
Pierre Jourde, La prima pietra, Prehistorica editore, 2023

Quindi, scrivo un diario on-line e in qualche modo mi racconto a persone che non mi conoscono.
Lo facevo anche prima, ma scrivevo in quaderni che ora ho abbandonato anche perché è più facile scrivere direttamente sulla tastiera del pc.
No che non ti posso spiegar tutta la tecnologia, ma conto sulla tua intelligenza e la tua capacità di comprendere, di là dalle mie righe.
Insomma nonno, scrivo io, scrive un altro e un altro ancora e ci conosciamo per caso on-line.
In queste situazioni ognuno fa come si sente, personalmente scrivo alle persone che mi sembrano simpatiche e che non si dimostrano troppo diffidenti. Sono due presupposti importanti per un’amicizia.
No che non la capisco la diffidenza in rete, sto attenta anch’io, ma non troppo, come in tutte le cose che voglio sperimentare nella vita.
sono attirato come un’ape laboriosa ai blog o post che hanno più il tono del “diario pubblico”.
inoltre…
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1: vietato attaccare la persona
2. vietato manipolare gli argomenti altrui
3. obbligatorio fornire le prove delle proprie affermazioni
vai a DILEMMI: https://www.raiplay.it/programmi/dilemmi
Le regole di (buona) comunicazione in DILEMMI, a cura di Gianrico Carofiglio, Rai3 – Mappeser.com: Mappe nel Sistema dei Servizi
VAI ALLA SCHEDA DELL’EDITORE:
https://www.ponteallegrazie.it/libro/disinformati-jacques-attali-9788833317793.html
Mai come in quest’epoca è stato facile per chiunque accedere a una mole smisurata di informazione. Mai come in quest’epoca è stato facile per chiunque produrne. Mai come in quest’epoca è stato facile diffondere notizie false, chiacchiere vane, distrazione di massa. Jacques Attali analizza l’attuale situazione dei media: la crisi dei media tradizionali; l’avvento di Internet; l’esplosione dei social, passati rapidamente da mezzo privato a strumento di informazione e propaganda. Intanto, le notizie che hanno un effettivo valore economico, politico, sociale sono accessibili solo a un’élite, che le acquista a caro prezzo; mentre chi brancola in rete piuttosto cede informazioni su di sé…
Come ci ha abituati, poi, dal passato e dal presente Attali trae indicazioni sul futuro. I rischi sono enormi, in un mondo dominato da pochi giganti monopolisti e con un pubblico ormai del tutto incapace di distinguere il vero dal falso, il fondamentale dall’irrilevante. Per evitare la catastrofe, bisogna agire urgentemente: dalla formazione dei giornalisti all’educazione dei lettori, dall’uso consapevole della tecnologia alla creazione di nuovi strumenti, molto è ciò su cui si deve intervenire. Fino allo smantellamento– avete letto bene – delle grandi piattaforme. Sarà una battaglia difficile, ma è necessaria. Perché quando è in pericolo il diritto di informarsi, sono in pericolo la democrazia e la libertà.
Mappe nel Sistema dei Servizi alla Persona e alla Comunità
“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. E’ l’invasione degli imbecilli”.
fonte della citazione: https://www.bufale.net/notizia-vera-umberto-eco-internet-da-diritto-di-parola-a-legioni-imbecilli-bufale-net/
vai al video Umberto Eco – Internet, Social Media e Giornalismo:
“Non amo le stroncature … di solito appagano un narcisismo aggressivo e spesso non riescono neanche a danneggiare l’oggetto che vorrebbero distruggere”
Giuseppe Pontiggia, in Sostare di fronte all’arte per vedere che non c’è, Il Sole 24 Ore 12 dicembre 1999
Durante una forte nevicata notò che i rami di molti alberi grandi e forti si erano spezzati sotto il peso della neve.
Solo un albero aveva resistito. Era il salice. I suoi rami, flessibili, si piegavano lasciando cadere la neve.
Akiyama ebbe quindi l’intuizione che sta alla base della pratica del jujutsu tradizionale, da lui in seguito ideato. La cedevolezza, la non resistenza, la flessibilità sono anche alla base del judo (che deriva proprio dal jujutsu), dello yoga e del buddismo.
Non opporre resistenza alla realtà dei fatti è anche il principio cardine della mindfulness.
Cedevolezza non significa arrendevolezza. Il salice lascia cadere la neve e, liberatosi dal suo peso, torna alla sua forma originale.
Elogio della Cedevolezza: la Leggenda del Salice – il blog di Claudia Porta
Jutsu vuol dire arte
Ju vuol dire cedevolezza, flessiblità, gentilezza.
Jujutsu : arte della cedevolezza (in: https://mappeser.com/2020/09/16/carofiglio-gianrico-della-gentilezza-e-del-coraggio-breviario-di-politica-e-di-altre-cose-feltrinelli-2020/?fbclid=IwAR27SdGvm_0zhjagrOdIdRYA-YBTtJn3j6DnUBhtiPW6_ueQo7BCyjZ3qak
Mappe nel Sistema dei Servizi alla Persona e alla Comunità
“L’assassinio di personaggi è un processo deliberato e sostenuto che mira a distruggere la credibilità e la reputazione di una persona, istituzione, gruppo sociale o nazione.
L’assassinio di personaggi è un danno deliberato della reputazione di un individuo.
Le vittime più importanti dell’assassinio di personaggi sono leader politici, funzionari, celebrità, scienziati, atleti e altri personaggi pubblici. I “personaggi assassini” prendono di mira vite private, comportamenti, valori e identità di altre persone. I loro dettagli biografici sono alterati o fabbricati.
Le caratteristiche intime diventano pubbliche. I risultati sono messi in discussione. Le buone intenzioni sono messe in dubbio. Usando esagerazioni, scherno, accuse, bugie, insinuazioni e calunnie, gli aggressori cercano di ferire le loro vittime moralmente ed emotivamente agli occhi dell’opinione pubblica.
Agenti di omicidi di carattere impiegano un misto di metodi aperti e segreti per raggiungere i loro obiettivi, come sollevare false accuse, seminare e alimentare voci e manipolare informazioni
“La…
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Provo ad osservarmi.
E a scrivere mentre mi osservo.
E, in particolare, a mettere a fuoco i miei processi di pensiero.Osservo i due poli opposti.
Da una parte c’è il continuo fluire del pensiero interno. E’ l’incessante ”stream of consciousness” che James Joyce ha osato sfidare sul piano letterario nel suo Ulisse. E’ un pensiero mobile, variabile, disordinato, confinante fra conscio ed inconscio. Talvolta si ferma. Più spesso scappa via e si dimentica del passo precedente.
E’ un gran compagno questo pensiero.
Si presentifica davanti allo specchio e mi fa dire: “ma chi sono io? .. chi è quello lì? … ma sono davvero io?”. O si manifesta con qualità psichica prima di dormire.
E’ il pensiero che lentamente si assopisce prima di dormire. Per fare posto al sogno.
E’ il pensiero che può essere messo al servizio della psiche con la reverieAll’altro polo c’è il pensiero applicativo. Quello dello studio analitico che si lega al lavoro ed alla professione. Qualsiasi lavoro attiva il pensiero applicativo. E’ pensiero pratico: “si fa così … no, si potrebbe anche fare così … questo adesso, questo dopo… occorre confrontare … ci vuole un parere …”
La coscienza occidentale è andata molto avanti nei pensieri applicativi.
Lo psicologo Howard Gardner nel suo Formae mentis, ha addirittura elaborato una tipologia delle intelligenze:l’intelligenza linguistica;
l’intelligenza musicale,
l’intelligenza logico-matematica,
l’intelligenza spaziale,
l’intelligenza corporea;
l’intelligenza intrapersonale;
l’intelligenza interpersonale.
Libro fantastico il Formae mentis (Feltrinelli, 1987).
In mezzo a questi due poli si agitano, agiscono, prendono il sopravvento e lo perdono tantissimi altri stili di pensiero.
Il pensiero poetico. Quello dello sguardo intenso, unico e profondo sull’attimo. E’ un pensiero molto, molto legato allo sguardo. Sguardo diretto o obliquo. Ma comunque sguardo che vede oltre e dentro. Solo in quell’attimo. Lo sguardo che crea una realtà altra da quella percepita dalla coscienza.Ancora il pensiero del gesto quotidiano. Accudirsi (oh , quanto sfuma sul pensiero interno, talvolta!), nutrirsi, fare ordine. Ricreare le condizioni per la propria sopravvivenza. E’ un pensiero apparentemente semplice che si affida alla memoria procedurale. Mia moglie mi dice che questo pensiero sarà molto, molto utile in vecchiaia.
C’è il pensiero della scelta. Cosa faccio? Cosa decido? Questa via o quest’altra? Decidere: tagliare. Ogni decisione è un taglio. Sanguina, poco o tanto
Insomma: ci sono tante varianti nei processi del pensare.
Anche perchè c’è sempre l’emozione di pensare. E’ lì che il pensare si umanizza perchè si impasta fra pensiero e sentimento ed ancora fra senzazione ed intuizione (quanto era saggio Jung. Il vecchio saggio Carl Gustav Jung)Ma era ai blog dove volevo arrivare.
Quale tipo di pensiero attiva il fare direttamente un blog o ancora visitarli e commentare?
A me sembra che attivi un pensiero relazionale.
Ossia un pensare che si struttura facendo rimbalzare dentro di sè e poi fuori di sè e poi ancora dentro di sè pezzetti del pensare di altri. Come dice anche Fully in un suo post.
E’ per questo che le tecnologie che sostengono i blog sono una rivoluzione della modernità.
Ed è proprio che da qui nascono i problemi. I nuovi problemi legati all’uso di queste straordinarie tecnologie. In una prospettiva negativa ne ha già parlato Sherry Turkle.Oggi vorrei soffermarmi su tre aspetti: la scelta dei blog, il tempo per esplorarli, il pensiero applicativo emergente, la rottura della solitudine nella moltitudine.
La scelta dei Blog. Per me è avvenuta prima per amicizia, poi per casualità, poi per affinità, poi ancora per amicizie acquisite. La Z-List combina affinità e casualità. Ma costringe anche alla scelta. Ed è stato molto divertente leggere del tormento decisionale di Dodo (sanguinava un pochetto). L’interesse della Z-List (e forse anche qualla della “classifica per generi”): conoscere blogger eccentrici rispetto alle mie centrature. Il suo svantaggio è la mancanza di un aggregatore. Non è una catena. E’ un albero con rami e rametti. Come gi alberi genealogici
E qui nasce il problema del tempo per esplorarli
Il tempo è breve, il tempo stringe, il tempo che resta è sempre limitato.
Osservo che il mio rapporto Uno a Molti con i blog funziona su tre sfere.C’è la sfera intima. Gli amici, quelli che si visitano proprio sempre, con cui si colloquia, in cui si commenta e si leggono gli altri commenti. Con cui si intessono rapporti ancora più intimi con le letterine interne. Qui i rimbalzi sono molto frequenti. E talvolta si mettono a tema questioni piuttosto interessanti.
Poi c’è la sfera dei frequenti. Li vado a vedere, ma non in modo metodico. Ogni tanto qualcuno sfugge. I loro amici non diventano miei amici (ma talvolta sì). Insomma è un’area più esplorativa, basata sul criterio prova ed errore. Certo talvolta alcuni finiscono inesorabilmente nelle spire pitoniche della sfera intima.
Infine c’è la sfera dei blog per ricerche. Si tratta di case tematiche. Di blogger che inseguono un tema che mi sta a cuore. Questi blog sfumano nei siti. Non ci vedo molta differenza fra un blog specialistico-tematico ed un sito.
Non dico che tradiscono la missione originaria del blog, che è quella di essere un diario pubblico. Però quasi.Per me la vocazione interessante del blog è la sua introspezione esposta al pubblico.
E’ per questo che i commenti offensivi e giudicanti sono così fuori tono nella cultura dei blog. Eppure prevalgono: ma è l’effetto imitativo della “discussione da bar sport”. Ti devo distruggere per le tue opinioni. Non posso distruggerti fisicamente, lo faccio con le parole. Tanto è facile battere i tasti, salvare ed inviare.
Così succede che i blogger delle sfere frequenti e per ricerche sono estremamente mobili nel mio rapporto uno a molti. Entrano ed escono con grande facilità.Quanti blog della sfera intima e frequente si possono “curare”?
Vediamo: 20 interlocutori fra gli amici scelti e che mi hanno scelto; 36 fra i preferiti (ossia i blog monitorati da splinder).
Tenuto conto delle frequenze di lettura, credo che la soglia di 20 si quella più realistica.
Compatibilmente con le altre cose da fare posso “curare” con la dovuta attenzione ed solo 20 relazioni.
Nell’universo delle relazioni internettiane è una molecola nello spazio.
Nelle relazioni fra persone è molto. Tanto più che la rete abbatte la geografia. Sono relazioni extra-territoriali.Ma quale pensiero interno e pensiero applicativo attiva il pensiero relazionale emergente dei blog?
Qui c’è il problema. Un problema che è solo all’inizio, direbbe Emanuele Severino.
Si tratta di un pensiero frammentato.
Un pensiero erratico.
Un pensiero che si applica a troppi oggetti per esplorarne a fondo ciascuno.Penso al libro che più mi è caro, all’unico libro che Montaigne ha scritto nella sua vita e l’unico che mi porterei dovunque:
“Questo, lettore, è un libro sincero.
Ti avverto fin dall’inizio che non mi sono proposto, con esso, alcun fine,
se non domestico e privato.
Non ho tenuto in alcuna considerazione nè il tuo vantaggio nè la mia gloria.
Le mie forze non sono sufficienti per un tale proposito.
L’ho dedicato alla privata utilità dei miei parenti ed amici:
affinchè dopo avermi perduto (come toccherà loro ben presto)
possano ritrovarvi alcuni tratti delle mie qualità e dei miei umori,
e con questo mezzo nutrano più intera e viva la conoscenza che hanno avuto di me”
Montaigne, SaggiCome non intra-vedere in queste parole del 1592 lo spirito, l’atteggiamento, la direzione biografica che oggi spinge un qualsiasi scrittore di blog?
Come sto ora facendo io.
Eppure quali differenze insormontabili!
Lì una applicazione quotidiana, senza interruzioni, senza interventi esterni a elaborare il proprio sè.
Qui, per l’appunto, una erranza fra temi, parole chiave, musiche, proposte, oggetti di riflessione diversissimi. Tutti spesso solo toccati velocemente senza una forte e profonda ricerca indaginante.
Là l’interiorità che si fa universalità.
Qui l’esteriorità dei frammenti che solo a condizione di riprendersi da se stessi in mano potrebbe diventare esperienza unitaria.
E’ il grande problema: tanti messaggi, tante informazioni, tanti stimoli. Ma poco o nulla come socializzazione e educazione a mettere assieme.
E, ripeto, siamo solo agli inizi del problema. Perchè siamo dentro la rivoluzionePer ultimo mi resta ancora un filo di ragionamento.
E’ abbastanza chiaro che la modernità, alimentata dal mercato e dalle burocrazie, è innanzitutto rottura delle solidarietà primarie tradizionali. Famiglia in primo luogo, ma poi anche comunità locali.
Questo fa sì che tutti noi (chi più, chi meno) siamo persone sole nella moltitudine.La moltitudine dei singoli ha sostituito le relazioni primarie.
Il blog integra, quando va bene, le relazioni faccia a faccia.
Più rischioso è quando le sostituisce.
Non c’è un rapporto causa effetto del tipo: la cultura dei blog provoca un impoverimento dei rapporti faccia a faccia.
No
Piuttosto l’estensione ed i radicamento, e le Z-List e le classifiche, insomma tutto questo avvitamento su se stessi dei blog, sono un sintomo della solitudine della moltitudine
Tuttavia essi talvolta alimentano anche forme nuove di solitudine scelta.
E qui il salto esistenziale si fa duro e terribile.
Fin quando si chiacchiera più o meno amabilmente sui post e nei commenti: “Caro di qui” … “Caro di là” … “condivido” … “non sono d’accordo” … e via discorrendo (“zio caro”: e qui capisce solo chi ha letto altro) …
Dicevo fin quando si parla con i tasti nasce, cresce, l’illusione di essere in relazione. Di avere amicizie solide che rompono la solitudine.Ma appena arriverà la caduta, la malattia, il colpo inaspettato che mette fuori gioco il corpo e la sua stessa possibilità di relazione … ecco, in quel momento, tutte queste relazioni virtuali si disfarranno nel vento.
Cesseranno immediatamente di esistere. Nè più nè meno come quando si spegne un computer.
Non ci sarà più alcuna relazione virtuale importante e necessaria ad avvicinare l’impatto di quel problema.
Ed allora saranno ancora una volta solo le relazioni primarie, quelle faccia a faccia, quelle delle famiglie sia pure disgraziate, invadenti e terrificanti, dei preti odiati e sbeffeggiati, degli insegnanti colpevolizzati, dei vicini di casa invadenti, ma forse allora rivalutati, dei volontari onnipotenti ed ingrugniti nella loro vocazione salvifica a dimostrare la loro essenzialità per tenerci assieme, male e ancora per un poco. Ma a tenerci assieme
E se anche queste relazioni franeranno (e franeranno, perchè non tengono sul medio e lungo periodo) ci saranno solo le istituzioni del welfare a darci una gruccia, un lenzuolo pulito alla mattina, dopo, la merda della notte.
Le tanto disprezzare istituzioni del welfare, delle quali ci si accorge per criticarne l’insufficienza, secondo la solita logica della “caccia al colpevole”, solo quando ne abbiamo bisogno.
Ed è qui che la politica, non la politica – spettacolo, ma la politica – azione eticamente sostenuta, riacquista il suo ruolo, peso, vocazione.Dunque, mi dico: fai il tuo blog, cura le tue relazioni, costruisci pure questi legami sottili che passano per la comunicazione dei fili. Sappi, però, che sono rapporti effimeri, labili, leggeri. E allora tieni sempre d’occhio anche le persone fisiche, concrete, visibili.
Ringrazia il caso e la natura che ti ha messo vicino una moglie che illumina e scalda i giorni.
Tuttavia, se scarseggiano i rapporti interpersonali, perchè hai un pessimo carattere, punta ancora sulle politiche di welfare e sul loro funzionamento.
Magari qualcuno, quando sarai nel letto assistito o sul deambulatore, si ricorderà che Nina Simone sa farti piangere e contemporaneamente renderti sempre felice.
E si ricorderà di infilarti una cuffia sulle orecchie e far andare in loop le sue 500 canzoni.
Mappe nel Sistema dei Servizi alla Persona e alla Comunità
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“Al mondo senza cellulare siamo rimasti solo io e te , credo”
“Per questo siamo amici”
“Abbiamo mantenuto una reperibilità selettiva”
In Julia, di Giancarlo Berardi, Agosto 2019
RINGRAZIARE DESIDERO
In quest’ora della sera
da questo punto del mondo.
Ringraziare desidero il divino
per la diversità delle creature
che compongono questo singolare universo,
per la ragione,
che non cesserà di sognare
un qualche disegno del labirinto
e l’uccello leggero che vola oltre, più in alto, più su.
Ringraziare desidero per l’amore,
che ci fa vedere gli altri come li vede la divinità,
per il pane e il sale,
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede.
Ringraziare desidero
per l’arte dell’amicizia,
per l’ultima giornata di Socrate,
per le parole che in un crepuscolo furono dette
da una croce all’altra,
per i fiumi segreti e immemorabili
che convergono in noi,
per il mare, che è un deserto risplendente
e una cifra di cose che non sappiamo
per il prisma di cristallo e il peso di ottone,
per le strisce della tigre,
per l’odore medicinale degli eucaliptus,
e la speranza, la fiducia, la lavanda.
Ringraziare desidero
per il linguaggio, che può simulare la sapienza,
per l’oblio, che annulla o modifica il passato,
per la consuetudine,
che ci ripete e ci conferma come uno specchio,
per il mattino, che ci procura l’illusione di un inizio,
per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia,
per il coraggio e la felicità degli altri,
per la patria, sentita nei gelsomini
per lo splendore del fuoco
che nessun umano può guardare senza uno stupore antico
e per il mare che è il più dolce fra tutti gli dei.
Ringraziare desidero perché
sono tornate le lucciole,
le nuvole disegnano,
le albe spargono brillanti nei prati,
e per noi
per quando siamo ardenti e leggeri
per quando siamo allegri e grati.
Io ringraziare desidero per la bellezza delle parole, natura astratta di dio
per la lettura e la scrittura, che ci fanno sfiorare noi stessi e gli altri
per la quiete della casa,
per i bambini che sono nostre divinità domestiche
per l’anima, perché consola il mio girovagare errante,
per il respiro che è un bene immenso,
per il fatto di avere una sorella.
Io ringraziare desidero
per tutti quelli che sono piccoli liberi e limpidi
per le facce del mondo che sono varie
per quando la notte si dorme abbracciati
per quando siamo attenti e innamorati,
fragili e confusi,
cercatori indecisi.
Ringrazio dunque
per i nostri maestri immensi
per tutti i baci d’amore,
e per l’amore che ci rende impavidi.
Per i nostri morti
che fanno della morte un luogo abitato,
e per i nostri vivi, che rendono la vita uno specchio fatato.
Per i figli,
col futuro negli occhi,
perchè su questa terra esiste la musica,
per la mano destra e la mano sinistra, e il loro intimo accordo
per i gatti per i cani esseri fraterni carichi di mistero,
per il silenzio che è la lezione più grande
per il sole, nostro antenato.
Ringraziare desidero
per Whitman, Presti e Francesco d’Assisi,
che scrissero già questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e si confonde con la somma delle creature
e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini.
Ringraziare desidero
per i minuti che precedono il sonno,
per il sonno e la morte,
quei due tesori occulti,
per gli intimi doni che non elenco,
per la gran potenza d’antico amor
per amor che muove il sole e l’altre stelle
e muove tutto, in noi….
Mariangela Gualtieri
(da Le giovani parole )
Biografia di Mariangela Gualtieri:
Per alcune persone può diventare indispensabile (vecchi, persone sole, persone con bisogno ed impossibilità di comunicare altrimenti), per altre una droga (autoreferenzialità, sindrome del contatore, sostituzione impropria del virtuale con il reale), c’è chi lo adopera per raccattare sesso e chi per suscitare compassione.
Un buon mezzo, un cattivo mezzo, secondo l’uso -sia attivo, sia passivo- che se ne fa. Un mezzo sicuramente in linea con il carattere del nostro tempo.
Paolo condivisione piena, cara mariaprivi. Ben ritrovata! Mi fa immenso piacere che anche tu valuti positivamenta la rivoluzione comunicativa dei Blog. Condivido tutto, ma proprio tutto, quello che dici: luogo innanzitutto di conversazione; specchio fedele (quasi un campione) della opinione pubblica; rapidità nella circolazione delle informazioni; nuovi tipi di amicizia, non basata sulla vicinanza fisica, eppure forte ed affettuosa; spazio comunicativo per le persone sole anziane (direi anche: allenamento del cervello e quindi prevenzione della decadenza della memoria); compulsività per alcuni (è vero: però meno dannosa dei telefonini, perchè è mediata dalla lingua scritta, che è sempre un esercizio di ordine); certo anche luogo per promuovere incontri sessuali (che, però se consenzienti e sicuri, sono una gioia della vita).
Vero, verissimo: un mezzo, uno strumento. Non un fine. Uno strumento al servizio della personalità.
Dei blog amo moltissimo le coincidenze (incrociare persone particolari che magari mai avrei potuto conoscere) e le occasioni. Per esempio in queste ore sul blog di ruckert (post Gotan project) sta avviandosi la stesura di una discografia jazz interattiva che potrebbe concludersi con un testo quasi collettivo su questo genere musicale del novecento. ciao carissima
Sui Blog
In quanto vivente nella modernità vivo non solo il politeismo dei valori, ma anche quello dei ruoli e delle situazioni.
Ma se dovessi ricordare per il futuro la “cifra” di questi mesi dovrei riferirla alla mia avventura sui Blog. E alla mia vorace curiosità per questa forma di comunicazione biografica resa possibile dalle tecnologie del Web.
Sull’ argomento ho avuto una interessante discussione con Ruckert che vorrei fissare anche nel mio blocco degli appunti.
Paolo a Ruckert Mi è piaciuta la tua rievocazione biografica sul Blog del 14 aprile . Volevo dirti subito – in breve – perchè trovo di grandissimo interesse culturale i Blog. Perchè credo che attraverso questi scritti e nei commenti stia avvenendo una rivoluzione. Cioè la costruzione di una intelligenza associativa. Ossia l’elaborazione di nuovi modi di pensare il mondo attraverso piccoli francobolli che fanno vedere le associazioni fra gli eventi e la loro interpretazione. Qualcosa che ha un equivalente storico solo con la nascita della “opinione pubblica” che è avvenuta con l’illuminismo francese. Nei blog vedo cultura, interessi, passioni. Tutte spezzettate: ma questa è la modernità. La modernità è frammento. Solo ogni singolo individuo può tentare di “mettere assieme”. Così i tuoi foglietti ne cassetti possono uscire. E magari incuriosire qualcuno .. che così incontra altri pensieri … Una grandissima rivoluzione. Tanto più profonda perchè molecolare. Con i blog si vede vistosamante che non c’è la “massa” (il riferimento-base dei fascismi e dei comunismi) ma individui pensanti che associano le loro intelligenze e sentimenti.
Ruckert: l’idea reticolare nella diffusione delle idee è interessante, bisognerà capire se e come prenderà piede, se non c’è il rischio che la rete possa imprigionare piuttosto che liberare, magari inserendoci in piccole comunità autoreferenziali. Il rischio, inutile negarlo, esiste come la potenzialità. Come spesso accade il problema è bilnaciare le due cose e fare in modo che da questa babele di passione interessi ideali possa venir fuori una massa critica (o magari diverse masse critiche) di maggiore respiro. Anche qua il tempo ci risponderà, per ora possiamo solo immaginare… Ciao 🙂
Paolo: “se non c’è il rischio che la rete possa imprigionare piuttosto che liberare, magari inserendoci in piccole comunità autoreferenziali” E’ vero. Allora l’unico ragionamento possibile è: qual’è il minore dei mali? LE autoreferenzialità? o il pensiero unico (insisto: quello delle culture totalitarie)? Propendo per il primo corno del dilemma. Trovo più libertà di pensiero in piccoli gruppi che condividono più comuni sentire. Il vero problema lo vedo nella possibile superficialità dei contatti. Relazioni sociali basate su “francobolli” tendono ad impoverire i significati di conoscenze più profonde e complessive.
Ciao Amalteo
Ruckert: vero, ma se ci fosse la terza via? L’ideale sarebbe combattere l’aureferenzialità in modo tale da ampliare sempre di più le piccole comunità che poi interagendo tra loro riescono a fare quella massa in grado di sviluppare la circolazione delle idee, che ne pensi?
Paolo: Caro Ruck, questa volta temo che o non siamo in sintonia o non ci capiamo. E’ la parola massa che mi incute timore, pensando al passato, soprattutto al secolo breve (1917-1945). Meglio infinitamente meglio individui che comunicano. Parlanti che crescono individualmente sulle normali sfide di una normale vita: nascita, crescita, espansione della personalità, fatica del lavoro, accettazione della morte. Nella massa c’è sempre bisogno di un capo. Come insegna anche la vicenda politica italiana: un popolo televisivo (non i parlanti dei blog) ha ancora acclamato un capo. Che non accetta le regole della democrazia. Ben sapendo che le televisioni sono sufficienti a creare qual “senso comune” che gli consentirà (probabilmente grazie a Bertinotti) di vincere per la terza volta. La televisone fà massa, i blog possono fare individui che trovano quei comuni sentire basati sul’intelligenza associativa. Ciao e grazie per gli stimoli a pensare
Ruckert: Non credo che non siamo in sintonia forse bisogna solo capirsi. Proviamoci magari partendo da un linguaggio comune perché bisogna intendersi sul senso delle parole. Al termine massa critica non voglio dare quel significato. Preferisco immaginare che l’insieme, anzi meglio la presenza sempre più numerosa di individui che comunicano e interagiscono tra loro crescendo individualmente, possano consentire un miglioramento qualitativo della società nelle sue diversità. Più la massa dei pensieri liberi aumenterà, più sarà possibile avere un miglioramento, a condizione però che tutti questi individui mantengano il più possibile un atteggiamento aperto verso l’esterno, in modo tale anche da far sviluppare in modo reticolare questo modello. E questa massa a differenza del passato potrebbe non avere necessità di un capo gerarchicamente sovraordinato proprio per la presenza di un reticolo che si muove orizzontalmente. Che dici? Siamo davvero così distanti? Ciao 🙂
Paolo: caro Ruck. Era proprio un malinteso linguistico sulla parola “massa”. Sono del tutto in accordo con il tuo ragionamento. Fra l’altro, nel tuo caso, non è solo un “ragionamento” ma una pratica attiva. La tua intelligenza e capacità di pensiero la vedo sempre messa in atto nelle tue interazioni con amìci di vecchia data o occasionali. Ti sei costruito con loro un cerchio-reticolo in cui amplificate le vostre esperienze ed i vissuti. Ecco la forza dei blog: una rivoluzione attraverso il parlarsi. Insomma una volta tanto la scienza e le tecniche possono essere utilizzate in modo attivo e partecipato. Dati i tempi che continuano ad essere piuttosto crudeli è davvero molto. ciao, a presto
MariaPrivi ad agosto sarà un anno che frequento il mondo bloggaro. Tempo di consuntivi? Ma no! Non ci credo.
Solo un momento per conversare.
Il blog è uno specchio abbastanza fedele dei tanti pubblici “reali”. Un mezzo con buone peculiarità ed inevitabili difetti.
Permette rapida, ed a volte mirata circolarità delle idee, ma si rischia di ricevere informazioni errate.
Eppure da Alex, con i blog, abbiamo ottenuto persino risultati concreti -vedi da me: Come muore la mia terra-.
Io con il blog faccio di tutto: amicizia, lavoro, passatempo.
Per alcune persone può diventare indispensabile (vecchi, persone sole, persone con bisogno ed impossibilità di comunicare altrimenti), per altre una droga (autoreferenzialità, sindrome del contatore, sostituzione impropria del virtuale con il reale), c’è chi lo adopera per raccattare sesso e chi per suscitare compassione.
Un buon mezzo, un cattivo mezzo, secondo l’uso -sia attivo, sia passivo- che se ne fa. Un mezzo sicuramente in linea con il carattere del nostro tempo.
Paolo condivisione piena, cara mariaprivi. Ben ritrovata! Mi fa immenso piacere che anche tu valuti positivamenta la rivoluzione comunicativa dei Blog. Condivido tutto, ma proprio tutto, quello che dici: luogo innanzitutto di conversazione; specchio fedele (quasi un campione) della opinione pubblica; rapidità nella circolazione delle informazioni; nuovi tipi di amicizia, non basata sulla vicinanza fisica, eppure forte ed affettuosa; spazio comunicativo per le persone sole anziane (direi anche: allenamento del cervello e quindi prevenzione della decadenza della memoria); compulsività per alcuni (è vero: però meno dannosa dei telefonini, perchè è mediata dalla lingua scritta, che è sempre un esercizio di ordine); certo anche luogo per promuovere incontri sessuali (che, però se consenzienti e sicuri, sono una gioia della vita).
Vero, verissimo: un mezzo, uno strumento. Non un fine. Uno strumento al servizio della personalità.
Dei blog amo moltissimo le coincidenze (incrociare persone particolari che magari mai avrei potuto conoscere) e le occasioni. Per esempio in queste ore sul blog di ruckert (post Gotan project) sta avviandosi la stesura di una discografia jazz interattiva che potrebbe concludersi con un testo quasi collettivo su questo genere musicale del novecento. ciao carissima. a presto
(questa traccia è presa da. http://www.segnalo.it/TRACCE/CIT/CIT.htm)
Quindi, scrivo un diario on-line e in qualche modo mi racconto a persone che non mi conoscono. Lo facevo anche prima, ma scrivevo in quaderni che ora ho abbandonato anche perché è più facile scrivere direttamente sulla tastiera del pc. No che non ti posso spiegare tutta la tecnologia, ma conto sulla tua intelligenza e la tua capacità di comprendere, di là dalle mie righe.
Insomma nonno, scrivo io, scrive un altro e un altro ancora e ci conosciamo per caso on-line.
In queste situazioni ognuno fa come si sente, personalmente scrivo alle persone che mi sembrano simpatiche e che non si dimostrano troppo diffidenti. Sono due presupposti importanti per un’amicizia. No che non la capisco la diffidenza in rete, sto attenta anch’io, ma non troppo, come in tutte le cose che voglio sperimentare nella vita.
Recentemente l’amico musicista Enzo Nini, mi raccontava un processo creativo che ha condiviso con altri musicisti.
A me è venuto in mente che il web e, precisamente, il blog, permette una comunicazione a 260° ( mancano ancora i profumi e le texture).
Certo una e-mail o un post, non hanno la magia di una lettera scritta a mano: non c’è l’inchiostro, la carta, la calligrafia, il profumo della mano che l’ha vergata, la sorpresa, i chilometri percorsi… ma compensano con la pluralità di opzioni.
Per quel che mi riguarda, nettamente superiori a una telefonata in quantità di sfumature trasmesse, anche se trovo irrinunciabile la voce, direi la musica in parole.
sono attirato come un’ape laboriosa ai blog o post che hanno più il tono del “diario pubblico”.
inoltre sono interessato a questo “ragionare sullo strumento” (il blog ) mentre lo si usa.
non sono in grado ancora (bisognerebbe farlo in modo più sistematico) di intravvedere i tipi di blog che le persone fanno.
però qualche idea me la sono fatta.
c’è il blog-diario. è quello più caldo
c’è il blog -invettiva. conviene starci alla larga
c’è il blog-informazione. talvolta più interessante di una enciclopedia
c’è il blog-gioco. talvolta con regole così complicate che ci vorrebbero ore per giocarci
… il blog-poesia …il blog-musica
e naturalmente altri ancora. e intrecci fra i vari tipi
una cosa è certa: i blog sono una espansione della nostra soggettività.
sono dei modi per coltivare se stessi.
per certi versi sono drammatici: parlano della nostra solitudine. esseri soli, in epoca di decadenza delle grandi aggregazioni sociali, che hanno voglia di esprimere se stessi attraverso delle identità protettive. delle maschere comunicanti.
dall’altra parte espandono la comunicazione. si fanno incontri insperati. si allarga il giro delle conoscenze. la reciproca conoscenza non è più coloro che ci sono vicini. ma è l’intera terra ed i suoi abitatori
il mio contemporaneo Stephen King (1947) dice:
“Twitter mi piace tanto perchè mi fa sforzare, mi costringe a comprimere una idea in una riga e poco più. Il lato meno bello, che mi piace meno, è – come dice Clint Eastwood – che “i pareri sono come il buco del culo, tutti ne hanno uno”, e chiunque sdottora su qualunque cosa”
in Corriere della Sera – Lettura, 8 ottobre 2017
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Come avrete capito io ci tengo ad essere considerato una persona intelligente e faccio di tutto per apparire tale agli occhi dell’umanità.
L’altro giorno, ad esempio, mi trovavo al bar a discutere di politica con alcuni amici ed essendo stato accusato di incoerenza mi sono difeso: “Solo gli stupidi non cambiano idea!”
Poi però ho pensato che se continuavo a sostenere fino alla fine della conversazione che solo gli stupidi non cambiano idea avrei fatto la figura dello stupido perché non avevo cambiato idea. Quindi cinque minuti più tardi ho ripreso la parola: “Ah, ci tenevo a dire un’altra cosa: solo gli intelligenti non cambiano idea!”
Conclusa la conversazione, sono uscito dal bar soddisfatto, ma è proprio allora che mi sono accorto dell’amara verità: essendomene andato dopo avere sostenuto che solo gli intelligenti non cambiano idea avevo fatto la parte dello stupido perché in precedenza avevo sostenuto che solo gli…
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Non le cose, ma le opinioni che essi hanno di esse, tormentano gli uomini
Epitteto
in Montaigne, La torre di Montaigne, editore La Vita Felice, 2012
cari Carlo Pozzoni e Vincenzo Guarracino
permettetemi, in quanto “amici di luogo”, di fare alcune considerazioni che mi derivano dal mio mestiere (sociologo)
c’è una grande differenza fra l’uso dei quotidiani (e riviste) e quello del web
Nei giornali c’è la RECENSIONE (la desiderata e spesso agognata “recensione”) che dipende dagli umori, dalle preferenze, dai gusti del cosiddetto critico (a proposito : perchè qualche volta i “critici ” non provano la fatica di scrivere un racconto, un romanzo, una poesia? provino loro almeno una volta l’ebbrezza del rapporto autore/lettore)
la recensione, quando arriva è UNA , è quella e poi basta
il web consente quella che oggi si chiama, in linguaggio tecnico, la “disintermediazione”. Si può stabilire il rapporto diretto autore/lettore o quello opera/lettore
e si può farlo senza i filtri dei direttori, dei professori di università, dei critici, dei “gestori della cultura secondo la loro visione” …
ma c’è un altro vantaggio, inestimabile, sul web il messaggio può essere ripetuto. Non è “uno” , ma è quel che serve lungo il corso del tempo. Anche tanti. A distanza di settimane, mesi anni
ecco: io uso il web per “disintermediarmi” (e aggiungo, con un filo di volgarità, per fottermene dei gestori del potere culturale e comunicativo)
dato che sono un ENTUSIASTA dei libri di Guarracino (quelli su Como, quelli su Spallino, su Leopardi ecc) rilancio ancora (ecco la “disintemediazione”) i libro bellissimo da voi pubblicato, aggiungendo le fotografie. Con il mio solo rammarico di non avere portato con me il prezioso registratorino Olympus per registrare l’incontro
e poi ancora nei tempi futuri. Questa è la differenza
ecco qui. Basta un link:
https://coatesa.com/…/vincenzo-guarracino-lago-darte-e-di-…/
e
https://coatesa.com/…/…/bibliografia-di-vincenzo-guarracino/
saluti cari a voi
parlatore (oggi televisivo) che si ispira ai metodi della demagogia
chi cerca di ottenere consenso delle masse lusingandole con promesse ed incitamenti
dal greco “demagogos”
composto da “demos”, popolo
e da “agogos”, conduttore
“anche laddove tu non riesca a definire un senso,
puoi cercare di agire come se in quel momento ne andasse della tua vita nella sua interezza.
Noi siamo chiamati comunque a decidere, a risolverci.
L’interrogarci è una risoluzione“, Massimo Cacciari
DICHIARAZIONE DI PROPENSIONE AL VOTO
Nella Polis siamo destinati ad oscillare fra l’errore e la possibilità. In questo importantissimo momento del 2013 mi colloco nell’orizzonte della Possibilità. Sapendo che l’esito dipende dai tantissimi fattori storici che stanno sulla Terra isolata dal Destino.
La seguente argomentazione parte dal Monitoraggio sulle elezioni del 24/25 febbraio 2013
Parlo per me: “Una testa, un voto”
Dal mio punto di vista personale e da quello delle politiche sociali la mia Italia non ha bisogno di qualcuno che “vinca le elezioni”, ma di GOVERNI della durata di almeno dieci anni (2013-2023) e che assumano con cultura etica ed economica il compito di affrontare la crisi del sistema europeo dentro la strutturale trasformazione del mondo nella attuale fase storica.
I due polarismi di sinistra e di destra di questi tristissimi anni (1994-2011) si sono oggettivamente dimostrati incapaci nello svolgere questo ruolo.
Esercito il diritto di voto dal 1970 e dal 2001 sono passato dal “voto di appartenenza” (Pci, Pds, Ds, PD) ad un voto “programmatico” , cioè valutato per ogni specifica situazione elettorale. Tuttavia , dopo il 1998 e il 2008 (errare è umano, perseverare è diabolico), NON voterò mai più una coalizione in cui ci sia la presenza dei sabotatori degli ex Governi Prodi (le cosiddette “sinistre antagoniste” delle novecentesche culture comuniste, oggi rappresentate da Sel e dal neo inquisitore Torquemada Ingroia).
Il PD ha fatto una campagna elettorale da “meravigliosa macchina da guerra”, in ciò dimostrando di non avere alcuna memoria storica, pensando a come finirono le elezioni del 1994: il mio voto questa volta non può andare lì. Troppo ambigua e incerta quella alleanza. Pietro Ichino (quello che i nipotini dei comunisti del secolo breve vorrebbero ammazzare e che i camussosauri della Cgil si limitano ad odiare) http://mappeser.com/category/7a-fonti-di-studio-per-autori/ichino-pietro/) ha tracciato la rotta.
La storia d’Italia dimostra che sono state le convergenze verso il centro a determinare le riforme adeguate ai compiti dei momenti di transizione. Ricordo il centrosinistra (con i socialisti) dei primi anni ’60 e ricordo i governi di unità nazionale della fine degli anni ’70.
Il Governo Monti – Napolitano (novembre 2011-gennaio 2013) ha mostrato in tutta evidenza che abbiamo bisogno di “grandi coalizioni”, e non di aggressive e violente contrapposizioni. E l’abbandono veramente meschino del Pd della figura smagliante di Giorgio Napolitano (che proviene dalla più antica storia del Pci) mi disgusta e rende sicuro nella mia scelta.
Come dice Giorgio Gaber: nessun rimpianto.
Pur nella evidente debolezza della sua posizione all’interno del sistema politico italiano, voterò le liste Monti, per favorire la continuità di quella Agenda ed il suo linguaggio che hanno avuto il merito di rasserenare (per troppo poco tempo) il clima di intollerabile antagonismo presente sulla scena pubblica.
Vite parallele: GIORGIO NAPOLITANO E DAVE BRUBECK, di Paolo Ferrario
“anche laddove tu non riesca a definire un senso, puoi cercare di agire come se in quel momento ne andasse della tua vita nella sua interezza. Noi siamo chiamati comunque a decidere, a risolverci. L’interrogarci è una risoluzione“, Massimo Cacciari
Fino a cinque minuti fa ero per il VOTO DISGIUNTO alle elezioni regionali in Lombardia: voto alla lista Monti e voto al Presidente Ambrosoli.
Poi ho visto con minuziosa attenzione le liste che sostengono Ambrosoli Presidente e ho capito che NON POSSO VOTARE una coalizione che contiene al suo interno partiti ideologici del tutto opposti tra di loro e del tutto culturalmente incapaci a tenere sul lungo periodo una alleanza di governo.
Sono cosciente che l’esito elettorale sarebbe una spaventosa Lombardia legaiola. Ma i partiti di sinistra-centro (non di centro-sinistra) dovevano pensarci prima e offrire una vera alternativa a Formigoni. Che non è certo quella di una rinnovata “gioiosa macchina da guerra” , sia pur guidata da un (quotidianamente ricattabile) galantuomo come Umberto Ambrosoli.
In queste condizioni mi resta solo la possibilità di misurare la consistenza, anche in Regione Lombardia della lista Monti
I partiti che mi disgustano e obbligano a votare la Lista Monti ed il suo candidato presidentesono, nell’ordine:
Una testa e un voto.
Questa volta c’è una offerta politica alternativa alle due coalizioni antagoniste (destre e sinistre) che stanno avvelenando il sistema politico italiano.
Paolo Ferrario
traccia trovata nel Pc mentre sto importando i vecchi post dal blog di Splinder (primi anni 2000)
utilissima ancora oggi
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sì, marina, è vero: i processi comunicativi sono infinitamente sfumati.
e c’è anche il giudizio “laterale” sia sulla pesona che sulle idee: quello che si fa nei gruppi, negli incontri.
mi rendo conto che lo faccio anch’io. dovrei darmi più disciplina.
e allora ti riporto qui (per la tua cartelletta SULLA comunicazione) alcune regolette (per l’appunto da me non sempre praticate) che ho appreso nei miei studi di Watzalawick (impossibile perfino copiarlo questo nome!) e amici sistemici:
1. mettersi d’accordo sull’oggetto della controversia
2. porre qualche limite all’oggetto della controversia
3. non interrompere colui che sta accusando (entro limiti ragionevoli di tempo direi: se il dilagamento è eccessivo occorre chiudere la falla)
4. evitare massimamente di ritorcere un accusa diversa contro di lui (esempio nella comunicazione coniugale: MG “la devi smettere di far tardi al bar”, MR “e tu la devi smettere di parlare per ore al telefono con le amiche”)
5. concordare luogo e tempo dove la “converszione conflittuale” deve avvenire. Ogni operazione di circoscrivere le zone del conflitto è salvatrice
6. tenere le opportune distanze. Siamo esseri territoriali e l’invadenza dello spazio soggettivo porta a schiaffi, calci, unghiate (reali e virtuali). Io per esempio sono stato brutalizzato su blog altrui: non solo venivo offeso (sono permaloso, ormai lo sai) ma venivo azzannato dai commentatori che a loro volta venivano blanditi in modo collusivo dal/dalla blogger. ho anche notato che sono particolarmente tollerante se vengo “offeso” (rimando a tutta la discussione sulle tipologie dell’offesa) nel mio spazio. mi imbelvisco se vengo “offeso” in campo altrui. dunque se si impara dall’esperienza si può evitare di cadere nelle trappole
7. non superare la soglia della vulnerabilità dell’altro. colpire sul tallone di achille porta alla morte dell’eroe
8. considerare un conflitto come il risultato di comportamenti comunicativi reciproci e non come una esclusiva “colpa” dell’altro
è una lista che forse potrebbe arrivare al magico numero di dieci (anche cambiando l’ordine dei punti e qualche punto stesso)
se hai voglia pensaci
così compiliamo una virtuosa tabella della (tendenziale) buona comunicazione, particolarmente necessaria , visto che ci piace (e non poco) stare sulle tecnologie internettiane
buone ore e buoni giorni
sulla comunicazione sistemica vedi anche:
C’è un metodo inaugurato prima da Lenin per sconfiggere con la politica i suoi avversari, poi da Stalin per eliminare prima politicamente e poi concretamente i suoi avversari e poi ancora da Togliatti per ritornare ad eliminare politicamente i suoi avversari.
Si fa così. Prima si dipinge in modo negativo il proprio avversario (l’argomento principe era quello di dire che era un “traditore”) poi, una volta ottenuto il risultato di far apparire un certo “volto” di questa persona, si passa a demolire le sue opinioni opportunamente selezionate per far apparire quel volto in precedenza dipinto, infine si fa una proposta e si incita ad una azione (sberleffo, insulto, espulsione o, in extremis, eliminazione fisica)
In tal modo la strada è spianata e l’argomentazione può anche fare a meno di mettere in campo TUTTE le strategie argomentative che, tenendo conto della solida e duratura scaletta della retorica classica, dovrebbero essere :
INVENTIO: inventario di tutte le questioni che sono in campo
DISPOSITIO: loro disposizione in un discorso coerente
ACTIO: dire le parole, formularle in espressione orale o scritta
ELOCUTIO: usare tutta la propria arte oratoria (fra cui anche l’invettiva, che è la via semplice quando non si hanno argomenti plausibili)
In teoria della comunicazione questo metodo si chiama: Comunicazione tramite Deturpazione morale.
Dizionarite
Ossia patologia grafopsichica da uso compulsivo del dizionario allo scopo di capire cosa vogliamo dire con le parole.
Prisma mi ha contagiato con la sua dizionarite.
L’esercizio è questo:
antipolitico: 1. che è avverso o estraneo alla politica; 2. che è contrario a una saggia e prudente politica
Alfio Mastropaolo, Antipolitica alla origine della crisi italiana, L’Ancora del mediterraneo, p. 29-31:
versione aggiornata di quell’antico fenomeno, pur sempre di vaga e ardua definizione che è il populismo; il quale, a sua volta, è innanzitutto appello al “popolo”, e in nome del “popolo”, contro il sistema consolidato del potere e contro i valori dominanti.
Tre sono le componenti essenziali dell’appello populista: una struttura dell’argomentazione, uno stile (e una strategia), ma anche una paradossale ideologia.
L’argomentazione populista esalta il senso comune dell’uomo della strada, la sua superiorità morale e la sua innata saggezza, e sostiene l’esistenza di soluzioni semplici anche per i problemi più complessi. Questi ultimi sembrano tali solo perché l’establishmentadopera un linguaggio inaccessibile per escludere il cittadino comune, e perché su tali problemi proietta le proprie divisioni e i suoi interessi particolari, che nulla hanno a che vedere con quelli del popolo reale.
Sul piano dello stile, il populismo pretende di esprimere opinioni, sentimenti e umori dell’uomo della strada, ma in realtà punta a mobilitarne i rancori e la disponibilità alla protesta. L’ideologia populista, ferma restando la sua vaghezza, si fonda sull’etica del produttore, sull’esaltazione dello sforzo individuale e del contributo produttivo dei singoli alla comunità, considerando al contempo con ostilità gli assetti economici e politici esistenti.
…
Tale ideologia non vieta al populismo di caratterizzarsi per la sua più assoluta plasticità e inconsistenza programmatica. A seconda delle circostanze, i populismi – giacché del populismo esistono molteplici varianti – sono protezionisti o liberisti, sostenitori dello Stato sociale o strenui avversari della sua esosità fiscale. Non solo, ma vi sono populismi sia di destra, sia di sinistra, accomunati dall’avversione per ogni classe dirigente, politica, economica, intellettuale che sia, cui essi contrappongono – rozzamente, ma con chiarezza – l’essenza stessa della democrazia, ovvero il popolo sovrano, di cui romanticamente esaltano le virtù, insieme all’intrinseca giustezza delle sue volontà, e al quale vorrebbero restituire il potere usurpato dagli oligarchi dell’establishment.
…
Evocare il popolo sovrano, enunciare il principio secondo cui «il popolo ha ragione», è di gran lunga più agevole che non persuadere i cittadini delle complesse e laboriose alchimie di un modello come quello rappresentativo liberale, che ritiene saggio distinguere tra titolarità ed esercizio della sovranità, per il quale la volontà popolare non si costituisce unitariamente nel momento elettorale, bensì attraverso una faticosa opera di composizione, e che intende pure proteggere la democrazia da se stessa e dai propri eccessi.
Provo ad osservarmi.
E a scrivere mentre mi osservo.
E, in particolare, a mettere a fuoco i miei processi di pensiero.
Osservo i due poli opposti.
Da una parte c’è il continuo fluire del pensiero interno. E’ l’incessante “stream of consciousness” che James Joyce ha osato sfidare sul piano letterario nel suo Ulisse. E’ un pensiero mobile, variabile, disordinato, confinante fra conscio ed inconscio. Talvolta si ferma. Più spesso scappa via e si dimentica del passo precedente.
E’ un gran compagno questo pensiero.
Si presentifica davanti allo specchio e mi fa dire: “ma chi sono io? .. chi è quello lì? … ma sono davvero io?”. O si manifesta con qualità psichica prima di dormire.
E’ il pensiero che lentamente si assopisce prima di dormire. Per fare posto al sogno.
E’ il pensiero che può essere messo al servizio della psiche con la reverie
All’altro polo c’è il pensiero applicativo. Quello dello studio analitico che si lega al lavoro ed alla professione. Qualsiasi lavoro attiva il pensiero applicativo. E’ pensiero pratico: “si fa così … no, si potrebbe anche fare così … questo adesso, questo dopo… occorre confrontare … ci vuole un parere …”
La coscienza occidentale è andata molto avanti nei pensieri applicativi.
Lo psicologo Howard Gardner nel suo Formae mentis, ha addirittura elaborato una tipologia delle intelligenze: l’intelligenza linguistica; l’intelligenza musicale, l’intelligenza logico-matematica, l’intelligenza spaziale, l’intelligenza corporea; l’intelligenza intrapersonale; l’intelligenza interpersonale. Libro fantastico il Formae mentis (Feltrinelli, 1987).
In mezzo a questi due poli si agitano, agiscono, prendono il sopravvento e lo perdono tantissimi altri stili di pensiero.
Il pensiero poetico. Quello dello sguardo intenso, unico e profondo sull’attimo. E’ un pensiero molto, molto legato allo sguardo. Sguardo diretto o obliquo. Ma comunque sguardo che vede oltre e dentro. Solo in quell’attimo. Lo sguardo che crea una realtà altra da quella percepita dalla coscienza.
Ancora il pensiero del gesto quotidiano. Accudirsi (oh , quanto sfuma sul pensiero interno, talvolta!), nutrirsi, fare ordine. Ricreare le condizioni per la propria sopravvivenza. E’ un pensiero apparentemente semplice che si affida alla memoria procedurale. Mia moglie mi dice che questo pensiero sarà molto, molto utile in vecchiaia.
C’è il pensiero della scelta. Cosa faccio? Cosa decido? Questa via o quest’altra? Decidere: tagliare. Ogni decisione è un taglio. Sanguina, poco o tanto
Insomma: ci sono tante varianti nei processi del pensare.
Anche perchè c’è sempre l’emozione di pensare. E’ lì che il pensare si umanizza perchè si impasta fra pensiero e sentimento ed ancora fra senzazione ed intuizione (quanto era saggio Jung. Il vecchio saggio Carl Gustav Jung)
Ma era ai blog dove volevo arrivare.
Quale tipo di pensiero attiva il fare direttamente un blog o ancora visitarli e commentare?
A me sembra che attivi un pensiero relazionale.
Ossia un pensare che si struttura facendo rimbalzare dentro di sè e poi fuori di sè e poi ancora dentro di sè pezzetti del pensare di altri. Come dice anche Fully in un suo post.
E’ per questo che le tecnologie che sostengono i blog sono una rivoluzione della modernità.
Ed è proprio che da qui nascono i problemi. I nuovi problemi legati all’uso di queste straordinarie tecnologie. In una prospettiva negativa ne ha già parlato Sherry Turkle.
Oggi vorrei soffermarmi su tre aspetti: la scelta dei blog, il tempo per esplorarli, ilpensiero applicativo emergente, la rottura della solitudine nella moltitudine.
La scelta dei Blog. Per me è avvenuta prima per amicizia, poi per casualità, poi per affinità, poi ancora per amicizie acquisite. La Z-List combina affinità e casualità. Ma costringe anche alla scelta. Ed è stato molto divertente leggere del tormento decisionale di Dodo (sanguinava un pochetto). L’interesse della Z-List (e forse anche qualla della “classifica per generi”): conoscere blogger eccentrici rispetto alle mie centrature. Il suo svantaggio è la mancanza di un aggregatore. Non è una catena. E’ un albero con rami e rametti. Come gi alberi genealogici
E qui nasce il problema del tempo per esplorarli
Il tempo è breve, il tempo stringe, il tempo che resta è sempre limitato.
Osservo che il mio rapporto Uno a Molti con i blog funziona su tre sfere.
C’è la sfera intima. Gli amici, quelli che si visitano proprio sempre, con cui si colloquia, in cui si commenta e si leggono gli altri commenti. Con cui si intessono rapporti ancora più intimi con le letterine interne. Qui i rimbalzi sono molto frequenti. E talvolta si mettono a tema questioni piuttosto interessanti.
Poi c’è la sfera dei frequenti. Li vado a vedere, ma non in modo metodico. Ogni tanto qualcuno sfugge. I loro amici non diventano miei amici (ma talvolta sì). Insomma è un’area più esplorativa, basata sul criterio prova ed errore. Certo talvolta alcuni finiscono inesorabilmente nelle spire pitoniche della sfera intima.
Infine c’è la sfera dei blog per ricerche. Si tratta di case tematiche. Di blogger che inseguono un tema che mi sta a cuore. Questi blog sfumano nei siti. Non ci vedo molta differenza fra un blog specialistico-tematico ed un sito.
Non dico che tradiscono la missione originaria del blog, che è quella di essere un diario pubblico. Però quasi.
Per me la vocazione interessante del blog è la sua introspezione esposta al pubblico.
E’ per questo che i commenti offensivi e giudicanti sono così fuori tono nella cultura dei blog. Eppure prevalgono: ma è l’effetto imitativo della “discussione da bar sport”. Ti devo distruggere per le tue opinioni. Non posso distruggerti fisicamente, lo faccio con le parole. Tanto è facile battere i tasti, salvare ed inviare.
Così succede che i blogger delle sfere frequenti e per ricerche sono estremamente mobili nel mio rapporto uno a molti. Entrano ed escono con grande facilità.
Quanti blog della sfera intima e frequente si possono “curare”?
Vediamo: 20 interlocutori fra gli amici scelti e che mi hanno scelto; 36 fra i preferiti (ossia i blog monitorati da splinder).
Tenuto conto delle frequenze di lettura, credo che la soglia di 20 si quella più realistica.
Compatibilmente con le altre cose da fare posso “curare” con la dovuta attenzione ed solo 20 relazioni.
Nell’universo delle relazioni internettiane è una molecola nello spazio.
Nelle relazioni fra persone è molto. Tanto più che la rete abbatte la geografia. Sono relazioni extra-territoriali.
Ma quale pensiero interno e pensiero applicativo attiva il pensiero relazionale emergente dei blog?
Qui c’è il problema. Un problema che è solo all’inizio, direbbe Emanuele Severino.
Si tratta di un pensiero frammentato.
Un pensiero erratico.
Un pensiero che si applica a troppi oggetti per esplorarne a fondo ciascuno.
Penso al libro che più mi è caro, all’unico libro che Montaigne ha scritto nella sua vita e l’unico che mi porterei dovunque:
Per ultimo mi resta ancora un filo di ragionamento.
E’ abbastanza chiaro che la modernità, alimentata dal mercato e dalle burocrazie, è innanzitutto rottura delle solidarietà primarie tradizionali. Famiglia in primo luogo, ma poi anche comunità locali.
Questo fa sì che tutti noi (chi più, chi meno) siamo persone sole nella moltitudine.
La moltitudine dei singoli ha sostituito le relazioni primarie.
Il blog integra, quando va bene, le relazioni faccia a faccia.
Più rischioso è quando le sostituisce.
Non c’è un rapporto causa effetto del tipo: la cultura dei blog provoca un impoverimento dei rapporti faccia a faccia.
No
Piuttosto l’estensione ed i radicamento, e le Z-List e le classifiche, insomma tutto questo avvitamento su se stessi dei blog, sono un sintomo della solitudine della moltitudine
Tuttavia essi talvolta alimentano anche forme nuove di solitudine scelta.
E qui il salto esistenziale si fa duro e terribile.
Fin quando si chiacchera più o meno amabilmente sui post e nei commenti: “Caro di qui” … “Caro di là” … “condivido” … “non sono d’accordo” … e via discorrendo (“zio caro”: e qui capisce solo chi ha letto altro) …
Dicevo fin quando si parla con i tasti nasce, cresce, l’illusione di essere in relazione. Di avere amicizie solide che rompono la solitudine.
Ma appena arriverà la caduta, la malattia, il colpo inaspettato che mette fuori gioco il corpo e la sua stessa possibilità di relazione … ecco, in quel momento, tutte queste relazioni virtuali si disfarranno nel vento.
Cesseranno immediatamente di esistere. Nè più nè meno come quando si spegne un computer.
Non ci sarà più alcuna relazione virtuale importante e necessaria ad avvicinare l’impatto di quel problema.
Ed allora saranno ancora una volta solo le relazioni primarie, quelle faccia a faccia, quelle delle famiglie sia pure disgraziate, invadenti e terrificanti, dei preti odiati e sbeffeggiati, degli insegnanti colpevolizzati, dei vicini di casa invadenti, ma forse allora rivalutati, dei volontari onnipotenti ed ingrugniti nella loro vocazione salvifica a dimostrare la loro essenzialità per tenerci assieme, male e ancora per un poco. Ma a tenerci assieme
E se anche queste relazioni franeranno (e franeranno, perchè non tengono sul medio e lungo periodo) ci saranno solo le istituzioni del welfare a darci una gruccia, un lenzuolo pulito alla mattina, dopo, la merda della notte.
Le tanto disprezzare istituzioni del welfare, delle quali ci si accorge per criticarne l’insufficienza, secondo la solita logica della “caccia al colpevole”, solo quando ne abbiamo bisogno.
Ed è qui che la politica, non la politica – spettacolo, ma la politica – azione eticamente sostenuta, riacquista il suo ruolo, peso, vocazione.
Dunque, mi dico: fai il tuo blog, cura le tue relazioni, costruisci pure questi legami sottili che passano per la comunicazione dei fili.
Sappi, però, che sono rapporti effimeri, labili, leggeri.
E allora tieni sempre d’occhio anche le persone fisiche, concrete, visibili.
Ringrazia il caso e la natura che ti ha messo vicino una moglie che illumina e scalda i giorni.
Tuttavia, se scarseggiano i rapporti interpersonali, perchè hai un pessimo carattere, punta ancora sulle politiche di welfare e sul loro funzionamento.
Magari qualcuno, quando sarai nel letto assistito o sul deambulatore, si ricorderà che Nina Simone sa farti piangere e contemporaneamente renderti sempre felice.
E si ricorderà di infilarti una cuffia sulle orecchie e far andare in loop le sue 500 canzoni.
Nella vita privata capita di usare un linguaggio particolare, allusivo, fatto di parole che si usano solo in quel contesto. Se ci fossero dei microfoni in casa nostra e registrassero certe conversazioni “grossier” fra me e mia moglie, qualcuno dall’esterno o non capirebbe o rimarrebbe inorridito.
Di più, qualche femminista estremista direbbe che lì c’è uno sporco maschio che sta usando violenza (linguistica) sulla sua donna, invece che vederci solo il gusto della risata divertita.
Si sa che nella vita di coppia, soprattutto se lunga, verificata, ed aggiustata in itinere si crea una complicità della parole e dei gesti che sono dotati di senso (e soprattutto di umorismo) proprio all’interno di quel tipo di relazione. Dall’esterno si potrebbero giudicare questi codici linguistici come grossolani o volgari. E non meritevoli di far ridere, di gusto, come noi facciamo. A crepapelle.
Appena un po’ più fuori della vita privata intima mi potrebbe anche capitare di uscire di casa, passeggiare per una strada e incontrare una puttana, magari una puttana di sinistra che parla bene (come dice Lucio Dalla in una sua canzone) e scambiare un sorriso. Magari anche rallentare il passo e guardare, ammesso che non sia pericoloso.
In questa fase di decadenza della società e della cultura del paese, dove impera la risata sgangherata, quando va bene, il rutto e la scorengia (specializzazione leghista) , quando si supera un certo limite, può anche capitare che si faccia a fette una persona sulla base di suoi comportamenti, appunto, dotati di senso, all’interno di un certo contesto.
E’ quello che sta capitando a Silvio Sircana, il portavoce del presidente del consiglio Prodi.
Un magistrato di Potenza raccoglie i dati per una indagine su un fotografo abituato a mettere le mani nella merda. Ossia a fotografare persone che nella vita privata fanno quello che desiderano, per poi ricattarle, minacciando di sputtanarle con la pubblicazione su qualche rivista.
Questo magistrato scrive nei suoi rapporti che un certo Silvio Sircana, portavoce del presidente del consiglio Prodi, è uscito di casa ed ha rallentato l’automobile in una via “abitata” da travestiti e transessuali e l’infame ha anche sorriso. Scrive questi “indizi” , anche se poi non li mette agli atti. Cioè non entrano nella procedura penale in corso. Lo stesso avviene per alcune fotografie dell’ex ministro Maroni, del partito della Lega Nord.
Il quotidiano il Giornale, invece, pubblica la spazzatura di quel magistrato come se fosse una notizia.
Una pacchia: è bipartizan!
Ah …: il giornalista Travaglio sta prendendo appunti per il suo prossimo vomitatoio. Sta affilando i denti da vampiro per la prossima puntata dal biondo-cotonato Santoro.
Il sistema dell’informazione sta facendo tutto il resto.
Le due persone sono fatte a fette.
Abbastanza distrutte. Perchè, in una cultura che punta tutto sull’immagine, si può distruggere una persona solo deturpandone l’immagine.
C’è da scommettere che Maroni ne uscirà bene e, invece, molto male Sircana. Perchè appartengono a due culture politiche moralmente diverse.
Sono anche certo che si sghignazzerà molto nelle prossime ore. E si rutterà e si scorengerà (altra specializzazione nei festini berlusconiani).
L’italiano medio godrà del malessere e della sofferenza di queste persone, perchè appartengono al “mondo della politica”.
Mettendo in ombra il fatto obiettivo che la politica è lo specchio preciso della società.
Sembra proprio che questo paese non ce la faccia proprio a superare il “complesso di Alberto Sordi”, nota sindrome psicopatica, ampiamente studiata da Sigmund Freud, nel 1901.