“la cagnetta gli leccava docile la mano manifestando in quel modo la sua definitiva rinuncia alla vita di viandante senza padrone” in: GROSSMAN Vasilij, a cura di Mario Alessandro Curletto, La cagnetta (1961/62), Adelphi edizioni, 2013

in

GROSSMAN Vasilij, a cura di Mario Alessandro Curletto, La cagnetta (1961/62), Adelphi edizioni, 2013, pagg. 88. Indice del libro

Pilar Quintana, La cagna, Baldini&Castoldi/La Tartaruga editore, 2022

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Un paesaggio colombiano a metà tra la selva e l’oceano, dove si è condannati alla resistenza inquieta. Un matrimonio distante con un pescatore, destinato ad amplificare la solitudine di una donna dal corpo che sfascia le cose. In questo scenario «al di là dell’ultimo cerchio dell’inferno», la protagonista de La cagna decide di adottare una cagnolina chiamata Chirli: è il nome che avrebbe voluto dare alla figlia mai nata, un nome da «reginetta di bellezza».

Da quel giorno Damaris inizia a creare un legame simbiotico con l’animale; Chirli viene colonizzata da un carico di amore a cui reagisce sparendo. Brutalmente addomesticata da un’esistenza con poche risorse, Damaris prova a fare da madre a un animale, ma la tentazione di trasformare l’altro nel mezzo della propria felicità si fa miseria.
La cagna è il romanzo con cui Pilar Quintana si è imposta al mondo; il…

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dedicata alla gatta Luna: PER UN CANE, in ANTONIA POZZI, Desiderio di cose leggere, a cura di Elisabetta Vergani, Salani editore 2018

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Per un cane

in ANTONIA POZZI, Desiderio di cose leggere, a cura di Elisabetta Vergani, Salani editore 2018


Sei stato con noi per undici anni

 Una sera siamo tornati:

eri disteso davanti al cancello

il muso nella polvere della strada

le zampe già fredde, il dorso

tepido ancora.
Ora sei tutto

nella buca che ti abbiamo scavata.
Ma gli undici anni

della tua umile vita

il gemere

per ognuno che partiva

il soffrire di gioia

per ognuno che ritornava

e verso sera

se qualcuno

per una sua tristezza

piangeva

tu gli leccavi le mani:

oh gli undici anni del tuo amore

tutto qui
sotto questa terra

sotto questa pioggia 

crudele?
Esitavi 

sulla ghiaia umida: 

sollevavi 

una zampa tremando 
Ora nessuno ti difende

dal freddo, 

Non ti si può chiamare

non ti si può più dare

niente. 
Sole le foglie fradicie morte

cadono su questo pezzo
di prato.
E pensare che…

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IL MIO CANE SKIP, diretto da Jay Russell, con protagonista Frankie Muniz. Il film è tratto dal libro autobiografico My Dog Skip di Willie Morris

Willie Morris è un ragazzino molto solo che vive con il padre Jack, autoritario che ha perso una gamba nella Guerra civile, e la madre Helen; il suo amico è Dink Jenkins, suo vicino di casa che lo abbandona per andare a fare il servizio militare. Al giorno del suo nono compleanno, Willie riceve tanti regali ma l’ultimo è quello più gradito, un cagnolino che lui chiama Skip. Il padre Jack, autoritario che ha perso una gamba nella guerra civile, però pensa che sia ancora troppo presto e porta via l’animale. Willie cade in una profonda tristezza, dalla quale si risolleva solo quando la madre Helen riesce ad imporsi e a restituirglielo.

Willie e Skip crescono da quel momento insieme, e la presenza del cane va di pari passo con i momenti importanti dell’adolescenza del ragazzo. Willie attribuisce a Skip il merito di riuscire ad avvicinare la ragazzina più carina del quartiere e riesce anche a stringere amicizia con i bulli che fino a qualche tempo prima lo prendevano di mira.

Poi va a giocare nella squadra di baseball, ma qui le cose vanno peggio. Durante una partita in cui non riesce a giocare al meglio, innervositosi, Willie colpisce Skip, che scappa e va a rifugiarsi in un cimitero dove, malauguratamente, rimane chiuso in una tomba usata da due malviventi del posto come deposito illegale di alcolici. Uno di loro colpisce Skip con una pala e Willie lo porta immediatamente in una clinica veterinaria. Le sue condizioni sono molto gravi ma mentre Willie gli parla, Skip si risveglia.

Gli anni passano e Willie va a studiare adOxford, in Inghilterra e così la stanza di Willie diventa la stanza di Skip, che invecchia nella casa del Mississippi, aspettando il ritorno del padroncino. Un giorno un telegramma arriva ad Oxford annunciando la morte di Skip. Il suo corpo riposa sotto l’olmo davanti alla loro casa, il suo ricordo vive per sempre nei loro cuori.

da: https://www.wikiwand.com/it/Il_mio_cane_Skip

 

Diesel, il cane-eroe ucciso dai terroristi islamici – La Stampa, 19 novembre 2015

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«Era ferito a morte, ma è tornato indietro per morire vicino al suo collega». Sembra la scena di un film, ma è la storia di Diesel, pastore belga di 7 anni. È l’unica vittima tra le forze di polizia nella retata di questa mattina a Saint Denis. Gli uomini del Raid (Recherche Assistance Intervention Dissuasion, le “teste di cuoio” francesi) stavano dando la caccia a Abdelhamid Abbaoud, mente degli attentati di Parigi.   Il cane-eroe è stato il primo a entrare nel covo dei jihadisti, tra rue de la République e rue de Corbillon, mandato in avanscoperta a caccia di bombe. Ma gli hanno subito sparato, ferendolo mortalmente.

Sorgente: Diesel, il cane-eroe ucciso dai terroristi – La Stampa

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“OVER THE RAINBOW” CARLO UBOLDI PIANO SOLO su album fotografico di CHAMPAGNE

scrive in musicista Carlo Uboldi

Questo filmato è dedicato a tutti i cani che, maltrattati o abbandonati , sono finiti dietro le sbarre di un canile. Le foto sono scattate da me e ritraggono Champagne, che oggi ha 13 anni e 8 anni fa la portai a casa da un canile perché talmente spaventata che nessuno la voleva… beh, io l’ho voluta e tra mille difficoltà iniziali l’ho curata e oggi vive felice e amata nel calore di una casa. Già è stata fortunata a finire in un canile, dove malgrado le gabbie migliaia di volontari si danno da fare per aiutare i cani randagi a fatica visti gli scarsi aiuti economici dei vari Comuni Italiani. Lei, come Trudy (la cagnetta che ho aiutato prima di lei) e tanti altri è stata fortunata perché io ho deciso di farla vivere come si meritava, e ci sono tantissime persone che come me prendono queste decisioni che ti legano ad un grande impegno negli anni. Il brano che ascoltate in sottofondo non poteva che essere suonato al pianoforte da me, ho scelto OVER THE RAINBOW (tratto dal mio ultimo CD “The Key of Swing”) perché ogni cane randagio ha la speranza di vivere oltre l’arcobaleno, che da dietro le sbarre vede ma non può “odorarlo” finchè qualcuno di buon cuore non apre quella gabbia e lo porta a casa… Pur dedicando questo video ai cani bisognosi, consiglio a tutti di guardarlo e ascoltarne la musica riflettendo su un sentimento che è stato troppo messo da parte negli anni dall’essere umano, che si chiama AMORE e che sarà la salvezza del Pianeta Terra… Se ci guardassimo tutti nel cuore, e invece di pensare al potere e al successo vedessimo quanto amore abbiamo da dare, il giorno dopo ci alzeremmo tutti e il mondo sarebbe cambiato, diventando quel mondo migliore che tutti sognamo, e che tutti speriamo un giorno possa diventare.

Sulle tracce dei lupi: Pantò

I cani, e in particolare il pastore tedesco Pantò (in fotografia), hanno avuto una funzione importante nella mia vita. In particolare quella di educare l’istinto. Con loro ho potuto attraversare le turbolenze e i disordini di quegli anni difficili che fanno traslare dall’infanzia alla adolescenza.

Guardo questa fotografia. Ero triste. Forse molto triste. Non mi sembrava del tutto giusto che mi fosse toccato di vivere, di percorrere il mio ciclo di vita. spesso mi chiedevo “perchè ?”. Vedo che mi aggrappo a Pantò, e lui ha uno sguardo saggio e un atteggiamento paziente. Il pastore tedesco Pantò mi ha spesso vegliato. alla mattina aspettava pazientemente che aprissi gli occhi e solo in quel momento mi leccava per dirmi la sua felicità e che occorreva iniziare il giorno
Pantò è stato un essere vivente che mi ha aiutato con un amore totale ad attraversare le paure di quegli anni.
Uno dei miei più grandi desideri è potere attraversare gli anni della vecchiaia con un cane così

Nell’immaginario (ma anche nella realtà, come mostra nell’intervista seguente Héléne Grimaud) mi sembra che il domestico cane svolga la funzione di mediare un nostro possibile rapporto con il più selvatico lupo.
Il lupo mi appare concretamente rappresentare un simbolo potente che rimanda alla unione di due aspetti:  quello feroce, ma anche quello luminoso. La sua capacità di vedere nella notte lo fa diventare un simbolo di luce.
Chissà che nella notte di questi tempi il mio lupo interno non sia ancora capace di farmi vedere qualche pezzo di strada.
Queste riflessioni sono affiorate alla mia mente grazie a questo articolo.
 

Hélène Grimaud, la pianista che suona coi lupi
in La Stampa 13/10/2006
di Domenico Quirico

La pianista Hélène Grimaud in compagnia degli animali per la cui salvaguardia è sempre più impegnataPARIGI. Talora un artista che si esprime, mirabilmente, attraverso la musica sente il bisogno di scrivere un libro dove racconta la sua ricerca e la sua sete di assoluto. Scelta intrigante soprattutto quando questo artista è Hélène Grimaud, una delle dieci migliori pianiste del mondo, francese che vive negli Usa, di cui Bollati Boringhieri sta per pubblicare l’intensoVariazioni selvagge che in Francia ha venduto 160 mila copie ed è stato tradotto dagli Usa alla Cina. Un bilancio della vita… a trent’anni. «Da quando ho memoria i libri sono stati i miei primi amici. Sono cresciuta con loro. Ho scoperto il mondo attraverso le loro parole, il loro ritmo, la loro armonia. Non ho mai smesso di tornare a loro come se fossero degli esseri vivi. Senza la letteratura mi mancherebbe qualcosa di essenziale: il rapporto con il silenzio, meglio ancora, la comunione con la solitudine. La solitudine che non è ciò che ci separa dagli altri, ma quello che ci lega a loro, in profondità. Noi siano tutti soli. Ma esserne consapevoli porta a creare dei legami di compassione con chi ci è vicino».
Scrivere per Hélène Grimaud non è tradire la musica. «Musica e letteratura non sono così lontani come si crede, sono il diritto e il rovescio della stessa stoffa. A ciascuno la sua melodia. Non si escludono, si completano, si appoggiano l’uno sull’altra, allargano i territori del nostro cuore. La musica è in rapporto con il dominio sensibile, è al di la delle parole. E la letteratura è un rapporto con il dominio intellettuale, in mezzo del ritmo. Non ho voluto far altro che prolungare il piacere che provavo quando, adolescente, leggevo i libri di Dostojevski e dei romantici come Hönderlin o Novalis. Ho voluto scrivere il libro che volevo leggere a quell’età e che la mia vita mi ha offerto la possibilità di vivere da adulta. Era un modo di porgere uno specchio al lettore, dicendogli con semplicità: quello che io ho fatto tu lo puoi fare. Sono felice solo quando i miei lettori mi confessano di mettersi in viaggio con un obiettivo: cambiare se stessi».
In Variazioni selvagge hanno un ruolo centrale i lupi: animale totemico e «maledetto», simbolo del male e della ferinità incontrollabile ma che Hélène alleva nella sua casa americana, e che difende con un’associazione. Come sempre la rinascita viene da un incontro: appunto con i lupi. Scoperta esistenziale ma anche prigione, etichetta: perché per milioni di persone lei, icona della musica classica, resta «la musicista dei lupi». «Il lupo non rappresenta il male che da poco tempo e per ragioni di interpretazione religiosa che lo stesso San Francesco ha combattuto. Il lupo non ha legami con il male o il diavolo. È un’immagine falsa che mette in discussione semmai il nostro male, la nostra tentazione diabolica. È l’altra ragione per cui ho scritto Variazioni selvagge: combattere un antico pregiudizio. Certo il lupo è un animale selvaggio, e in questo c’è la bellezza che è quella della vita, ma non è un pericolo per l’uomo e la natura, anzi è un elemento necessario alla sopravvivenza dell’ecosistema. Tutto è nato con una lupa, Alawa, di cui ho incrociato la strada, per caso, in Florida nel 1992. Non potevo immaginare quel giorno che la mia vita sarebbe cambiata. E’ successo qualcosa che rientra nell’amore, è questa passione che io racconto, una passsione che mi ha salvata da me stessa. Per il resto credete al pubblico, non si sbaglia. Io non ne faccio alcun uso marketing. Semmai sono felice che la notorietà mi permetta di difendere una causa che dovrebbe essere comune a tutti: difendere la sopravvivenza del pianeta».
I suoi concerti sono eventi, in cui nel pubblico, spesso giovane, entusiasmo e passione trascendono la musica. «Io non baro. Quando salgo in scena non esiste più nulla. E’ un faccia a faccia inedito per cui non ho che un’optione: rischiare il tutto per tutto. Bisogna giocare come se l’avvenire del mondo dipendesse da questo. E poi perché no? Che ne sappiamo? Sono misteri che ci sfuggono ma che bisogna innescare. Bisogna provocare l’impossibile a proprio rischio e pericolo».
Nel suo ultimo libro scrive, con orgoglio, che la musica è la più completa delle arti: «La musica ha una caratteristica: con lei non esiste nè bene nè male. C’è solo musica suonata con il cuore o no. Si vive in un corpo a corpo con l’istante. E questo rapportro talora permete di intuire l’eternità. Mi dico talvolta che la musica ha dei poteri da fata. Intellettuale, non attinge la sua forza che nella sensibilità, si rivolge in parti eguali al corpo e allo spirito, alla passione e alla contemplazione. Senza la musica saremmo sordi al silenzio. Senza di lei saremmo come gli esseri non umani che descrive Platone, quando parla della nascita delle muse. Prima di loro nulla ha significato, quando appaiono l’umanità puù avanzare. Vivo la musica in modo fisico. Mi passa da parte a parte. Raddoppia il mio corpo, e mi da più che lo spirito delle cose: grazie a lei penetro talora nell’invisibile».
L’Italia ha una parte importante nella vita della pianista: «È una seconda patria per me. I miei genitori erano professori di italiano ed è l’italiano che li ha uniti, da piccola in casa li sentivo parlare italiano tra loro e mi è parsa subito una lingua con virtù magiche. Pirandello è il primo grande scrittore che ho letto perché mia madre l’amava. Poi sono venuti Pavese, Moravia, Luzi e i grandi registi, Rossellini Fellini Pasolini. Il mio secondo libro è consacrato all’Italia, a un viaggio iniziatico tra Assisi e Venezia. Un modo per restare fedele alla parola di Dante, il cui titolo Vita Nova ci riguarda tutti: viene l’ora in cui si deve rinascere, fare delle scelte, cominciare una nuova vita in sé. Il suo nome? L’amore. Per gli esseri, le cose e il mondo. Amore per la vita, grazie a cui la passione è generosa, disinteressata e perché no, mistica».