Il dio Giove (Zeus) è stato allevato dalle ninfe nella grotta di Creta e nutrito dalla capra Amaltea. Si narra che un giorno, mentre si divertiva a cavalcare la sua nutrice, si attaccò a lei con molta forza e le spezzò un corno.
Fu la giovane ninfa Melissa che si prese a cuore la povera capra e ne curò la ferita. Giove, per ringraziare Melissa, prese il corno spezzato e glielo regalò, promettendole che da quel corno sarebbe scaturito tutto ciò che il suo possessore avesse desiderato (cornucopia, o corno dell’abbondanza).
Melissa è una ninfa della mitologia greca e il suo nome ha il significato di “produttrice di miele”, ossia di ape. Le ninfe sono le divinità minori della natura e il loro aspetto è di bellissime fanciulle eternamente giovani.
Calliopeè una delle nove Muse che, nella mitologia greca, rappresentavano l’ideale supremo dell’Arte.
Calliope, figlia di Zeus e di Mnemosine, è considerata la musa della poesia, in particolare di quella epica. E’ la maggiore e la più saggia delle Muse, nonché la più sicura di sé. I suoi simboli sono lo stilo e le tavolette di cera e infatti viene spesso rappresentata con in mano una tavoletta su cui scrivere.
PAOLO FERRARIO, Il Genius loci come angelo del luogo, in ANGELICAMENTE, il senso dell’angelo nel nostro tempo, a cura di Baldo Lami, Zephyro edizioni, 2010, p. 45-57
INDICE DEL SAGGIO: 1. L’evento 2. Relazioni fra gli angeli e gli uomini 3. Il Genius loci 4. I luoghi concreti 5. Gli elementi dei luoghi 6. Ritorno a casa
Presentazione, 28 novembre 2010:
Bibliografia:
BIBLIOGRAFIA
Amman R., Il giardino come spazio interiore, Bollati Boringhieri, Torino 2008
Bachelard G., La terra e il riposo, le immagini della intimità (1948), Red Edizioni, Como 1994
Benjamin W., Il viaggiatore solitario e il flâneur, Il Nuovo Melangolo, Genova 1988
Berger P. L., Il brusio degli angeli, Il Mulino, Bologna 1969
Bevilacqua F., Genius Loci. Il dio dei luoghi perduti, Rubbettino, Catanzaro 2010
Calvino I., Lezioni americane, Mondadori, Milano 2000
Demetrio D., Filosofia del camminare. Esercizi di meditazione mediterranea, Raffaello Cortina, Milano 2005
Demetrio D., Ascetismo metropolitano. L’inquieta religiosità dei non credenti, Ponte alle Grazie, Firenze 2009
Galli M., Edgar Reitz, Il Castoro Cinema, Milano 2006
Guardini R., Rainer Maria Rilke: le Elegie duinesi come interpretazione dell’esistenza (1953), Morcelliana, Brescia 1974
Hillman J., Il piacere di pensare, conversazione con Silvia Ronchey, Rizzoli, Milano 2001
Hillman J., L’anima dei luoghi, conversazioni con Carlo Truppi, Rizzoli, Milano 2004
Jonas H, Memorie. Conversazioni con Rachel Salamander, Il Melangolo, Genova 2009
Michael J., Il giardino allo specchio. Percorsi tra pittura, cinema e fotografia, Bollati Boringhieri, Torino 2009
Moore T., L’incanto quotidiano, Sonzogno, Milano 1997
Peregalli R., I luoghi e la polvere. Sulla bellezza dell’imperfezione, Bompiani, Milano 2010
Rilke R.M., Elegie Duinesi, (1922), Le Lettere, Scandicci 1992
Stevens W., L’angelo necessario, SE/ES, Milano 2000
Wenders W., Stanotte vorrei parlare con l’angelo. Scritti 1968-1988, Ubulibri, Milano 1988
Paolo Ferrario è sociologo ed è stato docente universitario a contratto alla Università Ca’ Foscari di Venezia e alla Università di Milano Bicocca.
Attraversa il suo Destino nell’ultimo tratto di vita tra partecipazione alla Polise alla necessità esistenziale di ancorarsi in un Luogo, che si è concretizzato a Coatesa in luoghi del Lario.
400 gr di farina 00
1 bustina di lievito di birra
10 gr di zucchero
1 cucchiaino di sale
4 cucchiai di olio d’oliva
225-250 ml di acqua tiepida
Mescolare la farina con il lievito di birra in una terrina. Fare una buca in mezzo e versare lo zucchero, il sale e l’olio. Aggiungere un po’ per volta l’acqua tiepida e lavorare l’impasto per una decina di minuti. Quando l’impasto risulterà liscio e levigato lasciarlo lievitare per circa 1 ora, coprendo la terrina con uno strofinaccio umido.
Dividere poi l’impasto in due parti, formando due pagnotte e lasciare lievitare ancora per 1 ora.
Spennellare poi la superficie delle due pagnotte con un pò d’acqua, e fare delle incisioni a forma di grata, in modo da simulare il disegno del guscio della tartaruga.
Cuocere in forno a 220° per 20-25 minuti, finché le pagnotte appariranno dorate.
Ivan Theimer di origine slava centro-europea, parigino di adozione, con una base a Monteggiori, vicino alle fonderie di Pietrasanta, formatosi nei numerosissimi viaggi in Europa e in Oriente, tra India, Tibet e paesi mediterranei, si esprime sempre con la stessa geniale naturalezza di reminiscenza dell’arte antica sia nella scultura che nella pittura e nell’incisione.
Un’arte contemporanea figurativa che, anche se lontana dai messaggi talvolta oscuri del concettualismo, libera la sua espressività nell’elaborazione di temi ricorrenti, ma sempre variati, che sono comunque essi stessi simbolici e concettuali, rielaborati come appaiono da mondi lontani nel tempo e nello spazio.
E così ad esempio la dominanza della tartaruga, spesso base di appoggio di obelischi, soggetto molto presente dall’arte classica a quella rinascimentale, ma che Theimer assimila dai templi buddisti e – come lui stesso racconta – dall’incontro folgorante con il Nano Morgante del giardino di Boboli.
La tartaruga come segno del trascorrere del tempo, di longevità, ma anche di forza nella sua corazza indistruttibile, contrapposta alla mollezza del corpo: corpo piatto come la terra, sormontata dalla cupola del cielo rappresentata dalla corazza. E l’uso frequentissimo di obelischi e alte stele, decorati con metope, dove talvolta si esprime in una tecnica particolare, anch’essa ripresa dal mondo classico, quella del bronzo dipinto.
Quante volte arriviamo a casa, dopo una dura e faticosa giornata di lavoro, magari gravata anche dall’utilizzo di scomodi tacchi, è il nostro unico desiderio è quello di poter avere un massaggio rigenerante, ma chi ce lo fa? Ecco che viene in nostro aiuto questa simpatica tartaruga massaggia piedi. Un modo naturale per usufruire dei benefici offerti dalla natura.
Realizzata in puro cotone, contiene una particolare miscela di riso ed erbe tailandesi. Inoltre la sua forma speciale è stata studiata per alleviare la stanchezza e riattivare la circolazione dei piedi. Infatti esercitando una lieve pressione sui bottoni di legno, otterrete un benefico massaggio. Un’idea davvero simpatica da poter regalare questo Natale, ma soprattutto è un dono che si adatta a differenti fasce d’età, dalle giovanissime che amano sfoggiare tacchi vertiginosi, alle donne in continuo movimento, alle signore che spesso soffrono di problemi di circolazione.
Se avete bisogno anche voi della tartarughina la potete trovare nello shop
Nei sogni, la tartaruga con il suo incedere lento e metodico, indica al sognatore la necessità di una maggiore consapevolezza delle sue azioni, di una “lentezza” che si esprima in riflessione e metodo e non esploda in impulsività e fretta. In questo prospettiva la tartaruga può comparire allo scopo di equilibrare periodi stress, di movimento frenetico o di pensieri incontrollabili.
Il suo ritrarsi all’interno del guscio è l’equivalente simbolico di introversione e meditazione, qualità che possono aiutare il sognatore a superare situazioni che sfuggono al suo controllo, o che, come sopra, possono equilibrare componenti di superficialità o istintività, di avventatezza o di estrema passionalità. Può riferirsi anche alla preghiera e al bisogno di centrarsi, recuperando un contatto spirituale.
La resistenza e robustezza della tartaruga sono il simbolo di una forza che il sognatore può trovare in se stesso, così come la longevità e la leggendaria pazienza la rendono immagine degli attributi che si ha forse bisogno di recuperare: una visione a lungo temine che non si arresti all’immediato, una capacità di spaziare con la mente e con i progetti volgendosi al futuro, una sicurezza e fiducia nel fare un passo dopo l’altro anche in condizioni avverse.
Per il suo contatto con l’elemento terra, partecipa anche di significati relativi all’abbondanza, al senso di rigenerazione e fecondità, può rappresentare la generatività del femminile, una femminilità attenta e materna, solida e tollerante.
La tartaruga nei sogni può rappresentare la madre, l’anziana nutrice o una figura di riferimento saggia e comprensiva, la sposa che attende paziente, una Penelope che sa sfidare l’urgenza del presente e la cui sicurezza non viene alimentata dalla speranza, ma dalla fede.
Hermes, che i romani identificarono con il dio Mercurio, aveva come padre Zeus e per madre Maia, la primogenita e più bella delle Pleiadi. Secondo alcuni, Hermes, veniva considerato come la personificazione del vento, e del vento aveva: la leggerezza, la velocità, l’incostanza nei propositi, l’umore scherzoso. Hermes nacque in una grotta scavata nel monte Cillene, la più alta cima del Peloponneso, sul confine tra l’Arcadia e l’Acaia: da qui provenne l’appellativo del dio come Cillenio. Appena nato, si liberò da sé delle fasce e uscì dalla caverna. Trovò una tartaruga, la raccolse e tolse l’animale dal guscio e sulla cavità di questo tese sette corde, fabbricando cosi la cetra. Era, come il vento, un dio dispettoso; appena nato, rubò cinquanta capi di bestiame di Apollo, poi per non lasciare tracce degli zoccoli, trasse i buoi per la coda, facendoli camminare a ritroso; nascose poi il bestiame nella grotta nativa di Cillene, si mise tranquillamente nella culla e ritornò a dormire. Apollo, che era il dio dei vaticini e degli oracoli, seppe subito chi aveva rubato i buoi e si recò da Hermes, che cadeva dalle nuvole e negava il furto dei buoi. In effetti, un bambino nato da un giorno come può rubare un capo di bestiame? Apollo a udire quel bambino malizioso che sapeva abilmente dire bugie, promise di punirlo, ma Hermes, non curante si mise a suonare la cetra; il suono di quel nuovo strumento affascinò subito Apollo, che non per niente era il dio della musica; il dio pregò Hermes affinché gli donasse la cetra in cambio gli avrebbe lasciato il bestiame. Così fu e da quel giorno i due dèi divennero grandi amici, tanto che Apollo regalò ad Hermes una verga magica, intorno alla quale vennero intrecciati due serpenti d’oro. Questa verga fu il principale attributo di Hermes e venne chiamata cadùceo.
… la vecchissima tartaruga dei primordi per me rappresenta uno dei simboli animali più significativi perché procede lentamente ma va dritta alla meta, con la sicurezza dell’istinto.
E’ un simbolo dalle molteplici valenze, in molte mitologie è colei che sorregge il mondo e quindi ha un enorme significato archetipico. Se però appare nei sogni e nelle fantasie di un individuo significa perlopiù che in quella persona si è messo in moto un processo di aderenza alla realtà, di prossimità alla terra e stabilità, che la farà avvicinare, sia pure lentamente, e a piccoli passi ma in modo costante e imperturbabile, a una meta, per esempio a una nuova evoluzione. Questo lentissimo procedere passo-passo che non ha pretese non esige troppo né dalle tartarughe né dalle persone.
da: Ruth Ammann (2008), Il Giardino come spazio interiore, Bollati Boringhieri, pp. 73-74
STEMMA – Una tartaruga greca con nodi di Savoia alternati a margherite.
COLORI – Il giallo ed il turchino.
SEDE – Via Pendola, 28.
SOCIETA’ – Castelsenio Via T. Pendola 17 tel. 285448.
SANTO PATRONO E FESTA TITOLARE – Sant’ Antonio da Padova, 13 giugno.
MOTTO – “Forza e costanza albergo”.
ARTE O MESTIERE DI RIFERIMENTO – Maestri di pietra.
COMPAGNIE MILITARI – Porta all’ Arco, Sant’ Agata.
CONTRADE ALLEATE – Leocorno, Onda, Nicchio e Selva.
CONTRADA AVVERSARIA – Chiocciola.
ULTIMA VITTORIA – 16 agosto 2004 Gigi Bruschelli detto “Trecciolino” su Alesandra.
VITTORIE UFFICIALI – 45 e mezzo. MUSEO – Via T. Pendola 21. Chiuso per restauri
Alla Tartuca sono riconosciute 46 vittorie e mezza, l’ultima delle quali ottenuta il 2 luglio2009 con Giuseppe Zedde detto «Gingillo» su Già del Menhir.
La “mezza vittoria” si riferisce all’assai discusso Palio del 16 agosto 1713. L’Onda giunse prima al verrocchio, ma si fermò qui non passando di fronte al Palco dei Giudici; la Tartuca, giunta seconda, passò invece davanti al Palco. Ne nacque così un litigio tra i popoli delle due Contrade, in quanto i tartuchini asserivano che l’Onda non aveva compiuto un’azione obbligatoria secondo il Regolamento. Data l’incertezza l’assegnazione del Palio fu sospesa, fino a quando i giudici non si sarebbero pronunciati. Solo il 10 settembre successivo fu emesso il verdetto, secondo cui effettivamente la tesi tartuchina era corretta, e che d’ora innanzi sarebbe stato squalificato chi non avesse passato per intero anche il Palco dei Giudici. Credendo tuttavia nella buona fede dell’Onda, i giudici assegnarono il Drappellone ad entrambe le contrade, e sempre tra le medesime divisero i 40talleri di premio.
La Tartuca ha fatto cappotto ben due volte: nel 1886 con le vittorie di Antonio Salmoria detto Leggerino (4 luglio) su morello e di Pietro Fulci detto Pietrino (16 agosto) su baia; e nel 1933 con il doppio successo di Fernando Leoni detto Ganascia in entrambi i Palii (2 luglio e 16 agosto) su Folco
Dopo la gara con la lepre, ecco la nostra lenta tartaruga impegnata in un’altra corsa greca antica con il veloce Achille, eroe della guerra di Troia.
“Dal momento che Achille era in grado di correre dieci volte più veloce, diede al suo avversario un vantaggio di cento metri, ma non riuscì a vincere la gara, perché mentre lui copriva i primi cento metri, la tartaruga ne percorreva dieci.
Mentre Achille ne correva dieci, la tartaruga ne correva uno.
Mentre Achille ne correva uno, la tartaruga ne correva un decimo, e così via, ad infinitum.”
Così racconta il filosofo Zenone di Elea (500 a.c.), secondo il quale il paradosso di questa corsa è che la tartaruga è sempre davanti ad Achille, che non può raggiungerla.
La bella tartaruga che cosa mangerà
chi lo sa
chi lo sa
due foglie di lattuga e poi si riposerà
ah ah ah
ah ah ah
la tartaruga
un tempo fu
un animale che correva a testa in giù
come un siluro filava via
che mi sembrava un treno sulla ferrovia
ma avvenne un incidente
un muro la fermò
si ruppe qualche dente
e allora rallentò
la tartaruga
dall’ora in poi lascia
che a correre pensiamo solo noi
perché quel giorno poco più in là
andando piano lei trovò
la felicità
un bosco di carote
un mare di gelato
che lei correndo troppo non aveva mai notato
e un biondo tartarugo corazzato che ha sposato un mese fa!
La bella tartaruga nel mare va perché
ma perché
ma perché
fa il bagno e poi si asciuga dai tempi di Noè
eh eh eh
eh eh eh
la tartaruga
lenta com’è
afferra al volo la fortuna quando c’è
dietro una foglia lungo la via
lei ha trovato la per là
la felicità
un bosco d’insalata
un mare di frittata
spaghetti alla chitarra per passare la serata
Un bosco di carote
un mare di gelato
che lei correndo troppo non aveva mai notato
e un biondo tartarugo corazzato che ha sposato un mese fa.
Mentre percorro la strada della vita, possano i miei passi essere come quelli di una tartaruga, fermi e sicuri. Non importa quale ostacolo si trovi sul suo cammino, troverà alla fine un modo per aggirarlo, sopra o sotto.
E se una persona sventata la sollevasse e la deponesse di nuovo rivolta dalla parte opposta, si girerà sempre, troverà la via originaria, e si dirigerà verso la sua meta.
Possa essre coperta come una tartaruga da una corazza solida, tonda e impermeabile, che mi protegga dai colpi e dai lividi della vita e mi offra un riparo dalle tempeste; e se mai dovessi cadere sul dorso, possa esserci sempre un amico che mi rimetta dolcemente in piedi.
Possa la mia pelle essere come quella di una tartaruga, spessa e coriacea, così che le parole dure dette con rabbia non feriscano il cuore. Possa il mio cuore essere come le zampe e gli artigli di una tartaruga, solidi e robusti; e non importa quanto possa essere duro, secco o sassoso il terreno, sarò sempre in grado di scavarlo e piantarvi i semi della felicità, della pace e dell’appagamento. E tutti i semi che pianterò nella mia vita possano crescere e fiorire e portare frutti meravigliosi.
E da ultimo, possano i miei occhi essere come quelli di una tartaruga, brillanti e vivaci, che non guardano mai indietro alle nuvole minacciose radunate alle sue spalle, ma sempre avanti a un futuro roseo e brillante.
Marina o terrestre che sia, latartaruga ha caratteristiche che la rendono un animale cosmogonico: la robustezza e solidità del carapace, il senso di forza e di pazienza che emana, tutte qualità che siesprimono anche nei sogni.
E’ il simbolo della stabilità del mondo, l’universo ne viene sostenuto e contemporaneamente rappresentato. La forma tondeggiante del guscio è immagine della volta celeste e degli spazi siderali, la parte inferiore più piatta è il pianeta, e la tartaruga,fra questi due piani , si pone come unione fra i due stati di materia e spirito, fra terra e cielo.
Simbolo importante in ogni cultura, fin dall’antichità ha prestato le sue qualità simboliche di longevità, stabilità e pazienza ad ogni sua immagine usata per esaltare la forza e la continuità del mondo visibile. Anche le sue carni o il suo cervello, nascoste e protette dalla potente corazza, erano considerate miracolose e magiche: rimedio contro i veleni, materia prima per droghe o pozioni che rendevano immortali.Nei sogni,la tartarugacon il suo incedere lento e metodico, indica al sognatore la necessità di una maggiore consapevolezza delle sue azioni, di una “lentezza” che si esprima in riflessione e metodo e non esploda in impulsività e fretta. In questo prospettiva la tartaruga può comparire allo scopo di equilibrare periodi stress, di movimento frenetico o di pensieri incontrollabili.
Il suo ritrarsi all’interno del guscio è l’equivalente simbolico di introversione e meditazione, qualità che possono aiutare il sognatore a superare situazioni che sfuggono al suo controllo, o che, come sopra, possono equilibrare componenti di superficialità o istintività, di avventatezza o di estrema passionalità. Può riferirsi anche alla preghiera e al bisogno di centrarsi, recuperando un contatto spirituale.
La resistenza e robustezza della tartarugasono il simbolo di una forza che il sognatore può trovare in se stesso, così come la longevità e la leggendaria pazienza la rendono immagine degli attributi che si ha forse bisogno di recuperare: una visione a lungo temine che non si arresti all’immediato, una capacità di spaziare con la mente e con i progetti volgendosi al futuro, una sicurezza e fiducia nel fare un passo dopo l’altro anche in condizioni avverse.
Per il suo contatto con l’elemento terra, partecipa anche di significati relativi all’abbondanza, al senso di rigenerazione e fecondità, può rappresentare la generatività del femminile, una femminilità attenta e materna, solida e tollerante.
La tartaruganei sogni può rappresentare la madre, l’anziana nutrice o una figura di riferimento saggia e comprensiva, la sposa che attende paziente, una Penelope che sa sfidare l’urgenza del presente e la cui sicurezza non viene alimentata dalla speranza, ma dalla fede.