
Alle origini del CAPODANNO, di Stefano Caliciuri, in La Ragione, 31 dic 21

Parenti serpenti (1992)
Sin dal titolo si capisce il senso del film diretto da Mario Monicelli. E’ una riunione di famiglia in occasione delle festività di Natale, dove tutti i figli della coppia Saverio e Trieste tornano a Sulmona insieme alle rispettive famiglie per trascorrere le feste con i genitori. Mentre tutto sembra andare per il meglio i rapporti iniziano a farsi tesi e peggiorano quando si deve decidere a chi affidare la cura degli anziani genitori. La soluzione trovata è criminale ed è uno dei motivi da cui prende
Il nostro pensiero per il 2014 è improntato all’augurio di percorrere l’anno “con stile“.
La parola Polis rimanda alla città, cioè al governo di uno spazio pubblico che è intimamente connesso alla nostra singola persona.
Il 2013 ci ha consegnato una Polis, divisiva, spesso violenta, e bloccata in tre impotenze che il voto degli italiani ha determinato.
Un esito cosi “tragico”, soprattutto in riferimento alla crisi che ci attanaglia dal 2008, consiglierebbe un senso di responsabilità razionale, forte e profondo: quello di deporre le armi delle identità e fare un “compromesso storico”, come è già avvenuto nel passato.
Questa scelta necessaria è mirabilmente incarnata nella figura sapiente e, nello stesso tempo, dolente del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha mostrato cosa vuol dire “fare le cose con stile”.
Stile è riuscire a portare bene un peso assegnato.
Significa reggere tale peso tentando di utilizzare in maniera concentrata tutte le energie disponibili, anche e soprattutto quelle minime.
Stile è quell’obbligo morale che dovremmo imporci per essere all’altezza delle situazioni e delle attese.
Stile è la capacità di comprendere e agire con equilibrio, adattando la propria forza ai compiti che ci aspettano.
Giovano ancora in questo augurio due antiche esortazioni.
Age quod agis, “Fai bene quello che stai facendo”, dicevano i latini.
Ne quid nimis, “Nulla di troppo, senza esagerare”, dicevano i greci e, ancora, ci hanno riportato i latini.
In queste massime ci sembra di trovare un invito alla moderazione ed al controllo più che mai adatti alla situazione del momento.
La consapevolezza dei nostri limiti ci potrebbe aiutare ad accettare e comprendere anche le altrui limitatezze e a rimanere all’interno di un gioco delle regole che è la sola garanzia di sopravvivenza.
Con l’aspettativa che la Polis mostri questa sapienza e che ciascuno di noi riesca a vivere con stile, auguriamo
buone ore
buoni giorni
buon 2014
e buon futuro
Paolo e Luciana
31 dicembre 2013
Nota: i riferimenti linguistici sullo stile sono tratti dal libro di Vincenzo Guarracino, Antonio Spallino, uomo, amministratore, sportivo, intellettuale, Casagrande editore, Lugano 2013
The WordPress.com stats helper monkeys prepared a 2013 annual report for this blog.
Here’s an excerpt:
The concert hall at the Sydney Opera House holds 2,700 people. This blog was viewed about 11,000 times in 2013. If it were a concert at Sydney Opera House, it would take about 4 sold-out performances for that many people to see it.
L’ERRORE E LA POSSIBILITA’
Chi non spera l’insperabile non lo scoprirà,
poiché è chiuso alla ricerca
Eraclito
Dove eravamo rimasti?
Esattamente un anno fa eravamo qui: “Continua il tempo della crisi e, proprio per questo, il 2012 sarà più che mai centrato sulle risorse della Polis, ossia sul vincolo del “tenersi assieme”, perché nessuno può farcela da solo” (31 dicembre 2011)
Qualcuno ha tenuto la barra del timone e, nonostante una ciurma tutt’altro che responsabile, ha evitato che la nave affondasse.
Una crisi sociale, culturale, personale come quella in cui ancora siamo, mostra l’evidenza dei fatti: abbiamo attraversato decenni di ERRORI.
Il significato letterale di errare è: vagare e sbagliare. Ancora più precisamente è: mancare il bersaglio.
La storia insegna, solo dopo gli eventi, che sempre si cade in errore perchè le nostre menti seguono lo schema idea—> realizzazione—>esito.
Tuttavia, nel nostro tempo più che mai, dovremmo prendere atto che l’esito non dipende mai unicamente dagli ideali che hanno mosso il progetto iniziale (sempre che la storia del “secolo breve” abbia insegnato qualcosa).
Ogni risultato da ciascuno di noi auspicato dipende dalle infinite altre volontà che sono in gioco a livello planetario.
Prendiamone coscienza: non sappiamo e non possiamo più fare previsioni.
Ma, proprio per questo, ogni persona diventa protagonista della POSSIBILITA’.
Possibile deriva da posse, cioè da potis esse, nel senso di “essere padrone di”.
Il primo significato è “ciò che posso fare” o “ottenere”.
In senso più ampio, possibile è “ciò che può accadere”, verificarsi, entrare nella nostra esperienza.
E’ proprio la situazione di incertezza che incrementa la responsabilità dell’agire di ciascuno.
Sostiene Massimo Cacciari:
“anche laddove tu non riesca a definire un senso, puoi cercare di agire come se in quel momento ne andasse della tua vita nella sua interezza. Noi siamo chiamati comunque a decidere, a risolverci. L’interrogarci è una risoluzione”
BUON FUTURO
con l’augurio di “saper stare” dentro alla possibilità
Paolo e Luciana, 31 dicembre 2012
Fonti:
Eraclito, Fr CXIX, nella traduzione di Giorgio Colli
voce Possibilità di V. Mathieu in: Enciclopedia filosofica Bompiani, pag 8821
Massimo Cacciari, lezione su Storia ed errore, Monza 23 febbraio 2012
Fine d’anno
Né la minuzia simbolica
di sostituire un tre con un due
né quella metafora inutile
che convoca un attimo che muore e un altro che sorge
né il compimento di un processo astronomico
sconcertano e scavano
l’altopiano di questa notte
e ci obbligano ad attendere
i dodici e irreparabili rintocchi.
La causa vera
è il sospetto generale e confuso
dell’enigma del Tempo;
è lo stupore davanti al miracolo
che malgrado gli infiniti azzardi,
che malgrado siamo
le gocce del fiume di Eraclito,
perduri qualcosa in noi:
immobile.
Jorge Luis Borges (Fervore di Buenos Aires, 1923)
——————————————————————-
il motivo più profondo che ci spinge ad attendere la magia dell’incontro con il nuovo anno è l’intuizione di un mistero, l’enigma del tempo”
Continua il tempo della crisi e, proprio per questo, il 2012 sarà più che mai centrato sulle risorse della Polis, ossia sul vincolo del “tenersi assieme”, perché nessuno può farcela da solo.
E, dunque, questi saranno auguri tutti sotto il segno della Polis.
Gli ultimi mesi dell’anno hanno mostrato sulla scena pubblica una Italia satura di Io divisi.
Il solo progetto di una riforma delle pensioni fondata sulla equità generazionale (conservare il decrescente risparmio previdenziale dei giovani lavoratori e non consumarlo tutto per le pensioni attuali) ha mobilitato i sindacati, che ormai tutelano solo chi il lavoro lo ha già, contro questa tardiva e necessaria riforma transgenerazionale.
E in quale considerazione vengano tenuti i giovani e le giovani è simbolicamente testimoniato da questa registrazione (per fortuna espressiva solo di una parte della cultura degli italiani):
In un orizzonte fosco e malmoso, tuttavia, si è manifestato un segno di speranza sostenuto dal “grande vecchio” (tutt’altro che Senex) Giorgio Napolitano.
Il Governo Monti, come ci ricorda Massimo Cacciari, è “politicus maxime” per tre essenziali motivi: perché governo del Presidente, secondo la lettera costituzionale; perché accetta le difficoltà sistemiche delle istituzioni di fronte alla crisi; perché manifesta in modo incontrovertibile il fallimento delle due coalizioni che si sono finora affrontare sulla scena politica italiana.
Il 2012 imporrà a ciascuno cambiamenti molecolari nella vita psichica e nelle relazioni interpersonali.
L’augurio è di viverlo nel quadro prospettico anticipato anni fa da Alberto Melucci, del quale ricorre il decennale della morte ma che qui si rivela “eterno”:
“Non esiste più un ancoraggio stabile ai criteri e ai valori che guidano le nostre scelte se non quello che possiamo produrre insieme, riconoscendone il carattere costruito e i confini temporali. Per gli individui come per le collettività si tratta di accettare di esistere a termine e di poter cambiare. E’ il tema della metamorfosi, della capacità di mutare forma, anche come condizione per la convivenza.
Una simile scelta può riannodare tutti i fili che ci legano alla specie, ai viventi e al cosmo. Ciascuno può riconoscere allora la sua parte di responsabilità verso il destino del genere umano e verso le generazioni future. Ma anche ritrovare il rispetto per le altre specie viventi e per l’universo di cui l’uomo è parte (da Il gioco dell’Io, Feltrinelli, 1991, pag. 134-135)
BUON 2012
E BUON FUTURO
Paolo Ferrario e Luciana Quaia
nella notte del 31 dicembre 2011
Nei momenti di passaggio di anno i pensieri stanno sul confine tra la memoria del passato e l’imprevedibilità del futuro.
Sentiamo di essere in tempi di crisi. Qualche decennio fa si aggiungevano gli aggettivi “economica e morale”. Oggi si dovrebbe dire: di epoca e di sistema.
La parola “crisi”, nelle sue radici, rimanda ad alcuni precisi concetti, che possono anche fare da filo riparatore delle lacerazioni: “Giudizio”, “Separazione e Scelta”, “Decisione”.
Il film Home, la nostra terra di Yann Arthus – Bertrand sorvola sul pianeta per avvertire della rottura di equilibri che si sono manifestati su cicli temporali lunghissimi:
Perché è avvenuto questo?
Occorre una analisi forte e difficilmente confutabile per prenderne coscienza: Emanuele Severino ci parla di un “delirio della volontà” che lungo tutto lo sviluppo dell’occidente (e dunque di tutto il mondo attuale) ha agito in questa direzione. Ed è la sua voce sapiente, che giunge come una proposta di rimedio, a farci comprendere che “noi non siamo i mortali … noi siamo il luogo eterno in cui sopraggiunge la terra …:
Che fare allora?
Sul piano collettivo c’è la radicale scelta di modificare in profondità consumi e stili di vita. Non siamo ancora preparati a farlo, ma occorrerà imparare.
E allora qualche esercizio di silenzio (da compiere non necessariamente in eremi e monasteri) aiuterà ad esercitarci:
da: Il grande silenzio, Die Große Stille
E c’è anche il gesto semplice (anche questo tutto da apprendere) di amare la terra attraverso un singolo luogo ed i suoi viventi, come ci insegna la voce di Enzo Bianchi
Il nostro affettuoso augurio per il 2011 è di attraversarlo
dando qualche spazio a questi orizzonti di senso
Buoni giorni
Paolo e Luciana
1 gennaio 2011
Genii cucullati: i protettori di chi è in cammino
Siamo nel gorgo di quello che lo studioso del linguaggio Raffaello Simone chiama la “Terza fase”, dopo l’invenzione della scrittura e l’invenzione della stampa:
sappiamo moltissime cose che, in effetti, non abbiamo mai letto da nessuna parte, tantomeno sui libri: possiamo averle semplicemente ‘viste’ in televisione, al cinema, su un giornale o magari ‘lette’ sullo schermo di un computer. Possiamo anche averle ‘sentite’, e non dalla viva voce di qualcuno, ma da una radio (1)
Perché parlarne sul limitare di un anno e proiettati su quello futuro?
Perché la parola e le parole della comunicazione pubblica negli ultimi mesi si sono trasformate in armi e in pallottole. Succede che le potenzialità delle parole pensate, dette, scritte e poi facilmente gettate nei nuovi mezzi che abbiamo a disposizione invece di accrescere il legame sociale ci trasformano in nemici comunicativi.
Se comprendiamo che il linguaggio ha qualcosa in sé che lo rende sacro (nel senso di degno di venerazione e rispetto) possiamo, come singole persone responsabili delle proprie azioni, opporci alla sua degradazione.
La nostra dotazione genetica e culturale di “fare lògos” consente di:
Staccarsi dall’immediatezza, parlarci del passato e del futuro, parlarci del solo possibile, e perfino dell’impossibile e dell’irreale … potendoci riferire con i nostri discorsi anche a ciò che ancora non è o che è solo possibile o irreale, il discorso e solo il discorso è la condizione che ci permette di discutere, dire e capire “ciò che è utile e ciò che è nocivo e, quindi, ciò che è giusto e ciò che non è giusto” (Aristotele) (2)
Si può andare alle origini e far riverberare dentro di noi il famoso incipit del Vangelo di Giovanni:
in principio era la parola
Si può riflettere sulla continua ed incessante elaborazione che i parlanti hanno fatto per rendere significativo il Lògos greco:
verbo, parola, discorso, affermazione, argomento, cosa, resoconto, notizia, calcolo, ragionamento, fatto, causa, questione, scritto, rivelazione divina, ragione, pensiero logico, valutazione.
Si può passare per William Shakespeare, l’”inventore” dell’uomo moderno, che non è solo un virtuoso del gusto della parola, ma – al contrario – un interprete della sua capacità di conoscere il mondo o di descrivere in anticipo di tre secoli le moderne teorie sulle fasi della vita:
Tutto il mondo è un palcoscenico, e gli uomini e le donne son soltanto degli attori, che hanno le loro uscite e le loro entrate. Ed ognuno, nel tempo che gli è dato, recita molte parti, e gli atti son costituiti dalle sue sette età. Dapprima l’infante che miaùla e vomita in braccio alla balia … poi lo scolaretto piagnucoloso che, la cartella sott’il braccio e la faccia lustra e mattiniera si trascina come una lumaca, di malavoglia, a scuola. E poi l’innamorato, che sospira quanto una fornace, con in serbo una malinconica ballata in onore delle sopracciglia della sua amante. E poi un soldato pieno di bestemmie … e poi il magistrato con la sua bella pancia rotonda lardellata di capponi …. La sesta età si trasporta entro il magro Pantalone in pantofole, con gli occhiali sul naso …. L’ultima scena consiste in una seconda infanzia e in un puro oblio: senza denti, senza occhi, senza gusto, senza nulla (3)
Si può divertirsi ancora a rileggere gli elenchi di varianti delle parole che Carlo Emilio Gadda ed i suoi amici compilavano nei loro incontri conviviali. Alberto Arbasino (4) racconta che Gadda e il critico Gianfranco Contini giravano per le pinacoteche di provincia a guardare i ritratti d’epoca, per dedurre da essi la vita privata, i vizi e i tic di quei personaggi. Alla caccia, potremmo dire, di episodi rivelatori del carattere. In quelle scorribande culturali emergevano, usando “con gusto esplosivo e disperato … la madornale figura retorica della Enumerazione” liste irresistibili di lemmari, ossia elenchi infiniti di parole tese a definire nei più reconditi angoli le situazioni culturali e rivelare le persone:
seggiole, cuscini, tavolini, lettini: la chincaglieria del salotto e il bazàr del salone, e la pelle d’orso bianco con il muso disteso e gli unghioni rotondi (che solevano gracchiare sul lucido appena pestarli), e i comò e i canapè e il cavallo a dóndolo del Luciano, e il busto in gesso del bisnonno Cavenaghi eternamente pericolante sul suo colonnino a torciglione: e bomboniere, Lari, leonesse, orologi a pendolo, vasi di ciliege sotto spirito, orinali pieni di castagne secche, il tombolo di Cantù della nonna Bertagnoni, rotoli di tappeti e batterie di pantofole snidate da sotto i letti, e tutti insomma gli ingredienti e gli aggeggi della prudenza e della demenza domestica
Saccheggiavano i libri francesi nelle loro biblioteche:
Quanti participii: touché, flatté, blasé, fané, flambé, fouetté, suranné, saccadé, ravagé, démodé, faisandé, délabré, corseté, renversé, désabusé, ratatiné, capitonné, bouleversé, navré… Nonché bien rangé, collet monte, quel toupet, tourniquet, piquet, bouquet, chuchoter, randonnée, grasse matinée, valse chaloupée… E poi, tranchant, servant, revenant, en passant, soi-disant, ci-devant, vol-au-vent, porte-enfant, clopin-clopant, grisonnant, pliant, trau-d’unìon, glissons, asseyons-nous, coup de foudre, pied-à-terre, savoir faire, fou rire, faute de mieux, et patati, et patata…
E ancora sotto il controllo degli assensi ingegnereschi, durante le digestioni ancora a tavola: remarque, malaise, migrarne, rancune, amertume, pruderie, disette, charrette, gigolette, bellàtre, caniche, barbiche, corbeille, défaillance, mesaillance, entourage, escamotage, retour d’àge, cauchemar, fard, tuyau, petit-gris, demi-vierges, épaves, dormeuse, armoire-à-glace, à brùle-pourpoint, gaffe, gauche (nel senso di ‘maldestro’), gli onnipresenti potins e trumeaux e « quelle horreur! »… E nella stessa frase, ‘fluendy’: sbarbatlà, sgagnuflà, scapùssà, pastrùgnà, paciùgà, caragnà, ciciarà, nasùstà, vusà, bragia, pacià, barbuta, gnanfà, sciuscià, usmà, sguaità, lùmà, bufa, bastarnà, tananà, tanavèi, gasaghé, belee… Smorbi, sbenfi, spatùss, sgambèrsula, vegiàbul, mugnaga, cucalla, brùgna, e-peu-pù, mavalà, al dì d’incoeu… Scattlada, scalvada, barnasc, pergnocch… Bragalón, garùvlón, luitón, rùsnón, stragión, scavión, scursón, da scundón, carimalón, mutrignón, calsunón, arbión… Biott, crott, baslott, pepiatt, masott, malnatt, magateli, basell, lampett, ciappett …
Certo: non siamo Giovanni, Shakespeare, Carlo Emilio Gadda. Tuttavia una cosa possiamo fare: prima di premere il tasto Enter e mandare in rete le nostre parole proviamo a respirare più a lungo, a rileggere e a pensare alla responsabilità che ci assumiamo individualmente nel contribuire al brusio delle parole.
L’augurio per il 2010, quindi, è che le parole diventino strumento per ritrovare e costruire relazioni significative.
Buon cammino nel 2010
1 Gennaio 2010
Paolo e Luciana
(1)Raffaello Simone, La Terza fase, forme del sapere che stiamo perdendo, Laterza editore, 2000, p. XI
(2)Tullio De Mauro, Capire le parole, Laterza, 1994, p. 146
(3)William Shakespeare, Come vi piace (1600)
Alberto Arbasino, L’ingegnere in blu, Adelphi, 2008, pagg. 23, 24,
Buon futuro !
Paolo e Luciana
31 dicembre 2008
Dicevamo l’anno scorso: “E’ difficile avere certezze sul passato. Figuriamoci sul futuro, anche se prossimo”
Forse, del tutto inconsciamente, eravamo i parlanti di una profezia.
Dicono che il tempo che viene sarà difficile: non ci sono teorie economiche, sociali e politiche in grado di indicare con sicurezza i passi da fare. Tutte le grandi ideologie hanno fallito: e forse questo è l’unico valore rintracciabile nel terribilis 2008 che sta scompaginando la terra.
Tuttavia, dentro ciascuno di noi, sentiamo un sussurro: … occorre continuare a vivere …
Sopravvivere.
Anche nel deserto del passo dopo passo dentro un ambiente ostile, qualche attrezzo già sperimentato si farà utile.
Cominciamo con la disposizione d’animo
Sostiene Arthur Schopenhauer che “la vita è un compito da elaborare”, e che “per andare per il mondo è necessario equipaggiarci di una gran riserva di cautela e di indulgenza: quella protegge da danni e perdite, questa da liti e da brighe”. Ma in altre pagine è ancora più preciso e sembra parlarci al presente: “hanno diritto di preoccuparci soltanto i mali futuri di cui sappiamo per certo che verranno e quando verranno. Saranno però ben pochi; perché i mali sono o soltanto possibili (o tutt’al più probabili), o sono sicuri, ma è del tutto incerto il momento in cui ci colpiranno. Se ci si lascia prendere la mano dagli uni o dagli altri non si avrà più un momento di pace. Così, per non privarci di ogni tranquillità a causa di mali incerti o indefiniti, dobbiamo abituarci a pensare agli uni come se non dovessero venire mai, e agli altri come se non dovessero, comunque, venire tanto presto”.
Poi facciamo affidamento sulla nostra capacità di pensare
Sostiene Julian Biaggini:
Ci sono tre cose necessarie perché l’io continui a vivere. La prima è la continuità corporea, cioè il fatto che il corpo continui a funzionare. La seconda è la continuità psicologica che si appoggia sulla continuità della coscienza, dei pensieri, delle idee, dei ricordi, dei progetti, delle convinzioni. La terza condizione è la presenza di una qualche parte immateriale della persona. Quell’oggetto intangibile che molti chiamano “anima” (pur dando a questa parola significati diversi). Delle tre, la seconda è quella che possiamo elaborare con i nostri mezzi. “Penso dunque sono” riflette la verità che siamo la somma di ciò che pensiamo, sentiamo, crediamo, desideriamo. E se qualcuno, magari non è d’accordo si faccia questa domanda: “che cos’è questo “tu” che non è d’accordo?”
Ancora: disponiamoci a fare qualcosa di adatto al buio
Sostiene Carl Gustav Jung che “noi non possediamo il presente ma vi entriamo lentamente crescendo” e che “calando il meriggio dell’esistenza, ciò che occorre è semplificazione, limitazione e interiorizzazione, ossia cultura individuale”.
Si tratta anche di fare cose semplici, con atteggiamento consapevole ed attento:
“Se dovessi vivere in un paese straniero, mi cercherei una o più persone che mi paiano amabili e mi renderei loro utile, perché mi pervenisse dall’esterno una certa libido, anche se in una forma un po’ primitiva, come potrebbe essere lo scodinzolio di un cane. Terrei a casa animali e piante per procurarmi la gioia di vederli crescere. Mi circonderei di cose belle, di oggetti, colori, suoni. Gusterei le gioie della tavola. Non esiterei, quando l’oscurità si facesse più fitta, a spingermi sino alle radici più profonde, finché nel dolore stesso non si faccia strada una luce, perché in excessu affectus la natura stessa si tramuta nel contrario“.
Infine: fidiamoci delle buone tradizioni
Sostiene Enzo Bianchi che ci sono quattro comandi di origine contadina capaci di edificare un’etica laica:
Fa’ el to duvèr, cherpa ma và avanti. Che è una specie di traduzione dell’imperativo categorico kantiano: fare il proprio dovere a costo di crepare è il fondamento dell’etica individuale.
Esagerùma nenta!. Non esageriamo.
L’è questiun ‘d nen piessla. Si tratta di non prendersela. La vita era dura, sovente grama, le disavventure più frequenti di oggi e non coperte da previdenze ed assicurazioni. Allora si poteva solo “non prendersela”, attenuare il dolore, cercare di fermare la sofferenza, allargare lo sguardo al di là del male che aveva colpito, e reagire per continuare a vivere senza farsi paralizzare dalle disgrazie.
Mes-ciùma nenta el robi. “Non mescoliamo le cose”. Ogni evento, esperienza, vissuto ha il suo genere ed il suo ordine.
Insomma: quattro passi per attraversare l’anno.
Buon cammino nel 2009
Le citazioni sono state riprese e talvolta rielaborate da questi testi:
Arthur Schopenhauer, Anni e errori, Acquaviva Edizioni, 2001, pagg. 17 e 37
Arthur Schopenhauer, Aforismi per una vita saggia, Rizzoli Bur, 1993, p. 168
Julian Biaggini, Jeremy Stangroom, Pensi quello che pensi di pensare? (2006), Cairoeditore, 2008, pagg. 168-169, 173
Opere di Carl Gustav Jung a cura di Luigi Aurigemma, Vol. 10, Bollati Boringhieri, p. 49
Opere di Carl Gustav Jung a cura di Luigi Aurigemma, Vol. 8, Bollati Boringhieri, p. 70
Carl G. Jung, Esperienza e mistero. 100 Lettere, a cura di Aniela Jaffé (1975), Boringhieri, 1982, p. 149-150
Enzo Bianchi, Il pane di ieri, Einaudi, 2008, p. 9-13
da www.segnalo.it.
Dicevamo l’anno scorso: “E’ difficile avere certezze sul passato. Figuriamoci sul futuro, anche se prossimo”
Forse, del tutto inconsciamente, eravamo i parlanti di una profezia.
Dicono che il tempo che viene sarà difficile: non ci sono teorie economiche, sociali e politiche in grado di indicare con sicurezza i passi da fare. Tutte le grandi ideologie hanno fallito: e forse questo è l’unico valore rintracciabile nel terribilis 2008 che sta scompaginando la terra.
Tuttavia, dentro ciascuno di noi, sentiamo un sussurro: … occorre continuare a vivere …
Sopravvivere.
Anche nel deserto del passo dopo passo dentro un ambiente ostile, qualche attrezzo già sperimentato si farà utile.
Cominciamo con la disposizione d’animo
Sostiene Arthur Schopenhauer che “la vita è un compito da elaborare”, e che “per andare per il mondo è necessario equipaggiarci di una gran riserva di cautela e di indulgenza: quella protegge da danni e perdite, questa da liti e da brighe”. Ma in altre pagine è ancora più preciso e sembra parlarci al presente: “hanno diritto di preoccuparci soltanto i mali futuri di cui sappiamo per certo che verranno e quando verranno. Saranno però ben pochi; perché i mali sono o soltanto possibili (o tutt’al più probabili), o sono sicuri, ma è del tutto incerto il momento in cui ci colpiranno. Se ci si lascia prendere la mano dagli uni o dagli altri non si avrà più un momento di pace. Così, per non privarci di ogni tranquillità a causa di mali incerti o indefiniti, dobbiamo abituarci a pensare agli uni come se non dovessero venire mai, e agli altri come se non dovessero, comunque, venire tanto presto”.
Poi facciamo affidamento sulla nostra capacità di pensare
Sostiene Julian Biaggini:
Ci sono tre cose necessarie perché l’io continui a vivere. La prima è la continuità corporea, cioè il fatto che il corpo continui a funzionare. La seconda è la continuità psicologica che si appoggia sulla continuità della coscienza, dei pensieri, delle idee, dei ricordi, dei progetti, delle convinzioni. La terza condizione è la presenza di una qualche parte immateriale della persona. Quell’oggetto intangibile che molti chiamano “anima” (pur dando a questa parola significati diversi). Delle tre, la seconda è quella che possiamo elaborare con i nostri mezzi. “Penso dunque sono” riflette la verità che siamo la somma di ciò che pensiamo, sentiamo, crediamo, desideriamo. E se qualcuno, magari non è d’accordo si faccia questa domanda: “che cos’è questo “tu” che non è d’accordo?”
Ancora: disponiamoci a fare qualcosa di adatto al buio
Sostiene Carl Gustav Jung che “noi non possediamo il presente ma vi entriamo lentamente crescendo” e che “calando il meriggio dell’esistenza, ciò che occorre è semplificazione, limitazione e interiorizzazione, ossia cultura individuale”.
Si tratta anche di fare cose semplici, con atteggiamento consapevole ed attento:
“Se dovessi vivere in un paese straniero, mi cercherei una o più persone che mi paiano amabili e mi renderei loro utile, perché mi pervenisse dall’esterno una certa libido, anche se in una forma un po’ primitiva, come potrebbe essere lo scodinzolio di un cane. Terrei a casa animali e piante per procurarmi la gioia di vederli crescere. Mi circonderei di cose belle, di oggetti, colori, suoni. Gusterei le gioie della tavola. Non esiterei, quando l’oscurità si facesse più fitta, a spingermi sino alle radici più profonde, finché nel dolore stesso non si faccia strada una luce, perché in excessu affectus la natura stessa si tramuta nel contrario“.
Infine: fidiamoci delle buone tradizioni
Sostiene Enzo Bianchi che ci sono quattro comandi di origine contadina capaci di edificare un’etica laica:
Fa’ el to duvèr, cherpa ma và avanti. Che è una specie di traduzione dell’imperativo categorico kantiano: fare il proprio dovere a costo di crepare è il fondamento dell’etica individuale.
Esagerùma nenta!. Non esageriamo.
L’è questiun ‘d nen piessla. Si tratta di non prendersela. La vita era dura, sovente grama, le disavventure più frequenti di oggi e non coperte da previdenze ed assicurazioni. Allora si poteva solo “non prendersela”, attenuare il dolore, cercare di fermare la sofferenza, allargare lo sguardo al di là del male che aveva colpito, e reagire per continuare a vivere senza farsi paralizzare dalle disgrazie.
Mes-ciùma nenta el robi. “Non mescoliamo le cose”. Ogni evento, esperienza, vissuto ha il suo genere ed il suo ordine.
Insomma: quattro passi per attraversare l’anno.
Buon cammino nel 2009
Le citazioni sono state riprese e talvolta rielaborate da questi testi:
Arthur Schopenhauer, Anni e errori, Acquaviva Edizioni, 2001, pagg. 17 e 37
Arthur Schopenhauer, Aforismi per una vita saggia, Rizzoli Bur, 1993, p. 168
Julian Biaggini, Jeremy Stangroom, Pensi quello che pensi di pensare? (2006), Cairoeditore, 2008, pagg. 168-169, 173
Opere di Carl Gustav Jung a cura di Luigi Aurigemma, Vol. 10, Bollati Boringhieri, p. 49
Opere di Carl Gustav Jung a cura di Luigi Aurigemma, Vol. 8, Bollati Boringhieri, p. 70
Carl G. Jung, Esperienza e mistero. 100 Lettere, a cura di Aniela Jaffé (1975), Boringhieri, 1982, p. 149-150
Enzo Bianchi, Il pane di ieri, Einaudi, 2008, p. 9-13
martedì, 1 gennaio 2008
E’ difficile avere certezze sul passato.
Figuriamoci sul futuro, anche se prossimo.
Eppure ad ogni passaggio d’anno viene questa voglia di proiettare con noi stessi anche le nostre aspettative.
L’anno scorso come metodo abbiamo proposto l’immagine dello scalare la parete, che richiede fiducia nelle proprie forze ma anche energia per andare oltre.
Quest’anno ci è affiorato alla mente di augurare la virtù della intuizione.
“Noi riceviamo il nostro orientamento, la bussola per orientarci nella caotica sovrabbondanza di impressioni, da quattro funzioni.
La sensazione ci dice che qualcosa esiste; il pensiero, grosso modo, ci dice di che cosa si tratta. Il sentimento ci dice se è piacevole o meno, se va accettato o rifiutato.
E l’intuizione … ecco, qui incominciano le difficoltà. Non sappiamo, di norma, come funziona l’intuizione. L’intuizione è una percezione che avviene per passaggi intermedi, ma a noi arriva solo il finale della lunga catena di associazioni.
Dunque la mia definizione è che l’intuizione è una percezione che passa per l’inconscio.
…
Il tipo intuitivo si basa su presentimenti. Ci può dare percezioni e orientamenti in situazioni in cui i nostri sensi, il nostro intelletto e il nostro sentimento non servono a nulla.
Quando si è in grave stallo, un’intuizione può indicarci la via d’uscita.
E’ una funzione importante ogni volta che dobbiamo affrontare questioni vitali che non possono essere padroneggiate con le regole o con la logica.”
In Jung parla, interviste e incontri (1977), a cura di William Mc Guire e R.E.C. Hull, traduzione di Adriana Bottini, Adelphi, 1977, pagg. 385/386, 425/426
Ecco il nostro augurio per il 2008: trovare, ciascuno a suo modo, le vie della intuizione.
Per provare a governare, innanzitutto dentro di sé, l’imprevedibilità del futuro.
Paolo e Luciana, 1 gennaio 2008
La riflessione potrebbe essere fatta mentre ascoltiamo:
In the future everyone will have the same haircut and the same clothes.
In the future everyone will be very fat from the stachy diet.
In the future everyone will be very thin from not having enough to eat.
In the future it will be next to impossible to tell girls from boys, even in bed.
In the future men will be ‘super masculine’ and women will be ‘ultra-feminine’.
In the future half of us will be ‘mentally ill’.
In the future there will be no religion or spirtualism of any sort.
In the future the ‘psychic arts’ will be put to practical use.
In the future we will not think that ‘nature’ is beautiful.
In the future the weather will always be the same.
In the future no one will fight with anyone else.
In the future there will be an atomic war.
In the future water will be expensive.
In the future all material items will be free.
In the future everyone’s house will be like a little fortress.
In the future everyone’s house will be a total entertainment centre.
In the future everyone but the wealthy will be very happy.
In the future everyone but the wealthy will be very filthy.
In the future everyone but the wealthy will be very heathly.
In the future TV will be so good that the printed word will function as an artform only.
In the future people with boring jobs will take pills to relieve the boredom.
In the future that no one will live in cities.
In the future there will be mini-wars going on everywhere.
In the future everyone will think about love all the time.
In the future political and other decisions will be based completely on opinion polls.
In the future there will be machines which will produce a religious experience in the user.
In the future there will be groups of wild people, living in the wilderness.
In the future there will only be paper money which will be personalised.
In the future there will be a classless society.
In the future everyone will only get to go home once a year.
In the future everyone will stay home all the time.
In the future we will not have time for leisure activities.
In the future we will only ‘work’ one day a week.
In the future our bodies will be shrivelled up but our brains will be bigger.
In the future there will be starving people everywhere.
In the future people will live in space.
In the future no one will be able to afford TV.
In the future the helpless will be killed.
In the future everyone will have their own style of way-out clothes
In the future we will make love to anything, anytime, anywhere
In the future there will be so much going on that no one will be able to keep track of it.
In futuro ognuno avrà lo stesso taglio di capelli e gli stessi vestiti.
In futuro ognuno sarà obeso per l’alimentazione troppo ricca di carboidrati.
In futuro ognuno sarà molto magro per non avere abbastanza da mangiare.
In futuro sarà quasi impossibile distinguere ragazze da ragazzi, perfino a letto
In futuro gli uomini saranno super mascolinizzati e le donne ultra femminilizzate
In futuro la metà di noi sarà malato mentalmente
In futuro non ci sarà religione o spiritualità di ogni sorta
In futuro le arti psichiche saranno messe in pratica
In futuro non penseremo che la natura è bella
In futuro il tempo sarà sempre lo stesso
In futuro nessuno lotterà con qualcun altro
In futuro ci sarà una guerra atomica
In futuro l’acqua sarà costosa
In futuro tutte le cose materiali saranno gratis
In futuro la casa di ognuno sarà come una piccola fortezza
In futuro la casa di ognuno sarà un centro di divertimenti
In futuro ognuno, eccetto i ricchi, sarà molto felice
In futuro ognuno, eccetto i ricchi, sarà molto sporco
In futuro ognuno, eccetto i ricchi, sarà molto sano
In futuro si riceverà talmente tutto dalla televisione che la carta stampata avrà solo la funzione di una forma artistica
In futuro le persone con lavori noiosi assumeranno pillole per scacciare la noia
In futuro nessuno vivrà in città
In futuro ci saranno piccole guerre dovunque
In futuro ognuno penserà all’amore tutto il tempo
In futuro decisioni politiche e altre decisioni si baseranno completamente su sondaggi d’opinione
In futuro ci saranno macchine che produrranno un’esperienza religiosa per l’utente
In futuro ci saranno gruppi di persone selvagge che vivono in aree disabitate
In futuro ci sarà solo carta moneta che sarà personalizzata
In futuro ci sarà una società senza classi
In futuro ognuno otterrà solo di andare a casa una volta all’anno
In futuro ognuno starà a casa tutto il tempo
In futuro non avremo tempo per svaghi
In futuro lavoreremo solo un giorno alla settimana
In futuro i nostri corpi saranno raggrinziti ma le nostre menti saranno più ampie
In futuro ci sarà gente che soffre la fame dovunque
In futuro le persone vivranno nello spazio
In futuro nessuno potrà permettersi la TV
In futuro chi non è autosufficiente sarà ammazzato
In futuro ognuno avrà il proprio stile di vestiti per uscire
In futuro faremo l’amore con qualunque cosa, in qualunque momento e luogo
In futuro ci saranno così tante cose che succedono che nessuno sarà in grado di seguirle e tenerle sotto controllo.
Traduzione di Prisma
Con l’augurio di cercare e trovare pensieri forti
per procedere nella vita
Buon futuro !
Paolo e Luciana
31 dicembre 2006
Sul piano personale il 2006 è andato bene: abbiamo attaccato ancora un anno agli anni della vita.
In questi tempi così incerti non è poco.
Sul piano politico il 2006 è andato bene: elettori, una volta tanto lungimiranti, hanno protetto e messo al sicuro la Costituzione della Repubblica italiana.
In questi tempi, in cui non agisce il principio di responsabilità, è stato quasi un miracolo.
A maggior ragione, ieri come oggi abbiamo bisogno di pensieri forti.
Allora, in mezzo a tanti “cattivi maestri”, si può provare a riconoscere qualche buon maestro, come l’autore di questo testo:
“Negli anni della mia gioventù avevo praticato, sia pure con modestia, lo sport dell’alpinismo in roccia, e questo mio attuale lavoro di pensiero, in qualche modo, mi richiama alla mente l’esercizio dello scalare una parete, che sia in un certo punto così esposta nel vuoto da precludere la vista del cielo che ti sovrasta.
Per procedere non basta allora affidarsi ai soli mezzi del corpo, per quanto forte e addestrato esso sia, ma è necessario fare ricorso all’ingegno pratico e all’uso di strumenti che facciano presa nella solidità della pietra, per permettere di scostarsene, grazie alla scorrevole tensione della corda nella staffa agganciata al chiodo infìtto nella roccia saldamente, per elevarsi quanto basti per raggiungere quell’appiglio più alto, dal quale muovere oltre, fino a quando, superato lo strapiombo nel punto della sua massima esposizione, si dischiuda nuovamente alla vista il cielo, assieme al tracciato di un nuovo possibile percorso.
E così nel procedere del pensiero, le tappe ne sono segnate dall’impiego di idee strumentali, sulla consistenza delle quali far conto, così come lo si fa con i chiodi nella parete, per uscire dai limiti del risaputo, ed elevarsi, muovendo da quei punti fermi, fino ad attingere una nuova prospettiva di conoscenza, che il vecchio e consolidato sapere ti precludeva, mentre al tempo stesso ti offriva i mezzi per superare i suoi limiti, se adeguatamente utilizzato”
Carlo Tullio-Altan, Un processo di pensiero, Lanfranchi editore, Milano 1992, p. 337
Carlo Tullio-Altan (1916-2005) è stato un antropologo culturale e uno dei maggiori intellettuali del ‘900 italiano. Oggi è più conosciuto suo figlio: il disegnatore Altan.
Peccato.
Ecco l’augurio per il 2007: ricordarsi dei buoni maestri e dei loro insegnamenti per scalare la parete e andare avanti nel ciclo della vita.
Buon anno a tutti noi
Con l’augurio di trovare anche in quest’epoca buia
una fiamma di candela
che illumini la strada che stiamo percorrendo.
Buon futuro !
Paolo e Luciana
31 dicembre 2005
DICKINSON EMILY
Ci abituiamo al buio
quando la luce è spenta
dopo che la vicina ha retto il lume
che è testimone del suo addio,
per un momento ci muoviamo incerti
perché la notte ci rimane nuova,
ma poi la vista si adatta alla tenebra
e affrontiamo la strada a testa alta.
Così avviene con tenebre più vaste
quelle notti dell’anima
in cui nessuna luna ci fa segno,
nessuna stella interiore si mostra.
Anche il più coraggioso prima brancola
un po’, talvolta urta contro un albero,
ci batte proprio la fronte;
ma, imparando a vedere,
o si altera la tenebra
o in qualche modo si abitua la vista
alla notte profonda,
e la vita cammina quasi dritta.
We grow accustomed to the Dark –
When Light is put away –
As when the Neighbor holds the Lamp
To witness her Goodbye –
A Moment – We uncertain step
For newness of the night –
Then – fit our Vision to the Dark –
And meet the Road – erect –
And so of larger – Darknesses –
Those Evenings of the Brain –
When not a Moon disclose a sign –
Or Star – come out – within –
The Bravest – grope a little –
And sometimes hit a Tree
Directly in the Forehead –
But as they learn to see –
Either the Darkness alters –
Or something in the sight
Adjusts itself to Midnight –
And Life steps almost straight.
La fine di questo apocalittico 2004 (dopo Beslan, i rapimenti, le decapitazioni anche lo Tsunami …)
non porta a festeggiare, ma a meditazioni solitarie.
Proviamo, senza festa e con pensiero tragico, ad augurare comunque a tutti un migliore 2005, proponendo un paradossale “esercizio filosofico”.
Paolo e Luciana
31 Dicembre 2004
Considerare l’umanità come un errore
Durata: circa un’ora
Materiale: nessuno
Effetto: tonico
Ci hanno tanto detto che siamo eccezionali! Il centro del mondo, figli di Dio, coscienza del tutto, sale della terra, intelligenza, esseri parlanti, anima della scienza, vettore del progresso. La nostra esistenza fu cosi tanto acclamata da miti, religioni, filosofie, discorsi compiacenti che non capiamo più i nostri fallimenti, le nostre bassezze, le nostre interminabili guerre e il fango senza fine di cui siamo ricoperti. Sono state cercate soluzioni dì ripiego che permettano di spiegare la nostra caduta, la nostra maledizione e la nostra doppia personalità.
Provate allora a sperimentare una disillusione più radicale, indubbiamente più benefica.
Disfatevi di ogni considerazione di tipo esistenziale. Considerate l’umanità solo pura casualità, un fiasco, un incidente biologico. Essa si è sviluppata senza ordine, su una pietra, in un angolo infinitesimale. Un giorno scomparirà per sempre senza che nessuno ne conservi memoria e ne parli mai più. Nel corso delle decine di migliaia di anni in cui questa strana specie è sopravvissuta, non ha fatto altro che languire. Poi si è riprodotta in modo sconsiderato saccheggiando il luogo dove vive. Prima di estinguersi avrà accumulato un’indicibile quantità di sofferenze inimmaginabili e inutili, di massacri e carestie, di schiavitù e oppressioni.
Osservate con lucidità questa specie assurda e violenta. Guardate in faccia l’assoluta mancanza di giustificazioni, la sua esistenza effimera e insensata. Esercitatevi a sopportare l’idea che l’umanità non ha fondamentalmente né ragione dì essere né alcun avvenire.
Ciò dovrebbe contribuire a rendervi sereni.
Perché su questo fondo di nonsenso e di orrore, il bagliore di tutto quanto è sublime spicca come un dono senza pari. La perfezione della musica, i quadri indimenticabili, la gloria delle basiliche, le lacrime dei poemi, le risate degli amanti… Altrettante conseguenze dell’errore. Altrettante ineffabili sorprese.
Da: Roger-Pol Droit, Piccola filosofia portatile. 101 esperimenti di pensiero quotidiano
Rizzoli, p. 171 – 172
UN PENSIERO PER IL 2004
Nell’instabilità del tempo presente
“Bisogna disfarsi degli alibi, bisogna afferrare il proprio limite e mantenersi entro questo confine.
Per fare questo è opportuno agire un po’ di meno e pensare di più.
Stare presso di sé.
Non se ne ha la pazienza. Si crede di stare meglio se si sfugge ai problemi: al contrario, l’uomo trarrebbe maggior vantaggio se divenisse capace di ciò che Seneca chiamava la conversio ad se, se si raccogliesse per computare la propria potenza, acquisire competenza del suo desiderio e padroneggiarsi …
…L’instabilità del presente non è di per sé negativa, può essere emancipante. L’artificiale ha allentato i vincoli della necessità e ha aperto per gli uomini un universo impensabile di possibilità.
L’uomo d’oggi è sempre meno costretto a vivere conformemente a una legge e tuttavia non può farne a meno. Per questo è obbligato sempre di più a divenire legge a se stesso e può volgere a proprio vantaggio le indeterminazioni del presente se non si lascia sedurre dal senza-limite a cui l’epoca stessa lo chiama.
A differenza di quel che comunemente si crede, l’instabilità del mondo può rivelarsi per l’uomo contemporaneo come un’occasione finora mai pienamente sperimentata.
È vero, corriamo a ogni momento il rischio di essere espropriati da noi stessi.
Tuttavia mai come oggi possiamo trovare in virtù nostra la nostra misura: possiamo assegnarci, liberamente, il limite che ci riguarda e divenirne signori.
Salvatore Natoli, Dizionario dei vizi e delle virtù
Feltrinelli, 1996, pagg. 62 e 61
Abbiamo tutto un anno per provarci.
Auguri !!!
Paolo e Luciana
31 dicembre 2002
“Osservare la polvere in un raggio di sole ci aiuta a vedere l’invisibile”
Un esercizio per il 2003
Durata: dai quindici ai trenta minuti
Materiale: una camera, un raggio di luce
Effetto: rassicurante
Una stanza alquanto buia. Imposte socchiuse. Attraverso esse un raggio di luce. Sole vivo, cocente, raggi obliqui dell’alba o del tramonto. Nella luce che attraversa l’ombra si stagliano innumerevoli scintillii. È certamente uno degli spettacoli più emozionanti e più magici che gli uomini possano contemplare.
Migliaia di piccolissime schegge che trattengono e riflettono la luminosità piroettano, girano, passano e ripassano. Puntini, bastoncini, microscopiche piume, infimi fiocchi, minuscole cose aeree, leggere, danzanti attraversano la luce in modo sublime, serio e gioioso, terribilmente indaffarati, agitati da vortici e itinerari impossibili da seguire. Frammenti di traiettorie, puri lampi di vita.
Ciò che colpisce di più in questo miracolo dello scintillio è la densità. Tralasciate i ricordi dell’infanzia, i giochi di un tempo, le case di campagna, l’odore degli armadi se è il caso. Non vi aggrappate a questi strabilianti granelli. Il confine tra la luce e le tenebre è improvvisamente così rigido, netto e diretto che ci sembra quasi possibile toccarlo con mano. Il brulichio delle particelle appare e scompare dall’altra parte della barriera. Ed è qui che è possibile sognare.
Sono poche le esperienze semplici che danno così intensamente la sensazione di un mondo invisibile improvvisamente svelato. Nel raggio di luce appare come un pezzo di spazio diverso, inserito nel nostro, un universo dell’altra faccia, del rovescio del globo, dell’altrove, reso di colpo visibile come per effrazione.
Come sarebbe il mondo se vedessimo scintillare continuamente, ovunque e sempre la polvere? Non c’è continuamente, ovunque e sempre uno strato invisibile e al tempo stesso presente? Uno strato che è possibile raggiungere, uno spazio incastrato in quello che conosciamo?
E se si trattasse solo di saper socchiudere bene le imposte?
Roger – Pol Droit, Piccola filosofia portatile
Rizzoli, 2001, p.87-88