MOSTRA FOTOGRAFICA E PRESENTAZIONE ARCHIVIO ANTONIO SPALLINO
21/22 giugno 2019
Dopo un anno di lavoro, nella mattinata di venerdì 21 giugno presenteremo alla stampa l’archivio “Antonio Spallino“.
Contenendo l’archivio anche numerose immagini, con Enzo Pifferi abbiamo colto l’occasione per organizzare una mostra fotografica che ne ripercorre il sentiero di vita, mentre in salone sarà proiettato un video di circa 200 immagini digitalizzate.
La mostra sarà liberamente visitabile dalle ore 15:00 fino alle 18:30 di venerdì 21 giugno e dalle 10:00 alle 12:30 di sabato 22 giugno.
”Gli affreschi di Sant’Abbondio a Como”
Resoconto filmato
Resoconto video, a cura del professor Paolo Ferrario, del pomeriggio di giovedì 11 dicembre presso l’Università dell’Insubria e la Basilica di Sant’Abbondio (via Regina):
“guardavo” e vedevo che Daniel Libesking ha “visto” giusto
la sua scultura acquea accrescerebbe la potenza del paesaggio
proprio per le connessioni con gli altri soggetti di quelle viste:
il Duomo, la linea della diga foranea, il tempio Voltiano, la torre del Baradello, monumento alla Resistenza
care *** e ***
grazie per la telefonata, ***!
questo pomeriggio devo interpretarlo come un sogno
allora, vediamolo
vado in battello a cernobbio del tutto convinto che la mostra ORTICOLARIO oggi fosse aperta al pubblico interessato
cammino fino alla entrata
lì mi fermano: “no oggi è solo per gli OSPITI INVITATI”.
immagino vedano la mia faccia delusa.
persone con una minima sensibilità prossemica (non credo capiscano questa parola) mi avrebbero “invitato lì per lì” . bastava un foglio di carta. Ero solo io
vedevo fuori dal cancello, come un vigile da guardia, il *** (una specie di della valle nostrano)
Bastano duemila passi al giorno, pari a una camminata da un chilometro e mezzo, cioè 20 minuti, per ridurre dell’8% il rischio di disturbi cardiovascolari mortali. Lo dice uno studio dell’università britannica di Leicester, appena pubblicato sulla rivista The Lancet (Tebano, CdS).
La canzone preferita nei pomeriggi da Shimamoto, che i due ragazzi ascoltano senza comprendere le parole, immaginandole più interessanti di quanto non siano. Si tratta del classico brano country reso celebre da Frank Sinatra e interpretato da moltissimi altri cantanti, e del quale esiste anche una nota versione italiana (Stella d’argento). Non risulta però una versione interpretata da Nat King Cole, si tratta infatti di un errato ricordo di Murakami, da lui stesso ammesso nel libro “Portrait of Jazz”
Murakami dice nel libro Portraits of Jazz:
“Someone pointed out to me that Nat Cole had never sung(at least recorded) the song. I couldn’t believe him and looked into Cole’s discography. To my surprise he never ever sang it. He made several albums of Latin songs, but it is not included in them. Then it follows that I wrote a book based on a recording that never existed. But (I’m not trying to defend myself) I feel it was not so bad after all, for you “breathe air in the world which does not exist anywhere” when you read novels.”
“Qualcuno mi ha fatto notare che Nat Cole non ha mai interpretato né inciso questa canzone. Non potevo crederci ed ho consultato la discografia di Cole. Con mia grande sorpresa (ho appurato) che non l’ha mai cantata. Ha fatto molti album di musica latina, ma non è inclusa in nessuno di essi. Quindi ne consegue che ho scritto un libro basato su una registrazione che non è mai esistita. Ma (e non sto tentando di difendermi) penso che non sia una cosa così negativa, dopo tutto, perché in fondo voi quando leggete un romanzo “respirate un’aria del mondo che non è mai esistita da nessuna parte”.
vorrei in particolare ringraziare la dottoressa milly brunelli pozzi e il fotografo enrico cano per la cura davvero amorevole del progetto OBIETTIVO CITTA’ MURATA.
ieri (martedì 23 aprile ore 18 e 30) ) ero allo spazio natta e ho girato più volte per la sala
si percepiva il minuzioso e faticoso lavoro organizzativo (tutto vostro) per rendere disponibile le immagini fotografiche (perfino nella attenzione su come appendere i quadri). e poi la grande idea di fare subito il catalogo: davvero splendida idea.
per quanto mi riguarda IL RISULTATO E’ ECCEZIONALE
ho 65 anni. ancora oggi sono un pendolare del lavoro (gravito su milano). ma il luogo dove desidero stare è solo a como. in questa città murata così mirabilmente rappresentata nella sua struttura complessiva dalle fotografie di pag 3, 11, 135
trovo di grande effetto visivo ed emotivo guardare le fotografie appese e poi riportate nel catalogo (continuo a sfogliarlo: non mi capita di frequente)
ma è ancora più straordinario scorrere le 650 fotografie che girano sullo schermo
questa città che si stratifica dalle paludi, alla pianta romana e poi a quella medievale, ancora ben visibile viene riflessa nei circa duecento occhi che l’hanno guardata
e il risultato confina perfino nel sogno, cioè in quella forma di percezione che unisce per vie non razionali la vita vissuta con la coscienza e quella della parte di noi fluttuante ed inconscia
frammenti a noi riportati dall’occhio che girano come in un caleidoscopio.
c’è un sociologo della città e scrittore francese che si chiama georges perec che parla della IMPOSSIBILITA’ DI ESAURIRE UN LUOGO. perchè, se è bello, esso attira le attenzione e cambia in ogni istante
la como storica ci consente di camminare sulla storia (dunque dentro passato). ma è il presente, l’attimo presente, ad essere l’unico bene prezioso di ciascuno di noi.
la fotografia è il mezzo tecnico che ci consente di fissare l’attimo
la mostra (dovuta , ripeto, al vostro generoso lavoro) produce questo risultato davvero indimenticabile: unire nell’attimo presente la storia intera della nostra città
fare cultura è questo: produrre atti di coscienza sostenuti dalle dinamiche del “cuore”
grazie ancora
tornerò spesso in queste giornate a sedermi davanti al proiettore per vedere le immagini
Oggi non c’era da mangiare a casa e così ho avuto l’autorizzazione di andare al ristorante.
Naturalmente sono andato al centro storico di Como.
Esattamente qui:
L’ambiente è un meraviglioso recupero e restauro di una casa di struttura medievale.
Soppalchi in legno, travi a vista, arredo country di lusso, camino acceso con legna ardente …
Mi dicono che è l’opera di un investimento di una imprenditrice comasca. Il ristorante dà lavoro, come minimo a 10 persone: complimenti alla capacità di intraprendere e produrre . Davvero: tanta ammirazione per chi migliora il valore dei luoghi e contribuisce alla vita quotidiana delle persone.
Ho mangiato del pollo scottato con puntarelle e un bicchiere di vino.
E’ frequentato da persone molto snob.
E ho avuto la malaugurata sorte di incrociare ***, ahimè conosciuto nella errata mia passata militanza nel Pci/Pds/Pd vai QUI in tema di errore/errare).
Dovrò cercare altri luoghi del centro storico di Como (davvero bellissimo). Non desidero vedere più nel mio orizzonte visivo quei personaggi, le loro ideologie, i loro giudizi, il loro parlarsi addosso.
Temo che PANE&TULIPANI sia stato la mia prime e ultima volta.
Viale Varese, Via Cinque Giornate, Piazza Verdi, Piazza del Popolo, Via Dante e l’Ospedale Valduce, Via Tommaso Grossi, Viale Cesare Battisti, Piazza Vittoria, Via Milano fino all’angolo con Via XX Settembre
Viale Varese, Via Cinque Giornate, Piazza Verdi, Piazza del Popolo, Via Dante e l’Ospedale Valduce, Via Tommaso Grossi, Viale Cesare Battisti, Piazza Vittoria, Via Milano fino all’angolo con Via XX Settembre
Il sole illumina la facciata e il campanile nascosto dalla casa col porticato.
A quest’ora il sole ha già fatto il suo giro parziale della giornata e da questa parte c’è ombra.
L’osservatorio è ampio.
Da sinistra: Trombetta foulard; una vetrina senza insegne evidenti; Moglia abbigliamento; un portone di legno marrone; negozio Vodafone; sulla facciata del porticato: “Piazza del mercato del grano”; “Piazza San Fedele”; sotto il porticato un altro negozio di abbigliamento con saldi al 50%. Facendo girare lo sguardo in senso orario, poi, la piazza si allarga fino ad arrivare alla facciata ed al portale della chiesa. Dopo ancora negozi: Daniela Vecchi; Cherie; abbigliamento And … And; quattro vetrine del Verga accessori cucina; l’inizio della Via Odescalchi e della Via Natta. Sopra quest’ultima una casa con la facciata medievale in mattoni in cotto. Di lato l’altro bar/tabaccheria e il porticato che corre alle mie spalle.
Due piccioni mangiano le briciole che ho loro gettato. Poco dopo arrivano due passerotti che becchettano quello che resta.
I tavolini da 4 persone che si sporgono sulla piazza sono 17. Ma dietro ce ne sono altri, sotto al portico.
Se dovessi contare le finestre, i balconi, i portoni, i vasi potrei “esaurire” la parte statica della piazza.
Per la parte dinamica oggi registro solo questo. Prima passa un’auto di ordinanza del carabinieri, con due persone a bordo. Si ferma un attimo e poi se ne va lentamente. Poi passa un’auto della finanza, con tre persone a bordo con gli occhiali neri. Non posso fare a meno di associarli alle guardie del corpo del dittatore Doc Duvalier di Haiti.
Apro il Corriere di Como: “è caccia aperta all’uomo – probabilmente straniero – che nella notte fra sabato e domenica ha violentato una ventenne a Cantù”
Nota:
Il concetto di “esaurimento di un luogo” è una suggestione di estremo interesse cognitivo e sociale del letterato/sociologo francese Georges Perec (1936-1982)
Splendido è : Georges Perec, TENTATIVO DI ESAURIMENTO DI UN LUOGO PARIGINO (1975), a cura di Alberto Lecaldano, Libri Piccoli Voland, 2011
Era una giornata lungamente attesa. Mercoledì 9 marzo ho partecipato alla “Maratona del silenzio“, pensata e organizzata alla Casa della cultura di Milano da Duccio Demetrio, Nicoletta Polla-Mattiot ed Emanuela Mancino.
La trasferta da Como a Milano comincia alle quindici e ventitré.
Arrivo puntuale e alle diciassette sono nella storica saletta (mi giunge alla mente il ricordo di Laura Conti, che fu presidente di quest’associazione, a suo tempo legata al Pci, negli anni 50/60). Vedo solo tre volti conosciuti. E’ la situazione ideale per immergermi senza distrazioni e con molta concentrazione nella sequenza davvero impegnativa di tanti interventi, uno dietro l’altro, di circa dieci minuti ognuno. Registro tutto e faccio delle piccole pause mentali leggendo il Corso Istituzioni di filosofia di Emanuele Severino (1968).
C’è equilibrio fra i sessi nella sala. L’età mediana mi sembra di persone che hanno più di quarantacinque anni. Molti capelli bianchi e rughe sul viso. E anche alcuni giovani. Ma la prevalenza è: alle soglie della prevecchiaia.
L’anonimato mi preserva dal brusio conversazionale che s’instaura nella pausa. davvero molto distonico rispetto agli intenti personali e culturali di “fare spazio” dentro ed attorno a sè. Terribili i cellulari che suonano, che si accendono e che sono compulsati ritualmente per rispondere sui tastierini piccolissimi. E’ un fatto di dissonanza cognitiva: il processo sociale (ipercomunicazione) è comunque più forte dell’intenzionale e ricco progetto del silenzio. Occorrerebbe, almeno, congedarsi per qualche ora dal controllo invadente di queste tecnologie. Tutti qui conoscono e apprezzano Michel Foucault: ma non c’è relazione fra le sue ipercritiche teorie e la loro dipendenza dalla tecnica, qui incarnata dai telefonini.
Avrò modo, altrove, di far sedimentare questa esperienza.
Alle ventitré l’incontro finisce con la commovente presenza di Franco Piavoli, pioniere dell’ascolto del silenzio della natura con il suo Il pianeta azzurro del 1982. Gli chiedo una firma autografa per me e Luciana. Sono commosso per questo incontro.
Ma è alle 23 che cambia del tutto la mia situazione. Comincia il duro viaggio di ritorno a Como che durerà tre ore: come andare a Venezia. Dopo le 22 e 30 non ci sono quasi più treni. Vado alla stazione Nord: niente da fare, Como è scollegata. Occorrerebbe aspettare la mattina. Vado alla stazione Garibaldi: niente da fare: il primo treno sarebbe alle cinque e trentotto della mattina.
Sulla metropolitana sono l’unico italiano/lombardo: vedo solo cinesi, sudamericani, slavi, africani. Provo la straniante sensazione di essere io lo Straniero, l’Altro. Di notte la città cambia il suo registro culturale. Nella notte metropolitana un europeo/italiano/lombardo/comasco non è più a casa sua, è l’Estraneo in ambiente ad altra Dominanza.
I confini fra “società multiculturale” e “società pluralistica” sono davvero molto labili. Dice Giovanni Sartori: “pluralismo e multiculturalismo sono concezioni antitetiche e neganti l’una dell’altra” (in Pluralismo, multiculturalismo e estranei, Rizzoli, 2000, p. 9).
In metropolitana, nel buio della notte, è poi evidente un conflitto evidentissimo: non solo sono il solo europeo/italiano/lombardo/comasco. Sono anche il solo anziano/prevecchio in mezzo a ventenni che parlano lingue diverse. Qui le persone sono giovani, giovanissimi, scattanti, forti, elastici. Io sono in equilibrio precario, lento, debole (fragile), impedito. Di notte le persone vecchie sono insicure. Eppure la comunicazione politica di questi giorni esalta la giovinezza erotico procreativa dei migranti, mettendo del tutto in ombra che ne è dei vecchi dentro questi vortici di cambiamento demografico.
La notte metropolitana è pericolosa. L’ho sperimentato.
Ho due prospettive: trovare un albergo a Milano o passeggiare per tutta la notte in una metropoli finalmente silenziosa e acquietata ma pericolosa. Allora provo a tornare alla Stazione Centrale. Qui il non-luogo, di notte, è ancora più inquietante. Percepisco dentro di me un senso d’insicurezza altissimo. Per arrivare alla linea dei treni devo attraversare spazi ampi abitati da gruppi di persone africane, meticcie, asiatiche. Mi osservano mentre cammino, per vedere se mi avvicino alle macchinette dei biglietti: lì dovrei estrarre la carta di credito. Non c’è nessuna squadra di pubblica sicurezza. La situazione di puro sguardo potrebbe trasformarsi in un attimo di minaccia e attacco.
Nella notte metropolitana una persona prevecchia, isolata può diventare preda e vittima del micro-crimine in una frazione di minuto.
Il massimo del paradosso mi arriva alla coscienza quando vedo i manifesti cubitali di Bersani del PD che annuncia i dieci milioni delle firme contro il Governo Berlusconi. Realizzo lì, nel deserto della notte metropolitana, nel non-luogo della Stazione Centrale a mezzanotte, che la novecentesca e ottocentesca cultura politica della sinistra è del tutto fuori centro con la mutazione in atto.
Il prevecchio rimasto solo nella notte multietnica percepisce lucidamente che c’è molto che non funziona più: le dinamiche dell’insicurezza individuale, quella che passa attraverso il camminare in queste ore, prevalgono. Nella notte metropolitana la società del welfare europea si ritrae e fa spazio ai gruppi pericolosi di cui parlano i libri di Cormac McCarthy e i film di Aldo Lado.
C’è un convoglio/tradotta alle ventiquattro e trentotto. Le carrozze sono tutte buie. Cammino fino a quella in cima, vicino al guidatore: il vagone è abitato da otto persone. Due giovani (svizzeri, per la verità sociologica) con documenti di viaggio irregolari litigano minacciosamente con il controllore, in quel momento unico e pure lui solo rappresentante del mondo delle regole.
Il viaggio è lentissimo. Arrivo a Como alle due di notte. Anche qui il non luogo della stazione è popolato da fantasmi inquietanti. Zombi notturni acquattati nelle zone buie. Scendo per il parco, sobbalzando per i passi veloci di un giovane che corre e che, per fortuna mi sorpassa.
Sotto casa un altro giovane posteggia l’auto e va a rifornirsi di droghe sintetiche nel bar delle slot machine che hanno preso il posto del glorioso cinema Politeama.
Apro il cancello. Sono arrivato. Solo ora mi sento un po’ più sicuro.
Ma fino a quando?
Sarebbe utile che le anime belle della sinistra antagonista e riformista uscissero dai loro condomini con portineria e facessero qualche volta un viaggio da Milano a Como attorno a mezzanotte.
Che cosa si può fare in una città? Si può passeggiare, considerando attentamente che questa azione è un aspetto minore, ma fondamentale, della marcia: il passo può anche essere lento, eppure è un movimento che simula e sottintende qualcosa di più energico e sportivo. Nello stesso tempo, in queste passeggiate cittadine, si può riprendere quotidianamente contatto con la storia del nostro luogo di vita che il tempo dedicato al lavoro ci ha impedito di scoprire. Apriamo una mappa della nostra città, metropoli o provincia che sia, e annotiamo su di essa i singoli luoghi che ne hanno fatto la storia. Poi uniamoli con delle righe e associamo a ciascun percorso la quantità di passi che contribuiscono ad arrivare a 10.000. Medici e cardiologi ci esortano ad iniziare con gradualità, a non esagerare, ma difficilmente ci diranno che ci sono controindicazioni. Nella mia città (Como), per esempio, potrò fare una passeggiata … verso Villa Olmo ….
Caro F. è un vero piacere leggerti vuol dire che ho avuto l’intuizione giusta: quella di collezionare una serie di indirizzi che ho chiamato “amici intimi” (del passato e del presente) cui inviare i miei “messaggi nella bottiglia”. Sì: siamo i pionieri della prevecchiaia. Nessuna generazione è mai stata nella nostra condizione storica: nati e cresciuti nella seconda metà del 900 per finire dentro una delle più colossali trasformazioni demografiche (l’età lunga, che ho messo a tema) e culturali (la vittoria ormai irreversibile dell’islamismo politico e relazionale, dal 700 dopo Cristo) Diciamo che la prima condizione (salute permettendo) esalta la mia esistenza, mentre vivo male, malissimo (da ex sessantottino libertario) la seconda Come vedi ci sarebbe di che parlare a lungo: e credo che entreremmo facilmente in conflitto comunicativo, visto che sul secondo tema la penso come i leghisti. Ho sempre lì da leggere il tuo libro biografico su Raul Merzario. l’ho sfogliato ed apprezzato il tono da vero amico del cuore e del tempo con cui hai impastato ricordi e scrittura. Il fatto è che devo leggere altri libri per il mio lavoro e così rimando. Ma arriverò a dirti il mio pensiero e sentimento Parli di scambiare opinioni Ci sono due soluzioni: una è vederci a Coatesa questa primavera od estate. Trascorriamo là tutto il tempo che ci è possibile e ci piace molto vedere le persone in quel luogo che ha il potere di produrre benessere L’altra è di incontrarci per le vie di Como Da questo punto di vista Como è città ospitalissima. Si potrebbe parlare in qualche bar del centro Io faccio ancora avanti e indietro Como – Milano (sai che calcolando una giornata di 8 ore lavorative è come se fossi stato sui treni per 10 anni di fila nella mia vita lavorativa!) ma spesso sono a Como, nel mio studio, fra i libri, musica, radio 3 e tecnologie internettiane Dài: si potrebbe fare Una volta che tu sei libero di pomeriggio scrivimi o lasciami un messaggio al …. e vedrai che troviamo il modo. Ti assicuro che piacerebbe molto anche a me. E non sarebbe in alternativa a Coatesa sul lario (http://coatesa.blogspot.com/) Dunque a presto e grazie per il piacere che mi hai dato con la tua presenza. buoni giorni Paolo
PS Ho in progetto di recuperare tutti i materiali e appunti sulla nostra esperienza della Associazione Dino Campana e di memorizzarli sul rete. Ho un bisogno profondo di non perdere neppure un brandello delle cose che ho vissuto e realizzato
Egregio Direttore condivido con trepidazione e dolore la campagna informativa fatta dalla Provincia e ripresa su Facebook. Il rapporto fra la linea di terra e le onde del lago è un elemento straordinario della bellezza del nostro lago. E’ il suo valore stilistico. E’ storia inscritta nelle pietre e nelle onde che vi si rifrangono. Solo delle persone che non amano questa terra e queste acque potevano essere così superficiali. Il linguaggio dell’assessore Caradonna riportato oggi (“Il lettore che ha scritto al giornale si preoccupi della sua vita, dei muri di casa sua ..”) è impressionante per cinismo, arroganza e villania, visto che quel cittadino ha alzato il suo grido proprio per amore del paesaggio e di questa irripetibile forma che i comaschi conoscono da generazioni. Vorrei solo che La Provincia mettesse assieme altre informazioni e in particolare collegasse questo sfregio alla bellezza comasca con i lauti “premi di produzione” contrattuali assegnati ai dirigenti ed alla catena di comando (sindaco, direttore generale, dirigenti, funzionari) che ha approvato, tollerato e (eventualmente) non controllato il progetto. La ringrazio per l’attenzione Prof. Paolo Ferrario