è notte. Sono in ospedale, al sesto piano del Valduce.
mi metto in rete e, su un mio blog, ricevo questo messaggio da un (altro) Paolo:
Sono pienamente, pienamente d’accordo con te. Ti ringrazio per la tua onestà, quella
con cui tratti un argomento che, tra l’altro sei uno dei pochi a trattare. Sei uno dei pochissimi, non so perché.
Accorgersi della miseria morale di un Morucci o di un Moretti è facile, possibile in pochi secondi, quando li si legge o li si ascolta specialmente.
La loro visione capovolta della realtà, la loro ipocrisia, che è l’anima di una parte della sinistra, è un aspetto ancora poco chiarito, perché è ancora poco chiaro il fatto che, oltre a trattarsi di esseri miseri umanamente, si tratta di gente ignorante (per Morucci esiste la “lectospirosi”, vedere la lettera che ha indirizzato a Saviano), ma brava a mostrare una cifra intellettualoide, a mo’ di pantomima di acculturati, quella certa aria sessantottina che non è altro che cinismo, frustrazione, nichilismo assoluti. Non importa se siano di destra o di sinistra, se siano Curcio o Fioravanti, quell’aria è una caratteristica comune a tutti questi personaggi.
Il fatto che durante le interviste e le loro divulgazioni abbiano lasciato (e continuino a lasciare tuttora) messaggi in codice sotto forma di errori e imprecisioni volute, non li qualifica affatto. Perché loro vogliono dire: “non è così, non posso parlare, posso soltanto sbagliare apposta per farti capire”; ma vogliono, al contempo, anche scagionarsi, e questo gli fa vergogna.
Penso anche, naturalmente, che siano stati usati, che abbiano svolto le loro missioni come si svolge un temino, un compitino in classe: con una logica da tavolino.
Immaginare quelle azioni come completamente eterodirette è sicuramente un modo usato dalla sinistra per assolverli; va anche detto, d’altra parte, che l’assoluzione l’hanno avuta anche da Cossiga, che di sinistra non è di certo, ma che doveva far credere che la tragedia di Moro fosse stata opera “soltanto” delle BR, e frutto marcescente “soltanto” della storia della Resistenza; in realtà, in questa storia gli esecutori contano, contano quanto e più dei mandanti.
Hai ragione, è una storia italiana, tutta interna al nostro costume, parla di come funzionava la DC, parla dei ricatti dei comunisti ai democristiani, e parla anche dei rapporti ambigui della sinistra “extra” con la Mafia. Se Camilla Cederna non avesse scritto quel libro, forse (forse) Leone non si sarebbe dimesso; né forse si sarebbe creata, dall’una né dall’altra parte, la terribile acredine sfociata nel delitto di Moro. Per quanto riguarda il “dopo”, penso che alcuni avrebbero fatto meglio a tacere: Massimo Fini, Indro Montanelli, Giorgio Bocca e, mi duole dirlo, anche Rossana Rossanda. E’ solo dietrologia, naturalmente. Anch’io stimo Aldo Moro, lo ammiro soprattutto per la fede che ha mantenuto fulgida, ferrea fino alla fine.
Una fede incrollabile, vera; che io non ho, ma che mi trova rispettosamente arreso. Saluti
rispondo:
ricevo questo tuo commento in piena notte, mentre sono ricoverato in ospedale per curare gli esiti di un infarto.
le tue parole sono una medicina.che si aggiunge alle altre cure
ti ringrazio e mi sento felice per il nostro “idem sentire” politico e storico
il carteggio notturno è stato propiziato da questo post di qualche anno fa:
la miseria personale ed etica del brigatista rosso Valerio Morucci e la grandezza umana e politica di Aldo Moro: la telefonata che anticipa l’assassinio, quella dopo l’assassinio e le lettere prima della morte, 16 marzo 2008