Disco: lastra circolare di materia sintetica per mezzo della quale è possibile riprodurre musiche e suoni incise sulle sue tracce.
La “musica di massa”, ossia accessibile ad un pubblico vasto e non solo ai ristretti circoli delle aristocrazie della borghesia ottocentesca, comincia attorno al 1878, quando la Columbia acquista una invenzione di Edison.
Ma è solo dopo il 1920 che la tecnica migliora.
Prima con i dischi a 78 giri (poco più di 4 minuti a facciata).
Poi, nel secondo dopoguerra, con i “microsolco” a 33 giri (circa 25 minuti a facciata) e ancora con i singoli a 45 giri, che determinano l’esplosione del mercato musicale giovanile. Sono i cosiddetti “mangiadischi” degli anni ’70 a dare un ulteriore impulso.
Oggi siamo nel pieno della rivoluzione digitale.
Inizia con il passaggio dal disco vinile al Compact Disc. Una fase piuttosto durevole: circa vent’anni.
Ora il formato standard è l’Mp3.
E’ versatile, è copiabile con strumenti casalinghi, corre veloce sui fili internettiani, sta del tutto cambiando il mercato discografico, nonostante le strenue resistenze dei produttori e distributori di musica.
Insomma: ancora una volta è il mercato, il tanto criticato ed odiato mercato, che fa le rivoluzioni. Quelle vere, perchè diffuse, molecolari e democratiche.
Il mercato rende la musica accessibile, per l’appunto, fruibile, avvicinabile, ascoltabile dovunque, praticamente senza più barriere geografiche.
Ma ….
C’è un ma.
Cosa fare con i vecchi LP da 33 giri?
Ne ho un pesante scaffale pieno. Qualcosa fra 1500 e 2000. E sarebbero stati di più se mia madre, che odiava i gusti di mio padre e probabilmente odiava anche lui, non ne avesse venduti a pochissime lire almeno altri 5000, dopo la sua morte.
Quelli restati li ho tenuti. Belli infilati nelle loro custodie di plastica, per proteggerli dalla polvere. Sono dischi con copertine che – talvolta – sono bellissime. Dei veri quadri pittorici in formato 30 per 30, come quelli che sapeva disegnare Peppo Spagnoli, di cui parlo nella mia presentazione lassù in alto a destra.
Li posso sentire sul giradischi, certamente.
Ma perdo in portatilità e trasferibilità.
Li posso trasferire su cassetta, ma non c’è più compatibilità con le tecnologie audio oggi dominanti.
E allora ecco venire in aiuto, ancora una volta il mercato.
La Numark ha inventato questo hardware:
Giradischi Numark: La nostra recensione ai 3 migliori modelli
Con un cavo lo collego ad una presa Usb del mio Pc.
Metto il disco 33 giri (ma funziona con i 45 giri ed anche con le cassette), registro la facciata, dò il nome alle tracce e, con qualche procedura attenta, le preziose musiche jazz e pop degli anni ’50, ’60, ’70 diventano files Mp3.
Elettroni strutturati che viaggiano sui fili di internet, diventando unità audio diffuse, fruibili,avvicinabili, ascoltabili per il piacere mio e degli amici cui piace la musica che a me piace.
A quale costo?
Quello di circa 10 Cd acquistabili nei negozi.
Ora però, caro lettore, devi fare uno sforzo di immaginazione.
Devi immaginarti Amalteo ad una stazione ferroviaria.
Amalteo sta tornando da una giornata del suo lavoro che lo ha particolarmente stancato.
Amalteo è stanco.
Amalteo fa questo lavoro, usando i treni come mezzo di spostamento, dal 1972.
Ha calcolato che le sue ore di viaggio corrispondono a circa 5 anni di giornate lavorative consecutive di treno, metropolitane e traghetti.
Bene … Amalteo deve aspettare anche una coincidenza (gli orari si sa collimano molto di rado). Vede un negozio Feltrinelli che espone lo scatolone del Numark TT Usb. Gli gira un po’ intorno. Controlla il peso. Si accerta che si possano suddividere le tracce di ogni facciata, cioè che quella ferramenta-hardware non copi solo l’intera facciata.
Fa tutti questi calcoli ed accertamenti. E decide di trascinarsi lo scatolone fino a casa.
Occorrerà leggere ancora una volta delle istruzioni.
Non si è mai finito di imparare.
Lo scrittore Giuseppe Pontiggia parlava della sua ingordigia di libri come di una “libridine“.
Cos’è quest’altra passione di suoni creati dall’ingegno umano che si strutturano in schemi armonici che accarezzano il cervello?
Una “musicalidine“?
Non trovo un neologismo altrettanto efficace di quello di Pontiggia.
A te cosa verrebbe in mente?
In ogni caso ora i dischi di mio padre troveranno una nuova possibilità di rivivere.
Per me e per qualsiasi passante di qui.
Un pensiero riguardo “Mi ricordo i cambiamenti tecnologici della musica: dai “dischi” agli “Mp3”, un ricordo di Paolo Ferrario pubblicato sul Blog ai tempi di Splinder, 24 ott 2007”