Novecento: Il Duello. Con Alessandro Baricco e Stefano Bollani
Da un’idea di Alessandro Baricco, Stefano Bollani e Alessio Bertallot
Un pianista che si chiama come il secolo e che riconduce il mondo conosciuto al suo pianoforte.
Novecento, il testo teatrale di Alessandro Baricco, diventato poi libro, film, fumetto e persino playlist, continua a produrre storie, suoni e visioni; in una parola: immaginario.
Ora una versione speciale raccontata dall’autore e suonata da Stefano Bollani, con la sfida pianistica a cordiere incandescenti tra Novecento e Jelly Roll Morton, apre la dodicesima edizione di Piano City Milano.
Quando Georgie McLeod raccontò al suo amico Stephen King di un’esperienza vissuta con alcuni suoi amici quando aveva 13 anni non poteva sapere che cosa sarebbe nato dalla sua storia
Quel “racconto d’autunno”, poi intitolato Il corpo, divenne parte della raccolta che avrebbe cambiato la percezione di Stephen King di fronte al panorama letterario mondiale: Stagioni Diverse
Il King di Stagioni diverse è un autore completo, che si misura con la vastità infinita di una mente estremamente fertile; in grado di uscire dal seminato e troppo lungimirante per limitarsi alla definizione di scrittore di storie maledette
“Ogni biblioteca risponde a una duplice esigenza che spesso è anche una duplice mania: quella di conservare alcune cose (dei libri) e quella di sistemarle in un certo modo”
è stato bellissimo incontrarvi ieri, sabato 1 aprile, sul battello!
sono coincidenze che fanno memoria biografica. Anche perchè sono tanti i legami che ci uniscono (la sociologia a Trento, i servizi sociali, il lago di Como, Venezia …)
abbiamo parlato anche di BASILIO LUONI, un grande produttore di cultura letteraria da un piccolissimo paese .
Vi allego i link a tre video/letture che ne raccontano parte della sua personalità:
El Baloss. Basilio Luoni e il mito dell’Odissea di Omero
Non “Odisseo” ma “Baloss” ( come dire il “Furbo”), per senso di decenza e delle proporzioni… ma sempre accorto e astuto. Considerazioni sull’Odissea e la sua traduzione in dialetto lezzenese,
Scrive Luoni ” Quando insegnavo alle Medie uno dei piaceri era leggere agli allievi l’Odissea, la storia che contiene tutte le storie, il poema fondatore di tutta la narrativa occidentale; dove l’Eroe sceglie di essere niemt’altro che un uomo…”.
Da quelle letture nasceva un teatro semplice e spontaneo, fantastico e ricco di suggestioni. Dal greco antico all’italiano moderno e al dialetto lezzenese.. il passo è stato breve, ma sempre rico di emozioni
In Pinacoteca, per l’Università Popolare, Luoni legge e racconta la sua traduzione dell’Odissea.
Basilio Luoni
Nato nel 1941.
Vive e lavora a Lezzeno, sulla riva orientale del lago. Si è laureato in Lettere, è stato (quasi sempre a Lezzeno) professore di scuola media, traduttore dal francese e pittore ( presentato alla Compagnia del disegno di Giovanni Testori).
ha tradotto nel dialetto lezzenese commedie di Moliére, Regnard e Beaumarchais che ha messo in scena ( dai primi anni Sessanta) con la compagnia lezzenese.
Ha tradotto e rappresentato anche commedie di Aristofane e plauto. Ha pubblicato liriche anche in dialetTo nell’Almanacco dello Specchio dal 1993, “Disegn” (1994), il Moliére travestito ( 1998) e un “mistero” in versi : “El Natal”
«Hai venticinque anni e ventinove denti, tre camicie e otto calzini, qualche libro che non leggi più e qualche disco che non ascolti più. Sei seduto e vuoi soltanto aspettare». – G. P.
Terzo romanzo di Georges Perec, Un uomo che dorme è la storia di uno studente che la mattina dell’esame, invece di alzarsi, lascia suonare la sveglia e richiude gli occhi. Segue il racconto della sua vita ordinaria, in cui giorno dopo giorno si educa all’indifferenza per tutto: non voler più niente, vagare, dormire, perdere tempo; tenersi lontano da ogni progetto e da ogni smania; essere senza desideri, senza risentimenti, senza ribellione; leggere «le Monde» dall’inizio alla fine, senza saltare una riga, annunci matrimoniali e necrologi compresi. Un uomo che dorme è un romanzo in cui chiunque, leggendolo, riconosce quell’oscuro desiderio di ritirarsi dal mondo senza scomparire del tutto; e fa spavento quanto sia facile…
«Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa.» Non ragioniam di lor, ma guarda e passa
Quel che succede ogni giorno, in che modo descriverlo?
Un libricino pieno di semplici genialità, come riesce di norma a Perec, parlando dell’ordinario quotidiano.
Ad esempio del quotidiano cibarsi, e fa l’inventario, comico e indigesto nella sua riassuntiva catalogazione, di tutto ciò che ha ingurgitato nel corso di un anno, il 1974: sette galline bollite con riso, settantacinque formaggi, sette zampini di maiale ecc.
Poi come scrivere automaticamente duecentoquarantatré cartoline, tutte diverse, di ordinari saluti estivi usando solo cinque frasi elementari in tre varianti.
E l’osservazione di una via di Parigi in sei date diverse, i negozi, le insegne, le scritte occasionali, le facciate, un gatto che passa, cioè tutto ciò che è sotto gli occhi, così ovvio che non lo si nota, ma esiste per un attimo poi sarà perduto per sempre.
Questi scritti pubblicati tra il 1973 e il 1981 sono stati raccolti in libro nel 1989.
Che bellezza. Sa, il mio sito blog pennavaja.com pare finito (Nei Collegamenti finali c’è il suo nome con link al blog). E sto creando una pagina Facebook, con l’aiuto del professor G da N..
Per me è stato (è tuttora) un grande stress (infatti vado per la … e temo di dover essere operata).
Il signor A. B. calabro è stato bravo, con tutto che non ha PC ma solo un tablet e lavora quando c’è il sole (ha l’energia elettrica di un piccolo pannello solare, a parte l’acqua che è sempre fredda e il cibo che deve rimediare in modi sgradevoli. Una volta era abile e ben pagato informatico a Berlino. Chissà cosa gli è capitato. … Sono stata invasa da notizie tristi, che mi fanno male soprattutto perché non posso aiutare più di tanto. Ulteriore stress mi è venuto dal fatto di aver pubblicato con Youcanprint, che da un lato è democratico e semplice (non vogliono i diritti d’autore, non fregano come fanno purtroppo noti editori), però è costituito da lavoranti parcellizzati, che nulla sanno del testo sul quale lavorano. Dunque email su email, e cambia sinossi e poi cambia copertina e poi l’estratto e quindi i Ringraziamenti…
Ora il saggio si chiama “Biografia e autobiografia nella narrativa. Consigli sullo stile”, ed è molto più lungo. Volevo darle questa bella notizia.
Ho letto con viva partecipazione e dispiacere quello che le è successo nel 2014. Non lo sapevo. Spero che adesso stia almeno benino.
Forse gliel’ho già detto: nel sito la nomino con parole di stima e affetto, parlando degli allievi della “Casa della scrittura”. Incontro una volta a settimana Patrizia; andiamo nella parrocchia di S. Maria del Suffragio a fare il doposcuola.
Sa, io non ho gioia dai miei cari. Sono stata parecchio sfortunata. Così aiutare i ragazzi mi dà molta allegria (ho in pratica tre doposcuola).
Caro Paolo, la saluto con rinnovati ringraziamenti e auguri per la sua vita!
“Feci amicizie per la vita: … con la psicologa e saggista Patrizia Taccani, donna di impareggiabile generosità; … ; con il pluriesperto e geniale Paolo Ferrario, formatore nell’area del sociale”
Unico nel suo genere, questo libro contiene due testi.
Il primo è la storia di Marina e Carlo, trascurati da bambini e innamorati per bisogno, che per divergenze di carattere faticano a vivere in serenità. Quando lui si ammala, affrontano tante ansie; lei s’innamora del giovane Nino… L’affetto e la stima per Carlo, la ricerca di consapevolezza basteranno a risolvere i problemi? Scorrevole e vivace (anche per i vividi personaggi del tenero fi glio Andrea e della dolce zia-mamma Clara), ora sommesso ora esilarante, il racconto svela i suoi sensi pian piano, lungo i capitoli e le sequenze che si alternano musicalmente come una buona sonata per l’anima. Forse un thriller psicologico, Pennavaja l’ha scritto per tutti: tutti abbiamo sogni, desideri, utopie; e il bisogno di pacificarci con noi stessi, con il nostro passato e il nostro destino. Il racconto dell’autrice (da 40 anni scrittrice in Germania, Olanda, Italia, docente nella sua “Casa della scrittura”) è autobiografi a “filtrata”: frutto di esercizio intenso e appassionato in uno stile che nutre ed emoziona.
Il secondo, prezioso testo è un saggio che, analizzando brani di narrativa europea (Kafka, V. Woolf, Alfred Polgar, Giuseppe Pontiggia, Silvio D’Arzo, Carlo Coccioli, Ivan Della Mea, Susanna Tamaro, Cristina Pennavaja, altri), insegna a evitare le trappole dell’autobiografi a diretta e spontanea. L’autrice, traduttrice esperta di musica, dà le regole fondamentali per non cadere negli errori di un linguaggio sciatto, “rumoroso” anziché musicale; mostrando esempi di uno stile semplice ma ricco, che produce scritti buoni per l’oggi e per il domani. Nello stesso tempo svela i segreti del suo tradurre e narrare, e spiega come è riuscita a costruire racconti sapienti e avvincenti (lodati da Pontiggia, Giovanni Raboni, Giovanni Mariotti, Meeten Nasr, più volte premiati). Fornisce anche qualche variante, che è tanto utile per penetrare nel laboratorio creativo di uno scrittore nonché incoraggiante. Questo saggio critico e didattico è rivolto anche a chi scrive per diletto; sarà di grande aiuto per chi (magari tastando a lungo nel buio) vuole creare un racconto o un romanzo davvero artistico.
Cristina Pennavaja è nata a Roma nel 1947. Ha vissuto in Germania e in Olanda, anche come ricercatrice universitaria; a Cambridge (Inghilterra) e ad Alessandria d’Egitto. Dopo studi di filosofi a e di marxismo, da 40 anni si dedica con passione a scrivere bene. Allieva di Giuseppe Pontiggia, ha poi dato vita alla “Casa della scrittura” tenendo per quasi vent’anni lezioni su retorica e stile nella narrativa. Traduttrice dal tedesco per Adelphi, scrittrice ormai esperta, ha pubblicato racconti e saggi in Germania, Olanda e Italia presso numerosi editori. Vive a Milano. Canta in un coro, cura le sue amiche piante, insegna a bambini immigrati. Ha avuto tre gatte, amate e longeve. Cerca di praticare la mindfulness buddhista. Ha una gemella e un figlio padre di due gemellini.
Ricostruire la storia della propria famiglia attraverso un campionario di oggetti, luoghi, situazioni, personaggi: Duccio Demetrio, con l’ausilio di grandi capolavori della storia dell’arte e brani della tradizione letteraria mondiale, ci insegna come organizzare le nostre esperienze individuali in un racconto compiuto di vita vera.
Carlo Ferrario(1931–2019) è stato uomo di cultura dalle molte sfaccettature: letterato, prosatore, oratore, polemista, artista (nel suo genere), conoscitore delle arti, musicista, critico musicale, compositore… È stato anche e soprattutto cittadino della sua città, Como. Per ricordare – e giammai celebrare – Carlo Ferrario si è voluto chiamare a raccolta un buon numero di amiche e amici, venti dei quali hanno accolto l’invito a scrivere un ricordo o a portare una testimonianza. Questo libro non racconta un solo Ferrario, ma i tanti Carlo che si sono offerti al pubblico o agli amici. Senza avere le pretese di un saggio critico, queste pagine sono un omaggio perché la figura e l’opera di Carlo Ferrario restino nella memoria della città.
«La differenza tra me e la maggior parte degli altri uomini è che per me i “muri divisori” sono trasparenti.
È questa la mia caratteristica.
Altri ritengono i muri così spessi, che al di là di quelli non vedono nulla, e perciò credono che non vi sia nulla. In un certo qual modo io percepisco i processi che si verificano nel profondo, e da ciò deriva la mia certezza interiore.
Chi non vede nulla non ha nessuna certezza, e non può pervenire a nessuna conclusione, o non può fidarsi delle sue conclusioni.
Non so che cosa mi abbia consentito di percepire la corrente della vita. Probabilmente l’inconscio stesso, o forse i miei primi sogni.
Essi hanno deciso il mio cammino fin dall’inizio. La conoscenza dei processi del profondo ha ben presto plasmato la mia relazione col mondo.
Fondamentalmente fu già nella mia infanzia quella che è oggi.
Con la punta dell’unghia posso schiacciare i vulcani,
accarezzare i poli senza guanti grossi,
posso con un’occhiata
abbracciare ogni deserto
insieme al fiume che sta lì accanto.
Segnalano le selve alcuni alberelli
tra i quali è ben difficile smarrirsi.
A est e ovest, sopra e sotto
l’equatore, un assoluto
silenzio sparso come semi,
ma in ogni seme nero
la gente vive.
Forse comuni e improvvise rovine
sono assenti in questo quadro.
I confini si intravedono appena,
quasi esitanti – esserci o non esserci?
Amo le mappe perché dicono bugie.
Perché sbarrano il passo a verità aggressive.
Perché con indulgenza e buon umore
sul tavolo mi dispongono un mondo
che non è di questo mondo.
Map
Flat as the table it’s placed on. Nothing moves beneath it and it seeks no outlet. Above—my human breath creates no stirring air and leaves its total surface undisturbed. Its plains, valleys are always green, uplands, mountains are yellow and brown, while seas, oceans remain a kindly blue beside the tattered shores. Everything here is small, near, accessible. I can press volcanoes with my fingertip, stroke the poles without thick mittens, I can with a single glance encompass every desert with the river lying just beside it. A few trees stand for ancient forests, you couldn’t lose your way among them. In the east and west, above and below the equator— quiet like pins dropping, and in every black pinprick people keep on living. Mass graves and sudden ruins are out of the picture. Nations’ borders are barely visible as if they wavered—to be or not. I like maps, because they lie. Because they give no access to the vicious truth. Because great-heartedly, good-naturedly they spread before me a world not of this world.
Pensa che mi capita , talvolta di rifare quei passi. é come se quei luoghi fossero inscritti non solo nella mia psiche, ma anche nella mia biologia
Ma mi venivano alla mente anche i cammini che facevo (negli anni 70 e 80), quando dalla stazione nord di Milano mi recavo alle scuole di servizio sociale, dove ci siamo conosciuti: via Ruffini, via Daverio, Via Pace …
davvero grazie per avermi evocato queste immagini importanti che sono costitutive della mia biografia
ti saluto con affetto e gratitudine
anche attraverso la mappa esistenziale che mi orienta dal 1967
ci ha risposto:
carissimo Paolo, carissimi amici, grazie per questo breve ma affettuoso e lucente memoir vagabondante. Ma grazie soprattutto per questo vostro riscontro. Mi mancava davvero, a Pistoia avevo davanti a me un pubblico certo generoso anch’ esso ma deturpato dalle mascherine d’ ordinanza che non mi permettevano di vedere i volti, ora grazie alle vostre calde parole vedo i vostri e insieme ci sorridiamo come se fossimo presenti insieme. Abbracci e la mia commozione Duccio
D’inverno, specialmente la domenica, ti svegli in questa città tra lo scrosciare festoso delle sue innumerevoli campane, come se dietro le tendine di tulle della tua stanza tutta la porcellana di un gigantesco servizio da tè vibrasse su un vassoio d’argento nel cielo grigio perla. Spalanchi la finestra, e la camera è subito inondata da questa nebbiolina carica di rintocchi e composta in parte di ossigeno umido, in parte di caffè e di preghiere. Non importa la qualità e la quantità delle pillole che ti tocca inghiottire questa mattina: senti che per te non è ancora finita. … In giorni come questi la città sembra davvero fatta di porcellana: come no, con tutte le sue cupole coperte di zinco che somigliano a teiere, o a tazzine capovolte, col profilo dei suoi campanili in bilico che tintinnano come cucchiaini abbandonati e stanno per fondersi nel cielo.
COLORO CHE INTENDESSERO ACQUISTARE IL SAGGIO DEL PROF. VASCO URSINI CON ESTREMA VELOCITA POSSONO CONTATTARE L’UFFICIO DISTRIBUZIONE DELLA CASA EDITRICE (ore 9-13; 14-16) AL NUMERO TELEFONICO
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Jamie Conklin ha proprio l’aria di un bambino del tutto normale, ma ci sono due cose che lo rendono invece molto speciale: è figlio di una madre single, Tia, che di mestiere fa l’agente letterario, e soprattutto ha un dono soprannaturale. Un dono che la mamma gli impone di tenere segreto, perché gli altri non capirebbero. Un dono che lui non ha chiesto e che il più delle volte non avrebbe voluto. Ma questo lo scoprirà solo molto tempo dopo. Perché la prima volta che decide di usarlo è ancora troppo piccolo per discernere, e lo fa per consolare un amico. E quando poi è costretto a usarlo lo fa per aiutare la mamma, lo fa per amore. Finché arriva quella dannata volta, in cui tutto cambia, e lui è già un ragazzino, che non crede più alle favole. Jamie intuisce già, o forse ne è addirittura consapevole, che bene e male non sono due entità distinte, che alla luce si accompagnano sempre le tenebre. Eppure sceglie, sceglie la verità e la salvezza. Ma verità e salvezza, scoprirà tempo dopo, hanno un prezzo. Altissimo.Later è una nuova variazione King sul tema del bene e del male, un romanzo – come sempre – pieno di emozione e tenerezza nei confronti dell’infanzia e della perdita dell’innocenza, ma anche una riflessione matura sulla nostra possibilità di scegliere. Con un tocco di affettuosa ironia nei confronti dell’operoso mondo che ruota attorno a un grande autore.