Marta McDowell, traduzione di Claudia Valeria Letizia, con poesie tradotte da Silvia Bre, EMILY DICKINSON E I SUOI GIARDINI. L’universo verde della poetessa, L’Ippocampo editore, 2019. Indice del libro

LUOGHI del LARIO e oltre ...

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https://www.ippocampoedizioni.it/libro/9788867225750

Emily Dickinson era un’attenta osservatrice del mondo naturale. Meno noto è il fatto che era anche un’appassionata giardiniera, che inviava mazzi di fiori freschi agli amici e nelle sue lettere fiori pressati. Nella casa famigliare di Amherst, Massachussetts, curava un piccolo giardino d’inverno insieme al grande giardino intorno alla dimora. In “Emily Dickinson e i suoi giardini”, Marta McDowell scandaglia la profonda passione che la poetessa nutrì per le piante e il modo in cui ispirarono e caratterizzarono le sue opere. Seguendo lo scorrere di un anno nel giardino, il libro rivela particolari poco conosciuti della sua vita e ci aiuta a capire meglio la sua anima. Giardiniera emerita presso l’Emily Dickinson Museum, in questo volume Marta McDowell alterna i testi con poesie e brani tratti dalle lettere di Emily Dickinson, affiancando vecchie e nuove fotografie a illustrazioni botaniche per inquadrare da una prospettiva inedita una…

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Il mio sguardo è limpido come un girasole, di Fernando Pessoa (1888-1935)

Il mio sguardo è nitido come un girasole.
Ho l’abitudine di camminare per le strade
guardando a destra e a sinistra
e talvolta guardando dietro di me.
E ciò che vedo a ogni momento
è ciò che non avevo mai visto prima,
e so accorgermene molto bene.
So avere lo stupore essenziale
che avrebbe un bambino se, nel nascere,
si accorgesse che è nato davvero.
Mi sento nascere a ogni momento
per l’eterna novità del Mondo.

Credo al mondo come a una margherita,
perché lo vedo. Ma non penso ad esso,
perché pensare è non capire.
Il Mondo non si è fatto perché noi pensiamo a lui,
(pensare è un’infermità degli occhi)
ma per guardarlo ed essere in armonia con esso.

Io non ho filosofia: ho sensi.
Se parlo della Natura, non è perché sappia ciò che è,
ma perché l’amo, e l’amo per questo
perché chi ama non sa mai quello che ama,
né sa perché ama, né cosa sia amare.

Amare è l’eterna innocenza,
e l’unica innocenza è non pensare.

Manuale della buona vita, di Joseph Beuys (1921-1986)

da:

manuale della buona vita, di Joseph Beuys | daniela e dintorni

Fatti cadere, impara ad osservare i serpenti.
Pianta giardini impossibili.
Invita qualcuno di pericoloso a bere un tè.
Fai piccoli segni che dicono di sì
e distribuiscili per tutta la casa.
Fai amicizia con la libertà e l’insicurezza.
Rallegrati dei sogni.
Piangi al cinema.
Al chiaro di luna, vai sull’altalena più in alto che puoi.
Coltiva stati d’animo diversi.
Rifiutati di sentirti “responsabile”, fallo per amore!
Non dimenticare di fare il pisolino.
Regala soldi. Fallo subito. Ritorneranno.
Credi nella magia, sii pronto a ridere.
Fai un bagno nel chiaro di luna.
Sogna sogni selvaggi, fantasiosi.
Dipingi su tutti i muri.
Leggi ogni giorno.
Immagina di essere incantato.
Ridi insieme ai bambini, ascolta i vecchi.
Apriti, immergiti. Sii libero.
Fai le lodi di te stesso.
Fai cadere la paura, gioca con tutto.
Intrattieni il bambino in te.
Sei innocente.
Costruisci un castello di coperte.
Bagnati.
Abbraccia gli alberi.
Scrivi lettere d’amore.

furto

lescritteriate

Ridammi il tempo che mi hai sottratto

con le illusioni e le favole;

ridammelo ora, prima che si inaridisca

o si disciolga in una pozza scura.

L’hai rubato profittando della mia distrazione

mentre ero concentrata a costruire la vita.

Me lo hai sfilato silenziosamente dalla tasca,

durante un ballo di teneri sguardi.

Ora ha un aspetto logoro, che ne hai fatto?

Mia la colpa: non l’ho protetto, non l’ho custodito.

Rendimelo, e forse potrò ancora perdonarmi.

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Era già stato. Una poesia che ricorda il TEMPO

lescritteriate

Ti ho perso quando

il giorno rideva insieme a te,

i sogni appesi sui rami

erano germogli di primavera.

Ti ho perso quando

cercavi appartenenze nuove:

l’aquilone ala dell’albatro,

la bolla di sapone sorella della nuvola,

la scatola di cartone casetta di fate e gnomi,

il caleidoscopio l’universo in mano,

il futuro un avvenire remoto.

Sei svanito quando

tenevi il domani

stretto nel pugno,

per non vederlo volare via.

Sei diventato ombra quando,

nel tempo che appare,

il palmo della mano,

allentato e vuoto,

svela una sorprendente verità:

era già stato.

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Faber Andrew, Ti passo a perdere, Interno Poesia, 2022

ANTOLOGIA DEL TEMPO CHE RESTA

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Ci si può perdere senza il bisogno di sentirsi persi? Quanti significati assume, nel corso della vita, questo predicato verbale dalle infinite forme? Andrew Faber stravolge il concetto di fragilità, trasformandola in forza. Più che un libro di poesie, Ti passo a perdere è un manuale di resistenza in versi. Uno stradario dell’anima dove perdersi per poi ritrovarsi. Un viaggio verso la conoscenza di sé stessi e un invito alla scoperta dell’Amore, in tutte le sue forme.

 

A chi sta attraversando il suo buio

A chi sta attraversando
il suo buio
dico soltanto di non mollare.
Ci siamo finiti tutti
in quel posto maledetto
dove il freddo ti morde le ossa
e il silenzio ti piove nel cuore.
A chi sta attraversando
il suo buio
dico soltanto di allontanarsi
da chi dice di darsi una mossa
di smettere di piangersi addosso.

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“Il fiume e l’oceano”: poesia di Khalil Gibran | da Libr’Aria

Il pensiero di EMANUELE SEVERINO, a cura di Vasco Ursini (1936-2023)

Una poesia di Khalil Gibran sulla paura del cambiamento.

Dicono che prima di entrare in mare
Il fiume trema di paura.
A guardare indietro
tutto il cammino che ha percorso,
i vortici, le montagne,
il lungo e tortuoso cammino
che ha aperto attraverso giungle e villaggi.

E vede di fronte a sé un oceano così grande
che a entrare in lui può solo sparire per sempre.

Ma non c’è altro modo.
Il fiume non può tornare indietro.

Nessuno può tornare indietro.
Tornare indietro è impossibile nell’esistenza.
Il fiume deve accettare la sua natura
ed entrare nell’oceano.
Solo entrando nell’oceano
la paura diminuirà,
perché solo allora il fiume saprà
che non si tratta di scomparire nell’oceano,
ma di diventare oceano.

Khalil Gibran

da: https://librariacultura.altervista.org/il-fiume-e-loceano-la-bellissima-poesia-di-khalil-gibran/?fbclid=IwAR2X42PyroWwghaU7xf1Fq3SdvZXSFl8sm0ZND-9CKae-7QIqSeJpo5zufs

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“Pensaci bene prima di prendere un GATTO. Ti farà credere che sia stato tu ad averlo trovato in mezzo alla strada in un cassonetto …” , di Andrew FABER

LUOGHI del LARIO e oltre ...

Pensaci bene
prima di prendere un gatto.
Ti farà credere che sia stato tu
ad averlo trovato
in mezzo alla strada
in un cassonetto
dentro un gattile.
 
Ti farà credere che sia stato tu
ad averlo salvato
che incontrarvi sia stata fortuna
pura casualità
quando invece era lì ad aspettarti
quando invece era il vostro appuntamento
fin da sempre.
 
Pensaci bene prima di prendere un gatto.
In quegli occhi si entra una volta
per poi non uscire mai più.
 
Sappi che di quell’amore
puro
infinito
e randagio
non potrai mai più liberarti.
 
I gatti amano per volontà
non per bisogno, non per istinto
i gatti amano per essere liberi.
 
Pensaci bene prima di prendere un gatto
che prendere poi, è un termine inadeguato, sciatto.
Sbagliato.
Un gatto non si prende né si adotta
un gatto si custodisce.
 
E ricordarti che dovrai accettare il suo…

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NATURA E’ CIO’ CHE VEDIAMO , Emily Dickinson

La Natura è ciò che vediamo

la collina – il pomeriggio

scoiattolo – eclisse – il bombo

no – la Natura è il cielo

Natura è quel che sentiamo –

il bobolink – il mare –

tuono – grillo –

no – la Natura è armonia

Natura è quel che sappiamo – 

ma non abbiamo l’arte di dire –

tanto impotente è la nostra sapienza –

di fronte alla sua semplicità

…Amo le mappe perché dicono bugie. Perché sbarrano il passo a verità aggressive. Perché con indulgenza e buon umore sul tavolo mi dispongono un mondo che non è di questo mondo … Domenico Pelini legge La MAPPA, di Wislawa Szymborska, in Basta così, Adelphi

clicca sul seguente link per ascoltare l’audio:

https://drive.google.com/file/d/1FAfNFdPiE-n-XQyLUE0I4IlZ25dQn14G/view?usp=sharing


Piatta come il tavolo

sul quale è posata.

Sotto – nulla si muove,

né cerca uno sbocco.

Sopra – il mio fiato umano

non crea vortici d’aria

e lascia tranquilla

la sua intera superficie.

Bassopiani e vallate sono sempre verdi,

altopiani e montagne sono gialli e marrone,

oceani e mari – di un azzurro amico

sui margini sdruciti.

Qui tutto è piccolo, vicino, alla portata.

Con la punta dell’unghia posso schiacciare i vulcani,

accarezzare i poli senza guanti grossi,

posso con un’occhiata

abbracciare ogni deserto

insieme al fiume che sta lì accanto.

Segnalano le selve alcuni alberelli

tra i quali è ben difficile smarrirsi.

A est e ovest, sopra e sotto

l’equatore, un assoluto

silenzio sparso come semi,

ma in ogni seme nero

la gente vive.

Forse comuni e improvvise rovine

sono assenti in questo quadro.

I confini si intravedono appena,

quasi esitanti – esserci o non esserci?

Amo le mappe perché dicono bugie.

Perché sbarrano il passo a verità aggressive.

Perché con indulgenza e buon umore

sul tavolo mi dispongono un mondo

che non è di questo mondo.

Panta rei (Foto: lungo la Senna, Parigi 1990)

lescritteriate

Non è mai ferma, l’acqua.

Ho sceso con lo sguardo

il letto del fiume,

cercando il suo divenire

nel fluire delle onde.

Ho salito l’alto muro

a piedi nudi,

scalando le aguzze pietre

che indifferenza, rifiuto, avversione

hanno posato l’una sull’altra.

Ho sceso il primo cerchio

del tuffo,

nell’imo ho inseguito

le onde concentriche,

tremanti e diradanti

verso il moto perpetuo,

Ho salito la linea

al confine con l’orizzonte,

dove l’immaginazione si accende.

Poi su, ancora più su,

oltre la visuale dello sguardo,

nell’inimmaginabile,

nell’indicibile,

nell’invisibile

che pulsa ,vive, si muove.

Non è mai ferma, l’anima mia.

Foto: lungo la Senna, Parigi 1990

Tela di Doriam Battaglia

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La CANZONE ITALIANA 1871 – 2011. Storie e testi, a cura di Leonardo Colombati, Mondadori/Ricordi, 2 Volumi, 2011, 2848 pagine. Indice del libro

vai alla scheda dell’editore:

In occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, Mondadori presenta la prima storia e antologia della canzone popolare e d’autore: un fenomeno di grandissima rilevanza culturale che ha accompagnato la nostra storia, anno dopo anno. Un’opera di immensa ricchezza, contestualizzata con cura rigorosa, un avvincente percorso a tappe che documenta l’evoluzione di un talento naturale degli italiani. Spesso connotata come “leggera” rispetto alla musica classica, la canzone rappresenta una delle forme più autentiche e originali d’espressione, specchio fedele di una società nelle sue varie sfaccettature, voce dei suoi desideri e anima delle sue passioni. Partendo dall’Inno di Mameli, passando dalla canzone napoletana di Libero Bovio alle atmosfere del Cafè-chantant, dagli autori sconosciuti dei canti popolari in dialetto ai poeti della formacanzone e ai più recenti successi di Sanremo, l’autore accompagna il lettore alla scoperta di epoche e vibrazioni diverse: un’occasione per comprendere chi eravamo e chi siamo.

vai a una recensione:

https://www.ansa.it/web/notizie/unlibroalgiorno/news/2011/11/30/visualizza_new.html_12103460.html

Lo Sbaglio

lescritteriate

Nel ventre della terra

lo Sbaglio gettò le sue profonde radici

solleticandone le viscere,

crescendo rigoglioso,

gettando ombra sulla luce,

rovesciando acqua sul fuoco.

Ti ho avvistato,

a lungo scrutato, desiderato, adulato,

corteggiato, sedotto, posseduto.

E ora che mi hai messo con le spalle al muro

eccoti la gioia per aver varcato l’impossibile,

nuotato nel liquido amniotico senza essere feto.

Dentro di me lo Sbaglio fu il terrore del vento di

soffiare lontano le nuvole dei pensieri,

e dell’acqua di

lavare la mente,

e del vuoto

di cullare il corpo,

e del nero di

nascondere tristi presagi.

Lo Sbaglio fu credere

alla rivoluzione dei sentimenti,

alla rivolta delle sensazioni,

alla rincorsa di verità fittizie.

Per te ho messo una croce

sulla felicità del giorno,

atteso invano la ricompensa

della quotidiana sofferenza.

Eppure anche con le spalle al muro

ti tengo stretto nel mio pugno.

So che se ti…

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“Per fare un prato …” Emily Dickinson

LUOGHI del LARIO e oltre ...

„Per fare un prato bastano

un trifoglio, un’ape,

un trifoglio, un’ape

e un sogno.

Può bastare il sogno

se le api sono poche.“

Fonte: https://le-citazioni.it/frasi/157592-emily-dickinson-per-fare-un-prato-bastano-un-trifoglio-unape/

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“Declina, ma non muore quel che è stato …”, Antonio Prete in Tutto è sempre ora, Einaudi

Il pensiero di EMANUELE SEVERINO, a cura di Vasco Ursini (1936-2023)

“Tutto è sempre ora” è l’attesa: di un respiro, di un cardo che fiorisce e “con il suo rosso: / un fiore di sillabe, / solo, dentro il giardino della lingua” (p. 14); l’attesa di un giorno, l’“essenza dell’amore è luce offerta / al gioco d’ombre, / grazia che disperde / il suo fulgore, quando da ogni lato, / assale il desiderio insidia aperta / e si volge in autunno in campo verde. / Declina, ma non muore quel che è stato”

da

“Tutto è sempre ora”. La poesia di Antonio Prete – Affaritaliani.it

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La MAPPA, di Wislawa Szymborska, in Basta così, Adelphi. Lettura poetica di Domenico Pelini. …Amo le mappe perché dicono bugie. Perché sbarrano il passo a verità aggressive. Perché con indulgenza e buon umore sul tavolo mi dispongono un mondo che non è di questo mondo …

clicca sul seguente link per ascoltare l’audio:

https://drive.google.com/file/d/1FAfNFdPiE-n-XQyLUE0I4IlZ25dQn14G/view?usp=sharing

Piatta come il tavolo

sul quale è posata.

Sotto – nulla si muove,

né cerca uno sbocco.

Sopra – il mio fiato umano

non crea vortici d’aria

e lascia tranquilla

la sua intera superficie.

Bassopiani e vallate sono sempre verdi,

altopiani e montagne sono gialli e marrone,

oceani e mari – di un azzurro amico

sui margini sdruciti.

Qui tutto è piccolo, vicino, alla portata.

Con la punta dell’unghia posso schiacciare i vulcani,

accarezzare i poli senza guanti grossi,

posso con un’occhiata

abbracciare ogni deserto

insieme al fiume che sta lì accanto.

Segnalano le selve alcuni alberelli

tra i quali è ben difficile smarrirsi.

A est e ovest, sopra e sotto

l’equatore, un assoluto

silenzio sparso come semi,

ma in ogni seme nero

la gente vive.

Forse comuni e improvvise rovine

sono assenti in questo quadro.

I confini si intravedono appena,

quasi esitanti – esserci o non esserci?

Amo le mappe perché dicono bugie.

Perché sbarrano il passo a verità aggressive.

Perché con indulgenza e buon umore

sul tavolo mi dispongono un mondo

che non è di questo mondo.

Map

Flat as the table
it’s placed on.
Nothing moves beneath it
and it seeks no outlet.
Above—my human breath
creates no stirring air
and leaves its total surface
undisturbed.
Its plains, valleys are always green,
uplands, mountains are yellow and brown,
while seas, oceans remain a kindly blue
beside the tattered shores.
Everything here is small, near, accessible.
I can press volcanoes with my fingertip,
stroke the poles without thick mittens,
I can with a single glance
encompass every desert
with the river lying just beside it.
A few trees stand for ancient forests,
you couldn’t lose your way among them.
In the east and west,
above and below the equator—
quiet like pins dropping,
and in every black pinprick
people keep on living.
Mass graves and sudden ruins
are out of the picture.
Nations’ borders are barely visible
as if they wavered—to be or not.
I like maps, because they lie.
Because they give no access to the vicious truth.
Because great-heartedly, good-naturedly
they spread before me a world
not of this world.

(Translated, from the Polish, by Clare Cavanagh)


fonte:

La mappa, Wislawa Szymborska

Ornella Vanoni – Un sorriso dentro al pianto, con Francesco Gabbani. Compositori: Luigi De Crescenzo / Ornella Vanoni / Francesco Gabbani

E adesso che dovrei posare per l’ennesima fotografia
Sai dirmi tu per caso la migliore inquadratura quale sia?
Ormai che con un selfie fai vedere tutto a tutti e così sia
Ce la incorniciamo?
O la butto via?
Parole sulle note sono state la migliore compagnia
Per affrontare la stupidità abbiamo ancora l’allegria
Se il cielo concedesse un po’ di grazia ad ogni anima quaggiù
Io sarei una santa
Anima che canta
Che canta in equilibrio sopra un’emozione
Che capovolge l’esistenza alle persone
Che non si può spiegare fino in fondo
Ma che resta in fondo al cuore
Io sono tutto l’amore che ho dato
Tutto l’amore incondizionato
L’imbarazzo dietro al vanto
Un sorriso dentro al pianto
Io sono tutto l’amore che ho dato
Mare in tempesta e cielo stellato
Poco prima di uno schianto
Un sorriso dentro al pianto
E adesso che mi chiedi di sorridere vorrei dimenticare
Ferite da leccare e grandi amori solo da desiderare
Se l’universo scomparisse in un istante e non ci fosse più
Io sicuramente
Resterei per sempre
Per sempre in equilibrio sopra a un’emozione
Che capovolge l’esistenza alle persone
Che non si può spiegare fino in fondo
Ma che resta in fondo al cuore
Io sono tutto l’amore che ho dato
Tutto l’amore incondizionato
L’imbarazzo dietro al vanto
Un sorriso dentro al pianto
Io sono tutto l’amore che ho dato
Mare in tempesta e cielo stellato
Poco prima di uno schianto
Un sorriso dentro al pianto
E adesso che mi chiedi di sorridere vorrei dimenticare
Fonte: Musixmatch
Compositori: Luigi De Crescenzo / Ornella Vanoni / Francesco Gabbani

… e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude …

LUOGHI del LARIO e oltre ...

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.

GIACOMO LEOPARDI

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La poesia di Anna Bergna: ossia la coerenza di una visione interiore del mondo in “Palafitte” e “I corpi, le cisterne”- LietoColle editore (2012, 2015) – recensione di Franca Alaimo

La poesia di Anna Bergna: ossia la coerenza di una visione interiore del mondo in

“Palafitte” e “I corpi, le cisterne”- LietoColle editore (2012, 2015) di Franca Alaimo.

Leggere la poesia di Anna Bergna è come srotolare una minuziosa cartografia dei luoghi della sua vicenda esistenziale: monti, piante, fiori, animali, ma soprattutto torrenti, fiumi, laghi, e ogni altro specchio d’acqua con tutte le creature che vi abitano dentro ed intorno ed oggetti affondati, restituiti, levigati, piantati dentro, come le palafitte, che danno il titolo alla silloge del 2012, o di contenimento, quali rive, dighe, o contenitori come cisterne, quest’ultime affiancate ai corpi nel titolo I corpi e le cisterne di quella pubblicata, come la precedente, da LietoColle nel 2015 ….

vai alla intra recensione di Franca Alaimo

La poesia di Anna Bergna: ossia la coerenza di una visione interiore del mondo in “Palafitte” e “I corpi, le cisterne”- LietoColle editore (2012, 2015) – LietoColle

STEVENS WALLACE, La casa era quieta e il mondo era calmo

La casa era quieta e il mondo era calmo.
Il lettore diveniva il libro; e la notte estiva

era come l’essere cosciente del libro.
La casa era calma e il mondo era calmo.

Le parole erano dette come se il libro non ci fosse,
eppure il lettore si curvava sulla pagina,

voleva curvarsi, voleva molto di più essere
l’allievo per il quale il suo libro era la verità, per il quale

la notte estiva è come una perfezione di pensiero.
La casa era quieta perché così doveva essere.

La quiete era parte del significato, parte della mente:
l’accesso di perfezione alla pagina.

E il mondo era calmo. La verità in una calmo mondo,
In cui non c’è altro significato, esso stesso

calmo, esso stesso estate e notte, esso stesso
Il lettore che si curva fino a tardi, lì a leggere.

La vita non è uno scherzo, di NAZIM HIKMET

La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.

La vita non é uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla é più bello, più vero della vita.

Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.

EUGENIO MONTALE, Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

EUGENIO MONTALE, Spesso il male di vivere ho incontrato

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.


Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

EUGENIO MONTALE, Meriggiare pallido e assorto

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe dei suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

PAESAGGIO, di Giuseppe Ungaretti

Mattina
Ha una corona di freschi pensieri,
Splende nell’acqua fiorita.

Meriggio
Le montagne si sono ridotte a deboli fiumi e
l’invadente deserto formicola d’impazienze e
anche il sonno turba e anche le statue si turbano.

Sera
Mentre infiammandosi s’avvede ch’è nuda, il
florido carnato nel mare fattosi verde bottiglia,
non è più madreperla.
Quel moto di vergogna delle cose svela per un momento,
dando ragione dell’umana malinconia,
il consumarsi senza fine di tutto.

Notte
Tutto si è esteso, si è attenuato, si è confuso.
Fischi di treni partiti.
Ecco appare, non essendoci più testimoni,
anche il mio vero viso, stanco e deluso.

Sul molo il vento soffia forte. Gli occhi …, Da Appunti di Sandro Penna ( 1949)

Sul molo il vento soffia forte. Gli occhi

Hanno un calmo spettacolo di luce.

Va una vela piegata, e nel silenzio

La guida un uomo quasi orizzontale.

Silenzioso vola dalla testa

Di un ragazzo un berretto, e tocca il mare

Come un pallone il cielo. Fiamma resta

Entro il freddo spettacolo di luce

La sua testa arruffata.

Dove la luce, di Giuseppe Ungaretti

Come allodola ondosa
Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera, vieni.

Ci scorderemo di quaggiù,
E del male e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d’ombre memori
Entro rossori di mattine nuove.

Dove non muove foglia più la luce,
Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov’è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d’oro.

L’ora costante, liberi d’età,
Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo.

 

VINCENZO CARDARELLI, Estiva , in Opere (Milano, Mondadori, 1981)

Distesa estate,
stagione dei densi climi
dei grandi mattini
dell’albe senza rumore –
ci si risveglia come in un acquario –
dei giorni identici, astrali.

Stagione la meno dolente
d’oscuramenti e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dare pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca.

Stagione estrema, che cadi
prostrata in riposi enormi,
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti la luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell’ordine che procede
qualche cadenza dell’indugio eterno.

VINCENZO CARDARELLI, Opere (Milano, Mondadori 1981).

Nel nostro ritmo di vita terrena noi stanchi della luce. Noi siamo lieti quando il giorno ha fine … , in Thomas Stearns ELIOT, Poesie, a cura di Roberto Sanesi, Bompiani, 1966, pag. 385-386

Nel nostro ritmo di vita terrena noi stanchi della luce.

Noi siamo lieti quando il giorno ha fine, quando

ha fine il gioco; e l’estasi è troppo dolore.

Siamo fanciulli rapidamente stanchi: fanciulli che re-

stano svegli di notte e poi cadono in sonno ap-

pena al razzo è stato dato fuoco; e il giorno è

lungo per il lavoro o il gioco.

Stanchi di distrazione o di concentrazione, dormia-

mo e siamo lieti di dormire,

controllati dal ritmo del sangue e del giorno e del-

la notte e delle stagioni.

E dobbiamo estinguere la candela, spegnere il lume e

riaccenderlo;

Per sempre dobbiamo smorzare, per sempre riaccen-

dere la fiamma.

Per cui Ti ringraziamo per la nostra piccola luce,

variata dall’ombra.

Ti ringraziamo per averci sospinti a edificare, a cer-

care, a formare sulle punte delle nostre dita e al

raggio dei nostri occhi.

E quando avremo edificato un altare alla Luce Invi-

sibile, che vi si possano porre le piccole luci per

le quali fu creata la nostra visione corporea.

E noi Ti ringraziamo che la Tenebra ricordi a noi

la luce.

O Luce Invisibile, Ti siano rese grazie per la Tua

grande gloria!

O Luce Invisibile, noi Ti lodiamo!Troppo splendente per la visione mortale … in Thomas Stearns ELIOT, Poesie, a cura di Roberto Sanesi, Bompiani, 1966, pag. 382-383

O Luce Invisibile, noi Ti lodiamo!
Troppo splendente per la visione mortale.
O Luce Suprema, noi Ti lodiamo per la minore;
per la luce da oriente che tocca al mattino le guglie,
per la luce che a sera s’inclina a occidente sulle nostre porte,
per il tramonto sui piccoli stagni quando vola il pipistrello,
per la luce della luna e delle stelle, del gufo e della falena,
per la luce splendente della lucciola su un filo d’erba.
O Luce Invisibile, noi Ti adoriamo!

Ti ringraziamo per tutte le luci che abbiamo acceso,
per la luce dell’altare e del santuario;
per le piccole luci di coloro che a mezzanotte sono in meditazione
e per le luci dirette fra i vetri colorati delle finestre
e per la luce riflessa dalla pietra levigata,
dai legni intagliati e dorati, dall’affresco multicolore.
Il nostro sguardo è subacqueo, i nostri occhi guardano in alto
e vedono la luce frantumersi fra le acque inquiete.
Vediamo la luce, ma non vediamo da dove giunge.
O Luce Invisibile, noi Ti glorifichiamo!

Non cercate di contare le onde future del Tempo …, in Thomas Stearns ELIOT, Poesie, a cura di Roberto Sanesi, Bompiani, 1966, pag. 383

Non cercate di contare le onde future del Tempo;

Ma siate soddisfatti d’avere luce abbastanza

Per trovare il giusto passo, per trovare un sostegno

Nulla due volte, di Wislawa Szymborka

Nulla due volte accade
Né accadrà. Per tal ragione
Nasciamo senza esperienza,
moriamo senza assuefazione.

Anche agli alunni più ottusi
Della scuola del pianeta
Di ripeter non è dato
Le stagioni del passato.

Non c’è giorno che ritorni,
non due notti uguali uguali,
né due baci somiglianti,
né due sguardi tali e quali.

Ieri, quando il tuo nome
Qualcuno ha pronunciato,
mi è parso che una rosa
sbocciasse sul selciato.

Oggi che stiamo insieme,
ho rivolto gli occhi altrove.
Una rosa? Ma cos’è?
Forse pietra, o forse fiore?

Perché tu, ora malvagia,
dài paura e incertezza?
Ci sei – perciò devi passare.
Passerai – e in ciò sta la bellezza.

Cercheremo un’armonia,
sorridenti, fra le braccia,
anche se siamo diversi
come due gocce d’acqua.

(da http://www.lameditazionecomevia.it/wis2.htm)

Morire – prende solo poco tempo, in The Complete Poems of (Tutte le poesie di) Emily Dickinson – J251-300

Morire – richiede appena un breve momento –

Dicono che non faccia male –

È solo un perdere i sensi – per gradi – E poi – si è fuori di vista –

Un Nastro più scuro – per un Giorno –

Un Crespo sul Cappello –

E poi arriva la piacevole luce del sole –

E ci aiuta a dimenticare –

L’assente – mistica – creatura –

Che senza l’amore per noi –

Si sarebbe addormentata – nell’attimo estremo –

Senza fatica –

The Complete Poems of (Tutte le poesie di) Emily Dickinson – J251-300

La canzone italiana da 1900 al 2000

Canzone Italiana è una piattaforma per l’ascolto on line dell’inestimabile patrimonio sonoro di oltre un secolo di canzone italiana, dal 1900 al 2000 e nasce con l’obiettivo di diffondere questa importante parte della nostra cultura a un target multigenerazionale. Caratteristica distintiva del sito è il recupero storico, analitico e ragionato di una produzione fono discografica che si presenta oggi, soprattutto in rete, dispersa e non organizzata

vai al sito:

http://www.canzoneitaliana.it/

Nulla due volte (Wislawa Szymborska)

Nulla due volte accade
Né accadrà. Per tal ragione
Nasciamo senza esperienza,
moriamo senza assuefazione.

Anche agli alunni più ottusi
Della scuola del pianeta
Di ripeter non è dato
Le stagioni del passato.

Non c’è giorno che ritorni,
non due notti uguali uguali,
né due baci somiglianti,
né due sguardi tali e quali.

Ieri, quando il tuo nome
Qualcuno ha pronunciato,
mi è parso che una rosa
sbocciasse sul selciato.

Oggi che stiamo insieme,
ho rivolto gli occhi altrove.
Una rosa? Ma cos’è?
Forse pietra, o forse fiore?

Perché tu, ora malvagia,
dài paura e incertezza?
Ci sei – perciò devi passare.
Passerai – e in ciò sta la bellezza.

Cercheremo un’armonia,
sorridenti, fra le braccia,
anche se siamo diversi
come due gocce d’acqua.

Torneranno le sere …, di Alfonso Gatto. Da Il Narratore Audiolibri

Torneranno le sere a intepidire
nell’azzurro le piazze, ai bianchi muri
la luna in alto s’alzerà dal mare
e nella piena dei giardini il vento
fitto di case, d’alberi, di stelle
passerà per la grande aria serena.
Torneranno nel sogno anche le voci
delle famiglie illuminate a cena,
la rapida ebrietà del loro riso.
O finestrelle, pozzi, logge, vetri
affacciati alla vita, allo spiraglio
delle fresche delizie e dei rimpianti,
o luna nuova sulla mia memoria,
tornate ad albeggiare con quel canto
di parole perdute, con quei suoni
struggenti, con quei baci morsi al buio.
Siate la polpa rossa dell’anguria
spaccata in mezzo alla tovaglia bianca.  
Alfonso Gatto 
Voce del poeta


– clicca qui per scaricare gratuitamente alcune sue poesie – 
 

«Filastrocca della morte», di Mimmo Mòllica. Dedicata a Gigi Proietti nel giorno della morte

Chissà, io morirò forse domani,
triste e malato o sbranato dai cani?
Forse io me ne andrò senza parlare,
forse danzando, impegnato a ballare?
Magari morirò sotto Natale,
forse per Pasqua oppure a Carnevale?

Forse tra un anno tirerò le cuoia
ucciso dalla fame o dalla noia?

…..

Venga correndo, corra, salti, voli,
però non porti fiori né cannoli,
giacché non siamo antichi né moderni,
noi siamo il tempo, quindi siamo eterni.

vai alla intera poesia

https://parcodeinebrodi.blogspot.com/2020/11/filastrocca-della-morte-di-mimmo-mollica.html

Io sono Nessuno – e tu chi sei?, Emily Dickinson

Io sono Nessuno – e tu chi sei?

Sei Nessuno anche tu?

Allora siamo in due

non dirlo, potrebbe spargersi la voce!

Com’è pesante essere Qualcuno!

Così volgare –

come una rana che gracida il tuo nome tutto Giugno

ad un Pantano in estasi di lei!

 

Emily Dickinson (ricordata da SILVIO RAFFO, in IO SONO NESSUNO. Vita e Poesia di Emily Dickinson, Le Lettere, 2011)

INCONTRO CON I POETI: cinque volti, cinque voci tra l’Italia e il Canton Ticino: Marco Miladinovic; Noè Albergati; Anna Maria Di Brina; Margherita Coldesina; Mercure Martini. Alla biblioteca rionale Chiesa Rossa, via San Domenico Savio 3, MILANO, il 5 novembre 2019 alle ore 18,30

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Al Centro Internazionale Insubrico “Carlo Cattaneo” e “Giulio Preti” dell’Università degli studi dell’Insubria sono conservati la Biblioteca personale e l’Archivio cartaceo e fotografico di ANTONIA POZZI

vai a

 Centro Internazionale Insubrico | Antonia Pozzi

La poesia “Se” di Rudyard Kipling

SE

Se riesci a conservare il controllo quando tutti

Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;

Se riesci ad avere fiducia in te quando tutti

Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;

Se riesci ad aspettare e a non stancarti di aspettare,

O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,

O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall’odio,

e tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio:

Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;

Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;

Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina

e trattare allo stesso modo quei due impostori;

Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto

Distorta da furfanti per abbindolare gli sciocchi,

O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita infrante,

E piegarti a ricostruirle con arnesi logori.

Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite

E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,

E perdere e ricominciare di nuovo dal principio

E non fiatare una parola sulla perdita;

Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi

A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,

E a tenere duro quando in te non resta altro

Tranne la Volontà che dice loro: “Tieni duro!”

Se riesci a parlare con la folla e a conservarti retto,

E a camminare coi Re senza perdere il contatto con la gente,

Se non riesce a ferirti il nemico né l’amico più caro,

Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;

Se riesci a occupare il minuto inesorabile

Dando valore a ogni istante che passa,

Tua è la terra e tutto ciò che è in essa,

E – quel che è più – sei un Uomo, figlio mio!

da

La poesia “Se” di Kipling è l’eredità che tutti i figli dovrebbero ricevere dai propri padri | L’HuffPost

Mark Strand, G sta per giardino, in Tutte le poesie, Mondadori Oscar Baobab, 2014/2019, pag. VII

G sta per giardino, ma quale giardino non so. Forse l’angolo di un certo particolare giardino; forse un giardino in cui c’è una sedia in attesa di qualcuno che vi si sieda. Non è un giardino astratto, non un giardino dell’Eden, né un giardino infernale come Bomarzo, né ordinato come il Doria Pamphili, a Roma, né trasandato come il giardino di Boboli a Firenze. Non é un giardinetto dietro casa. Deve essere quel che penso quando dico “Giardino” tra me e me: uno spazio verde che è contenuto da e che conterrà un po’ dell’azione della poesia, o nemmeno un po’. Forse vi sono alberi, forse le foglie sono cadute. Potrebbe esservi la neve, e dei passeri potrebbero essersi raggruppati attorno alla base del frassino che vi cresce. Non so. Ci vorrà parecchio prima che lo sappia.

Mark Strand, LA FINE, in Tutte le poesie, Mondadori, collana Oscar Baobab, 2019

ANTOLOGIA DEL TEMPO CHE RESTA

La fine

Non ogni uomo sa cosa canterà alla fine,
guardando il molo mentre la nave salpa, o cosa sentirà
quando sarà preso dal rombo del mare, immobile, là alla fine,
o cosa spererà una volta capito che non tornerà più.

Quando il tempo è passato di potare la rosa, coccolare il gatto,
quando il tramonto che infiamma il prato e la luna piena che lo gela
non compariranno più, non ogni uomo sa cosa scoprirà al loro posto.
Quando il peso del passato non si appoggia più a nulla, e il cielo

non è più che luce ricordata, e le storie di cirro
e cumulo giungono alla fine, e tutti gli uccelli stanno sospesi in volo,
non ogni uomo sa cosa lo attende, o cosa canterà
quando la nave su cui si trova scivola nel buio, là alla fine.

da  La fine – Interno Poesia

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dedicata alla gatta Luna: PER UN CANE, in ANTONIA POZZI, Desiderio di cose leggere, a cura di Elisabetta Vergani, Salani editore 2018

LUOGHI del LARIO e oltre ...


Per un cane

in ANTONIA POZZI, Desiderio di cose leggere, a cura di Elisabetta Vergani, Salani editore 2018


Sei stato con noi per undici anni

 Una sera siamo tornati:

eri disteso davanti al cancello

il muso nella polvere della strada

le zampe già fredde, il dorso

tepido ancora.
Ora sei tutto

nella buca che ti abbiamo scavata.
Ma gli undici anni

della tua umile vita

il gemere

per ognuno che partiva

il soffrire di gioia

per ognuno che ritornava

e verso sera

se qualcuno

per una sua tristezza

piangeva

tu gli leccavi le mani:

oh gli undici anni del tuo amore

tutto qui
sotto questa terra

sotto questa pioggia 

crudele?
Esitavi 

sulla ghiaia umida: 

sollevavi 

una zampa tremando 
Ora nessuno ti difende

dal freddo, 

Non ti si può chiamare

non ti si può più dare

niente. 
Sole le foglie fradicie morte

cadono su questo pezzo
di prato.
E pensare che…

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