Vittorio Lingiardi, L’ombelico del sogno. Un viaggio onirico, Einaudi, 2023

Mappe nel Sistema dei Servizi alla Persona e alla Comunità

scheda dell’editore

Racconti simbolici o improvvisazioni sinaptiche, i sogni sono un mistero che parla di noi: realtà irreali, private e profondissime. «Ogni sogno ha […] un ombelico attraverso il quale è congiunto all’ignoto», scriveva Freud piú di un secolo fa. Da questo ombelico misterioso, che dà il titolo al suo libro, Vittorio Lingiardi inizia un viaggio onirico e poetico tra divinazione, psicoanalisi e neuroscienze. Perché «la verità non sta in un solo sogno, ma in molti sogni». Non sappiamo a cosa servono, ma servono; e non resistiamo al bisogno di raccontarli. Sarà che siamo fatti della loro sostanza.

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sogno dell’ “andiamo, ci aspetta un piatto di riso filante”, anni 90, ai tempi del blog splinder

in una specie di posto diverso dalla casa/orto/giardino convivono più gruppi di persone (coppie, famiglie, singles) … arriva un vecchi compagno di partito che mi dice: “andiamo, ci aspetta un piatto di riso filante”

(sogno di amalteo)


dialogo

che belli sono i contributi dei sogni!

i sogni uno strano destino hanno! possono interessare con partecipazione attiva e accogliente solo allo psicanalista, raccontare i sogni ad un altro comune, che so il compagno/a è per lo più impresa sterile, non so se siete d’accordo- il prossimo ti ascolta per buona educazione per non ferirti o ti palesa indifferenza!

a me invero piacciono molto i racconti dei sogni altrui!

così, ma solo per un filo associativo (le vere associazioni che contano sono quelle del sognatore!) mi viene di dire, amalteo, riguardo al tuo frammentino di sogno, che:

il luogo diverso da amaltea-land potrebbe essere il tuo blog, in quanto spazio-mondo di collegamento con gli altri ma anche abitato popolato da altri che non sai chi siano, quindi sconosciuti con l’annesso carito di ignoto che essi rappresentano,

il compagno di partito, beh secondo me è il rigurgito ideologico che si ostina a riconoscere solo l’appartenenza come settorialità, come “discorso chiuso” vedi la rigidità del dogma,

il piatto di riso filante:
il riso mi fa pensare non al logico cereale ma al riso ridere ridanciano, cioè al “vieni via dallo spazio blog torna con noi al volesome bene della logica di gruppo, settaria, dove si pensa in un solo modo, dove non ti devi/puoi discostare dall’ideologico correct,
mentre con gli altri, che sono un rischio per antonomasia, puoi correre rischi, ma gli altri specificatamente in questo post sono la proposta dell’intersoggettività, allora-forse- è da questa che il compagno di partito (una parte di te sia chiaro!) vuole che tu prenda le distanze, difatti l’intersoggettività è il molteplice, il multiforme quindi pure il dissonante (almeno prima della ricomposizione-per giunta eventuale- in un progetto o codice di condivisione comune)ecco ci vedrei una sorta di paura annunciata, di timore o di titubanza al proseguimento del sentiero e quindi di ritrosia e retrocessione
(se questo è vero come potrebbe essere legittimamente vero va capito ed accolto in quanto sempre c’è il livello del dissidio dentro di noi ed è l’inconscio a rivelarci le nostre ambivalenze, in ciò quindi è un prezioso alleato!)

riso filante:
il filante è comunque, sia applicato al mondo-spazio blog- che agli altri ambiti tuoi, un tuo tratto distintivo e caratteristico,
filante che fila quindi che lega che unisce che scorre che avviluppa e che determina una trama,
filante dice, secondo me, di una tua modalità operativa e di pensiero in quanto anche il pensiero è leggibilissimo attraverso la metafora del filare-filante,

“il filo del pensiero, il filo della vita, il caos fatto ordine, il groviglio che trova struttura, la linea che esce dal labirinto, filare pensare scrivere tute azioni che sgorgano da questa necessità primordiale di imprimere una forma una direzione un senso.
… il filo di arianna la tela di aracne la corda di ananke..
…arriviamo diretti alla metafora della rete (la nostra del web) la nostra odierna tessitura che comprime il tempo e dilata lo spazio e che tradisce la profonda aspirazione contemporanea, inebriata di immanenza, a non accettare nè prima e dopo, nè inizio e fine”

questi concetti virgolettati li ho presi dalla quarta di copertina di un libro amatissimo che è appunto “Il filo del pensiero di Francesca Rigotti edito dal Il Mulino, lei è una docente di dottrine e istituzioni politiche all’università di Lugano, ma si è occupata come scrittrice di temi a me molto cari, le piccole cose, la cucina e la filosofia in cucina (così sono arrivata a conoscerla)con uno stile di pensiero di lucidità e di profondità che trovo ineccepibile e che sottoscrivo al cento per cento!

tornando al sogno, forse vuole dirti del dissidio -lecito! e meno male!che attraversa il nostro pensiero e la nostra elaborazione e che per questo è da accogliere o cogliere proficuamente come invito, un autoinvito! a riflettere, a vedere la stessa cosa da un altro punto di osservazione (è la nostra difficoltà e criticità massima!) e non solo, anche a tener conto della grande risorsa che possiamo/dobbiamo mettere in atto: l’integrazione!

amalteo non so proprio se le cose che m’è venuto di dire siano rispondenti o prossime ad una tua verità interna che come tale è soltanto appannaggio tuo, però ho colto lo stesso lo spunto per una rosa di pensieri che credo di utilità al nostro interattivo partecipare al tuo caro tema,

eppoi per parte mia so benissimo che parlare di un altro ma con le parole mie in realtà è un parlare di me, di quello che risuona in me e che mi attira proprio in quanto affine o a me appartente in qualche modo senz’altro! (del resto il controtransfert è fondante – e riconosciuto tale- nell’incontro analitico che di base è un campo dove ci sono due persone e quella nozione di terzo che dicevamo)

a presto!

Papavero

cara papavero
ho apprezzato la tua voglia fare tue associazioni al mio (frammento) di sogno.
ricordo che negli anni ’70, quando studiavo psicanalisi per gli esami universitari e soprattutto per me, leggevo anche libri letterari sui sogni (malerba, schnitzler, cetaeva, jacottet e in generale i surrealisti, lalla romano … e tantissimi altri che ora non ricordo)
questo per confermare che è bello leggere i sogni raccontati.
il sogno è uno sguardo obliquo sulla personalità. e comunque sono delle miniere simboliche.
tanto pieni di simboli, per l’appunto che ciascuno ci trova dentro quello che vuole. a tal punto che l’interpretazione può alla fina concidre con lo stesso ed unico interpretante.
è per questo che occorre leggerli dentro un rapporto analitico, ossia in relazione inerpersonale con un esperto che possiede casistica e che soptrattutto aiuta la persona a decifrare i significati anche alla luce ti tantissime altri indizi che ha con la persona che gli sta di fronte.
trovo suggestiva la tua associazione della comunità della casa/orto/giardino come simbolo della comunità bloggante, o meglio di questa piccolissima comunità che si da appuntamento qui.
non ho dubbi che il sogno voleva rimandare anche questo.
c’è di più: mi sono poi ricordato che i microgruppi del sogno stavano anche organizzando una difesa dalla invasione dei musulmani (turni di vedetta, guardie, difesa anche manu militari)
in proposito è importante che tu sappia che suimusulmani la penso totalamente coma la tua conterranea oriana fallaci e il convertito magdi allam. giudico la RELIGIONE ISLAMICA come la cultura che farà più del male alla soggettività occidentale. perchè è proprio il corano ad essere violento, prevaricatore, “razzista”, intollerante.
sono cosciente che il sogno mi parla di questa mia paura (sì: i musulmani, con la loro concezione fanatica delle religione e con le loro arcaiche concezioni sulla famiglia MI FANNO PAURA) che assume un tono difensivo. come se ci si potesse difendere così. infatti sono piuttosto pessimista sulla possibilità di difendersi. ormai l’europa ha perso ogni capacità di difesa.
il compagno di partito (molto nitido nel sogno: una persona che conosco bene e neppure troppo ideologico e ortodosso) parla di questo: di una parte politica talmente cieca e inconsapevole di quanto ha attivamente contribuito a creare che mi distoglie da questo “azione difensiva” usando due strumenti: l’aderire ad un gruppo e l’oralità di un goloso piatto di riso.
c’entra tutto questo con la prospettiva della intersoggettività?
direi di sì.
il sogno mi racconta meticolosamente quanto sia lungo il mio personale cammino su questa prospettiva di pensiero.
sono una persona piuttosto parziele, con areee di pensiero molto unilaterali e con un passato di militanza molto attiva in un partito illiberale e – alla lunga – dannoso per la stessa.
ma paradossalmente il tema mi sta a cuore proprio perchè io sono unilaterale e parziale.
per grazia di intelligenza ho la fortuna di vedere e riconoscere queste dinamiche dentro di me
ancora grazie mia cara papavera

amalteo

il sogno delle CITAZIONI, notte fra il 3 e il 4 settembre 2018

punti chiave che ricordo:

  • come catalogarle
  • ci sono tanti contenitoriùè difficile
  • sono tante mie e di altri
  • persone conosciute nel lavoro formativo
  • associo alla complessità del giardino e alla sua “sapienza” nell’organizzare le informazioni

“Sei sereno? Spesso lo sono. Vedo il significato di questa parola associata a provvisori stati esistenziali rafforzati dallo “stare in luce”. Sono sereno in giornate di sole, quando passeggio per il giardino, vedo le montagne e il brillare  delle acque del lago … “. Un frammento biografico nato da un dire di Emanuele Severino, Paolo Ferrario, 22 novembre 2017, ore 17 e 41

La forza del pensiero di Emanuele Severino consiste in questo:

la sua analisi è talmente stabile (“stà”) che diventa possibile rielaborare per se stessi il suo linguaggio argomentativo

E così mi viene in mente di “trasformare” le sue parole:

“Sei sereno?”

Spesso lo sono.

Vedo il significato di questa parola associata a provvisori stati esistenziali rafforzati dallo “stare in luce”. Sono sereno in giornate di sole, quando passeggio per il giardino, vedo le montagne e il brillare  delle acque del lago.

Percepisco come la luce permetta di vedere le cose e i colori delle cose. E’ sentendomi sereno che posso guardare ai fatti della politica e della storia o alle vicende biografiche mie e di altri. Effettivamente è la luce che aiuta a procedere in cammini oscuri, come quando si cammina in un bosco.

Come individuo sono abbastanza sereno. Non del tutto: abbastanza. C’è un filosofo che mi consente di fare chiarezza. Non so bene cosa voglia dire “essere me stesso”, tuttavia riesco a stabilire qualche differenza fra il me e la cose che mi stanno attorno, Certo ci sono molte ombre nel bosco. Ma ho sperimentato che il portarmi verso me stesso non è del tutto in conflitto con la serenità

Penso, respiro, vivo, mi relaziono  Non  mi sembra ci siano altre vie.

Quel filosofo che sta accompagnando i miei ultimi anni dice che, a causa della stessa filosofia, siamo dentro l’errore.

Forse si può “stare sereni ” (almeno un poco) anche se siamo dentro l’errore”

Paolo Ferrario, 22 novembre 2017, ore 17 e 41

 

Quanto ho scritto sopra (forse frutto dell’ “errore” ) nasce da questo dire di Emanuele Severino:

“D. Lei è sereno?
R. Penso di no.
Intravedo affinità tra il significato di questa parola e la verità. Quando parlo di serenità penso a una giornata di sole, col cielo terso, cioè a quella condizione di luce che permette di vedere le cose, di percepire i colori. È la serenità che ci consente di guardare in faccia cos’è la giustizia, la temperanza, concetti peraltro ombrosi. Solo quando c’è luce si può andare per i cammini oscuri.
Come individuo sono poco sereno, però la filosofia è il luogo della serenità e della chiarezza. Un uomo che vuole essere se stesso stabilisce una differenza tra sé e le altre cose gettando un’ombra.
Il portarsi verso se stessi è l’opposto dell’apertura della serenità. Proprio in quanto esseri pensanti non ci è data la possibilità di sentirci sereni. Così come, proprio in quanto siamo individui, non ci è data la possibilità di stare al di fuori dell’errore.”
 
Intervista di Emanuela Zanotti a Severino, in Giornale di Sicilia 1983.

il SOGNO sul RACCONTARE, notte del 19 novembre 2017

AUDIO DEL SOGNO

MAPPE del SOGNO:

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I racconti sul COLORE di Luciana:

IL COLORE ROSSO, racconto di Luciana 

IL COLORE VERDE, 14 aprile 2013, racconto di Luciana

Il COLORE GIALLO, racconto di Luciana

Il COLORE MARRONE, racconto di Luciana

Il COLORE BIANCO, racconto di Luciana

Il COLORE VIOLA, racconto di Luciana


 

i “quasi Haiku” di Paolo

https://traccesent.com/?s=quasi+haiku

REVERIE: come nasce un progetto di comunicazione dopo un sogno

CARISSIME
giro a tutte voi autrici del libro SGUARDI SUL SERVIZIO SOCIALE il messaggio che questa mattina ho inviato a M. L. , sull’onda del mio entusiasmo per questa idea che (pensate) mi è stata suggerita da un sogno
. .. sì da un sogno, … sapete quei pensieri che si fanno quando ci si sveglia e si riflette sul sogno appena fatto e che sta sfumando nella dimenticanza. allora bisogna afferrarlo. i francesi  chiamano questa operazione REVERIE. in questi casi io scrivo o registro in quei momenti
questa è la mail con un mio audio:
cara M.
non mi sono dimenticato del progetto di dare continuità al convegno di presentazione di SGUARDI SUL SERVIZIO SOCIALE
mi è venuta una idea che ti espongo in questo audio
se sei d’accordo comincio a lavorarci
ti assicuro che la gestione dei blog è una mia capacità tecnica ed è facilissimo (una volta che si impara)
ti assicuro che sarà un modo formidabile per promuovere i CONTENUTI del libro
e questo è il LINK che porta ai contenuti trattati nel libro:
nel giro dela giornata lo completo con i rimandi a tutti i SINGOLI INTERVENTI
e poi ci sarà da estrarre dal convegno anche lì tutti i singoli interventi
l’obiettivo è non perdere nulla di questo vostro eccezionale progetto
ciao a tutte e buon 2017

Reverie sui CIMITERI, 31 ottobre/1 novembre 2016, 2 tracce AUDIO


VAI ALLO SCAFFALE “SOGNI E REVIERIE DI PAOLO”:

https://traccesent.com/category/5-destino/autobiografia/sogni-e-reverie-di-paolo/


Caro Paolo

Ho ascoltato con molto piacere le tue riflessioni e mi ha fatto molto piacere che tu abbia voluto condividerle con me.

Ai temi che tu hai trattato aggiungerei anche quello di un incontro con noi stessi, o, meglio, di un incontro con il ricordo di noi stessi ai tempi in cui le persone ora morte erano ancora vive – per questo, credo ci soffermiamo spesso su tombe di persone morte da diversi anni, quando ‘noi’ eravamo giovani o giovani adulti….

Un carissimo saluto

Carla

la TERRA e le TRACCE, sogno/rêverie del 2 agosto 2016

AUDIO di  la TERRA e le TRACCE,  sogno/rêverie del 2 agosto 2016


Carteggio con CLAUDIA ROSI (contatto Linkedin)

  • è un sogno tranquillo rispetto ai cambiamenti.  Il taglio dei capelli sembra mostrare l’azione di “darci un taglio”, smettere qualcosa, perché si è riusciti a prendere una decisione rispetto alle cose che veramente contano in questo momento, cose che hanno un futuro di semplicità e di autenticità. la terra rimanda al contatto con la realtà, ma ad una realtà antica e nuova, dimenticata e ritrovata. Forse c’è ora una sintonia con la madre terra che permette al vero sé di manifestarsi. le tracce,poi, sono frammenti luminosi, per come vengono descritti, sembrano scintille primordiali, pezzi della creazione che dopo il big bang vanno cercando con pazienza, senza la persecuzione del cronos, uno spazio ,,un tempo ed un luogo in cui essere e magari non per sempre. pezzi, tracce, che non pretendono di essere messe in ordine, ma di brillare al momento giusto. alcune parti di noi sono così, disordinate, ma non prive di valore o di creatività. indicano, sogno un segno, una traccia. rispettano il divenire e mi sembrano simboliche della non azione sistematica, pratica, veloce, che dia senso sempre a tutto. tracce. si capisce che questo sogno mi è piaciuto perché appartiene un po’ a tutti. si inizia con un taglio di capelli, poi si vive semplicemente, si dà un taglio.
  • cara Claudia, devi sapere che io sono quasi calvo (calvizie da vecchiaia). dunque hai ragione: il taglio dei capelli è una sottolineatura attraverso cui il sogno mi comunica l’esigenza di cambiare. visto che si può e deve cambiare ad ogni fase del ciclo della vita. saluti cari e buon lavoro psicanalitico 
  • è, comunque, un bel sogno…lascia tracce. Saluti è Buon lavoro anche a te

Sogno mio padre: "Su Duke Ellington avevi ragione tu"

Sono abbastanza certo di non avere mai sognato mio padre (Guido Ferrario, 1917-1988).

Questa notte, invece, arriva questo sogno

Lo vedo, e lo abbraccio dicendo:

Su Duke Ellington avevi ragione tu

E’ sorpreso, ma anche compiaciuto

rêverie

rêverie / reveˈri*, fr. ʀɛvˈʀi/
[vc. fr., da rêve ‘sogno’, deriv. di rêver ‘sognare’, comp. di re- e un v. non attest. *esver ‘vagabondare’, che risale al lat. parl. *ĕxvagus ‘vagabondo’ (da văgus ‘vago’) av. 1808]
s. f. inv.
● sogno, abbandono fantastico | nel linguaggio della critica, opera dalla quale traspaiono sogni, fantasie, fantasticherie: una rêverie musicale, poetica

La parola è tratta da:
lo Zingarelli 2014
Vocabolario della lingua italiana
di Nicola Zingarelli
Zanichelli editore

il sogno dell'edicola specializzata: OCCIDENTE, notte del 29 agosto 2014

Mi trovo ospite in una casa non mia.

Esco e mi perdo nella città.

Finisco in una edicola specializzata. Vado nel settore Politica Internazionale e cerco riviste e giornali. Il tema chiave è OCCIDENTE.

Fra gli scaffali delle vendite di seconda mano vedo libri e riviste che mi appartenevano nel passato. In particolare c’è la collezione de La Vasca.

Sogno: l'uomo-nano che ancora aggiunge mattoni

Sto scappando  … anzi: sto tornando indietro da un luogo sconosciuto in cui ero stato.
Fa freddo. Il paesaggio è cosparso di neve.
La strada si interrompe su una casa strana: quasi un castello, con torrette e guglie. Le pareti sono gialle, ci sono tetti con coppi arancione.
Per andare oltre devo salire sulla casa: senza salire lì non posso andare oltre, non posso proseguire.
Salgo su una torretta, mi aggrappo al tetto, infilo la mano sotto il tetto edi incontro, agghiacciandomi dalla paura, una mano.
Sotto c’è un piccolo uomo, un uomo/nano in miniatura tutto arancione, dello stesso colore dei mattoni.
Sta aggiungendo mattoni ai muretti interni.
Sta ancora lavorando, nella fatica e in una quasi-schiavitù.
La casa/castello che blocca momentaneamente il ritorno deve ancora essere costruita.

Il sogno in cui Keith Jarrett non vuole ascoltare un suo concerto (notte fra il 23 e il 24 dicembre 2009)

Sono andato ad un concerto di Keith Jarrett. Forse suonava il trio, ma il protagonista assoluto era stato lui.
Torno a casa stordito dalla bellezza della musica suonata quella sera.
La casa, una vecchia casa,  è in campagna, su un colle, lontana ed isolata.
Ho solo voglia di far sentire al mondo l’emozione provata nel sentire le creature dell’aria intessute nelle note.
Incontro keith Jarrett.
Sì: lui è lì con me nella casa.
Mi manca il fiato per solo tentare di raccontare cosa avevo provato e perchè.
Ho la registrazione.
Metto nel lettore e dico – come faccio sempre quando tento di trasferire le mie ipnosi musicali – che occorre sottrarre dal fluire del tempo uno spazio per provare a ricreare la stessa situazione. E’ così che si deve fare: occorre assecondare l’indole della musica, che è quella di fermare il tempo in una serie di attimi che assomigliano all’eternità.
Nessuno vuole farlo. Nessuno vuole dedicare tempo al tempo.
Neppure Keith Jarrett vuole. Sì: perfino lui si rifiuta di fermarsi a ri-ascoltare quel concerto che mi aveva fatto andare in estasi.
Allora me ne vado nella stanza dell’ascolto, la stanza “conclusa”, e avvio il lettore.
Le note cominciano ad espandersi e a prendere posto nello spazio.
Lui, Keith Jarrett (proprio lui), è fuori, ma si affacci alla finestra, quasi rassegnato. Guarda dentro con la testa appoggiata al davanzale e ascolta.
Io mi immagino una tastiera del pianoforte, dispongo le mani e le dita come per muoverle sulla tastiera e dico … “ha suonato così” …

Sogno: Sono in cerca di un francobollo per spedire un grosso pacco

La notte scorsa ho fatto un sogno che ricordo solo vagamente attraverso alcune immagini.

Sono in cerca di un francobollo per spedire un grosso pacco. Mi aiuta una persona che vive di espedienti. Mi consegna il necessario francobollo e, inoltre, mi regala altri pacchi che (dice lui) conterrebbero biscotti. Sono tentato di pagarlo per i piaceri che mi sta facendo, ma esito. Il treno sta partendo.

Il sogno mi ha svegliato in modo brusco: impossibile riprendere sonno.

E’ ancora buio, ma si fa avanti il chiarore del mattino.

Apro il libro:

James Hillman, L’anima del mondo, conversazione con Silvia Ronchey, Rizzoli, 1999.

E quasi subito si impone alla mia attenzione l’immagine del Daimon.

Hillman usa con sapienza ed empatia comunicativa le immagini per analizzare lo psichismo umano.

Cosa è quella “sensazione di avere in noi qualcosa che ci rende unici, differenti e peculiari” (pag 12) ?

Socrate lo chiama demone (daimon è il termine greco).

Questa figura è la personificazione del destino.

Altri modi di definirlo sono: spirito guida, voce interiore o, in un contesto religioso, angelo custode.

Stando all’interno di questa linea riflessiva, dunque, il demone e l’angelo sono due aspetti della stessa forza: quella spinta, che ci accompagna in tutto il corso della vita, a diventare quello per cui siamo venuti al mondo.

In altri scritti Hillman ha chiamato questa forza la ghianda che ha già in sé tutte le istruzioni per assumere la sua forma vegetale. per la quale sarà riconosciuta per quello che è.

"ciò che è è l'esserci della presenza al cospetto d'altra presenza quale è infinito della vita"

da: Silvia Montefoschi, L’ULTIMO TRATTO DI PERCORSO DEL PENSIERO UNO. Escursione nella filosofia del XX secolo, Zephyro editore, Milano

Reverie IN THE KEY OF OM, 19 giugno 2009

ore 3

mi sveglio in piena notte.

Il sonno mi ha abbandonato o io ho abbandonato il sonno.

Mi metto all’ascolto di Music in The Key of Om  di Dejohnette

… immagino …

immagino una mano che fa scendere fra le dita la sabbia che disegna un elemento ricorsivo di un mandala

Musica costituita da tre elementi sonori: un tappeto armonico, un sax che parla, rintocchi di campane che attivano un luogo

Dialoghi con il sogno: una serata con Paolo Cozzaglio, Paola Manzoni, Sergio Bettinelli

Dio, che pioggia!

Da Como oltrepasso Cantù, passando per vie conosciute. Mi perdo una volta, poi trovo la strada giusta per Mariano Comense

… Dio, che pioggia …

Gli scrosci delle pozzanghere fanno traballare la precaria Hyunday. Sempre qualcuno dietro con le sue luci, sempre qualcuno di fronte con le sue luci. Non sono tranquillo: sono un viaggiatore da treni

Oltrepasso lo svincolo, faccio la discesa, vedo un cartello “Centro”, ma il centro svanisce. Mi sono perso per la seconda volta. Vedo una persona: “si va di là, poi gira a sinistra e torna indietro: il paese è così”.

Mi perdo per la terza volta. Decido di tornare a Como. Ma riprovo: una ragazza sotto la tenda del bar mi dice: lì a destra. Insomma: sono arrivato.

La questione è che occorre re-imparare a raccontare i sogni, come si è già fatto alle origini delle civiltà umane.

Ma prima ancora occorre imparare a riconoscerne il valore.

Dunque: è ancora una volta questione di apprendimento ed intenzione

E’ questo il cuore del libro:

a cura di Paolo Cozzaglio, DIALOGHI CON IL SOGNO: incontri diurni e notturni con l’inconscio, Zephyro Edizioni, Collana ANIMA & SPIRITO a cura di Baldo Lami

Tre fra gli autori (Cozzaglio stesso, Paola Manzoni e Sergio Bettinelli) argomentano sul tema in un incontro pubblico alla sala civica di Mariano C. , la sera del 2 aprile 2009.

Ben 50 persone in sala, di cui 10 uomini. E’ è sempre così, un po’ per la mortalità più precoce, un po’ perché sono le donne quelle che più tendono alla creatività. Vista la pioggia a dirotto e lo stato della cartellonistica è un successo.

Ma c’è un perché.

Molti dei presenti hanno già fatto un corso sui sogni con il dott Foieni (non so se ho sentito bene il nome) all’interno delle iniziative per la vecchiaia attiva della Unitre – Università della terza età.

Lui è accogliente e bravo. Dice che il corso era centrato sulla storia dei sogni, i loro tipi, e sulla lettura in gruppo. Sembra proprio che gli incontri siano andati bene.

Ecco gli ingredienti alchemici di un incontro serale riuscito: un tema che ci tocca personalmente, un po’ di preparazione personale, un docente che sa fare il suo mestiere, tre esperti senza spocchia professorale.

Ma alle spalle e sotto la superficie c’è ancora qualcosa: un editore di nicchia qualitativa e il fantasma di una vivente.

L’editore Zephyro e l’animatore della collana Baldo Lami, che hanno pubblicato il libro su come apprendere a dialogare con il sogno (grande opera a mio modesto giudizio) e Silvia Montefoschi.

Beh sì: Silvia era lì. In quella sala vedevo concretamente il suo grande progetto filosofico e psicologico: il lavoro sulla propria singola e personalissima psiche è un lavoro sociale. Nella psiche individuale si rispecchia e rifrange la psiche universale. E la psicoanalisi è lo strumento relazionale che rivela questa connessione, perché è:

il culmine del momento conoscitivo umano del reale,

che rivela l’essere così com’è,

nell’atto di interrogarsi su se stesso

citato in Cozzaglio, op.cit. p. 18

Vengo agli appunti della conversazione della sera.

Paolo Cozzaglio, in una sintesi davvero magistrale, sviluppa il suo ragionamento attorno a 5 punti:

  • La modernità ed il positivismo hanno fatto perdere il significato che le persone hanno sempre dato al sogno. Le neuroscienze, tanto in auge oggi, vanno sempre di più in questa direzione. Perdiamo così qualcosa di noi.
  • Freud produce una prima rivoluzione affermando che: i sogni hanno un significato; parlano al singolo sognatore; dicono qualcosa d’altro alla persona, gli suggeriscono altri aspetti di sé. Tuttavia per Freud il sogno è un occultamento, piuttosto che uno svelamento: si presentano camuffati, per evitare i conflitti con le grandi forze che presiedono la psiche umana (eros e thanatos, amore e aggressività, pulsione di vita e pulsione di morte). “per Freud il linguaggio onirico è l’attuazione mascherata di un desiderio proibito” (op. cit. p. 28)
  • Jung va oltre ed imbocca un’altra strada. Il sogno non è solo una espressione della propria psiche individuale. Il sogno, attraverso i simboli, ci mette a contatto con il patrimonio di tutti gli esseri umani, così come fa l’arte. Dunque il sogno non occulta, bensì svela: dice cose nuove sull’individuo ma anche sulla umanità tutta

  • Silvia Montefoschi parte da Jung, ma a sua volta va oltre ed imbocca ancora un’altra strada. Il sogno ha un significato universale, perché i problemi personali rispecchiano la situazione sociale. La singola persona, attraverso il processo che lei chiama “intersoggettività” esprime la condizione umana di fronte alla sua storia. In questa prospettiva Montefoschi definisce il simbolo in due modi “il modo di dire di un indicibile”, e il “modo di dirsi di un indicibile” (op.cit. p. 18). Colloca cioè il lavoro di rapporto con i simboli nel quadro di relazioni intersoggettive significative
  • I sogni non hanno la stessa valenza emotiva. Ed occorre lasciar parlare anche quelli negativi , perché sono interlocutori di noi stessi che danno orizzonti di senso attraverso le immagini

Paola Manzoni ha sviluppato questo ragionamento:

  • Occorre prestare attenzione ad una serie di sogni (perfino quelli di un anno). Attraverso i loro mutamenti noi apprendiamo anche il nostro mutamento. Vedendo come cambiano le nostre immagini interiori prendiamo consapevolezza che noi stessi mutiamo. E questo allarga la superficie della consapevolezza
  • I sogni non aiutano a trovare la felicità, tuttavia aiutano a trovare un senso: il che non è poca cosa
  • Mettiamoci in gioco, come fanno i bambini. Giochiamo con i sogni. Apriamo le orecchie : “ascolta questa voce”
  • Il mondo occidentale tende a separare mente e corpo. Ma noi siamo esseri unitari. Solo partendo dalle nostre ferite (la sofferenza psichica e somatica) possiamo intraprendere le vie della conoscenza
  • In questa chiave anche un incubo ci dice: … ascolta … allarga lo sguardo. Se ci lasciamo andare il sogno diventa un compagno prezioso

Sergio Bettinelli ha sollecitato l’attenzione al tema del transfert. Però lo ha detto con parole semplici ed empatiche:

  • Il sogno è una manifestazione dell’inconscio e quindi aiuta a conoscere i problemi
  • Ma la questione cruciale è : quale è il problema?
  • Quando i due inconsci (quello del paziente e quello dell’analista) cominciano a parlarsi ecco che si istaura una benefica relazione per entrambi i soggetti, che si parlano attraverso i sogni. Il sogno, dunque, è l’oggetto comune della relazione intersoggettiva. E’ questa triangolazione a produrre l’energia necessaria a far fronte alle esigenze di trasformazione personale

Le persone del pubblico hanno immediatamente interagito con i relatori, mentre il dott. Foieni era in evidente soddisfazione per il successo formativo del corso e per l’andamento veramente sereno e produttivo della serata.

Riassumo qui ancora qualche punto significativo in termini di apprendimento ed allargamento della coscienza:

  • Meglio scrivere i sogni. Sono materiali preziosi da non perdere. Magari si ricorderà solo qualcosa, ma piano piano si riacquisterà l’abitudine a ricordarli. Si scopriranno cose fantastiche
  • Non esagerare con l’interpretazione. Talvolta l’interpretazione è una gabbia razional razionalistica che ne riduce la forze espressiva.
  • La domanda giusta non è “cosa vuol dire il sogno”? ma “cosa vuoi dire con il sogno”? e questo è possibile farlo solo attraverso rapporti dialogici
  • Il tempo per sè della pre-vecchiaia diventa una opportunità straordinaria per riflettere, per darsi spazio e tempo per fare riemergere queste dimensioni assopite. In proposito mi è venuta una associazione con un altro libro molto arricchente della collana Anima & Spirito: Jane R. Prétat, La terza donna: gli anni d’oro della trasformazione della terza età (Coming to age. The croning Years and Late-Life Transformation, 1994), Zephyro edizioni, 2001. Sostiene questa autrice: “Uno dei cambiamenti più importanti che si verificano nella nostra vita sta cominciando solo da poco a essere oggetto di attenzione. Negli anni compresi fra la mezza età e la vecchiaia, in quel periodo della vita in cui non si è più nel fiore degli anni ma neppure ancora davvero vecchi, la maggior parte di noi subisce un processo di transizione. Corpo ed anima indugiano sulla soglia della vecchiaia. Fra i cinquanta e i settant’anni siamo chiamati ad affrontare una profonda trasformazione. La vita cambia radicalmente e lo stesso succede a noi, al nostro corpo, alla nostra psiche, alla nostra mente e al nostro spirito. Questo, anche se è augurabile, è proprio ciò che ci fa paura” op.cit. p. 13
  • I sogni hanno anche una valenza compensativa: raccontano la parte di te che non volevi riconoscere
  • Cos’è l’inconscio collettivo? Sono le radici salde che vanno oltre noi. Un albero con radici forti regge alle bufere
  • Il Cepei- Centro di psicologia evolutiva intersoggettiva da qualche anno raccoglie in forma anonima i sogni che le persone inviano spontaneamente. Non c’è interpretazione, che richiede un rapporto intersoggettivo. Tuttavia questa raccolta ha già oggi il valore di far intra-vedere quel valore universale dei simboli, di cui parlavano Jung e Montefoschi

Conclusione

In quella sala, in una cittadina della Brianza comasca, dentro una notte buia e piovosa, 50 persone si sono ritrovate, come in un rituale sociale, a recuperare la possibilità di conoscersi meglio (e così di conoscere il mondo esterno).

Lei, Silvia Montefoschi, la pioniera della unità fra persona e società attraverso la mediazione della psiche, era lì a trovare conferma della fecondità della sua teoria del vivente

Il sogno dei polacchi che non danno la strada ai buddisti

Incrocio di due strade di grande traffico.
C’è la fila delle automobili con dentro i buddisti tibetani. All’incrocio dovrebbero girare a sinistra, ma la fila è ferma, perchè sulla strada di destra le automobili continuano a viaggiare.
Un buddista mi dice:
“Sono prevalentemente i polacchi che non lasciano viaggiare”

Il sogno del negro sofferente

Sono all’aperto, in un cantiere stradale. Gli operai sono sporchi di sudore.
Nel punto in cui si deve stendere il nastro di asfalto c’è un uomo di carnagione scura, avvolto in un pastrano.
E’ steso su una rete appoggiata sull’asfalto liquido, Fra i piedi tiene una pertica di ferro e la muove a leva su e giù, per fare attrito.
E’ così che si deve fare per stendere l’asfalto. E’ così che deve fare lui. E’ solo lui che lavora. Gli altri lo guardano.
Questa azione è terribilmente faticosa e vedo il suo sguardo carico di dolore.
I suoi occhi (ah che occhi ! …) parlano di una fatica intollerabile e di un carico di dolore che solo lui deve sopportare.
Si ferma. Non ce la fa più. Lo tirano fuori, con il suo pastrano che lo copriva.
Mi guarda e incrocio i suoi occhi che incarnano la sofferenza

IL SOGNO della ACCETTAZIONE delle PARZIALITA’, fine analisi junghiana con Claudio Risè (1978/1992): audio e scritto del 29 dicembre 1992

  • AUDIO DEL SOGNO del 29 dicembre 1992:


Qui l’AUDIO  in formato Mp3:

 Sogno della accettazione delle parzialità, 29 dicembre 1992 


Appunti del 17 febbraio 2007, ai tempi del Blog su Splinder

Dò molta importanza agli eventi casuali che costellano la mia esistenza.
Dico sempre che niente avviene a caso. Nel caso c’è sempre un messaggio da trovare e comprendere.
Bene. Qualche giorno fa  Batsceba (blogger di splinder con la quale ho perso i contatti) ha invitato sul suo blog a parlare di qualche proprio sogno. Un invito interessante, perchè talvolta propongono immagini potentissime.
I sogni sono una cosa seria, impegnativa. Sono anche qualcosa di un po’ sacro. Parlo di una sacralità interiore.
Proprio in quelle ore, riordinando la mia biblioteca avevo trovato un pacco di miei sogni, risalenti ad un periodo in cui non solo alla mattina li ricordavo, ma addirittura li ricopiavo per conservarli. Appunto come qualcosa di sacro, in quanto proveniente da quella parte di me non controllata dalla coscienza.
E così ho tirato fuori il sogno della accettazione delle parzialità.
Quella notte mi svegliai di colpo con l’impellente bisogno di scriverlo.
E’  fantastico svegliarsi in piena notte.  Spinto da una forza  irresistibile  di fare  i conti con me stesso.
Di questi tempi non mi capita più.
Per forza: sono sempre qui attaccato al blog … anche per la canzone di mezzanotte … si dorme poco … si ricorda poco dei sogni …

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Trascrizione del sogno della notte del 29 dicembre 1992, ore 2 e 20

Primo momento: un pezzo del sogno

Ho partecipato ad alcuni gruppi di incontro psicologico con fini terapeutici. Di quelli molto diffusi negli Stati Uniti, nei quali le persone si trovano per più giorni ed effettuano intense esperienze di comunicazione interpersonale e corporea.
In una di queste esperienze mi assumo io il compito di guidare un piccolo gruppo di attività creativa: mi pare di una cosa pittorica.
Il punto fondamentale è questo: non c’ è un momento di comunicazione complessiva al gruppo globale di questa singola esperienza che io conduco. Il piccolo gruppo non comunica a quello grande ciò che è successo.
Questo crea dei conflitti e qualcuno mi chiede il perché di questo.
Io lo liquido abbastanza velocemente ed una ragazza prende le mie difese e mi da ragione, dicendo che il desiderio invadente di sapere è un problema di quella persona, non mio.

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Secondo momento: rêverie sul sogno

In sé il sogno potrebbe fornire pochi messaggi significativi.
Sennonché quella notte feci  una lunga “Reverie”, ossia una riflessione fra il conscio ed il dormiente di cui parla il filosofo francese Gaston Bachelard. Una esperienza davvero piena di anima.
E questo è il commento, registrato quella notte e poi da me trascritto dalla voce notturna e conservato come uno dei più potenti messaggi che il mio inconscio mi abbia suggerito:

Mi sono chiesto se qui ci sia anche un messaggio di valutazione del punto in cui sono nel percorso della mia vita e della stessa analisi. Come se fossi ad un bivio.
In particolare mi viene in mente la mia attuale situazione esistenziale.
Mi trovo nella condizione di poter accettare una serie di mie parzialità psicologiche.
Un esempio di parzialità è quella per cui, pur non avendo capacità grafiche, ultimamente imposto quasi tutto il mio lavoro didattico utilizzando le immagini.
Certe immagini geometriche, che tuttavia hanno un effetto evocativo non basato sulla parola.
Una seconda mia parzialità è quella per cui, pur non avendo una cultura filosofica (neppure elementare), sento di aver bisogno di riferimenti filosofici che ricerco anche in modo confuso ed eclettico nelle mie ricerche bibliografiche. Ed alcuni concetti, magari avvicinati in modo semplificato e superficiale, entrano a far parte della mia attività culturale.
Io credo che questo abbia a che fare con la mescolanza fra discorsi tecnici e spazio creativo. Mi rendo conto di avere due tipi di attività psichica: una collegata alla razionalità e un’altra – più laterale – in cui mi permetto di dare spazio alla creatività.
Dunque vivo esperienze parziali.
E allora forse questo sogno sta dicendomi qualcosa di molto significativo su come e dove orientare il tempo che resta della mia vita.

Terzo momento: ripresa del sogno

Ed ecco che , in questo momento , del sogno ricordo ancora qualcosa …. Qualcosa ancora sta affiorando … Era lì sopito …  Ma la Reverie lo estrae.

I fatto è che tutti ce ne andiamo da quel luogo terapeutico, ognuno va per conto suo.
Io però poi provo il desiderio di scrivere a ciascuno una lettera, pur rendendomi conto che è una cosa scorretta, in quanto per farlo devo andare ad indagare sugli indirizzi privati delle persone e questo non fa parte della situazione relazionale che avevamo impostato nel gruppo.
A ciascuno dico la mia e più o meno faccio un discorso sull’importanza del “politeismo dei valori”.
Cioè dico  che ciascuno prende dalla vita alcune occasioni,ed in queste occasioni l’importante è valorizzare la soggettività di ciascuno. Nel senso che le esperienze consentono di esprimere la soggettività di ciascuno.
E nella lettera dico che sono contento per l’esistenza di ognuno di loro.
Ma l’esperienza si è conclusa lì.
Il cammino insieme si è concluso.
E se io non ho potuto dire a loro che cosa era avvenuto nell’ esperienza di gruppo che avevo gestito, questo non era un errore mio, ma semmai un problema di progettazione dell’’ attività terapeutica complessiva.
E che bisogna accettare che ci sono delle situazioni nelle quali non si riesce a fare tutto.
E che nonostante questo, io conservavo dentro di me un’immagine di ciascuno molto intensa.
E c’ è anche l’esigenza di provare a cambiare la vita.
Di essere più attivo nel mio progetto esistenziale.
Cioè devo attivamente prendere atto che sono ad un punto del percorso in cui posso accettare le parzialità della mia storia personale e che contemporaneamente devo fare uno sforzo attivo su di me.
E percorrere un’altra strada del bivio.

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In quella notte finiva il mio lungo cammino di analisi, iniziato nel settembre 1978 :   mi ricordo … L’APPUNTAMENTO, narrazione dal lontano settembre 1977.

Grazie, Claudio

2016-10-19_160842

mi ricordo che iniziava l’analisi, 14 settembre 1978


Rèverie sul ciclo del fuoco, ispirato da Gaston Bachelard. Video youtube, 2006

Gaston Bachelard (1884-1962) è un filosofo affascinante.

In una prima fase della sua vita si è concentrato sulla conoscenza scientifica e sulla necessità per questo tipo di pensiero di contrastare i saperi precedenti.

Poi, nella seconda fase del suo ciclo di vita, si è abbandonato (mantenendo un forte legame con la sua precedente ricerca) alla “poétique de la rèverie ”,intesa come una situazione in cui l’individuo si abbandona alla propria immaginazione.

La 
rèverie (parola difficilmente traducibile nella lingua italiana: fantasticheria, sogno, immaginazione fantastica) si distingue dal sogno per il fatto che la coscienza dell’ io è attiva.
Inoltre la rèverie comporta una relazione con l’infanzia, quindi con la propria biografia:
“Quando fantasticava nella sua solitudine, il bambino conosceva una esistenza senza limiti. La sua rèverie non era semplicemente una rèverie di evasione. Era una rè­verie di volo.
Vi sono rèveries infantili che nascono all’accendersi di un fuoco  … Così, le immagini infantili, immagini create da un bambino, le immagini che un poeta ci dice create da un bambino sono per noi manifestazioni dell’infanzia permanente”
In La poetica della rèverie Dedalo Libri, p. 110-111
Confesso che il mio pensiero non arriva a comprendere a fondo la filosofia di Bachelard: è un autore arduo, che gira attorno a categorie difficili.

Tuttavia la parte intuitiva della mia personalità ne è stata catturata, come in questa meditazione attorno ad un fuoco che è capitata così, senza alcuna preparazione ma solo con la spinta di lasciarsi andare ad un momento della giornata.


Rèverie davanti al fuoco

Gaston Bachelard (1884-1962) è un filosofo affascinante.
In una prima fase della sua vita si è concentrato sulla conoscenza scientifica e sulla necessità per questo tipo di pensiero di contrastare i saperi precedenti.
Poi, nella seconda fase del suo ciclo di vita, si è abbandonato (mantenendo un forte legame con la sua precedente ricerca) alla “poétique de la rèverie ”,intesa come una situazione in cui l’individuo si abbandona alla propria immaginazione.
La 
rèverie (parola difficilmente traducibile nella lingua italiana: fantasticheria, sogno, immaginazione fantastica) si distingue dal sogno per il fatto che la coscienza dell’ io è attiva. Inoltre la rèverie comporta una relazione con l’infanzia, quindi con la propria biografia:

“Quando fantasticava nella sua solitudine, il bambino conosceva una esistenza senza limiti. La sua rèverie non era semplicemente una rèverie di evasione. Era una rè­verie di volo.
Vi sono rèveries infantili che nascono all’accendersi di un fuoco  … Così, le immagini infantili, immagini create da un bambino, le immagini che un poeta ci dice create da un bambino sono per noi manifestazioni dell’infanzia permanente”

In La poetica della rèverie Dedalo Libri, p. 110-111

Confesso che il mio pensiero non arriva a comprendere a fondo la filosofia di Bachelard: è un autore arduo, che gira attorno a categorie difficili.
Tuttavia la parte intuitiva della mia personalità ne è stata catturata, come in questa meditazione attorno ad un fuoco che è capitata così, senza alcuna preparazione ma solo con la spinta di lasciarsi andare ad un momento della giornata.

da Rèverie davanti al fuoco | Tracce e Sentieri, 5 Agosto 2004 – 8 Novembre 2011.

ho sognato una campagna elettorale in cui il Centro Destra fa a meno della Lega e il Centro Sinistra fa a meno di Rifondazione comunista

8 luglio 2003

Sogno

Questa notte ho sognato una campagna elettorale in cui il Centro Destra fa a meno della Lega e il Centro Sinistra fa a meno di Rifondazione comunista.

Il sogno sfuma su chi vince.

Ma poi il ricordo torna sui leghisti che tornano nelle valli infinitamente meno arroganti di quello che sono e sui rifondaroli che si ritirano nei loro territori sociali. Questi ultimi, però, li vedo vedo contenti a specchiarsi nella loro “diversità”, ostentando aristocratico disprezzo per tutti coloro che non hanno lo stesso furore ideologico. Moderni Narcisi che fanno annegare nell’acqua se stessi e tutti noi che non vorremmo questa orrenda destra che è peggio di tutte le destre europee.

Mi accorgo che quella campagna elettorale era un sogno, ma per qualche ora notturna sono stato felice.

ho sognato una campagna elettorale in cui il Centro Destra fa a meno della Lega e il Centro Sinistra fa a meno di Rifondazione comunista

Questa notte ho sognato una campagna elettorale in cui il Centro Destra fa a meno della Lega e il Centro Sinistra fa a meno di Rifondazione comunista.

Il sogno sfuma su chi vince.

Ma poi il ricordo torna sui leghisti che tornano nelle valli infinitamente meno arroganti di quello che sono e sui rifondaroli che si ritirano nei loro territori sociali.

Questi ultimi, però, li vedo vedo contenti a specchiarsi nella loro “diversità”, ostentando aristocratico disprezzo per tutti coloro che non hanno lo stesso furore ideologico. Moderni Narcisi che fanno annegare nell’acqua se stessi e tutti noi che non vorremmo questa orrenda destra che è peggio di tutte le destre europee.

Mi accorgo che quella campagna elettorale era un sogno, ma per qualche ora notturna sono stato felice.

"Osservare la polvere in un raggio di sole ci aiuta a vedere l'invisibile"

Osservare la polvere in un raggio di sole ci aiuta a vedere l’invisibile

Un esercizio per il 2003

Durata: dai quindici ai trenta minuti
Materiale: una camera, un raggio di luce
Effetto: rassicurante

Una stanza alquanto buia. Imposte socchiuse. Attraverso esse un raggio di
luce. Sole vivo, cocente, raggi obliqui dell’alba o del tramonto. Nella luce
che attraversa l’ombra si stagliano innumerevoli scintillii. È certamente
uno degli spettacoli più emozionanti e più magici che gli uomini possano
contemplare.
Migliaia di piccolissime schegge che trattengono e riflettono la luminosità
piroettano, girano, passano e ripassano. Puntini, bastoncini, microscopiche
piume, infimi fiocchi, minuscole cose aeree, leggere, danzanti attraversano
la luce in modo sublime, serio e gioioso, terribilmente indaffarati,
agitati da vortici e itinerari impossibili da seguire. Frammenti di
traiettorie, puri lampi di vita.
Ciò che colpisce di più in questo miracolo dello scintillio è la densità.
Tralasciate i ricordi dell’infanzia, i giochi di un tempo, le case di
campagna, l’odore degli armadi se è il caso. Non vi aggrappate a questi
strabilianti granelli. Il confine tra la luce e le tenebre è
improvvisamente così rigido, netto e diretto che ci sembra quasi possibile
toccarlo con mano. Il brulichio delle particelle appare e scompare
dall’altra parte della barriera. Ed è qui che è possibile sognare.
Sono poche le esperienze semplici che danno così intensamente la sensazione
di un mondo invisibile improvvisamente svelato. Nel raggio di luce appare
come un pezzo di spazio diverso, inserito nel nostro, un universo
dell’altra faccia, del rovescio del globo, dell’altrove, reso di colpo
visibile come per effrazione.
Come sarebbe il mondo se vedessimo scintillare continuamente, ovunque e
sempre la polvere? Non c’è continuamente, ovunque e sempre uno strato
invisibile e al tempo stesso presente? Uno strato che è possibile
raggiungere, uno spazio incastrato in quello che conosciamo?
E se si trattasse solo di saper socchiudere bene le imposte?

Da: Roger – Pol Droit, Piccola filosofia portatile, Rizzoli, 2001, pagg.
87-88

Il sogno della accettazione della parzialità, Notte del 29 dicembre 1992 ore 2 e 20

Audio del

Sogno della parzialità, 29 dicembre 1992  in formato Mp3

Notte del 29 dicembre 1992 ore 2 e 20
Ho partecipato ad alcuni gruppi di incontro psicologico con fini terapeutici. . Di quelli molto diffusi negli Stati Uniti, nei quali le persone si trovano per più giorni ed effettuano intense esperienze di comunicazione interpersonale e corporea.
In una di queste esperienze mi assumo io il compito di guidare un piccolo gruppo di attività creativa: mi pare di una cosa pittorica.
Il punto fondamentale è questo: non c’ è un momento di comunicazione complessiva al gruppo globale di questa singola esperienza che io conduco. Il piccolo gruppo non comunica a quello grande ciò che è successo.
Questo crea dei conflitti e qualcuno mi chiede il perché di questo.
Io lo liquido abbastanza velocemente ed una ragazza prende le mie difese e mi da ragione, dicendo che il desiderio invadente di sapere è un problema di quella persona, non mio.

In sé il sogno potrebbe fornire pochi messaggi significativi.
Sennonché quella notte feci una lunga Reverie, ossia una riflessione fra il conscio ed il dormiente di cui parla il filosofo francese Gastone Bachelard. Una esperienza davvero piena di anima.
E questo è il commento, registrato quella notte e poi da me trascritto dalla voce notturna e conservato come uno dei più potenti messaggi che il mio inconscio mi abbia suggerito:

“Mi sono chiesto se qui ci sia anche un messaggio di valutazione del punto in cui sono nel percorso della mia vita. Come se fossi ad un bivio.
In particolare mi viene in mente la mia attuale situazione esistenziale.
Mi trovo nella condizione di poter accettare una serie di mie parzialità psicologiche.
Un esempio di parzialità è quella per cui, pur non avendo capacità grafiche, ultimamente imposto quasi tutto il mio lavoro didattico utilizzando le immagini.
Certe immagini geometriche, che tuttavia hanno un effetto evocativo non basato sulla parola.
Una seconda mia parzialità è quella per cui, pur non avendo una cultura filosofica (neppure elementare), sento di aver bisogno di riferimenti filosofici che ricerco anche in modo confuso ed eclettico nelle mie ricerche bibliografiche. Ed alcuni concetti, magari avvicinati in modo semplificato e superficiale, entrano a far parte della mia attività culturale.
Io credo che questo abbia a che fare la mescolanza fra discorsi tecnici e spazio creativo. Mi rendo conto di avere due tipi di attività psichica: una collegata alla razionalità e un’altra – più laterale – in cui mi permetto di dare spazio alla creatività.
Dunque vivo esperienze parziali.
E allora forse questo sogno sta dicendomi qualcosa di molto significativo su come e dove orientare il tempo che resta della mia vita.

Ed ecco che , in questo momento , del sogno ricordo ancora qualcosa …. Qualcosa ancora sta affiorando … Era lì sopito … Ma la Reverie lo estrae.
I fatto è che tutti ce ne andiamo da quel luogo terapeutico, ognuno va per conto suo.
Io però poi provo il desiderio di scrivere a ciascuno una lettera, pur rendendomi conto che è una cosa scorretta, in quanto per farlo devo andare ad indagare sugli indirizzi privati delle persone e questo non fa parte della situazione relazionale che avevamo impostato nel gruppo.
A ciascuno dico la mia e più o meno faccio un discorso sull’importanza del politeismo dei valori.
Cioè dico che ciascuno prende dalla vita alcune occasioni, ed in queste occasioni limportante è valorizzare la soggettività di ciascuno. Nel senso che le esperienze consentono di esprimere la soggettività di ciascuno.
E nella lettera dico che sono contento per l’esistenza di ognuno di loro.
Ma l’esperienza si è conclusa lì.
Il cammino insieme si è concluso.
E se io non ho potuto dire a loro che cosa era avvenuto nell’ esperienza di gruppo che avevo gestito, questo non era un errore mio, ma semmai un problema di progettazione dell’’ attività terapeutica complessiva.
E che bisogna accettare che ci sono delle situazioni nelle quali non si riesce a fare tutto.
E che nonostante questo, io conservavo dentro di me un’immagine di ciascuno molto intensa.
E c’ è anche l’esigenza di provare a cambiare la vita.
Di essere più attivo nel mio progetto esistenziale.
Cioè devo attivamente prendere atto che sono ad un punto del percorso in cui posso accettare le parzialità della mia storia personale e che contemporaneamente devo fare uno sforzo attivo su di me.
E percorrere un’altra strada del bivio.

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La mia abbastanza lunga analisi (1978-1992) si concluse quella notte del 1992.

Grazie a Claudio R.

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Il sogno di Tullio Aymone, 26 novembre 1991

Da Milano in un paese diverso.

Sento la voce di Tullio Aymone. Chiedo di salire. La stanza è povera. Lui non c’è. Mi sento umiliato e preso in giro.

Scendo. Vedo sulla finestra una donna bionda. Più avanti una donna nera: “Sei al capolinea”

Rido felice.

Ritorno nella stanza di Aymone. Ora è arredata.

Sono più sereno.

Improvvisamante lui compare. Ma non è lui, ma un uomo che assomiglia a C.R. .

Mi suggerisce un libro su Gorbaciov e San Francesco, il cui titolo mi sembra: “Il settore come vita tecnologica”.

Corpo e Psiche

Ricordi dagli anni ’80, trascritti da appunti scritti su fogli e foglietti

Da appunti scritti, forse risalenti agli anni ’80. In un periodo di ancora più forte attenzione alla psiche, ai suoi aspetti, ai suoi rapporti con il corpo.

EVOCAZIONE VISIVA

Visualizza:

– una penna che scrive lentamente il tuo nome

– un numero, una cifra. Poi sostituiscilo con un numero di due cifre. Poi con uno di tre … Fino al limite di cifre che puoi visualizzare. Immagina quel numero per due minuti

– varie forme colorate: un triangolo giallo, un cerchio blu, una stella verde a cinque punte …

EVOCAZIONE TATTILE

Immagina di:

– dare la mano a qualcuno, sentirne la superficie e la pressione sulla tua mano

– accarezzare un gatto o un cane

– toccare: la corteccia di un albero, neve appena caduta, sabbia, l’acqua di una cascata, una piuma

EVOCAZIONE OLFATTIVA

immagina di annusare:

– un fiore

– aria pura di montagna in una foresta di pini

– legno che brucia

– il mare

– pane che esce dal forno

EVOCAZIONE CINESTESICA

immagina di:

– camminare lungo una spiagggia

– guidare l’auto (percepisci con precisione ogni gesto, girare il volante, premere i pedali …)

– nuotare, giocare a tennis …

– tagliare il legno con l’accetta

EVOCAZIONE DEL GUSTO

percepisci con l’immaginazione il gusto di:

– una banana

– mandorle

– panna montata

EVOCAZIONE UDITIVA

ascolta questi suoni immaginari:

– una voce che ti chiama

– il rumore del traffico

– il suono della pioggia

– persone a una festa

– qualcuno che cammina piano nel buio

– il fruscio di foglie nel vento

– bambini che giocano

– onde che si abbattono sulla riva

– una porta che cigola

– il suono di un gorgo che a poco a poco finisce nel silenzio

Forse la vita vive delle tensioni fra i momenti …

27 marzo 1988

Al buio, inginocchiato su un tappetino, lustrava, dopo avergli fiatato sopra, gli occhiali da sole.

Un immigrato con alle spalle una storia forse con poca memoria.

Forse la vita vive delle tensioni fra i momenti di malessere triste e una bella canzone di Jannacci.

Ma per me, illuminato dal ricordo tenero dell’immagine di Luciana, anche laggiù, nel buio del teatro.

il SOGNO della PIZIA, 18 settembre 1978

ANALISI2432


gennaio 2016

“sai che dalla tua interpretazione di questo sogno tutta la mia vita è cambiata?

lo ricordo come fosse oggi. e sono passati 37 anni.

ancora grazie e buoni giorni a te”

Paolo Ferrario

 

“Ricordo perfettamente. L’anima ancora senza volto ( quando compare) è quella da scoprire”

Claudio Risè

“grazie, claudio. grazie per questa risposta e grazie per il lavoro psicologico che hai fatto con me.

sei stato decisivo nel farmi cambiare il corso della vita.

se oggi sto relativamante bene (da pensionato di vecchiaia dal 1 aprile 2016) lo devo a te.

stammi bene e buon futuro a noi”

Paolo Ferrario