Per il segretario della Sezione DS Como centro, Per il segretario della Federazione DS di Como, Per il segretario nazionale di DS, Piero Fassino, Cari segretari …, 14 ottobre 2017

Como 14 ottobre 2002

Per il segretario della Sezione DS Como centro

Per il segretario della Federazione DS di Como

Per il segretario nazionale di DS, Piero Fassino

Cari segretari,

questa è la lettera che mai avrei voluto scrivere.

Informo che non intendo rinnovare la mia iscrizione al partito dei Democratici di sinistra.

Almeno fino a quando rimarrà questa distruttiva divisione fra le due anime del partito.

Mi ero iscritto al PCI nel 1973, sull’onda di tre articoli di Enrico Berlinguer sul colpo di stato in Cile e da allora ho sempre sostenuto, anche quando ho avuto ruoli dirigenti nella federazione comasca, la linea dei segretari. Questo perché, a mio avviso, sono le posizioni centrali quelle che garantiscono i percorsi delle forme collettive della politica. I segretari si danno il grande compito di fare sintesi e per farlo faticano più degli altri. Ed è per questo che la loro fatica va valorizzata.

Tuttavia ora, nonostante la mia grandissima stima per Fassino, vedo un partito che è perennemente ostaggio del cosiddetto “correntone”.

L’episodio del voto in Parlamento sull’invio delle forze militari in Afghanistan è stato per me incomprensibile ed inaccettabile. Il nostro gruppo si è spezzato in tre tronconi. La spedizione delle nostre forze armate aveva l’obiettivo di contribuire a tenere sotto controllo un territorio strategico per la sicurezza mondiale. E l’invio sarebbe stato in assoluta coerenza con i nostri orientamenti di voto dell’anno scorso, dopo la strage delle torri gemelle di New York.

Mi fa paura la memoria breve.

Ma c’è altro nella mia, vi prego di credermi, sofferta decisione.

La politica di questi anni ha cambiato l’Italia. Questa politica l’ha portata avanti il Governo Prodi (che è stato abbattuto da Rifondazione comunista). 

Come posso restare in un partito in cui c’è chi ancora pensa (e sono tanti, tanti da determinare quel voto pazzesco) che si possa risollevarsi dalla sconfitta appiattendosi su Rifondazione ?

Come possiamo ripresentarci alle elezioni del 2006 in un’alleanza subalterna con chi ha determinato la vittoria di questa destra infinitamente peggiore di qualsiasi destra europea?

Nei DS manca la capacità di tenere la barra su un forte profilo riformista. L’ azione è bloccata dalle divisioni interne a e soprattutto dai vari ricatti che la cosiddetta “minoranza” sa quotidianamente mettere in atto.

Viviamo in una congiuntura storica molto preoccupante, perché fondata sulla insicurezza del presente e del futuro. In Italia c’è questa destra non europea. Nel mondo c’è il pericolo dell’integralismo religioso ed armato di matrice islamica.

In una simile congiuntura vorrei politici all’altezza dei compiti. Come Blair, che motiva con dati certi le ragioni dell’uso della forza. O come Rutelli, che ha saputo assumersi le sue responsabilità anche per me, elettore dell’Ulivo iscritto ai DS.

Sono arrivato alla conclusione che è impossibile tenere assieme nello stesso partito due anime divergenti: quella di una sinistra che vuole governare con altre culture politiche e quella di una sinistra che si ostina a volere testimoniare un’identità minoritaria e prepotente.

Quando il problema diventa quello di testimoniare un’identità psicologica non è possibile far valere il principio della responsabilità. A differenza delle persone, che devono basarsi sulla propria identità, i partiti devono darsi obiettivi collettivi realistici basati su programmi che interpretino la realtà economica e sociale contemporanea.

Probabilmente solo una chiara separazione politica (sì: ancora una scissione) potrebbe dare una speranza di riorganizzare le forze da qui al 2006 e costruire una coerente coalizione di centro sinistra che si allea programmaticamente a partiti che soggettivamente si dichiarano di “sola sinistra”.

Se si arriverà a questa soluzione sarò di nuovo non solo un elettore, ma ancora un iscritto ad un partito ben saldo sui suoi principi riformisti.

Vi ringrazio per l’attenzione che forse dedicherete alle mie parole.

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