“Appena posso vado al cimitero di San Michele, la piccola isola dei morti nella laguna, a nord di Venezia. Il poeta lituano Tomas Venclova, amico di Brodskij e anche lui ammiratore del Guardi, lo descrive così: «Erba e pietre Una stessa isola. / Ed ecco l’errante ascolta stupefatto/ come sui cespugli si accumuli il silenzio, / come le sfere cave corrispondano alle sfere, / come il calcare si insinui nelle onde, / finché la coscienza ridesterà dalla stasi / non più la fitta del dolore, ma neppure / intanto né acqua, né vaporetto, né albero”
A San Michele volle esser sepolto Brodskij, vicino a Igor Stravinskij, Sergej Djagilev, Ezra Pound e la sua compagna Olga Rudge (che Susan Sontag gli aveva fatto conoscere). Nel semiabbandonato settore evangelico c’è, piantata nel prato, la sua semplice tomba. I visitatori, secondo l’usanza russa, ci lasciano sopra sigarette e accendini, penne, sassolini e lettere. Poco più in là c’è la tomba di Mauro Martini (1956-2005): un grande amico, intelligente e sfuggente, uno dei più originali studiosi di storia e letteratura russa. Frequentammo assieme Brodskij a Venezia e poi non mancammo mai, finché visse, di andar assieme a portargli delle rose rosse sulla tomba. Al ritorno, come un rito, percorrevamo in silenzio la lunga Fondamenta dei Mendicanti, che costeggia l’Ospedale, fino a Campo S. Giovanni e Paolo, dove ci sedevamo a bere in sua memoria un paio di spritz, nel vecchio caffè-gelateria «Rosa Salva», guardando le belle finestre della casa sul canale di Ennio Concina, il profondo e burbero studioso dell’arte e archittetura veneziana e bizantina”
in Francesco M. Cataluccio, Vado a vedere se di là è meglio, Sellerio, 2010, p. 241-242
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