Le lancette della sveglia segnavano le quattro e trentacinque. Non così presto e, forse, nemmeno così tardi per dire “Vado”.
Una debolissima luce filtrava tra le strisce delle tapparelle, più occupate a resistere alle raffiche del vento che preoccupate a seguire il percorso del sole.
Il rumore era infernale in quell’alba tardo primaverile e le parole “Speriamo che la brace si sia spenta”, pronunciate da Luciana nel dormiveglia, erano state sufficienti a innescare il pensiero paranoico di Paolo.
Una frase di per sé innocua, ma proprio per questo capace di evocare un potenziale pericolo.
Paolo ripassava le parole ad una ad una: speriamo (confidare in un esito favorevole di qualcosa); brace (legna che arde senza sprigionarefiamma); spenta (che non è accesa). E più il vento soffiava e più la ripetizione di quelle singole parole assumeva forme cupe e distorte.
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