Perchè la luce sia splendente, ci deve essere l’oscurità
Francis Bacon
Perchè la luce sia splendente, ci deve essere l’oscurità
Francis Bacon
Come la luce,
Delizia senza forma
E come l’ape,
Melodia senza tempoCome i boschi,
Segreto come brezza
Che, senza frasi, agita
Gli alberi più superbiCome il mattino,
Perfetto sul finire,
Quando orologi immortali
Suonano mezzogiorno!
Poesie d’Autore – da PensieriParole.it <https://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/>
Lattiginosa d’alba
nasce sulle colline,
balbettanti parole ancora
infantili, la prima luce.
La terra, con la sua faccia
madida di sudore,
apre assonnati occhi d’acqua
alla notte che sbianca.
(Gli uccelli sono sempre i primi
pensieri del mondo).
Sul molo il vento soffia forte. Gli occhi
Hanno un calmo spettacolo di luce.
Va una vela piegata, e nel silenzio
La guida un uomo quasi orizzontale.
Silenzioso vola dalla testa
Di un ragazzo un berretto, e tocca il mare
Come un pallone il cielo. Fiamma resta
Entro il freddo spettacolo di luce
La sua testa arruffata.
Come allodola ondosa
Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera, vieni.
Ci scorderemo di quaggiù,
E del male e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d’ombre memori
Entro rossori di mattine nuove.
Dove non muove foglia più la luce,
Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov’è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d’oro.
L’ora costante, liberi d’età,
Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo.
Distesa estate,
stagione dei densi climi
dei grandi mattini
dell’albe senza rumore –
ci si risveglia come in un acquario –
dei giorni identici, astrali.
Stagione la meno dolente
d’oscuramenti e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dare pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca.
Stagione estrema, che cadi
prostrata in riposi enormi,
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti la luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell’ordine che procede
qualche cadenza dell’indugio eterno.
VINCENZO CARDARELLI, Opere (Milano, Mondadori 1981).
…
Nel nostro ritmo di vita terrena noi stanchi della luce.
Noi siamo lieti quando il giorno ha fine, quando
ha fine il gioco; e l’estasi è troppo dolore.
Siamo fanciulli rapidamente stanchi: fanciulli che re-
stano svegli di notte e poi cadono in sonno ap-
pena al razzo è stato dato fuoco; e il giorno è
lungo per il lavoro o il gioco.
Stanchi di distrazione o di concentrazione, dormia-
mo e siamo lieti di dormire,
controllati dal ritmo del sangue e del giorno e del-
la notte e delle stagioni.
E dobbiamo estinguere la candela, spegnere il lume e
riaccenderlo;
Per sempre dobbiamo smorzare, per sempre riaccen-
dere la fiamma.
Per cui Ti ringraziamo per la nostra piccola luce,
variata dall’ombra.
Ti ringraziamo per averci sospinti a edificare, a cer-
care, a formare sulle punte delle nostre dita e al
raggio dei nostri occhi.
E quando avremo edificato un altare alla Luce Invi-
sibile, che vi si possano porre le piccole luci per
le quali fu creata la nostra visione corporea.
E noi Ti ringraziamo che la Tenebra ricordi a noi
la luce.
O Luce Invisibile, Ti siano rese grazie per la Tua
grande gloria!
…
…
O Luce Invisibile, noi Ti lodiamo!
Troppo splendente per la visione mortale.
O Luce Suprema, noi Ti lodiamo per la minore;
per la luce da oriente che tocca al mattino le guglie,
per la luce che a sera s’inclina a occidente sulle nostre porte,
per il tramonto sui piccoli stagni quando vola il pipistrello,
per la luce della luna e delle stelle, del gufo e della falena,
per la luce splendente della lucciola su un filo d’erba.
O Luce Invisibile, noi Ti adoriamo!
Ti ringraziamo per tutte le luci che abbiamo acceso,
per la luce dell’altare e del santuario;
per le piccole luci di coloro che a mezzanotte sono in meditazione
e per le luci dirette fra i vetri colorati delle finestre
e per la luce riflessa dalla pietra levigata,
dai legni intagliati e dorati, dall’affresco multicolore.
Il nostro sguardo è subacqueo, i nostri occhi guardano in alto
e vedono la luce frantumersi fra le acque inquiete.
Vediamo la luce, ma non vediamo da dove giunge.
O Luce Invisibile, noi Ti glorifichiamo!
…
…
Non cercate di contare le onde future del Tempo;
Ma siate soddisfatti d’avere luce abbastanza
Per trovare il giusto passo, per trovare un sostegno
…
Van Gogh Il buio che si fa luce Saverio Falcone La Biblioteca di Vivarium, 2016L’intento dell’autore di questo libro è stato quello di rintracciare, nella vita e nell’opera di Vincent van Gogh, il sotteso filo archetipico, intriso di miti e di immagini primordiali solari, piuttosto che porre l’accento.. |
L’intento dell’autore di questo libro è stato quello di rintracciare, nella vita e nell’opera di Vincent van Gogh, il sotteso filo archetipico, intriso di miti e di immagini primordiali solari, piuttosto che porre l’accento (e unirsi con ciò alla già nutrita schiera dei patobiografi del pittore olandese) sul disagio psichico dell’artista e sul nesso (peraltro discutibile) di arte e follia.
La ricerca figurativa e cromatica di van Gogh sembra avere seguito un percorso circolare paragonabile alle quattro fasi (Nadir, Alba, Zenit, Tramonto) del quotidiano ciclo eliogenetico: van Gogh è partito dal Nero ed è, passando dai processi di imbiancamento, ingiallimento e inverdimento, tornato al Nero.
Ulteriori amplificazioni conducono dal Giorno all’Anno solare, dalle Ore alle Stagioni. E, analogamente, dal quaternio della suddivisione Crono-grafica ai quattro punti cardinali (Nord, Est, Sud, Ovest) della suddivisione Geo-grafica.
La grandezza di un artista consiste probabilmente nel fatto che riesca a dare forma linguistica, a incanalare in espressione comunicabile la straripante urgenza del suo complesso autonomo creativo. Così se Vincent van Gogh può essere considerato una sorta di profeta del Dio Elio, che con la sua pittura rimise in auge arcaici e obliati culti e ierofanie solari, non deve altresì essere dimenticato che egli poté raggiungere questi risultati solo a prezzo di una strenua lotta per salvaguardare il lato umano di se stesso – il proprio Io, la propria personalità cosciente – dalla travolgente possessione della sua eruttiva ispirazione solare (“Col mio lavoro rischio ogni giorno la vita!”). L’arte di van Gogh è frutto per così dire miracoloso di questo squassante scontro interiore.
Su questa mai sopita contraddizione, la vita dell’uomo e l’opera dell’artista procedettero all’unisono rischiarandosi reciprocamente la via. La loro gestazione nel grembo della Notte fu lunga e travagliata: van Gogh venne alla luce, nacque una seconda volta, quasi trent’anni dopo la sua nascita biologica. Soltanto nel luglio del 1880, all’età di 27 anni, sentì la chiamata del Padre che lo aveva scelto come figlio e profeta. Per lui era tempo di “muta”. Provava, dopo anni di lontananza, “nostalgia per il paese dei quadri”. Ebbe allora la premonizione – in apparenza del tutto infondata – che sarebbe diventato pittore, il Pittore della Luce.
La forza del pensiero di Emanuele Severino consiste in questo:
la sua analisi è talmente stabile (“stà”) che diventa possibile rielaborare per se stessi il suo linguaggio argomentativo
E così mi viene in mente di “trasformare” le sue parole:
“Sei sereno?”
Spesso lo sono.
Vedo il significato di questa parola associata a provvisori stati esistenziali rafforzati dallo “stare in luce”. Sono sereno in giornate di sole, quando passeggio per il giardino, vedo le montagne e il brillare delle acque del lago.
Percepisco come la luce permetta di vedere le cose e i colori delle cose. E’ sentendomi sereno che posso guardare ai fatti della politica e della storia o alle vicende biografiche mie e di altri. Effettivamente è la luce che aiuta a procedere in cammini oscuri, come quando si cammina in un bosco.
Come individuo sono abbastanza sereno. Non del tutto: abbastanza. C’è un filosofo che mi consente di fare chiarezza. Non so bene cosa voglia dire “essere me stesso”, tuttavia riesco a stabilire qualche differenza fra il me e la cose che mi stanno attorno, Certo ci sono molte ombre nel bosco. Ma ho sperimentato che il portarmi verso me stesso non è del tutto in conflitto con la serenità
Penso, respiro, vivo, mi relaziono Non mi sembra ci siano altre vie.
Quel filosofo che sta accompagnando i miei ultimi anni dice che, a causa della stessa filosofia, siamo dentro l’errore.
Forse si può “stare sereni ” (almeno un poco) anche se siamo dentro l’errore”
Paolo Ferrario, 22 novembre 2017, ore 17 e 41
Quanto ho scritto sopra (forse frutto dell’ “errore” ) nasce da questo dire di Emanuele Severino:
Insieme a tutti i miei morti – e insieme a tutti i morti – mi aspetta. I nostri morti ci aspettano. Ora sono degli Dèi. Per ora stanno fermi nella luce. Come le stelle fisse del cielo.
Poi, quando la vicenda terrena dell’uomo sarà giunta al proprio compimento, sarà necessario che ognuno faccia esperienza di tutte le esperienze altrui e che in ognuno appaia la Gioia infinita che ognuno è nel profondo. Essa oltrepassa ogni dolore sperimentato dall’uomo.
Siamo destinati a una Gioia infinitamente più intensa di quelle che le religioni e le sapienze di questo mondo permettono
…
E non riposeremo “in pace”. In pace riposano i cadaveri. Lasciandoci alle spalle il dolore e la morte, quella luce mostrerà all’infinito una Gioia sempre più infinita
in Emanuele Severino, IL MIO RICORDO DEGLI ETERNI, Rizzoli, 2011, P. 11
Qui la mia personale rielaborazione del meccanismo psicologico dell’ ACTING OUT