Perec Georges, L’infra-ordinario, Quodlibet, 2023

scheda dell’editore: https://www.quodlibet.it/libro/9788822907790

Quel che succede ogni giorno, in che modo descriverlo?

Un libricino pieno di semplici genialità, come riesce di norma a Perec, parlando dell’ordinario quotidiano.

Ad esempio del quotidiano cibarsi, e fa l’inventario, comico e indigesto nella sua riassuntiva catalogazione, di tutto ciò che ha ingurgitato nel corso di un anno, il 1974: sette galline bollite con riso, settantacinque formaggi, sette zampini di maiale ecc.

Poi come scrivere automaticamente duecentoquarantatré cartoline, tutte diverse, di ordinari saluti estivi usando solo cinque frasi elementari in tre varianti.

E l’osservazione di una via di Parigi in sei date diverse, i negozi, le insegne, le scritte occasionali, le facciate, un gatto che passa, cioè tutto ciò che è sotto gli occhi, così ovvio che non lo si nota, ma esiste per un attimo poi sarà perduto per sempre.

Questi scritti pubblicati tra il 1973 e il 1981 sono stati raccolti in libro nel 1989.

TartaRugosa ha letto e scritto di Georges Perec (1974) “Specie di spazi”, traduzione di Roberta Delbono, Bollati Boringhieri – pubblicato in TartaRugosa

TartaRugosa ha letto e scritto di Georges Perec (1974) “Specie di spazi”, traduzione di Roberta Delbono, Bollati Boringhieri

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TartaRugosa ha letto e scritto di Georges Perec (1974) “Specie di spazi”, traduzione di Roberta Delbono, Bollati Boringhieri – TartaRugosa

TartaRugosa ha letto e scritto di: Georges Perec (1989), Pensare/Classificare, Rizzoli, Milano, Traduzione di Sergio Pautasso

 TartaRugosa ha letto e scritto di: 

Georges Perec (1989)

Pensare/Classificare

Rizzoli, Milano

Traduzione di Sergio Pautasso 

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Così come l’introduzione del concetto di “ limite” libera la creatività nella psiche umana, altrettanto si può affermare che, nella scrittura, la costrizione induce alla produzione di fantasia.

E’ questo il primo pensiero che mi è sopraggiunto quando, uscita dal letargo, mi sono finalmente decisa di approfondire la conoscenza dell’Ou-Li-Po Ouvroir de littérature potentielle (“Opificio di letteratura potenziale”), gruppo francese fondato da Queneau e a cui aderirono, fra altri, Georges Perec e Italo Calvino.

Perec mi “intriga” molto ed è ritornato fra le mie mani grazie all’ossessione classificatoria di TartaRugoso , così lontana dalle mie modalità che seguono altre linee di pensiero e, nonostante ciò, degne di esistere, come fra poco vedremo direttamente dalle parole di Perec.

Tornando all’Ou-Li-Po, ciò che rende affascinante l’approccio di questo opificio è lo sforzo di proporre a chi scrive nuove strutture di natura matematica o l’invenzione di procedimenti che, in virtù di regole date (appunto le costrizioni) consente il raggiungimento di soluzioni originali e bizzarre.

Calvino, parlando di Perec, affermava che ”la costrizione allarga le potenzialità visionarie e risveglia i demoni poetici più inaspettati e segreti” e la metafora dell’oulipiano simile al corridore nella corsa ad ostacoli è molto efficace: “per arrivare a scegliere quello che vuole, comincia mettendo un certo numero di ostacoli sul cammino che lo conduce a ciò che cerca, e questi ostacoli si chiamano costrizioni, regole».

Nel capitolo Brevi note sull’arte e il modo di sistemare i propri libri, è geniale il modo utilizzato da Perec per ragionare sull’ampliamento dello spazio di una biblioteca. Parte da una formula matematica che fissa il totale di opere da non superare nel numero 361: K+X >361>K-Z (se K è uguale a 361 e inteso come numero giusto per una biblioteca, se entra un’opera nuova X occorre eliminarne un’altra Z, in modo che K rimanga costante).

Ma la razionalità apparentemente semplice della formula si scontra con gli ostacoli della realtà libraria: per esempio che “un volume contasse per un (1) libro, anche se riuniva (3) romanzi (o raccolte di poesie o di saggi, ecc.) … non alterava affatto il progetto iniziale, semplicemente invece di parlare di 361 opere, si decise che la biblioteca essenziale avrebbe dovuto comporsi idealmente di 361 autori”.  Tutto ciò avrebbe potuto funzionare, ma … per le opere che vengono scritte o riscritte da più autori? “certe opere, poniamo  i romanzi del ciclo cavalleresco, non avevano autore o ne avevano più d’uno e ceri autori, i dadaisti, per esempio, non potevano essere separati gli uni dagli altri senza perdere automaticamente dall’80 al 90% del loro interesse precipuo: si giunse così all’idea di una biblioteca limitata a 361 temi”.

Di fatto “uno dei principali problemi per l’uomo che conserva i libri che ha letto o che si ripromette di leggere, è dunque quello dell’accrescimento della propria biblioteca”.

Ed è sulla base di questa osservazione che Perec dà inizio  ai diversi modi di scegliere ed organizzare gli spazi per ordinare i libri di cui si è in possesso, con lo stile dei tentativi di esaurimento di un luogo: “nell’ingresso, nel soggiorno, nella o nelle camere, nel cesso … sulle mensole dei caminetti o dei radiatori (pur considerando che, alla lunga, il calore può risultare nocivo), tra due finestre, nella strombatura di una porta chiusa, sugli scalini di uno sgabello di biblioteca, rendendolo così inutilizzabile (molto chic, vedi Renan), sotto una finestra, in un mobile disposto obliquamente e che ne pari il vano fra i due (molto chic, fa ancora più effetto con qualche pianta verde)”. Quanto al modo di sistemare i libri, elenca: “ordine alfabetico, ordine per continente o paesi, ordine per colore, ordine in base alla data di acquisto, ordine secondo la data di pubblicazione, ordine per formati, ordine per generi, ordine seguendo i grandi periodi letterari, ordine per lingua, ordine per priorità di lettura, ordine per rilegature, ordine per collane”.

Specifica inoltre che “conviene distinguere le classificazioni stabili da quelle provvisorie .. queste ultime destinate a durare appena qualche giorno in attesa che il libro trovi, o ritrovi, il suo posto definitivo”, e questa precisazione porta alla mia memoria i grandi trasferimenti che ogni tanto in casa sconvolgono la mia ricerca di testi che credevo in un posto e invece sono stati spostati in un altro, problema evidentemente non solo mio, visto che Perec conclude: “aspettando l’ordine, li trasporto da una stanza all’altra, da uno scaffale all’altro, da un mucchio all’altro, e mi capita di passare tre ore a cercare un libro senza trovarlo, ma con la soddisfazione, a voltre, di scoprirne altri sei o sette che mi vanno bene lo stesso”.

L’intero testo rispecchia lo stile di Perec: guardare il quotidiano attraverso la memoria autobiografica e il gusto ludico sollecitato dall’Ou-Li-Po nella creazione di contrasti e virtuosismi di prodezze.

Come nel capitolo Considerazioni sugli occhiali, vero esercizio per cimentarsi con l’arte dello scrivere, partendo proprio da questo spunto: A proposito di quanto sia difficile parlare di occhiali in generale e nel mio caso in particolare. L’autore dedica ben quindici pagine a descrivere l’oggetto in sé nelle sue particolarità e nei diversi periodi storici e al rapporto con il soggetto che li indossa.

Specificità d’uso: certuni portano gli occhiali per tutto il giorno, altri in qualche occasione ben precisa, per esempio per guidare o per leggere … Posto degli occhiali: alcune persone tengono gli occhiali anche quando non li usano; li spostano sulla fronte o decisamente tra i capelli: altre, che devono avere una costante paura di perderli, li lasciano penzolare attorno al collo servendosi di una catenella; altre ancora li sistemano in una particolare custodia .. altre invece li posano sempre e rigorosamente allo stesso posto, in un cassetto del comò, sulla mensola del lavabo o di fianco al posto per vedere la televisione. Pulire gli occhiali: so che esiste una carta speciale che certi ottici danno in omaggio … molte persone invece …usano comunemente tutto ciò che capita loro a portata di mano: fazzoletto, Kleenex, tovagliolo, angolo di tovaglia, ecc. Gesti con gli occhiali: poiché si ritiene che gli occhiali conferiscano un’aria severa a chi li porta, alcune persone se li tolgono in segno di benevolenza … grattarsi la fronte con gli occhiali o mordicchiare le stanghette sono segni di profonda riflessione”.

Emblematico il capitolo che dà il titolo al testo Pensare/classificare: “E’ talmente forte la tentazione di distribuire il mondo intero secondo un unico codice! Una legge universale reggerebbe l’insieme dei fenomeni: due emisferi, cinque continenti, maschile e femminile, animale e vegetale, singolare, plurale, destra sinistra, quattro stagioni, cinque sensi, cinque vocali, sette giorni, dodici mesi, ventisei lettere. .. Con le mie classificazioni ho sempre un problema: non durano … il gran numero delle cose da mettere a posto, la sensazione che sia quasi impossibile distribuirle secondo criteri veramente soddisfacenti, fanno sì che non ci riesca mai e che mi fermi a sistemazioni provvisorie e vaghe.. Il risultato finale è dato da categorie che, quanto meno, sono strane; per esempio una cartellina piena di scartoffie varie sulla quale si trova scritto “Da classificare” o un cassetto con l’etichetta “urgente 1” che non contiene nulla (nel cassetto” urgente 2” c’è qualche vecchia fotografia, in quello “urgente 3” alcuni quaderni nuovi”). Insomma, me la cavo”.

Anche in queste parole c’è un vago rispecchiamento di ciò che accade nella nostra casa e nei nostri contenitori, visto che entrambi, nelle reciproche diversità, godiamo del furor classificatorio.

Godibilissima la lettura di queste pagine in cui troviamo inserite considerazioni anche intorno ai temi delle case abitate, di schede di cucina, di stanze di analisi, di scrivanie, di città ideali, di moda … una vera immersione nell’arte dello scrivere senza frontiere.

TartaRugosa ha letto e scritto di: GEORGES PEREC (2011), Tentativo di esaurimento di un luogo parigino, Libri Piccoli Voland, A cura di Alberto Lecaldano

TartaRugosa ha letto e scritto di:

Georges Perec (2011)

Tentativo di esaurimento di un luogo parigino, Libri Piccoli Voland

a cura di Alberto Lecaldano

Il progetto avrebbe dovuto durare dodici anni, ma non si concluse.

L’idea, secondo Perec, era di osservare piazza Saint-Sulpice in diversi momenti della giornata e di prendere nota di tutto quello che vedeva.

O meglio “…quello che generalmente non si nota, quello che non si osserva, quello che non ha importanza: quello che succede quando non succede nulla, se non lo scorrere del tempo, delle persone, delle auto e delle nuvole”.

Il tentativo dura tre giorni.

Questa idea è entusiasmante. Finalmente un punto di connessione tra uomo e rettile.

Anch’io passo lunghe ore ad osservare ciò che accade, ma, a differenza di Perec, il tentativo non si esaurisce in tre giorni. Per me dura almeno sei mesi all’anno.

Alterno le visioni di Georges con le mie.

Place Saint-Sulpice

6° Arrondissement, Parigi

18, 19, 20 ottobre 1974

Largo del Ciliegio

Alla sommità della prima proda dell’orto

La prima settimana di primavera 2012

18 ottobre

Patate all’ingrosso

Da un pullman di turisti un giapponese sembra che mi faccia una fotografia. Un anziano signore con la sua mezza baguette, una signora con un pacchetto di dolci a forma di piccola piramide

L’86 va a Saint-Mandé (non gira in Rue Bonaparte, ma prende Rue di Vieux-Colombier)

Il 63 va a Porte dela Muette

21 marzo

Foglie secche

Formiche indaffarate raccolgono briciole

Sul tavolino sotto il ciliegio siedono un uomo e una donna

Zampe bianche e nere

Un miagolio e un lembo di bresaola cade vicino al gatto

Un merlo scava nella terra smossa

Alcuni inciampano. Microincidenti.

Un 96 passa. Un 70 passa.

E’ l’una e venti

Ritorno (probabile) di persone già viste: un ragazzo con un giaccone blu marina che porta in mano una busta di plastica passa di nuovo davanti al caffè

Un 86 passa. Un 86 passa. Un 63 passa.

Il caffè è pieno

Un bambino fa correre il suo cane (tipo Milou) sullo sterrato

E’ l’una e trenta

Sulla sedia sono appoggiati un gilet di panno rosso e un maglione (di cotone) turchese. Penzolano anche un paio di calzettoni (di lana) a righe colorate.

C’è il sole.

Il ciliegio inizia a fiorire.

Zampe marroni. Un piccolo ragno si arrampica sul telo che copre la proda dell’orto

Una buccia di mela golden e un torsolo di pera kaiser. Per me.

Striscia un verme rosa. Probabilmente un lombrico.

Il vento fa muovere le foglie degli alberi

Un 70.

Sono le tredici e cinquanta.

Trasporti SNCF

Le persone del funerale sono entrate nella chiesa

Sono le due e quaranta. Un uomo con il secchio pieno di terra.

Una donna che scopa la piattaforma di pietra e raccoglie le foglie.

Un gatto che dorme con il muso appoggiato fra le zampe anteriori.

Due formiche si contendono una briciola.

Cinguettii di pettirosso che arrivano da lontano.

Calore del sole alto in mezzo al cielo. Sonnecchio.

Ho visto ancora autobus, taxi, auto private, pullman turistici, camion e camioncini, biciclette, motorini, vespe, moto, un triciclo delle poste, una moto-scuola, un’auto-scuola, donne eleganti, vecchi belli, vecchie coppie, gruppi di bambini, persone con borse, con borselli, con valige, con cani, con pipe, con ombrelli, con la pancia, vecchie rugose, vecchi cretini, giovani cretini, dei bighelloni, dei fattorini, degli imbronciati, dei chiacchieroni.

Ritorna l’uomo con un altro secchio pieno di terra.

Passano, in ordine di apparizione, formiche, moscerini, una larva che fuoriesce dalla terra, un merlo che cerca la larva.

Mi sposto di circa dieci centimetri per gustare la buccia della mela.

Ritorna l’uomo con un secchio pieno di terra. E’ il terzo giro.

La donna si riposa sulla sedia e scrive su un grosso quaderno.

Il gatto se n’è andato all’ombra.

19 ottobre

Molte cose non sono cambiate, apparentemente non si sono mosse (le lettere, i simboli, la fontana, lo sterrato, le panchine, la chiesa, ecc.); io stesso mi sono seduto alla stessa tavola.

24 marzo

Sempre sotto il ciliegio, ma sulla pietra.

Una vanga, un rastrello, un secchio di plastica di colore rosso.

Teli di plastica grigia sulle prode.

Dalle pietre spuntano ciuffi di erba. Passano le solite formiche, ma non ci sono più le briciole.

Una donna sposta vasi di cotto con dentro alcune piante grasse.

Un cumulo di erba sradicata.

Ieri, c’era sul marciapiede, proprio davanti al mio tavolino, un biglietto della metropolitana; oggi, ma non è detto che sia nello stesso posto, c’è l’involucro di una caramella (cellophane) e un pezzo di carta difficilmente riconoscibile (più o meno grande come una scatola di “Parisiennes” ma di un blu molto più chiaro).

Sotto il tavolino tre pigne, una scatola contenente concime. Fito Universale. Liquido. Una lucertola senza coda.

Sono le tre. Il cielo è sereno e il sole caldo.

Sul tavolino una macchina fotografica, una bottiglia da 50 ml di plastica. Vuota.

I piccioni sono quasi immobili. E’ piuttosto difficile contarli (200 forse); parecchi sono accovacciati, le zampe ripiegate. E’ l’ora delle pulizie (con il becco, si spulciano il gozzo e le ali); alcuni sono appollaiati sul bordo della terza vasca della fontana. Alcuni persone escono dalla chiesa.

Due gatti sono distesi a 30 cm di distanza. Uno si lecca le zampe. L’altra si passa la zampa destra dietro l’orecchio destro.

Uno sbadiglia. L’altra punta una lucertola con la coda.

E ancora: perché due suore sono più interessanti di due altri passanti qualsiasi?

Dove sono finiti l’uomo e la donna che lavorano la terra?

Un pullman. Giapponesi.

Alcuni individui si riuniscono davanti a Saint-Sulpice.

Intravedo in alto sulle scale un uomo che scopa (è il sagrestano?).

Passa un uomo con un barattolo di Ripolin

Persone persone automobili

Una anziana signora con un bel soprabito impermeabile tipo Sherlock Holmes

La folla è compatta, non c’è quasi più un attimo di calma

Arriva una donna con un contenitore di plastica verde.

Lo vuota.

Bucce di arancia, foglie di carciofi, gambi di insalata. Foglie marce di catalogna. Bucce di patate. Buccia annerita di banana.

Buccia di mela Golden con torsolo annesso. Per me. (Finalmente)

Arriva un uomo con il solito secchio pieno di terra. A questo punto ho perso il conto dei viaggi.

20 ottobre

Passa una signora elegante che tiene, con gli steli in alto, un grande mazzo di fiori.

Passa un 63

Passa una ragazzina che porta due grandi sacchetti della spesa

Un uccello viene a posarsi in cima a un lampione

E’ mezzogiorno

Temporale

Passa un 63

25 marzo

Sul corridoio che porta verso l’orto.

Sono le tredici. In realtà sarebbe mezzogiorno.

Nuvoloso. Sole nascosto e aria un po’ fredda.

Rosmarino. Cespuglio di rose. Lavanda potata. Rosmarino. Cespuglio di rose.

Piccola montagnetta.

Ciuffi di erba. Foglie di tarassaco. Buone.

Progetto di una classificazione di ombrelli secondo le loro forme, i loro modi di funzionare, i loro colori, i loro materiali …

Da una sporta escono delle verdure

Passa un 96

Progetto di lauto pranzo per il mese prossimo: trifoglio, fiori di tarassaco, foglie di malva.

Magari ci scappa qualche lumachetta.

Il vento fa cadere la pioggia che si era accumulata sulla tenda del caffè: scrosci d’acqua

Il cielo è nuvoloso. Scende qualche goccia sparsa.

Forse è giorno di doccia.

Zampe bianche e nere mi sorpassano.

Ha già smesso di piovere.

Un uomo con il braccio sinistro ingessato

Un 63 che eccezionalmente si ferma all’angolo di rue des Canettes per far scendere una coppia di persone anziane

Un taxi DS di colore verde

Sono le diciassette.

E’ tornato il sole.

Un uomo e una donna camminano in fila indiana.

Si fermano davanti al pero. Guardano i fiori bianchi.

Alcune formiche. Due lucertole. Una canna dell’acqua. Tre innaffiatoi.

Il 63

Sono le due meno cinque

I piccioni sono sullo sterrato. Si alzano in volo tutti insieme.

Quattro bambini. Un cane. Un piccolo raggio di sole. Il 96. Sono le due

Sono le diciotto. Sarebbero le diciassette.

Profumo di rosmarino. Un uomo e una donna scendono le scale. Una gatta li segue.

Il ciliegio è tutto fiorito.

E’ ora di andare a dormire. Due lucertole mi tagliano la strada.

L’aria è calda. E’ stata una bella giornata.

Imitando Georges Perec. Primo “tentativo di esaurimento di un luogo”: Piazza San Fedele, Como, 2011

 

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Piazza San Fedele, ore 13

Il sole illumina la facciata e il campanile nascosto dalla casa col porticato.

A quest’ora il sole ha già fatto il suo giro parziale della giornata e da questa parte c’è ombra.

L’osservatorio è ampio.

Da sinistra: Trombetta foulard; una vetrina senza insegne evidenti; Moglia abbigliamento; un portone di legno marrone; negozio Vodafone; sulla facciata del porticato: “Piazza del mercato del grano”; “Piazza San Fedele”; sotto il porticato un altro negozio di abbigliamento con saldi al 50%. Facendo girare lo sguardo in senso orario, poi, la piazza si allarga fino ad arrivare alla facciata ed al portale della chiesa. Dopo ancora negozi: Daniela Vecchi; Cherie; abbigliamento And … And; quattro vetrine del Verga accessori cucina; l’inizio della Via Odescalchi e della Via Natta. Sopra quest’ultima una casa con la facciata medievale in mattoni in cotto. Di lato l’altro bar/tabaccheria e il porticato che corre alle mie spalle.

Due piccioni mangiano le briciole che ho loro gettato. Poco dopo arrivano due passerotti che becchettano quello che resta.

I tavolini da 4 persone che si sporgono sulla piazza sono 17. Ma dietro ce ne sono altri, sotto al portico.

Se dovessi contare le finestre, i balconi, i portoni, i vasi potrei “esaurire” la parte statica della piazza.

Per la parte dinamica oggi registro solo questo. Prima passa un’auto di ordinanza del carabinieri, con due persone a bordo. Si ferma un attimo e poi se ne va lentamente. Poi passa un’auto della finanza, con tre persone a bordo con gli occhiali neri. Non posso fare a meno di associarli alle guardie del corpo del dittatore Doc Duvalier di Haiti.

Apro il Corriere di Como: “è caccia aperta all’uomo – probabilmente straniero – che nella notte fra sabato e domenica ha violentato una ventenne a Cantù”

Nota:

Il concetto di “esaurimento di un luogo” è una suggestione di estremo interesse cognitivo e sociale del letterato/sociologo francese Georges Perec (1936-1982)

Splendido è : Georges Perec, TENTATIVO DI ESAURIMENTO DI UN LUOGO PARIGINO (1975), a cura di Alberto Lecaldano, Libri Piccoli Voland, 2011