della facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele. La sua riflessione ruota attorno alla crisi della razionalità moderna. È stato sindaco di Venezia in due mandati (1993-2000 e 2005-2010)[1].
Profezia finale: «Ex Oriente Lux»
Concludendo l’intervista, Cacciari traccia una metafora storica: il ciclo della civiltà segue il movimento del sole, dall’Oriente all’Europa, all’America, e ora al Pacifico, suggerendo un prossimo spostamento dell’egemonia culturale[1].
Per ulteriori dettagli, l’articolo originale è disponibile su Sette del Corriere della Sera[1].
Citations:
[1] https://www.corriere.it/sette/25_aprile_05/massimo-cacciari-intervista-morte-22f12641-fbc4-4bba-93e1-57b0220c1xlk.shtml
[2] https://www.corriere.it
[3] https://www.corriere.it/sette/
