Il 26 novembre 1857, nasce a Canzo (Como) Filippo Turati

Il 26 novembre 1857, nasce a Canzo (Como) Filippo Turati, tra i fondatori del Partito socialista italiano e appartenente alla prima generazione di antifascisti.
Avvicinatosi al marxismo, matura la sua teoria per un socialismo riformista orientato al cambiamento pacifico e graduale della società. Nel 1891 fonda la rivista “Critica sociale” e, nel 1892, insieme a Bissolati ed altri, il Partito socialista dei lavoratori italiani, che dal 1895 si chiamerà Partito socialista italiano. È eletto deputato nel 1896 e sarà poi rieletto nelle successive otto legislature del Regno.
Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, si dichiara neutralista, ma, con la disfatta di Caporetto del 1917, sostiene le ragioni del conflitto divenuto “difensivo”. Nel dopoguerra, di fronte alle dimostrazioni dei nazionalisti e del nascente movimento fascista, con la sua carica violenta ed eversiva, si adopera per la tutela delle istituzioni liberaldemocratiche. Dichiara il suo appoggio al governo Bonomi ed è per questo espulso dal partito nel 1922. Fonda, quindi, con Matteotti, il Partito socialista unitario.
Durante la presentazione del nuovo governo Mussolini alla Camera, il 17 novembre 1922, Turati sottolinea i rischi della rottura istituzionale che si era verificata: «Oggi, da che la “nuova istoria” è cominciata, non è più il Governo che si presenta alla Camera, è la Camera che è chiamata a presentarsi al Governo e a dare essa l’esame, per vedere se meriti o no di essere bocciata…Con quel metodo rivoluzionario, che oggi si dice « fascistico » – e sebbene esso non dica nulla, adottiamo pure, per intenderci, questo aggettivo – la Camera non è chiamata a discutere e a deliberare la fiducia; è chiamata a darla; e, se non la dà, il Governo se la prende».
Nel giugno 1924 partecipa alla protesta detta dell’“Aventino”, abbandonando i lavori parlamentari in seguito al rapimento e all’uccisione di Matteotti. Con il consolidarsi della dittatura fascista i deputati aventiniani saranno espulsi dal Parlamento nel novembre 1926. Con l’aiuto di Pertini, Rosselli e Parri, nel dicembre 1926 compie un’avventurosa fuga in Francia. In esilio anima la protesta antifascista, con esponenti di altri partiti italiani. Muore a Parigi il 29 marzo 1932, dopo aver promosso la riunificazione del partito socialista, avvenuta nel 1930.

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