Alessandro Zanoli: “… sto scrivendo la storia del Jazz Club di Como … La figura di suo padre, GUIDO FERRARIO è stata importantissima per il Jazz CLub” …

1° messaggio:

Buongiorno, mi chiamo Alessandro Zanoli, sono un giornalista di Chiasso: su incarico di Bruno Festorazzi, Gianni Dolci ed Edmondo Canonico sto scrivendo la storia del Jazz Club di Como.

La figura di suo padre è stata importantissima per il Jazz CLub e vorremmo ricordarlo come merita, oltre che nelle pagine della ricostruzione storica, anche con una fotografia. Ne avrebbe una da darci per la pubblicazione?

Il libro uscirà per l’editore Pozzoni di Como.

2° messaggio:

Mi ha passato notizie importanti (che mi chiariscono molte cose, sul progetto stesso della ricerca, tra l’altro).

Suo padre dev’essere proprio stato una persona straordinaria, e, quel che è più importante, ha lasciato uno splendido ricordo di sè in molte persone (ancora giovedì scorso Carlo Uboldi mi parlava dell’importanza che ha avuto per lui “ul Ferrarin”).

Lavorando sul Jazz Club il nome di suo padre si incontra ad ogni passo e anche Bruno Festorazzi me ne parla continuamente come di una persona eccezionale.

Grazie per il suo aiuto.

È stato un piacere conoscerla. Devo ringraziare Uboldi perché è lui che mi ha dato l’idea di scriverle tramite Facebook.

A presto

in ricordo dl lavoro di mio padre, Guido Ferrario (1917-1988) che per molti anni fu “lucidista”: il processo di FOTOINCISIONE. In: Giancarlo Cairoli, Raccolta di informazioni che può aiutare a capire meglio la tecnica della fotoincisione per la stampa su tessuto, 2001. Indice del fascicolo

Un vecchio (lipogramma in E)

lescritteriate

UN ANZIANO

In un bar. Frastuono. A un tavolino

sta appartato un anziano. Ricurvo,

con un quotidiano dinnanzi. Solo.

Rimugina i suoi avviliti anni passati,

a quanto poco sfruttò la vita,

quando forza, facondia, vitalità furono padroni.

Molti anni sono trascorsi: lo sa,

pur tuttavia gli fa gioia immaginar

sia solo poco fa. Distanza corta, distanza limitata.

Ritorna il ricordo di quando fu tradito

dall’inganno cui (pazzo!) donò fiducia:

“Domani. Tanti giorni hai davanti” – lusinga bugiarda.

Ogni gioia sacrificata… ogni slancio rimosso …

Ricorda. Ogni opportunità smarrita, ora,

canzona sarcastica la sua idiozia.

Di traccia in traccia, in tanto girar

di ricordi, frastornato l’anziano appoggia

il capo al tavolino … il sonno arriva.

Testo originale:

UN VECCHIO

Konstantinos Kavafis

Interno di caffè. Frastuono. A un tavolino

siede appartato un vecchio. È tutto chino,

con un giornale avanti a sé, nessuna compagnia.

E pensa, nella triste vecchiezza avvilita,

a quanto…

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Giovanni Borghi (Milano, 14 settembre 1910 – Comerio, 25 settembre 1975) – Wikipedia

Giovanni Borghi (Milano, 14 settembre 1910 – Comerio, 25 settembre 1975) è stato un imprenditore e dirigente sportivo italiano

Soprannominato cumenda, è stato titolare della Ignis e della Emerson, una delle figure di maggiore spicco nel panorama industriale della provincia di Varese

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Giovanni Borghi – Wikipedia

Duke Ellington: il Duca in Italia, 60 concerti in 10 tournée (1950-1973): … infine al Politeama di Como il 25 maggio … – in Musica Jazz

Le non poche apparizioni di Duke Ellington nel nostro Paese sono un argomento sul quale mancano spesso informazioni precise e meritano quindi un’indagine più accurata, anche per la mole di musica che ne è scaturita. Basti pensare che dal 1950 al 1973 Ellington diede in Italia almeno una sessantina di concerti in dieci tournée, nelle città più svariate (da Torino a Palermo), e vi effettuò quattro sedute di registrazione. La prima apparizione italiana avvenne nell’ambito di una tournée europea iniziata in Francia il 5 aprile 1950 dopo un lungo viaggio sul piroscafo Île de France e durata ben undici settimane. L’orchestra suonò al teatro Odeon di Milano dal 5 al 9 maggio, a Bologna il 10, a Venezia Lido l’11, al teatro Quirino di Roma dal 12 al 15, alla Pergola di Firenze il 16 e il 17, a Pisa (teatro Verdi) il 18, poi a La Spezia (teatro Monteverdi) il 19, all’Augustus di Genova il 20 e 21, al teatro Alfieri di Torino il 22 e 23, a Bergamo (teatro Duse) il 24 e infine al Politeama di Como il 25 maggio.

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Duke Ellington: il Duca in Italia, 60 concerti in 10 tournée – Musica Jazz

Alla Officina della Musica di Como oggi si inaugura una Mediateca: dischi da ascoltare e farsi prestare. Articolo di Alessia Roversi in La Provincia 22 settembre 2021. AUDIO degli interventi di Alessio Brunialti, Maurizio Salvioni, Cristiano Paspo Stella

Il maggio dell’Officina della Musica di Como – CiaoComo

…. Un nuovo progetto importante in fase di realizzazione “In questi giorni due associati dell’Officina, Cristiano Stella e Maurizio Salvioni, stanno ultimando un lavoro certosino. Grazie a donazioni, in larga parte quella fatta da Paolo Ferrario, possiamo disporre di circa 800 vinili, che loro hanno catalogato e ordinato. Questo e la realizzazione di uno spazio dedicato ci permetterà di aprire la prima mediateca in città. Chi vorrà concentrarsi sull’ascolto di un disco potrà farlo in tutta tranquillità in questo spazio, mentre se l’ascolto vorrà essere condiviso si potrà utilizzare la sala. Non sarà possibile il prestito, ma stiamo pensando a eventi collaterali da organizzare in Officina”. ….

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Il maggio dell’Officina della Musica di Como – CiaoComo

“UL TIVAN” settimanale fondato e diretto da FEL, Luigi Enrico Ferrario (nonno paterno), citato in Carlo Ferrario, Un comasco irregolare – a cura di Fabio Cani e Gerardo Monizza NodoLibri Editore, 2020

da

Carlo Ferrario, Un comasco irregolare – a cura di Fabio Cani e Gerardo Monizza NodoLibri Editore, 2020

ricordi di GUIDO FERRARIO attivati da Elena Wolte su facebook , 13 luglio 2020

Questa persona mi sta molto a cuore
Lui con il suo negozio mi ha resa spesso felice
Trovava qualsiasi cosa io richiedevo
Grazie Sig. Ferrario mi ricorderò sempre di lei
Paolo Ferrario

grazie della foto

Chi lo riconosce? E soprattutto che negozio aveva ? Mi piacerebbe trovare una foto del negozio
 
 
  •  
    Elena

    , purtroppo non ho foto del negozio ma ricordo che era un ambiente unico, in un soppalco realizzato con tubi innocenti dipinti di giallo, se non erro, Guido, o ” ul Ferrarin ” come affettuosamente lo chiamavano gli amici, conservava la sua grande …· 

     
    Elena

    , a intuito credo sia Guido Ferrario. Non riesco a capire bene dalla foto. Guido era un amico di mio papà ed era appassionatissimo di jazz. Qualche volta mi hanno portato con loro ai concerti.

     
  •  
     
    Mi ricordo, l’arredo del negozio l’aveva progettato il mio collega e amco Rino Fioretti per la ditta Venelli che l’aveva realizzato
    <img class=”nl6bj373 fni8adji hgaippwi fykbt5ly ns4ygwem rl04r1d5 lzcic4wl l9j0dhe7″ src=”data:;base64, ” width=”16″ height=”16″ />
     
     

     

     
    Paolo Ferrario ha risposto
    Elena Wolte

    per il tuo commovente ricordo. ti rimando ad alcuni appunti biografici su mio padre Guido Ferrario https://traccesent.com/category/paolo-ferrario/famiglia-di-paolo-ferrario/guido-ferr

in ricordo di mio padre GUIDO FERRARIO (1917-1988), chino sul suo tavolo da “lucidista”

LUOGHI del LARIO e oltre ...

“Un uomo sa quando sta diventando vecchio perché comincia ad assomigliare a suo padre.”

Gabriel García Marquez

GUIDO FERRARIO


da Gian Carlo Roncaglia,  Una storia del Jazz. L’Europa e l’Italia dai pionieri a oggi

Marsilio editore, 1982, p. 115:

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“Visto che ti piace Bill Evans, prova ad ascoltare questo pianista…”. Sono le parole di Guido Ferrario, da un post di Maurizio Salvioni, 15 aprile 2020

10 giorno su 10
Su invito dell’amico e musicista Roberto Quadroni, eccomi qui a pubblicare l’ultimo disco (ma ce ne sarebbero tanti e tanti altri) che sottolinea nuovamente il mio amore per la Musica.
“Visto che ti piace Bill Evans, prova ad ascoltare questo pianista…”. Sono le parole di Guido Ferrario (il tuo papà Paolo), dal banco del suo “Angolo del Disco” di Como.
Guido era un grande appassionato di jazz, la sua discoteca era leggendaria, ma anche persona di cuore che non esitava a prestarti, sì avete letto bene, prestarti un lp da ascoltare a casa e, se ti piaceva, lo acquistavi.
Michel Petrucciani fa parte di quei preziosi consigli che seguii e di cui ho preso nel tempo tutta la discografia.
Il brano proposto è contenuto nell’album Both World, pubblicato dalla Dreyfus Jazz il 15/10/1997, ancora pochi album e Michel ci avrebbe lasciato il 6 gennaio 1999

mi ricordo …. : Addio PEPPO SPAGNOLI, paladino del Jazz, fondatore della casa discografica Splasc (h), articolo di Alessio Brunialti, in La Provincia 6 marzo 2020

Peppo Spagnoli (2020). Fondatore nel 1982 della Splasc(h), la più importante etichetta discografica di jazz in Italia. Nato ad Arcisate, provincia di Varese, è stato a lungo consigliere comunale per il Pci e lavorò come disegnatore tessile prima di dedicarsi alla musica. Il primo album pubblicato da Splasch(h) fu Lunet, dell’European Quartet del sassofonista Gianni Basso.

Tra le sue scoperte, Paolo Fresu e Luca Flores.

vai a:

https://www.laprovinciadicomo.it/stories/cultura-e-spettacoli/addio-peppo-spagnoli-paladino-del-jazz_1343800_11/?fbclid=IwAR3ZRQL6WItw_lXT6l1m_Zox3P7s-yKzOHx8a8dIt_XSnmfJC21gdgm4V5Y

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FERRARI, FERRARIO, FERRARIS, (segnalato da Bellezze Culturali Mariano, in Facebook, 7 gennaio 2020)

FERRARI,
FERRARIO,
FERRARIS.

Cognome a diffusione nazionale: nel Comasco predomina la forma al singolare, ma in altre zone lombarde è molto più frequente la forma Ferrari, come a Milano e a Brescia, ma anche in Valtellina e in area lecchese bergamasca.
Dal Piemonte viene la forma Ferraris (forse de Ferraris).
Molti i rami nobilitati, ciascuno con stemma diverso.
In ogni modo questo cognome, diffusissimo nelle sue varietà, risale con evidenza al nome di mestiere del fabbro ferraio, faber ferrarius, ed è di origine assai antica, documentato nel Comasco verso la fine del Duecento.
Come è naturale per un gentilizio così diffuso, sul territorio sono presenti vari rami; uno di Appiano, che ha per stemma un grifone rampante nero, con martello e catena, in campo bianco-avorio; uno di Olgiate, con un leone rampante e reggente incudine e martello, traversato da una banda discendente obliqua azzurra, in campo bianco-avorio; uno di Como, avente come stemma un campo azzurro traversato da una banda discendente obliqua verde; uno di Agrate, trasferitosi ad Olgiate nel Cinquecento, recante sull’arma un grifone rampante segnato da una graticola e traversato da una banda obliqua rossa.
Altri stemmi si riferiscono (nel periodo tra Quattro e Settecento) ai Ferrario di Gera, Sorico e Gravedona (sempre con incudine e bande oblique) e a quelli di Montagna sopra Sondrio.


da

https://www.facebook.com/mariano.mense?__tn__=%2CdC-R-R&eid=ARCOJJoueUaTUdH8AZsImKhHs57OTO0zymvlYa88Bhhk1lRNYqh_6AUoahvIguVx9QuaIg3k_KVFkoE5&hc_ref=ARQM5v5TaphRR1XUCLrQbS0U78ATutN40TIH_HyqqBmir210Hp_RSzoCHxJexUTcmu0&fref=nf

mi ricordo LA NOTTE, il quotidiano che leggeva mio padre, 8 novembre 2019

Il 6 dicembre 1952 nacque la Notte, quotidiano del pomeriggio fondato e diretto da Nino Nutrizio, cronista sportivo poi diventato tuttologo, cui va subito dato il merito di aver inventato il giornalismo popolare, come dovrebbe essere sempre il giornalismo che non si rivolge alla Accademia della Crusca bensì alla gente comune o, meglio, a tutti, belli e brutti. Nelle intenzioni dell’editore, Carlo Pesenti, grande industriale bergamasco, doveva essere un foglio elettorale, cioè destinato a sostenere un partito (quello liberale ostile al comunismo in crescita). Insomma, una pubblicazione poco più che stagionale, quella dei comizi che all’epoca erano decisivi circa la sorte delle elezioni, vista l’assenza della televisione e di altri mezzi di comunicazione attualmente in voga. Uscirono vari numeri e non suscitarono clamore. Ma, un paio di mesi dopo, il pubblico, specialmente milanese, venne scosso dalla curiosità di leggere quelle strane pagine. Perché? Era attratto dai titoli, totalmente innovativi, efficaci, disinvolti e composti con un linguaggio colloquiale e invogliante. Segnalavano gli ultimi fatti di cronaca anche sportiva, i delitti, i fenomeni di costume. Alcuni fogli disinvolti e disinibiti che incontrarono in fretta il gradimento delle masse. Col trascorrere del tempo La Notte raggiunse una tiratura ragguardevole, pertanto sopravvisse alle consultazioni politiche e si radicò nel mercato come una presenza fissa, altro che vita breve e finalizzata a indirizzare il voto. Passano gli anni e il capolavoro dell’immenso direttore, inizialmente sottovalutato, domina non solo nel capoluogo lombardo bensì in ogni angolo del Nord, grazie a redazioni sparpagliate nel Settentrione. Trascuro i particolari, però ricordo che le vendite si aggiravano intorno alle 150 mila copie, parecchie per una edizione pomeridiana. Ogni dì Nino scriveva un fondo che si distingueva per efficacia e semplicità, era bevibile in cinque minuti e costituiva un momento imperdibile di lettura.

Negli anni Novanta, con l’avvento dei computer e delle diavolerie tecnologiche, i quotidiani della sera chiusero i battenti e pure la Notte venne uccisa con mio forte dolore, dato che ci avevo lavorato con somma soddisfazione dal 1969 al 1974. Nutrizio era morto prima della sua creatura meravigliosa e si risparmiò la tragedia della serrata. Oggi, a distanza di lustri dal luttuoso evento, tre signori in gamba hanno dato alle stampe un volume rievocativo degli antichi fasti della Notte, intitolato Ultima edizione e sono loro grato. Si tratta di Salvatore Garzillo, Alan Maglio e Luca Matarazzo, i quali, terrorizzati dalla retorica che avrebbe infastidito il mitico direttore, hanno raccolto in 350 pagine una miriade di fotografie che segnano la storia di un paio di generazioni e quella del miracolo cartaceo. L’iconografia la dice più lunga delle parole e il libro è un documento a tratti agghiacciante e a tratti commovente, che le persone di una certa età gradiranno, giacché evoca ricordi toccanti nonostante siano un po’ ingialliti in quanto abbastanza antichi. Al compito certosino degli autori vorrei soltanto aggiungere qualche parola di gratitudine dedicata a Nutrizio. Fu lui ad assumermi e a darmi la possibilità di diventarne allievo. Quando mi presentai nel suo enorme ufficio in piazza Cavour, egli era seduto alla scrivania indossando una giacchetta di lavoro blu chiaro. Mi fece accomodare su una sedia e mi scrutò come fosse un medico davanti a un paziente psichiatrico. Si informò a proposito del mio scarso curriculum e concluse: «Se non siete (dava del voi) stato inglobato nell’organico de L’Eco di Bergamo, dove avete collaborato, mi viene il sospetto che siate stupido. Poiché però non mi fido dei giudizi altrui voglio mettervi alla prova, tre mesi. Se supererete l’ostacolo, entrerete qui in pianta stabile, altrimenti vi converrà cambiare mestiere nel vostro interesse e anche nel nostro, che di cretini ne abbiamo già abbastanza».
Ero incerto se piangere o esultare. Comunque iniziai la fase sperimentale e dopo aver scritto un articolo su un fatto di sangue accaduto a Bergamo, l’indomani il direttore mi telefonò. La sua voce alla cornetta mi raggelò, temetti il licenziamento e attesi tremando la sentenza. Egli invece mi disse che avevo in anticipo superato l’esame per cui mi potevo considerare degno di entrare fisso alla Notte. E aggiunse: «Non montatevi comunque la testa perché siete e sarete sempre soltanto un cronista». Aveva ragione e lo ringraziai.GLI IMPROPERI
Un lustro più tardi fui convocato al Corriere d’informazione che era stato saccheggiato dal nascente Giornale di Montanelli. Il capo, Gino Palumbo, mi offrì un posto e lo accettai, poiché il Corriere aveva un fascino irresistibile, almeno per me provinciale. Allorché comunicai a Nino la mia intenzione di cambiare occupazione, questi mi coprì di improperi, tra cui “traditore”. Rimasi male e uscii dal suo studio a capo chino, forse mi sfuggì una lacrima. Quando Nutrizio scomparve ero direttore del Giornale, successore di Montanelli. Mi fu recapitato un pacchetto che conteneva una penna, quella con la quale il direttore della Notte vergava ogni mattina il suo pezzo. La conservo come una reliquia. Un bel dì incontro Angelo Rizzoli, già proprietario del Corriere, e facciamo quattro chiacchiere. Gli dico che Nutrizio non appena gli notificai che me ne andavo, mi insolentì. Angelo rise e mi informò che il mio nome alla sua famiglia era stato dato proprio da Nino. Rimasi di stucco. Da questo episodio credo emergano la personalità e bontà d’animo di uno che ha insegnato a tanti colleghi il mestiere. Mi piacerebbe riabbracciarlo.

Vittorio Feltri

La sorpresa biografica di ritrovare in un libro una annotazione: “Como, Marzo 1948”. L’autore era mio padre, Guido. E io sarei nato 7 mesi dopo: 26 novembre 1948

La sorpresa biografica di ritrovare in un libro una annotazione:

“Como, Marzo 1948”.

L’autore era mio padre, Guido.

E io sarei nato 7 mesi dopo:

26 novembre 1948

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anni ’60 e ’70 a COMO: ricordare il disegno tessile di FIORIO (e il “lucidista” Guido Ferrario) attraverso una conversazione. Fotografie di un gruppo di FOULARD e un grafico di Giovanna Baglio sul ciclo della stampa tessile

LUOGHI del LARIO e oltre ...

“A quei tempi FIORIO

faceva storia per la QUALITA’ DEL DISEGNO TESSILE

e per la produzione dei FOULARD”

frase presa da una conversazione con Anna Bignami, a Como, il 3 aprile 2019

Questo ricordo è associato alla STAMPERIA ANGELO MAESANI , che stampava solo la SETA

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da una dispensa di Giovanna Baglio (in https://coatesa.com/2019/04/03/il-prodotto-tessile-fibre-e-filati-slides-di-giovanna-baglio-ccia-como-2007/):

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vai al sito della AZIENDA FIORIO

http://www.fioriomilano.it/it/category/azienda

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il Jazz Club Como: la rinascita. E un ricordo di Guido Ferrario (1917-1988), da BiBazz, 25 maggio 2017

LUOGHI del LARIO e oltre ...

Una buona notizia per gli appassionati di jazz, sempre più numerosi sul territorio lariano. Lo dimostra il successo inatteso e indiscutibile di una manifestazione come Comin’ jazz che, due mesi fa, ha totalizzato un “tutto esaurito” dopo l’altro valorizzando la scena locale, ma anche portando a esibirsi in città nomi di rilevanza nazionale e internazionale.

Lo stesso spirito che, per tanti anni, ha animato il Jazz Club Como. Ebbene, quell’associazione rinasce, oggi, proprio forte dell’esperienza di questo ultimo mini festival che ha convinto Edmondo Canonico, presidente, e Gianni Dolci, suo vice, ha riprendere ufficialmente le fila di quel discorso. Un discorso iniziato nel 1980, su impulso di Guido Ferrario, proprietario di un negozio di dischi rimpianto dai collezionisti, l’Angolo del disco, e grandissimo appassionato e conoscitore, e interrottosi nel 2002, quando il club ha chiuso la sede di Casate.

VAI A TUTTA LA SCHEDA

Sorgente: BiBazz | Como Lake…

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Sogno mio padre: "Su Duke Ellington avevi ragione tu"

Sono abbastanza certo di non avere mai sognato mio padre (Guido Ferrario, 1917-1988).

Questa notte, invece, arriva questo sogno

Lo vedo, e lo abbraccio dicendo:

Su Duke Ellington avevi ragione tu

E’ sorpreso, ma anche compiaciuto

al Crotto del Lupo, specialità valtellinesi in Via Cardina di Como

Grazie agli amici del

GRUPPO DI ALLUNGAMENTO MUSCOLARE

curato da Marcello Ciullo

ho potuto tornare, dopo 28 anni al Crotto del Lupo

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Lì avevamo fatto il pranzo di nozze io e Luciana, con i pochissimi invitati: i miei genitori Guido e Dolores), mio nonno (Ferrario Enrico Luigi detto FEL), il suocero Giobatta e i due testimoni Franco e Marzia.

Il luogo continua ad essere molto curato nelle gentilezza della accoglienza, nella qualità del cibo, nel tipo di arredi

Mi spiace solo che Luciana non abbia potuto venire: ma il tempo passa e la salute declina. E lei deve stare attentissima al suo vitto e non può sgarrare neppure di un millimetro

vai al sito del Crotto del Lupo – ristorante a como – mangiare a como – cucina tipica – cucina tradizionale como – pizzoccheri a como – specialità valtellinesi como.

Nini Binda ricorda: «Mio padre Gianni Binda fu uomo dalle molte passioni» « Coatesa sul Lario … e dintorni

È singolare la varietà di interessi e di impegni, anche extra-professionali, coltivati da Gianni Binda.

Dal versante amministrativo al servizio della città, a quello associativo, nello sport, alla passione per la cucina, che fece da molla all’idea di dar vita nel 1962, assieme a Gian Giuseppe Brenna, alla delegazione lariana dell’Accademia italiana della cucina.

E riguardo alla passione gastronomica, Nini Binda racconta un aneddoto: «Mio padre era ammalato, si allontanava da casa a nostra insaputa. Io andavo a cercarlo e mi capitò di trovarlo seduto al tavolo di un ristorantino, vicino a viale Geno, davanti a un carrello di bolliti. Gli dissi sconsolato: “Ma papà!”. E lui, in dialetto: “Ta se propri un rumpiball, làsum murì in pas”».


Quanto all’attività di uomo pubblico, tra il 1946 e il 1964 Gianni Binda fu consigliere comunale e poi assessore con deleghe al Turismo e allo Sport nella giunta guidata dall’avvocato Lino Gelpi. Rimise a nuovo la piscina Sinigaglia e vi inaugurò i corsi di nuoto. «Quando a mia volta approdai a Palazzo Cernezzi – rievoca ancora il figlio Nini – la prima sera che mi affacciai in aula, il compianto usciere Gigi Meroni mi apostrofò in vernacolo comasco: “Lei è il figlio del “barbisùn?” (soprannome dato a Gianni Binda per via dei suoi vistosi baffi, ndr). Guardi che suo padre qui faceva tremare tutti, tanta era la soggezione che incuteva per il suo rigore».


L’impegno in Comune del figlio, a sua volta consigliere e assessore negli anni ’90 con il sindaco Alberto Botta, è stata l’ideale prosecuzione del servizio reso dal padre: «Quando ero giovane mi diceva: “Tu vai al golf; io invece in municipio, perché un imprenditore deve fare l’interesse della sua città. Altrimenti non può lamentarsi delle cose che non gli piacciono”. Per me fu una lezione postuma, nel senso che, a maturità raggiunta, avvertii anch’io l’esigenza di dare un po’ del mio tempo a Como».


Tra le molteplici attività di Gianni Binda – che fu anche editore e giornalista, dal momento che fondò con Enrico Luigi Ferrario, detto “Fel”, il settimanale satirico e sportivo “Ul Tivan”, di cui fu anche direttore – uno spazio particolare ebbe lo sport. Non tanto per partecipazione diretta a discipline agonistiche, al contrario del figlio Nini che conseguì due volte il record mondiale di motonautica e che disputa tuttora gare di golf, bensì per impegno associativo.

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da «Mio padre Gianni Binda fu uomo dalle molte passioni».

Guido Ferrario (1917-1988): quando il jazz diventa passione, di Roberto Festorazzi, in la Gazzetta di Como 23/6/1988

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È scomparso la scorsa settimana, a 71 anni, sfibrato da un male incurabile, Guido Ferrario. Personaggio discreto e silenzioso, fu, in città, uno dei diffusori e dei più acuti conoscitori della musica jazz.
Ferrario, figlio del forse più noto “Fel”, giornalista e animatore di un’originale quanto avventurosa fronda di stampa indipendente, si accostò alla musica afro-americana fin da ragazzino. Grazie all’acquisto da parte del padre di uno dei primordiali apparecchi radio riuscì a captare una serie di trasmissioni in onda da Londra, comprendenti anche brani eseguiti da orchestre jazz.
Infatuato, il giovane Guido volle approfondire la conoscenza di uno stile così affascinante. Così, nelle pieghe oscure del protezionismo culturale imposto dal fascismo (era infatti proibito l’ascolto di musica straniera), si assestò presto un primo largo sodalizio di stupiti ammiratori di jazz, solleticati dal mistero dei ritmi d’oltreoceano e pure eccitati dal pensiero di poter assaporare la mela di Eva.
Il flirtaggio di questo impaziente giovanilismo antifascista proseguì per tanti anni. Fu Cosimo di Ceglie a far conoscere ed apprezzare a Guido Ferrario e a suo fratello Mario, Django Reinhardt, lo zingaro. Ma altri nomi leggendari erano entrati nei sinuosi salotti della loro immaginazione: Louis Armstrong, Duke Ellington, Dizzy Gillespie.
Fatto prigioniero (si fa per dire) dagli americani, a Napoli, tra il ’43 ed il ’44, Guido Ferrario non mancò di raccogliere a piene mani, sulla via del ritorno, quanti più dischi jazz potesse. Evidentemente, dato il clima, aveva pensato bene di serbare un ricordo di quella aria magica di libertà che gli americani acquartierati nel cuore dell’Italia avevano saputo diffondere. Erano, questi, i “V disc”, i cosiddetti “dischi della vittoria”.
Tornato a Como, il nostro riprese ad assecondare l’istinto febbrile a scoprire e, finalmente ora, anche a far scoprire il jazz.
Nel 1949 arriva in città l’orchestra di Duke Ellington; Guido Ferrario è tra i convinti “supporter”. E proprio in questi anni lo vediamo attendere alla clientela jazzofila in un negozio discografico (solo alla sera, lavoro per¬mettendo), organizzare iniziative un poco stravaganti come le proiezioni di filmati sulle grandi orchestre jazz, e promuovere infine — siamo nel 1956 — la costituzione di un jazz club (è il secondo). Ne sarà presidente Libero Locatelli, per assumere poi lo stesso Ferrario la vicepresidenza per qualche tempo.
Negli anni, frattanto, l’amatore comasco riuscirà ad incrementare la qua-ì e l’ampiezza della sua favolosa discoteca privata, collezione che diven-à anche uno dei referenti della Rai, in cerca spesso di interpretazioni :ercate per questa o quella trasmissione specializzata.
Nel 1980 Guido Ferrario rifonda un nuovo jazz club comasco, sulle neri dei precedenti. Solo negli ultimi anni riuscirà ad assecondare uno dei suoi sogni: poter gestire in proprio una rivendita di dischi, per la verità non solo jazz. Forte di una memoria enciclopedica per la materia, colmo di attenzioni prive di riserve a quanti realmente fossero interessati all’iniziazione” jazzistica, Guido Ferrario si distinse anche da questo punto di vista per le sue singolari qualità umane, unite ad un’inossidabile passionaccia per qualunque cosa assomigliasse alla ricerca e alla “vera” musica.
Se n’è andato in punta di piedi, e in molti hanno perso un amico.

Roberto Festorazzi

Fel, Ferrario Enrico Luigi, direttore de “Il Tivan” (1893-1987), dì Roberto Festorazzì, in “Gazzetta di Como” 14/7/88

Fel, al secolo Enrico Luigi Ferrarlo, è uscito di scena in una giornata ottobrina dello scorso anno. Visto che ad ogni piccolo o grande Napoleone tocca assaggiare l’isolamento della propria S. Elena, a Fel fu destinata una modesta stanza al pensionato villa Celesia, dove trascorse gli ultimi anni del suo tramonto. A lui, il vecchio e grintoso capostipite del giornalismo umoristico non-professionale, non era stato neppure risparmiato un picco­lo affronto, che presto si colorò delle tinte amare di un oltraggio mal digerito.

Già sulla soglia della novantina (è morto, per la cronaca, con 94 pri­mavere sulle spalle), il polemico comasco aveva scritto una lunga composi­zione in rima sulla “vita di pensionato”, un bonario sfottò che non aveva risparmiato i peccatucci, in senso caporalesco, della dirigenza dell’istituto, fino a ironizzare, non senza gentilezza, sull’indomita tensione affettiva, tra “ragazzi” e “ragazze”, ospiti della casa di riposo. Gli si fece sapere che, di quella rima, non era gradita la pubblicazione. Per uno come Fel, era come sentirsi preso in contropelo. Gli si rinvigorì subito dentro il fuoco della passione per la libera espressione del pensiero, al di là di tutti i gesui­tismi preteschi che egli, apostolo d’anticonformismo, aborriva con decisione.

Un contestatore, il nostro. “Un uomo assolutamente illibato”, puntua­lizza il figlio Mario Ferrano, 69 anni, che ricorda come il padre detestasse i compromessi e le mezze misure. Da direttore del “Tivan”, il foglio setti­manale che fondò e diresse per molti anni, Enrico Luigi Ferrano si com­portò sempre da galantuomo, pronto a riconoscere i pregi personali degli avversari di turno che, per il bene della città e del suo esclusivo interesse, importunava con virulenza. Nella storia del giornalismo, il “Tivan” meri­ta senza dubbio un posto, quale rappresentante della pubblicistica munici­pale. Una categoria non certo residuale, perché il giornalismo italiano na­sce come gazzettiero, prettamente localistico.

In un certo senso, anche noi della “Gazzetta” ci richiamiamo a questa nobile tradizione, senza la pretesa di essere i continuatori di nulla. Leg­gendo la prosa di questo giornalismo, che ai contemporanei abituati al gio­co di sponda della stampa d’oggigiorno spesso paludata, codarda e dietro-logica può apparire viscerale, faziosa e priva del normale senso del limite, non si può non rinvenirne il contenuto vitaminoso dell’imprenditoria del rischio che non ha tempo. Anche nel giornalismo.

Sfogliando le pagine di una raccolta d’annata, ritroviamo anche il gu­sto, oltre che della provocazione, dell’innovazione tecnica che caratteriz­zava 1 andamento di questo giornale. Il “Tivan”, già nei primi anni di vita si presentava con un’immagine ben precisa, di giornale diretto ad un pub­blico popolare Le sue pagine contengono articoli brevi, senza foto ma con tanti disegni Fanno spicco decine e decine di commenti, corsivi, rubriche d opinione II giudizio, il commento, emerge, quasi prepotente, dalle pagi­ne scritte del foglio comasco. Spesso si riduce ad uno slogan ristretto in un riquadro, che sintetizza e intende fissare nella memoria del lettore un imperativo moralistico, un atta
cco personale, un ingenuo proclama, un con­tributo demistificatore.

Polemista energico, a “tintura di odio”, amante più della bombarda che del fioretto, uomo che raramente appare trattenersi su argomentazioni in punta di penna, Fel non risparmia, e questo è un grosso merito, di girare la satira su se stesso. Egocentrico anche in questo, il direttore del “Tivan” firma il giornale come “responsabile davanti a Dio e alla legge”. Ma poi, in prima pagina, proprio accanto alla testata, aggiunge che il “Tivan” esce il sabato, “breva permettendo”. Esemplari sono le piccole tribune da cui Ferrarlo apostrofa il malcapitato di turno: “Senta un po’”, un appunta­mento che, insieme al titolo, riporta il motivo grafico di una mano che get­ta l’indice su un ignaro, piccolo burocrate addormentato dietro una polve­rosa scrivania zeppa di carte.

Ideologicamente socialista “senza partito”, Fel era difensore di una so­cialità sincera, nella convinzione che anche il comasco con il conto in ban­ca e l’industria di seta dovessero impegnarsi a donare molto alla città, con spirito aperto e senza snobismi. Imparare a stare, insomma, con la gente in mezzo alla gente. Ecco perché, giunto una volta sulle tracce di quanto dichiarava al fisco il presidente della Provincia, Bosisio, grande possiden­te, s’indignò a tal punto da attaccarlo con violenza per più settimane. Tut­tavia, come nei romanzi di Guareschi, i personaggi, dopo immancabili scon­tri verbali arrivavano ad un modus vivendi, si riappacificavano e, chiariti gli equivoci, diventavano buoni amici.

Enrico Ferrarlo credeva pure nei giovani. Infatti, quando gli segnala­vano qualche “giovane promessa”, oppure allorché gli aspiranti giornalisti si presentavano essi stessi in redazione, Fel li metteva generosamente alla prova per verificarne le capacità. E potuto così accadere che il “Tivan”, organo del giornalismo dilettantistico, sia divenuto una fucina di giornali­smo.

Ma Fel, uomo ricco di umanità, non fu solo giornalista: di lui si ricor­dano i meriti nel campo della promozione sportiva (fu consigliere del cal­cio Como, fondatore dela società “Ardita” di Rebbio; inoltre introdusse nella nostra città la specialità del canottaggio a sedile fisso) e dello spetta­colo (curò la regia di un famoso recital di fiabe per ragazzi, che ebbe mol­to successo anche a Milano).

Roberto Festorazzi

La Gazzetta di Como, 14 luglio 1988