
I MAGAZZINI MANTOVANI, nel ricordo di Alessio Brunialti, in La Provincia, 30 ottobre 2022

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L’Officina non si arrende!
Nuovamente in streaming, dopo gli incredibili consensi raccolti la scorsa domenica con la jazz jam proposta dalla band di casa, vogliamo per questa seconda occasione omaggiare uno dei più grandi interpreti e autori italiani, di cui ricorrebbe il settantasettesimo compleanno.
LUCIO DALLA
Una serata condotta da Alessio Brunialti e supportata da una liveband ad hoc, un segno di riconoscenza al grande cantautore bolognese e contemporaneamente un segnale di continuità artistica e creativa in questo momento di difficoltà.
Saranno presenti:
ALESSIO BRUNIALTI, commenti, voce e chitarra
CECILIA CASELLA e CRISTIANO paspo STELLA: voce
ROBERTO QUADRONI, pianoforte e cori
GUIDO BERGLIAFFA, basso elettrico
MARCO PORRITIELLO, batteria
Supporto tecnico audio video: Salvioni Brothers e Franco Silano
E’ possibile effettuare donazioni via PayPal tramite il numero di telefono
349 280 3945, connettetevi!
#chifermeràlamusica
#nonilcoronavirus
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articolo di Alessio Brunialti su La Provincia di Como
la presentazione a cura della Officina della Musica:
Gabriella D’Amico, Cristiano Da Ros, Gianni Del Savio, si addentrano nei labirinti espressivi di Eunice Kathleen Waymon e nel
suo divenire Nina Simone, delineandone la figura personale e artistica in uno spettacolo che la racconta in musica e testi.
Una miscela tra classica, jazz, blues, pop, soul e folk, che Nina definiva “black classical music”, rifiutando ogni consueta e limitativa etichettatura della sua arte.
Il testo è quello raccontato dalla voce narrante di Gianni Del Savio, conoscitore di numerosi aneddoti sulla sua vita artistica e sul suo impegno politico.
Un omaggio alla Simone, cantante e pianista dallo stile inimitabile, “l’Artista più citata in assoluto” (New York Times), già proposto con ottimi riscontri in più occasioni, che riprende vari passaggi musicali significativi, incrociati da tratti biografici e letture di testi.
Dopo l’ottimo esordio con “Shades of Freedom” (2018), il duo D’Amico Da Ros (contrabbasso, voce ed elettronica) ha in preparazione un secondo lavoro con brani inediti.
Gianni Del Savio, autore di una biografia dell’Artista dal titolo “Il piano, la voce, l’orgoglio nero”, è uno storico della black music, con all’attivo vari testi anche enciclopedici.
21/22 giugno 2019
Dopo un anno di lavoro, nella mattinata di venerdì 21 giugno presenteremo alla stampa l’archivio “Antonio Spallino“.
Contenendo l’archivio anche numerose immagini, con Enzo Pifferi abbiamo colto l’occasione per organizzare una mostra fotografica che ne ripercorre il sentiero di vita, mentre in salone sarà proiettato un video di circa 200 immagini digitalizzate.
La mostra sarà liberamente visitabile dalle ore 15:00 fino alle 18:30 di venerdì 21 giugno e dalle 10:00 alle 12:30 di sabato 22 giugno.
Risorse:
INCONTRO CON ALDO PEDRON
L’Officina della Musica, via Giulini 14/B, ore 21, ingresso a 10 sacchiAldo Pedron presenta il libro La mia guida al jazz dialogando con Alessio Brunialti. Live di Roberto Quadroni (sax alto) e Bruno Lavizzari (pianoforte).
I miei APPUNTI:
gli AUDIO della lezione
1: introduzione
https://drive.google.com/file/d/1F0y6ZOWw-Mhma2K7S2K6DUErFjh5Qft8/view?usp=sharing
2: Cotton Club
https://drive.google.com/file/d/1KYGoF_mzYfceC9RMa5GuXarApaI4tY9J/view?usp=sharing
3: Black Tan Fantasy
https://drive.google.com/file/d/1Snf1CrL8IC-YRV2cvwibNmZfltsmXOK4/view?usp=sharing
4: Video
https://drive.google.com/file/d/18HEg1Ml5D5Q8os5qXY6vE160GmxnSyhu/view?usp=sharing
5: Mood Indigo
https://drive.google.com/file/d/1THhBR3ftgZBbZKgPOaaVWPJtF0UtLJc3/view?usp=sharing
6: Spiegazione
https://drive.google.com/file/d/1DL1OCCwOFfMekP7GSinxoj7pc1hOxFVy/view?usp=sharing
7: Day Break
https://drive.google.com/file/d/1Pmvh07hQCADtqjnfMityA9QlSWBjA9so/view?usp=sharing
8: spiegazione
https://drive.google.com/file/d/1i5eNiV-xvwspix4fWsK4wYaHpVLjDXUO/view?usp=sharing
9: Ebony Rhapsody
https://drive.google.com/file/d/19kROTfJbUvNhm8qdydOzt1sqcCn8IWTL/view?usp=sharing
10: spiegazione
https://drive.google.com/file/d/1fpeslwe7E_e901gxDoI525J2brfDuucI/view?usp=sharing
11: Sepia panorama
https://drive.google.com/file/d/1OTyhjYK3TKCwDDMCpHuCPIjflYnrax5E/view?usp=sharing
12: Take a Train
https://drive.google.com/file/d/1vu9J4wz86HogG_-m5_aE1a8jBCik6p_Y/view?usp=sharing
13: Mooche
https://drive.google.com/file/d/1yCHQNXnWyHVKUpEPg3XiHVeUdemW6apB/view?usp=sharing
14: Such Sweet Thunder
https://drive.google.com/file/d/1rD7XtYF4xq1D_Jgz3gFdpotxjcSplkAZ/view?usp=sharing
15: El Gato
https://drive.google.com/file/d/1Bhba02Z_iH-0t8sw8e6Rl5LtLWZ7MClp/view?usp=sharing
16: Sentimental Mood
https://drive.google.com/open?id=14r_Xu1DlcljIH-AQ_3uHokmZhFmrlUEk
17: Little Max
https://drive.google.com/open?id=1dkBzdDm6rie9Ju6RWStCFuRP1nc-FMoo
18: Blues for Miro
https://drive.google.com/open?id=13ZO1SLfX-TkM8OvmcNXd-Ie-t3IXCy0r
19: con Ella Fitgerald
https://drive.google.com/open?id=1MgUlAVt9vQIPkeAJ8HGmUgnGKfpqqae-
20: Sacred Music 2
https://drive.google.com/open?id=1zkyG8IyI66AOHegab8mJUMa47oCBkDg9
autobiografia pubblicata nel 1973 e tradotta in italiano nel 2007:
Alessio Brunialti in La Provincia, 24 gennaio 2019:
alcuni frammenti del concerto:
https://drive.google.com/open?id=1sE1n1_1nvUZJSIKEFhdHeOI8R6zT9yBi
https://drive.google.com/open?id=11NlGJiTrqzYP57CcV_yDz6r8md-yC4qd
https://drive.google.com/drive/u/0/folders/1N1o6mg26AbiuPL988zZHJD1aGcl6ic3U
https://drive.google.com/open?id=1KNpfB4wulIOZozcHlTiLAVCQVKLPBsKV
Alessio Brunialti accompagnerà il pubblico alla scoperta (e riscoperta) della prolifica e preziosa scuola emiliana, che ha visto crescere, tra osterie, portici e impegno politico, alcuni degli autori più interessanti e amati della musica italiana, divenuti, negli anni, punti di riferimento di intere generazioni.
Si potranno conoscere meglio artisti del calibro di Lucio Dalla, Francesco Guccini e Pierangelo Bertoli, attraverso narrazioni avvincenti e introduzioni all’ascolto di alcuni dei brani più celebri
GRUPPO D’ALTROCANTO:
FRANCESCO PICCOLO E MARCO BELCASTRO
LUCA GHIELMETTI
ALESSIO BRUNIALTI E “HO VISTO UN RE”
Questo libro è, semplicemente, meraviglioso. Il titolo va inteso nel senso più lato possibile: Il grande racconto di Ulisse non è (solo) la storia dell’uom dal multiforme ingegno, della sua condotta durante l’assedio di Ilio, dello stratagemma del cavallo, del ritorno in Patria dopo dieci anni di giri in quel grande catino che è, poi, il Mediterraneo, della sua vendetta e del ripartire. È (anche) tutto questo, ma Boitani mostra Odisseo per quello che è, il paradigma della storia, che ha attraversato secoli, ispirato opere pittoriche, musive, liriche, rock, letterarie, cinematografiche e, per quanto mi riguarda, non è certo un caso che l’Ulisse di Joyce e 2001: odissea nello spazio di Kubrick abbiano giocato, e ancora giochino, un ruolo importante nella mia vita. Un repertorio inesauribile per rileggere quasi tremila anni di storia della cultura, con un ricco apparato fotografico che giustifica il prezzo. Da regalare ad amanti della cultura, a ragazzi svegli, ad amanti avventurosi, a viaggiatori del corpo, ma ancor più a viaggiatori della mente.
Il grande racconto di Ulisse di Piero Boitani (Il Mulino, 668 pagine illustrate, 55 sacchi)
La scheda ufficiale: «Sono Odisseo, figlio di Laerte, noto agli uomini per tutte le astuzie, la mia fama va fino al cielo»: la figura che ha letteralmente afferrato l’immaginario occidentale sino a plasmarne le fondamenta culturali è inafferrabile. Ulisse, l’eroe dal multiforme ingegno, continua ad affascinarci proprio per questo. Nel suo lungo errare durante il viaggio di ritorno a Itaca va incontro ad avventure strabilianti, in parte subite in parte ricercate, ponendosi come il campione dell’intelligenza, della conoscenza, dell’esperienza, della virtù etica e della sopravvivenza. Ma la vera attrazione magnetica che ancora oggi il personaggio mitico continua a esercitare su di noi è quella delle sue metamorfosi nel tempo (una su tutte: il folle volo dantesco), delle sue “ombre” che si allungano nel cinema, nella poesia, nel romanzo, nell’arte, così come nella scienza e nella filosofia. Ulisse è ovunque, il suo vero viaggio è senza fine.
Sorgente: BiBazz | Domenica 4 dicembre
una personalissima top ten di brani acconci, in loving memory:
Space oddity – si comincia quasi sempre da qui, no? Un brano perfetto disintegrato in Italia dall’aberrante versione di Mogol che non si è minimamente curato di conservarne un briciolo dell’originalità
Five years – quando poi sono entrato in possesso dell’album vero, The rise and fall of Ziggy Stardust and the eccetera eccera, e l’ho ascoltato dischiudersi davanti alle mie orecchie con questo brano, mi si sono aperti un mondo e il cuore
The man who sold the world – c’è voluto il Kurt Cobain dei Nirvana Unpluggedper far scoprire a un pubblico più giovane questa perla. Al di là della musica, il solo concetto dell’uomo che ha venduto il mondo merita un inchino
Young americans – discoteca? Ma quella bella (Bowie stesso farà di peggio negli anni Ottanta). La suonavo dal vivo e mi ricordo belle versioni acustiche solo chitarra e basso. Questa, però, è leggermente migliore
The wild eyed boy from freecloud – a proposito di chitarra acustica: il Bowie – menestrello delle origini mi è sempre piaciuto tantissimo e questo è davvero un piccolo capolavoro
Life on Mars? – e dire che è partito tutto da Sinatra, da David che scrive la sua versione inglese di Comme d’habitude, ma quella che diventa famosa come My way è la traduzione di Paul Anka e Bowie parodia Frankie con questo pezzo che, viste le premesse, non aveva le carte in regola per diventare l’immensità che è
Sons of the silent age – non per infilarci un pezzo semisconosciuto a tutti i costi, ma l’immota fissità di questa perla (che ho imparato ad apprezzare grazie a Blaine L. Reininger dei Tuxedomoon – lo so che a questo punto molti si son persi, scusate, è l’emozione…) esprime bene i miei sentimenti dopo la notizia
Station to station – questo è il classico caso di brano (e disco) che cresce negli anni. Considerato un album minore per troppo tempo, è stato rivalutato a posteriori come uno dei più innovativi di Bowie e questa lunga, cangiante canzone getta un ponte che arriva fino a Blackstar, il cd di venerdì scorso
Heroes – come faccio a non metterla? Però la metto in francese, visto che è tornata a essere un inno in questi tempi buj
Quicksand – non per essere originale a tutti i costi, ma questa indecifrabile peregrinazione gli affiliati della Golden Dawn (tra gli altri la “grande bestia” Aleister Crowley, il nazista Heinrich Himmler, ma anche Winston Churchill) spruzzata di superomismo nietzeschiano è la mia canzone di Bowie preferita, forse perché ne apprezzavo la musica un’era geologica prima di (non) comprenderne il testo.
cui aggiunge, il giorno dopo:
The laughing gnome – cominciamo con un peccato di gioventù, quando db era un ventenne che scimmiottava, di tutto lo scimmiottabile, i Pink Floyd di Syd Barrett con una spruzzata di Tolkien che non fa mai male. Così ridicolo da essere sublime
Ragazzo solo, ragazza sola – l’altro giorno Mogol si affannava a rivelare a chiunque glielo chiedesse e pure a chi non glielo chiedeva, che la sua versione (“Mi raccomando, non traduzione, eh…”) di Space oddity a Bowie piaceva tantissimo, altrimenti non l’avrebbe cantata. Sarà: rimane una bella monnezza anche e soprattutto per la sua versione (“Mi raccomando, non traduzione, eh…”) che sostituisce alla triste storia del Maggiore Tom che si perde nello spazio la più banale delle storie d’amore.
The little drummer boy – qui a discolpa di db si può dire che nemmeno a lui piaceva l’idea di duettare con Bing Crosby su questo brano e che è stato pubblicato a tradimento contro la volontà dell’artista. Ma il pezzo esiste e pure se ascoltandolo a Natale passato pare di farsi la doccia con i calzini, non è quello il punto, poropopompòn
God only knows – qui siamo alla lesa maestà e al fatto personale. La peggior versione della miglior canzone di Brian Wilson nonché mio brano musicale preferito in assoluto.
Volare – dalla colonna sonora di Absolute beginners, l’absoluto abisso della bruttezza: non so se è peggio la scelta del brano o l’arrangiamento da pubblicità del deodorante
Ma mi prendo questo ultimo scorcio di anno anche per una celebrazione. Mezzo secolo fa – la data esatta si è commemorata il 9 dicembre – McCoy Tyner, Jimmy Garrison e Elvin Jones entravano negli studi di registrazione di Rudy Van Gelder a Englewood Cliffs nel New Jersey per accompagnare John Coltrane nella scalata alla cima di una grande vetta della storia dell’umanità: A love supreme. L’anniversario si celebrerà in febbraio (perché l’album ricavato da quella irripetibile occasione è stato poi pubblicato due mesi dopo, nel 1965). Non è jazz, musicalmente non è nient’altro, è lo spirito di quattro persone che viaggia in alto, con il sassofono di coltrane a dettare gli acuti di un grande poema sonoro. Ecco, il mio piccolo regalo per chiudere quest’anno è in codesto capolavoro acconcio:
Ci si rilegge quest’altr’anno, ovvero tra poche ore, con un ringraziamento a chi mi ha già rivolto gli auguri in anticipo e a chi li farà (e un grazie speciale a Paolo Ferrario che in un momento di incredibile generosità mi ha fatto dono – tra altre perle – di una copia in vinile originale del succitato album)…
Proust. Frammenti di immagini di Roberto Peregalli (Bompiani, 334 pagine illustrate, 25 sacchi)
Questo è un libro meraviglioso fin dall’aspetto, con una rilegatura in tela che lo “antica” di almeno un centinaio d’anni, giusto al 1913 de La strada di Swann. Prima la scheda del libro ufficiale: “Un libro sulla fragilità e la caducità delle cose, sui dettagli apparentemente più insignificanti ma che danno forma alla nostra vita. È una lettura della Recherche che tocca le corde del nostro sentire e ci invita a riflettere sui falsi miti che invadono sempre più prepotentemente il nostro mondo. Se il lettore è già entrato nella cattedrale di Proust, coglierà le singolari sfaccettature di cui è fatto questo libro; se non vi è ancora entrato, questo libro sarà un modo speciale per accedervi”. Questo per dire che non occorre avere letto il corpus proustiano per apprezzare un libro che, volendo, più che un Bignami (perché un po’ lo è) è un viatico per convincere chi si è sempre fatto spaventare dalla mole dell’impresa (io ogni anno impiego diciotto giorni a rileggere l’Ulisse mentre ho speso sette anni a leggere Proust, uno all’anno, senza mai più ritrovare il tempo per ripartire, e di ciò mi dulgo. Ah, questo tempo ritrovato…