
da:
da:
scheda dell’editore
Molte persone cercano avventure viaggiando lontano, Karl-Markus Gauss le trova vicino: nel regno degli oggetti.
Si imbarca in un viaggio che ha i confini della sua stanza, ma che comunque porta il lettore attraverso tempi e paesi diversi. La ricchezza del mondo, sembra dirci l’autore, sta nelle cose di tutti i giorni: il letto, la scrivania, il libro di cucina scritto a mano dalla nonna, il vecchio baule con gli accessori in ferro o il tagliacarte dell’industriale moravo…
Sono tutti il punto di partenza di storie che raccontano di persone coraggiose e originali, di regioni remote, nazionalità sconosciute e passioni personali.
vai al sito:
Le nostre esperienze
Il Consorzio Abitare realizza interventi di edilizia residenziale in ambiti locali.
Questo significa che il Consorzio Abitare agisce in contesti territorialmente definiti e attraverso l’azione di soggetti indipendenti e autonomi: una Cooperativa per ogni singolo intervento.
La Cooperativa si costituisce attraverso il coinvolgimento e la partecipazione di cittadini e famiglie residenti nel paese, nel quartiere o nella frazione dove è prevista la costruzione delle nuove abitazioni.
La Cooperativa, in collaborazione e con il supporto del Consorzio Abitare, dialoga e tratta con l’ente locale per definire le migliori modalità di intervento. I rapporti di collaborazione con le amministrazioni, costruiti e consolidatisi nel corso di questi anni, hanno fruttato al Consorzio il riconoscimento di una competenza tecnica ed operativa che si traduce spesso nella richiesta da parte dei comuni stessi coinvolti in progetti di edilizia residenziale pubblica di forme di collaborazione e di interazione già in fase di studio degli strumenti urbanistici o di impostazione dei programmi operativi.
“La propria casa dà sicurezza. Ti difende dal non conosciuto, dall’imprevisto. Tanto più si è vecchi, tanto è più difficile sopportare lo sradicamento, l’andare altrove”. Così scriveva Norberto Bobbio nei suoi ultimi anni di vita.
E’ risaputo: nella persona anziana un trasloco o un cambiamento di residenza possono indurre stati di disagio psichico, quali ansia, inibizione, perdita d’intimità, disorientamento.
La casa, infatti, ha un alto significato simbolico per l’essere umano, poiché oltre ad essere riparo e protezione, rappresenta anche il primo universo di conoscenza e di spazio in cui si riflette la propria personalità. Una sembianza di “pelle psichica”, insomma, che rispecchia non solo gusti, storia e stile di vita di chi la abita, ma anche la stessa identità.
Interessante l’interpretazione del filosofo Bachelard che utilizza la verticalità della casa per descrivere gli strati della psiche: il tetto e il piano superiore indicano il pensiero e la funzione cosciente, la cantina rappresenta l’inconscio e l’istinto, la cucina racchiude la trasformazione psichica, mentre la scala è considerata mezzo di unione fra i diversi livelli psichici.
Non sorprende quindi che in ognuno di noi, negli anni che scorrono, il legame con il luogo di vita si rinforzi, fino a farlo diventare topografia del proprio essere intimo, allacciato ai ricordi, allo svolgimento della propria vita e alla memoria degli affetti.
Per questo motivo, se la salute viene a mancare, diventa fondamentale riorganizzare gli spazi mettendo a disposizione dell’anziano progetti ambientali e ausili che gli consentano di mantenere inalterato il rapporto con l’abitazione che lo ha accompagnato nel corso del tempo.
Radici
Tronco
Rami
Foglie e loro colori nel tempo
“Parlano” e comunicano attraverso le trasformazioni
vai a:
https://coatesa.com/category/genius-loci/giardino-genius-loci/
ASCOLTA DA QUI:
TartaRugosa ha letto e scritto di Georges Perec (1974) “Specie di spazi”, traduzione di Roberta Delbono, Bollati Boringhieri
vai a:
TartaRugosa ha letto e scritto di Georges Perec (1974) “Specie di spazi”, traduzione di Roberta Delbono, Bollati Boringhieri – TartaRugosa
l’incipit de «Il libro delle case» di Andrea Bajani (Feltrinelli, pp. 256, euro 17): la storia di un uomo – chiamato Io e raccontato in terza persona– attraverso le abitazioni in cui ha vissuto.
vai alla scheda dll’editore
https://www.lafeltrinelli.it/libri/libro-case/9788807034336?productId=9788807034336
Casa del sottosuolo, 1976
La prima casa ha tre stanze da letto, un soggiorno, una cucina e un bagno. La stanza da letto dove dorme il bambino, che per convenzione chiameremo Io, è in realtà uno sgabuzzino con una brandina. È un po’ umido, come del resto tutta la casa. Non ha finestre ma è confortevole ed è vicino alla cucina. L’acciottolio delle stoviglie, il toc toc regolare del coltello sul tagliere, il getto d’acqua prolungato nel lavello sono probabilmente tra i primi ricordi di Io, anche se non se ne ricorda. Così come non ricorda il tonfo ammorbidito dello sportello del frigorifero che si chiude, o la resistenza a strappo di quando viene aperto. È la piccola polifonia della cucina: percussioni di metalli con contrappunti di ceramica, getti idrici, ronzio del frigo, la ventola della cappa sopra i fuochi.
La casa è sotto il livello della strada. Per accedere all’appartamento bisogna scendere al primo piano sotterraneo prendendo per una scala a spirale, oppure utilizzando l’ascensore. L’odore che si respira nell’androne, da cui parte una striscia di tappeto rosso che si avvia verso le scale, è molto diverso da quello che si respira al piano sotto, dove l’umidità ha diffuso per l’ambiente un sentore di cantina. Le cantine, del resto, sono allo stesso livello dell’appartamento di Io, insieme a due porte in legno massiccio, oltre le quali vivono famiglie imprecisate.
La Casa del sottosuolo non è però tutta sotto il livello della strada. La sala da pranzo, la cucina, il bagno e le camere da letto affacciano infatti su due cortili interni. Sala, cucina e bagno su un lato, le camere sull’altro. I cortili interni, o giardini di cemento, sono incassati in mezzo a una serie di condomini a cinque o sei piani costruiti negli anni cinquanta e sessanta del Millenovecento.
Uscendo in cortile non si può che alzare il collo. La nonna di Io — d’ora in avanti Nonna — ogni mattina compie la medesima procedura: esce, distende il collo e guarda in verticale fino al cielo per vedere che tempo fa. Poi rientra.
Stando dentro la Casa del sottosuolo si ha l’impressione che fuori sia sempre nuvoloso. Le finestre che affacciano sui due giardini di cemento non sono sufficienti a far arrivare il giorno nelle stanze. Per questo nella casa si entra accendendo un abat-jour in corridoio.
In quell’oscurità Io compie i suoi primi movimenti. Gli oggetti e il mobilio spingono le loro ombre sul pavimento, sconfinano, allagano l’appartamento; salgono sui tavoli, sui davanzali, sulla cesta di frutta di ceramica sempre esposta al centro della tavola. Io impara a muoversi tra quelle ombre, a calpestarle, a esserne travolto. Gattonando per la casa, a volte scompare dentro un’ombra, o lascia fuori solo una mano, oppure un piede, che se ne stanno abbandonati nel chiarore: Io viene fatto a pezzi dall’oscurità, lascia pezzi di sé sopra il tappeto.
Nella Casa del sottosuolo le luci vengono spente soltanto per dormire o quando si va via: lo spazio viene riconsegnato al buio, suo elemento naturale. Quattro mandate, vociare per le scale e poi silenzio. Le ombre a quel punto si sfilano dagli oggetti per intero, si buttano sul pavimento, sottomettono ogni centimetro, conquistano la casa.
© Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano. Prima edizione ne «I Narratori», febbraio 2021.
Concita De Gregorio su la Repubblica: «L’autore del Libro delle case (Feltrinelli), Andrea Bajani, ha lavorato molti anni a riscattare dalla memoria – chissà che pegno ha pagato – la geografia delle case che in due-tre pagine per una ci riporta. Foto di un momento, costate anni: […] Casa di materasso, coi nomi degli studenti scritti a penna sul citofono, e Casa dell’armadio, dove vivono Moglie con bambina, moglie che ancora non è moglie ma è già madre, e Casa di Parenti, e Casa della Radio. Casa di Poeta, dove qualcuno ha staccato le spine della tv perché la madre non veda la carneficina del figlio, e Casa di Prigioniero, dove ora vive una donna che dorme nella stanza che fu del Politico una cella, una nonna che lì dove resta sul parquet l’impronta di un muro accoglie i nipoti a giocare. Casa dell’adulterio è una stanza sola, e sono tornata cento e mille volte in questi giorni dentro quella stanza, la porta chiusa sul resto della casa coniugale inviolabile, abitata da Famiglia. C’è stato un tempo, molti anni fa, in cui frequentavo una Casa che nel silenzio delle sere interrogavo: cosa sai tu? cosa hai visto? Di quanti pensieri e lacrime e gemiti e risate sei custode? Di quanti segreti: dimmi. La casa – “i muri i battiscopa i letti i comodini, i pensili in cucina”, scrive Andrea, che oggi vive a Houston – è una testimone che ci guarda in silenzio. Ci entriamo, ci spogliamo della visione che vogliamo dare agli altri. Solo la casa ci conosce».
Quando parlo con la finestra
dico che tutto
è tutto
MARK STRAND
qui Paolo Ferrario, ATTIMI DI LUOGO, Amaltea di Coatesa, 1992-1995 in formato pdf:
percorso culturale con Pietro Berra
L’orrido, con il suo impetuoso intreccio di cascate e corsi d’acqua, il ponte della Civera, sospeso da secoli tra il lago e la cascata del torrente Nosée, le stradine di sasso ricche di “passaggi segreti”: il fascino di Nesso ha catturato due uomini con la passione per il mistero come Alfred Hitchcock, che qui ambientò alcune scene del suo primo film “Il labirinto della passione” (1925), e Leonardo da Vinci, la cui attenzione fu catturata dalle acque dell’orrido, così come, pochi chilometri prima, sulla stessa sponda del Lario, dalla singolare intermittenza della fonte Pliniana. Cammineremo sulle tracce di questi due grandi uomini per scoprire le caratteristiche di un paese tra i più affascinanti del Lago di Como e terminare con una lettura si poesie, che autori del passato e del presente hanno tributato al “massimo Lario”, come lo definì Virgilio.
Il programma della giornata:
– Partenza da Como con il battello alle ore 10 (ritrovo in piazza Cavour dalle 9.30)
– Visita al primo set hitchcockiano, il Ponte della Civera, e alla cascata che impressionò Leonardo, formata dalla confluenza dei torrenti Tüf e Nosè
– Pranzo a base di lasagne, ispirato al film “Il ladro” di Hitchcock (1956), presso l’Hotel/Ristorante Tre Rose con terrazza vista lago. Il menu include: lasagne vegetariane, bibita o acqua, meringata e caffè.
– Dopo pranzo visita alla chiesa di San Pietro e Paolo, consacrata nel 1095 da Papa Urbano II e sul cui sagrato girò una scena Hitchcock e alla frazione di Borgovecchio, terzo e ultimo set de “Il labirinto della passione”
– Visita alla frazione Coatesa con lettura di poesie dedicate al lago di Como e al cinema, a cura di Pietro Berra e Vito Trombetta, in uno spettacolare giardino privato a terrazze affacciate sul lago, aperto eccezionalmente al pubblico per l’occasione dai proprietari Paolo Ferrario e Luciana Quaia
– Ritorno con il battello delle 17.48 (arrivo a Como alle 18.33)
L’iniziativa è realizzata in collaborazione tra Passeggiate Creative, Comune di Nesso e Lake Como Film Festival
Guida il percorso Pietro Berra, giornalista e scrittore, con interventi di due esperti di storia locale, Gianfranco Garganigo e Paolo Ferrario
COSTI E ISCRIZIONI
La quota di partecipazione è di 30 euro (11 euro il battello con tariffa comitiva e 19 il pranzo, coperto incluso) per gli adulti e di 25 euro per i ragazzi fino a 12 anni (non compiuti), che verranno versati al momento del ritrovo il giorno 25 giugno. Iscrizione obbligatoria, dal 5 giugno al 20 giugno, attraverso il sito www.passegiatecreative.it. Cento i posti disponibili. Per informazioni: info@passeggiatecreative.it, 3298653730.
Sorgente: (6) Passeggiata da brivido. A Nesso seguendo Hitchcock e Leonardo
La casa è il nostro angolo di mondo
è il nostro primo universo.
Essa è davvero un cosmo, nella piena accezione del termine. Non è forse bella la casa più modesta, se la guardiamo dal punto di vista dell’intimità?
Gaston Bachelard, La poetica dello spazio
da TartaRugosa ha letto e scritto di: GASTON BACHELARD (1975) La poetica dello spazio, Traduzione di Ettore Catalano, Edizione Dedalo Bari
Il sole scende dietro i piatti sporchi.
Il lavandino è un porto di liquami.
E nella penombra nuova
L’occhio inventa le sagome
Di chi un tempo è passato in queste stanze.
Sono stata spesso ostile ai miei inquilini.
Mi sono aperta di crepe
Come fossi la faccia della morte.
Ho lasciato che le luci si spegnessero
Senza riaccendersi. I letti erano freddi
E al mattino nascondevo tutta l’acqua.
L’agente illustra i pregi,
Ampiezza metratura posizione.
Prezzo accomodante, eppure avverto
Arrendevolezze inospitali,
La fatica che costa appartenere.
Questa casa, sono stato questa casa.
Un tempo, una volta, una vita.
Roberto Deidier
da “Solstizio”, “Lo Specchio” Mondadori, 2014
La parola di oggi è: Heimat
Questa è una delle parole aggiunte nello Zingarelli 2016. Lo Zingarelli 2016 contiene le parole e le accezioni nuove più importanti della lingua italiana.
SILLABAZIONE: Hei–mat
Heimat / ˈaimat, ted. ˈhaemaːt/
[vc. ted., propr. ‘patria’, da Heim ‘casa’ ☼ 1985]
s. f. inv.
● nella cultura tedesca, patria, intesa come paese, terra, casa natale o come luogo delle proprie radici
La parola è tratta da:
lo Zingarelli 2016
Vocabolario della lingua italiana
di Nicola Zingarelli
Zanichelli editore
Régis Debray, Elogio delle frontiere.
“Che sia utile mettere in rete il mondo non significa che si possa abitare questa rete come un mondo. Impossibile, in mancanza di dirimpettai, fare di un luogo di passaggio un luogo di soggiorno. Nessuno di fronte – come porsi senza opporsi? Una comunità senza esterno che la riconosca o l’affronti non avrebbe più luogo d’essere, così come una nazione unica vedrebbe svanire il suo inno nazionale, la sua squadra di calcio o di cricket e perfino la sua lingua. Un individuo morale ha un perimetro, altrimenti non è”.
View original post 450 altre parole
Un altro amico, e fraterno, se ne è andato.
Dove?
Ognuno di noi abita una «casa» , chiamiamola così. Attorno, a perdita d’occhio, la brughiera. Il fuoco è acceso, la tavola imbandita. Ma capita, guardando verso la finestra, che il vento ci faccia credere di trovarci là fuori — e ci si dimentichi di dove siamo davvero.
Si è «a casa».
Sin da prima dell’inizio dei tempi. Ci rimarremo in eterno; la casa sarà sempre più accogliente. E invece crediamo di vivere nella terra inospitale che ci ha ghermito col vento.
Stando là fuori diciamo: «Ecco il mondo; questa è la vita che ci è toccata». Ci crediamo mortali. Ma quando si muore non si va da qualche parte. Ci si risveglia accanto al fuoco. Non più ingannati dal vento. Né intimoriti delle ombre e dal gelo della brughiera.
Una povera favola? Non direi; ma una metafora sì: dello Spettacolo che da gran tempo tento di indicare. (Il tentativo è delle parole, non di ciò che esse indicano).
da Emanuele Severino L’uomo in debito cerca la libertà, Corriere della sera 13 gennaio 2014
Ognuno di noi abita una «casa» , chiamiamola così. Attorno, a perdita d’occhio, la brughiera. Il fuoco è acceso, la tavola imbandita. Ma capita, guardando verso la finestra, che il vento ci faccia credere di trovarci là fuori — e ci si dimentichi di dove siamo davvero. Si è «a casa»
Emanuele Severino
Opere citate nel video:
Anouar Brahem, C’est ailleur
Haruki Murakami, Ritratti in Jazz
Basilio Luoni, El Natal
Davide Van de Sfroos, Perdonato dalle lucertole
Mauro Fogliaresi, Il cerchio di un addio
La domenica andavamo allo Zoo, di Carlo Pozzoni
South Of The Border (Down Mexico Way)
La canzone preferita nei pomeriggi da Shimamoto, che i due ragazzi ascoltano senza comprendere le parole, immaginandole più interessanti di quanto non siano. Si tratta del classico brano country reso celebre da Frank Sinatra e interpretato da moltissimi altri cantanti, e del quale esiste anche una nota versione italiana (Stella d’argento). Non risulta però una versione interpretata da Nat King Cole, si tratta infatti di un errato ricordo di Murakami, da lui stesso ammesso nel libro “Portrait of Jazz”
Murakami dice nel libro Portraits of Jazz:
“Someone pointed out to me that Nat Cole had never sung(at least recorded) the song. I couldn’t believe him and looked into Cole’s discography. To my surprise he never ever sang it. He made several albums of Latin songs, but it is not included in them. Then it follows that I wrote a book based on a recording that never existed. But (I’m not trying to defend myself) I feel it was not so bad after all, for you “breathe air in the world which does not exist anywhere” when you read novels.”
“Qualcuno mi ha fatto notare che Nat Cole non ha mai interpretato né inciso questa canzone. Non potevo crederci ed ho consultato la discografia di Cole. Con mia grande sorpresa (ho appurato) che non l’ha mai cantata. Ha fatto molti album di musica latina, ma non è inclusa in nessuno di essi. Quindi ne consegue che ho scritto un libro basato su una registrazione che non è mai esistita. Ma (e non sto tentando di difendermi) penso che non sia una cosa così negativa, dopo tutto, perché in fondo voi quando leggete un romanzo “respirate un’aria del mondo che non è mai esistita da nessuna parte”.
(tratto da http://www.musicaememoria.com/a_sud_del_confine.htm)
South Of The Border (Down Mexico Way)
La canzone preferita nei pomeriggi da Shimamoto, che i due ragazzi ascoltano senza comprendere le parole, immaginandole più interessanti di quanto non siano. Si tratta del classico brano country reso celebre da Frank Sinatra e interpretato da moltissimi altri cantanti, e del quale esiste anche una nota versione italiana (Stella d’argento). Non risulta però una versione interpretata da Nat King Cole, si tratta infatti di un errato ricordo di Murakami, da lui stesso ammesso nel libro “Portrait of Jazz”
Murakami dice nel libro Portraits of Jazz:
“Someone pointed out to me that Nat Cole had never sung(at least recorded) the song. I couldn’t believe him and looked into Cole’s discography. To my surprise he never ever sang it. He made several albums of Latin songs, but it is not included in them. Then it follows that I wrote a book based on a recording that never existed. But (I’m not trying to defend myself) I feel it was not so bad after all, for you “breathe air in the world which does not exist anywhere” when you read novels.”
“Qualcuno mi ha fatto notare che Nat Cole non ha mai interpretato né inciso questa canzone. Non potevo crederci ed ho consultato la discografia di Cole. Con mia grande sorpresa (ho appurato) che non l’ha mai cantata. Ha fatto molti album di musica latina, ma non è inclusa in nessuno di essi. Quindi ne consegue che ho scritto un libro basato su una registrazione che non è mai esistita. Ma (e non sto tentando di difendermi) penso che non sia una cosa così negativa, dopo tutto, perché in fondo voi quando leggete un romanzo “respirate un’aria del mondo che non è mai esistita da nessuna parte”.
(tratto da http://www.musicaememoria.com/a_sud_del_confine.htm)
Ognuno di noi abita una «casa» , chiamiamola così. Attorno, a perdita d’occhio, la brughiera. Il fuoco è acceso, la tavola imbandita. Ma capita, guardando verso la finestra, che il vento ci faccia credere di trovarci là fuori — e ci si dimentichi di dove siamo davvero. Si è «a casa»
Emanuele Severino
Ognuno di noi abita una «casa» , chiamiamola così. Attorno, a perdita d’occhio, la brughiera. Il fuoco è acceso, la tavola imbandita. Ma capita, guardando verso la finestra, che il vento ci faccia credere di trovarci là fuori — e ci si dimentichi di dove siamo davvero. Si è «a casa»
Emanuele Severino
disegno di Nanà Dalla Porta in:
GALIMBERTI UMBERTO, MERLINI IRENE, PETRUCCELLI MARIA LUISA, PERCHÉ? 100