MARCO BALLERINI, il teatro in casa: AMLETO SOLO, da William Shakespeare

Buongiorno.

Non serve palco.
Non servono luci.
Niente scenografia.
Ho solo un costume uno sgabello e alcuni oggetti di scena.
Mi basta il salotto di una casa.
un po di persone
Marco Ballerini

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curriculum  artistico di MARCO BALLERINI

curriculum vitae

presentazione del libro “Rogolone, storia di un grande albero”, AUDIO di Marco Ballerini, 18 dicembre 2011, a Villa Camozzi, la sede del comune di Grandola ed Uniti

LUOGHI del LARIO e oltre ...

presentazione del libro “Rogolone, storia di un grande albero”
Un libro dedicato al grande e colossale monumento naturale di Grandola ed Uniti: il rovere secolare per eccellenza!!!
Con l’attore MARCO BALLERINI che ha recitato:

L’evento si è tenuto domenica 18 dicembre alle ore 16 presso Villa Camozzi, la sede del comune di Grandola ed Uniti

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MARCO BALLERINI: il DOTTORE. Dalla recita teatrale: Lo spettatore in scena, a Brunate (Como) , il 7 luglio 2018

LUOGHI del LARIO e oltre ...

Liberamente tratto da questo testo di una spettatrice NON IN SCENA:

Ed ora la parola al magnifico chiarissimo rettore Prof. Remoulet, Université des Etudes Supérieurs de la Sorbonne, de Sully sur Seine, che ci relazionerà sul tema “Visibility aids for pedestrian and cyclist: suggestions in the percpetion of human walking”.

Ringraziamo il Prof. Remoulet per il suo sforzo a sostenere l’intervento della nostra madre lingua, onde evitare, data la complessità dell’argomento, facili fraintendimenti nella traduzione simultanea.

Ovazione in sala.

Prof. Remoulet:

Grazie, grazie. Applausi solo alla fine, per favore.

E’ doveroso ch’io esplichi, in conclamatio, l’iperbole decrescente della fededegna prosecutio che, acusticizzata nei meandri polarizzati ubicati a livello subcorticale nel collicolo superiore, permangono a dimostrare l’effetto inibitorio dei potenziali d’azione codificati dal mesencefalo, o per meglio dire, dal prosencefalo, artefice protozoico della parte molle, imbibita e turgosa della craniosità emilaterale pompata a ridosso dell’atrofizzazione neurovegetativa.

Perchè voi ora certamente…

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PAROLE DI JAZZ di e con Marco Ballerini e con i musicisti Alfredo Ferrario (clarinetto), Sandro Gibellini (chitarra), Roberto Piccolo (contrabbasso) e Massimo Caracca (batteria), al Teatro Sociale di CANZO (Como), via Volta 2, 13 febbraio 2016

LUOGHI del LARIO e oltre ...

STAGIONE TEATRALE DI CANZO
Teatro Sociale, via Volta 2, Canzo, ore 21, biglietti a 18 sacchi
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FARINA SUL PENTAGRAMMA di e con Marco Ballerini. Al pianoforte Alessandra Gelfini, a Brunate (provincia di Como), sabato 18 luglio 2015, ore 21. INGRESSO LIBERO

Buongiorno,

se siete stanchi del caldo, stanchi dell’auto, stanchi dei soliti spettacoli teatrali;
prendete la funicolare, salite a Brunate, assistete allo spettacolo, mangiate un po di pane e ritornate (prima della mezzanotte altrimenti ve la dovete fare a piedi).
Abbraccio
Marco Ballerini

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al Teatro Sociale di Canzo: “DON CHISCIOTTE Cavaliere del Barocco” regia di Eleonora Moro, scenografia di Armando Vairo, con Marco Ballerini – Laura Negretti, sabato 1 novembre 2014

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Appuntamento teatrale a Canzo

1° NOVEMBRE ore 21
TEATRO SOCIALE DI CANZO – Via Alessandro Volta, 2
“DON CHISCIOTTE
Cavaliere del Barocco”
REGIA E ADATTAMENTO Eleonora Moro
SCENOGRAFIA E PROGETTO LUCI Armando Vairo
CON Marco Ballerini – Laura Negretti
PRODUZIONE Teatro in Mostra – Como
Una rilettura emozionante, commovente, allegra ed anche un po’ rock, di un classico intramontabile della narrativa; il “Don Chisciotte” di Cervantes legato da un insospettabile filo rosso all’opera di Rubens.
Un allestimento dove la musica di Monteverdi si fonde con quella di Eminem creando atmosfere sonore inaspettate e ricche stimoli e dove l’allestimento scenografico è caratterizzato dalla scelta sorprendente ed insolita di utilizzare materiali totalmente naturali e a basso impatto ambientale (legno grezzo, paglia, lana cardata naturale ecc.).
INFO E PRENOTAZIONI: 031.684563  – 331-9939726
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Il linguaggio di un paggio, RECITAL DI MARCO BALLERINI Teatro Don Bosco, via Battisti 14, Bollate, ore 21

RECITAL DI MARCO BALLERINI

Teatro Don Bosco, via Battisti 14, Bollate, ore 21, biglietti a 10 sacchi
Il linguaggio di un paggio di e con Marco Ballerini
Spettacolo / recital con poesie, filastrocche, monologhi, scioglilingua su testi di Montale, Queneau, Petrolini, Corso, Ballerini, Giusti, Mameli, Zavattini, Plauto, Leopardi, Benni, Palazzeschi, Neruda, Gassman, Gozzano

 

Immagine

Marco Ballerini, UBRIACO DI PAROLE

 

Cosa vuol dire, invasioni letterarie?
E’ un recital di circa 60 minuti, dove un attore ed una violinista si alternano ognuno con il proprio suono, la propria voce.
Non ci sarà un filo conduttore, ma si salterà qua e la usando i libri come appigli, usando gli spartiti come gradini, e per ogni libro toccato, il protagonista di quella pagina, si animerà, per ogni spartito, il suono dolcissimo, e allo stesso tempo straziante del violino, suonerà.
Ma allora, cos’è? Un minestrone senza sale?!?!
Assolutamente no! Quando si uscirà, ci si sentirà sazi e con un buon gusto in bocca, anche perché sarete poi Voi, gentilissimo pubblico, a finire la storia che vi verrà narrata, con la Vostra fantasia o con i Vostri occhi adagiati sul libro.
… volete una scaletta?… Prego.

 

Marco Ballerini

 

Brani Letterari:

 

da “Cirano de Bergerac” di Edmond Rostand il monologo “No, grazie” di Cirano, Atto II, Scena VIII.

 

da “Non si sa come” di Luigi Pirandello il monologo di Romeo fine Atto I.

 

da “Buchi nella sabbia” di Ernesto Ragazzoni la ballata “De Affrica”.

 

da “Adelchi” di Alessandro Manzoni il monologo del “Diacono Martino” Atto II, Scena III.

 

da “Canti” di Giacomo Leopardi la poesia “A Silvia”.

 

da “Il linguaggio del Paggio” di Autori vari spettacolo di Marco Ballerini “Parole Parole Parole”.

 

da “Kean, genio e sregolatezza” di Dumas, Sartre, Gassman il “Perché recitare”

 

Brani Musicali:

 

J. S. BachPreludio dalla Partita n.3 in Mi maggiore

 

G. Pugnani–Kreisler: Preludium

 

J. S. Bach: Double n.3 dalla Partita n.1 in Si minor

 

M. Praetorius: Danza

 

J. S. Bach: Bourrée dalla Partita n.3 in Mi maggiore

 

Timballo di note


Recitato il:
Il 3 Febbraio ore 21.00 presso la sala consiliare di Bulgarograsso

IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE, Letto da Marco Ballerini (che ne ha anche elaborato la riduzione necessaria ad una lettura di un'ora) e Simona Vergani il 27 gennaio 2007 a Lurate Caccivio – Como -Italia

Il bambino con il pigiama a righe è un viaggio con un bambino di nove anni che si chiama Bruno, il figlio di un comandante delle SS.
Il tutto inizia, quando Hitler si autoinvita a casa del comandante per “proporgli” un nuovo incarico, cioè diventare comandante supremo del campo di concentramento più grande, Auschwitz.
Inizia così la grande avventura di Bruno; Dal centro di Berlino ad una casa di campagna con attorno il nulla, o per essere più precisi con attorno… un immenso reticolato di filo spinato, al quale Bruno non riesce a dare una spiegazione.
Sarà proprio la grande curiosità di Bruno, che lo porterà ad incontrare 
Shmuel “un bambino con il pigiama a righe”.
Dentro la rete, fuori della rete. Di là Shmuel, di qua Bruno. Ogni giorno da quel giorno. Senza poter giocare. Uno di là, l’altro di qua. Solo per parlare. Per dirsi: abbiamo la stessa età, siamo nati nello stesso giorno, potremmo essere gemelli, anzi, visto che siamo ogni giorno insieme finiamo per assomigliarci un po’ di più, adesso che tu Bruno sei rapato per via di quell’uovo di pidocchio che ti hanno trovato in testa, guarda, sei quasi come Shmuel, se non avessi un po’ di carne in più. A specchio. Uno di là, l’altro di qua, la rete come specchio. Ma per sapere come sei, per scoprir l’america, fare l’esploratore fino in fondo, bisogna superare quello specchio, andare proprio là in america, vestire panni uguali per essere proprio uguali, mettere il pigiama a righe per essere un bambino con il pigiama a righe, per stare finalmente insieme, Bruno e Shmuel, senza essere scoperti, fino alla fine. Fino a “quella” fine.
John Boyne, Il bambino con il pigiama a righe– una favola di John Boyne, traduzione di Patrizia Rossi, Fabbri, 2006, p.224, € 14,00

Letto da Marco Ballerini (che ne ha anche elaborato la riduzione necessaria ad una lettura di un’ora) e Simona Vergani il 27 gennaio 2007 a Lurate Caccivio – Como -Italia

Qui sotto, caro visitatore, potrai ascoltare e sentire uno scampolo della recita. Con una attenzione: Simona recita due parti: quella di Shmuel (all’inizio) e quella della sorella di Bruno (alla fine)


 

"Le sorelle di via Borgo Vecchio" Testo e regia di Marco Ballerini Recitato l'11 Marzo al Teatro di Limido Comasco, ore 21.00

“Le sorelle di via Borgo Vecchio”

Testo e regia di Marco Ballerini
Recitato l’11 Marzo 2006 al Teatro di Limido Comasco, ore 21.00

Emma, Mariangela Castelli, 
Wanda, Simona Vergani
Matilde, Laura Peregalli
Anna, Sonia Muollo
Rosa, Silvia Porcelli
Narratore, Giuseppe Bizzotto
Chitarrista, Raffaele … 
Tecnico suono Fiorenzo Berardinelli

Quando le storie ti prendono per mano e ti conducono, attraverso la voce narrante fuori scena, in un giorno qualsiasi di una famiglia come tante, nel 1952 …

Sul palco una scenografia scarna ed essenziale, povera, ma dignitosa. Si intersecano le storie di cinque sorelle, cinque caratteri in cui ognuno può ritrovarvi le sue stesse piccole nevrosi, i grandi problemi, le immancabili illusioni, momenti di angoscia e dissipazioni poco realizzanti.

Chi cerchi e che cosa ti vogliono raccontare Emma, Wanda, Matilde, Anna e Rosa?

Una storia di ieri che può non essere così lontana da oggi. La diversità forse nell’uso di un certo tipo di abbigliamento, di una morte di qualche gallina che suscita solo preoccupazioni legate al fatto che ne rimangono di meno, di abluzioni eseguite con gesti antichi, orfani di rubinetti ed acqua calda.

Ma la sua modernità la riscontri nelle stesse contraddizioni che cinquant’anni dopo investono comunque persone e temperamenti.

Sei forse Emma, frustrata quarantenne dedicata solo all’ordine esterno per non metter mano in quello più tragico, interno?

Sei forse Wanda, suora fuggita dal convento in seguito ad un’incursione violenta di soldati e che si strazia della violazione della sua carne e dello scempio di cui è stata protagonista, aspirando e temendo il suo riavvicinamento alla chiesa?

O forse Matilde, donna che si direbbe di facili costumi, e altrettanto facile da emarginare come capro espiatorio di quell’apparire che ancora costituisce sicura facciata a maschere di perbenismo e rispettabilità, ma che, tuttavia, agita in cuor suo un eguale sentimento di delusione per ciò che è e per quello che può dare senza che gli altri se ne accorgano?

E che dire di Rosa, massacrata all’atto della sua nascita dall’uso insipiente di un forcipe che l’ha condannata ad un’eterna condizione di aliena, vittima di esclusione e bisognosa di continua assistenza?

O magari sei Anna, la sorella designata a sacrificarsi per la cura della minorata in carrozzina, non foss’altro perché nate insieme e, quindi, delle due, l’una deve pagare all’altra il pregio di essere sana?

Chi vorresti trovare in ognuna di loro: la resistenza al cambiamento e l’irriducibilità delle tue abitudini, la comprensione della tua fede turbata, il poter disporre del tuo corpo senza rinunciare alla tua anima, il tuo esser vista dagli altri come diversa, il tuo darti all’altro in cambio di nulla, se non solo amore?

La potenza di un autore che scrive una storia è quella di suscitare in chi la ascolta la capacità di acchiapparla e farla propria, riscrivendola e reinterpretandola secondo il suo modo di essere e di vivere.

La storia delle Sorelle di Borgo Vecchio rimane lì sospesa, aperta, con la prospettiva che, in ogni caso, gli eventi del tempo che passa sicuramente recheranno modifiche in quella fotografia degli anni Cinquanta.

Ma, uscendo dal teatro, l’uditore cullerà quell’interruzione con le sue immaginazioni, con le sue riflessioni sulla crudezza di alcuni profondi interrogativi, con le fantasticherie delle sue ipotetiche narrazioni.

E, al di là, di questo commentare errabondo, con il piacere di aver assistito ad uno spettacolo ricco di recita, di canto, di musica e di gestualità che ripagano appieno le parole di chi, questo spettacolo, l’ha scritto.

Zvi Kolitz, Yossl Rakover si rivolge a Dio, Adelphi, 2003 interpretato da Marco Ballerini in occasione del Giorno della Memoria e del Giorno del Ricordo Biblioteca di Veniano (CO), domenica 12 febbraio 2006 ore 17

Zvi Kolitz, Yossl Rakover si rivolge a Dio, Adelphi, 2003

interpretato da Marco Ballerini in occasione del Giorno della Memoria e del Giorno del Ricordo

Biblioteca di Veniano (CO), domenica 12 febbraio 2006 ore 17

Cari lettori,

riflettevo sul fatto che l’odierna giovane generazione potrebbe essere l’ultima ad avere l’opportunità di stabilire una relazione diretta con chi è sopravvissuto all’inenarrabile tragedia dell’Olocausto.

I figli dei figli di oggi, e i loro figli e, ancora, i figli di chi li seguirà rischieranno di veder sbiadire, nel corso dei decenni, le tracce dell’orribile ricordo che ha marchiato il secolo scorso.

Si sa, la memoria si trasforma, affidandosi alla potenza della narrazione, alla velocità della trasmissione ed alla ricettività di chi ne raccoglie la testimonianza.

E’ il terrore di questa possibile mutazione che turba colui che immagina, oggi, nello scorrere del tempo, il pericolo di paragonare l’immane eccidio di sei milioni di nostri simili al passaggio in moviola di un raccapricciante film dell’orrore.

Dobbiamo quindi bloccare questa memoria, fissarla a ganci acuminati, inchiodarla nella coscienza, poiché è solo il dolore che la può scuotere e risvegliare. Questa almeno ne è la speranza.

Yossl Rakover si rivolge a Dio” è un uncino appuntito che ti penetra nella carne e lì scava, rendendo a brandelli le viscere più profonde.

Ogni tentativo di spiegare, commentare, interpretare questa supplica diretta a Dio resta vano, perché sono solo le parole che la dispiegano a vivificare il tormento e il conforto di dire addio alla vita.

Più straziante ancora non è l’oscenità della crudeltà che l’uomo può perpetrare al suo eguale:

“Le belve della foresta mi sembrano così amabili e care che è per me un profondo dolore sentir paragonare a belve gli scellerati che dominano l’Europa”

bensì la sublime, infinita riconferma di una fede che non muta, ma che richiede un risarcimento:

“Ora quello che ho con lui [Dio] è il rapporto con uno che anche a me deve qualcosa, che mi deve molto. E poiché sento che anche lui è in debito con me, credo di avere il diritto di esigere ciò che mi spetta … la vendetta è stata e rimarrà sempre l’ultimo mezzo di lotta e la massima soddisfazione interiore per gli oppressi”.

Può avere un senso attardarsi nel pesare, giudicare, misurare l’intensità di amore ed odio, di fede e di sete di vendetta?

La scrittura di Yossl è resa sempre più incerta dalle ombre crepuscolari, ma più luminosa la sua invocazione di ascendere ad un mondo in cui rinasce la coscienza che quello stesso Dio ha voluto annullare, lasciando che l’uomo si riappropriasse dei suoi istinti selvaggi.

Ancora, cari lettori, io non so aggiungere nulla che possa rendere l’immagine del patimento, della commozione, dell’intensità emotiva della tragedia attraversata, vissuta. Non so esprimere il pensiero della forza di credere che qualcuno, nel suo divino disegno, ha voluto nascondere il suo volto al mondo.

Sono muta perché lo sconcerto qualche volta impone il silenzio.

Pieno d’incanto, invece, è il suono della voce di Marco Ballerini, magistrale interprete di Yossl Rakover.

Là, ripiegato su se stesso, le rovine di mattoni sparsi, tre bottiglie di benzina – le ultime.

Nell’avanzare dell’oscurità la fioca luce di una fiammella trema con l’approssimarsi dell’estremo addio. Ma non si spegne ancora quella luce, perchè arde sostenuta da una voce amareggiata, ma ferma, aggrappata disperatamente ad una fede incrollabile, impossibile da rinnegare, nonostante la prova cui è chiamata a far fronte.

Tra le mani di Yossl logori e brancicati frammenti di carta trasportano verso chi è rimasto l’imperativo di dire No! Quello che è stato non dovrà più trovare lo spazio di essere di nuovo.

Grazie, Marco, per averci aiutato a non dimenticare.