Categoria: Rivolta Carlo
CARLO RIVOLTA interpreta: CARLO EMILIO GADDA: QUER PASTICCIACCIO …
ASCOLTA L’AUDIO: Carlo Rivolta interpreta: Carlo Emilio Gadda: Quer pasticciaccio …
CARLO RIVOLTA, ancora la sua VOCE. Per l'eternità
Il Corpo e la parola, Tributo a Carlo Rivolta, Regia di Giancarlo Molaschi | Centro Asteria Cultura
Tributo a Carlo Rivolta, Regia di Giancarlo Molaschi
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ti sono immensamente grato per l’invio del dvd CARLO RIVOLTA, IL CORPO E LA PAROLA
cara Nuvola
ti sono immensamente grato per l’invio del dvd IL CORPO E LA PAROLA, che ho ricevuto questa mattina
tu sai quanto il ricordo di carlo è in me intatto, a riprova che attraverso il ricordo ogni persona o cosa è eterna
leggo nel fascicolo allegato che avete avuto qualche resistenza nel creare questo video (“fissare il teatro di carlo rivolta è un po’ tradire il suo modo di esprimersi”, pag 5).
giudico un dono alla umanità l’aver superato queste resistenze. confermate dalle parole ” tradire dal latino tradere che vuol dire tramandare, pag 6
chiunque ora potrà leggere quegli autori, così unicamente letti da lui, accompagnati, come da una spinta, dalla sua voce
e il frammento qui diventa ancora più potente. come quando si leggono gli scritti dei primi filosofi greci. più è accennato il messaggio, più diventa potente. naturalmente per chi vuole ascoltare quella voce che arriva da molto lontano.
pensa un po’ che mi accingo ad andare a Venezia a questo convegno:
e trovo così tante relazioni con i due processi di pensiero: quelli di emanuele severino e quelli di molti autori letti da carlo.
mi hai fatto un dono davvero grande. grande per la mia vita di ogni giorno della mia prevecchiaia (ho 63 anni)
un caro saluto sempre nella speranza di rivederti
paolo
IL CORPO E LA PAROLA, il teatro di Carlo Rivolta, a cura di Nuvola de Capua, Centro ricerca Alfredo Galmozzi, Crema
‘Il corpo e la parola’, documentario che cerca di ricostruire la storia delle rappresentazioni teatrali più importanti del teatro di Carlo Rivolta.
Si tratta delle riprese migliori di alcuni spettacoli, quasi tutte fatte, per così dire, all’insaputa di Carlo che sosteneva che il Teatro va partecipato attivamente nel confronto vivo col pubblico. Sono raccolte parti di: Apologia di Socrate,Fedone,Simposio per i dialoghi platonici; Giobbe,Giona Fino a quando? Per i testi biblici; Guerra è pace? Dal dialogo ideale tra Gandhi e Einstein; una scena dal diario di prigionia di Beppe Ermentini Giorno dopo giorno; una lettura da Primo Levi ‘Se questo è un uomo’; pensieri da ‘Memorie di Adriano’ di M.Yourcenar.
La scelta dei passi è stata fatta da Nuvola de Capua, compagna di vita e di lavoro di Carlo, il motaggio è stato curato da Simone Bianchi. Questo lavoro suggestivo è presentato al Teatro San Domenico di Crema la sera del 24 Aprile p.v. nell’ambito delle celebrazioni del XXV Aprile.
Ricordo di CARLO RIVOLTA, a cura del Centro Ricerca Alfredo Galmozzi
Ricordo di CARLO RIVOLTA, a cura del Centro Ricerca Alfredo Galmozzi
Il corpo e la parola, sul percorso artistico di Carlo Rivolta, Dvd a cura di Nuvola De Capua – Teatro – LaProvinciadiCremona
g mi ha regalato: nuvola de capua, gandhi, einstein in dialogo, MC movimenti e cambiamenti editore
cara …
ieri ho rivisto una mia collega di lavoro che non vedevo da tempo e mi ha regalato:
nuvola de capua, gandhi, einstein in dialogo, MC movimenti e cambiamenti editore
con lo splendido ricordo di carlo rivolta di roberto vignolo
ho avuto la fortuna esistenziale di ascoltare (e registrare, naturalmente) la lettura di carlo in una piazza antistante una chiesa, ad erba
sono singolari queste coincidenze. la mia amica e collega non aveva mai visto carlo, ma conosceva (ed era grande amica) di alberto melucci e sua moglie anna fabbrini. a suo dire, vostri conoscenti e – inevitabilmente – ammiratori
ci tenevo a raccontarti questo episodio, perchè riattualizza il principio di “presenza e eternità”, che da tempo faccio mia attraverso il filosofo emanuele severino
un caro saluto
e arrivederci
paolo f
Non ci sono più ma li si può ricordare
Non ci sono più
ma li si può ricordare
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Vedi anche: La memoria breve: commemorazioni
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Giobbe compie un itinerario che lo conduce all’incontro con Dio. Il testo era presente già nel programma del primo anno della Rassegna, nell’interpretazione indimenticabile di Carlo Rivolta
La rassegna “Parola e Mistero: immagini dell’uomo” si conclude quest’anno con la rappresentazione del libro biblico Giobbe, giovedì 16 dicembre con inizio alle ore 21, nella chiesa dello Sciare, in via Carlo Cattaneo, 25.
Attraverso il suo dolore Giobbe compie un itinerario che lo conduce all’incontro con Dio. Il testo era presente già nel programma del primo anno della Rassegna, nell’interpretazione indimenticabile di Carlo Rivolta. Ora viene rappresentato, sempre nella versione scenica curata da Carlo Rivolta e Nuvola De Capua e con la traduzione del biblista Roberto Vignolo. A dar voce al personaggio biblico è l’attore Luciano Bertoli. Il libro di Giobbe ha contribuito in misura non indifferente a formare la cultura occidentale, parla della vita di tutti noi, cerca di trovare le risposte alle domande più angoscianti che pone l’esistenza, si avvicina e tace di fronte al mistero. La serata si presenta così come un forte stimolo al bisogno di ricerca dell’uomo. E’ quindi una occasione molto favorevole per conoscere meglio un libro biblico ma anche per conoscere per affrontare il mistero dell’uomo. Per quanto riguarda la partecipazione: si richiede un contributo di € 5 per il biglietto di accesso, acquistabile immediatamente prima della rappresentazione presso la segreteria della parrocchia.
viaGallarate – In scena il libro biblico Giobbe | Tempo libero | Varese News.
Crema, messa in scena di ‘Platone- Simposio’ a cura della compagnia ‘Carlo Rivolta’. Tanti i protagonisti: Davide Grioni interpreterà la lettura scenica, Alessandro Lupo Pasini accompagnerà al pianoforte, Eleonora Pasquali alla chitarra, Alfredo Savoldelli al contrabbasso, Roberto Ricci alla batteria e Laura Rivolta alla fisarmonica
La tre giorni cremasca si aprirà venerdì 24, alle 21 in biblioteca, con la messa in scena di ‘Platone- Simposio’ a cura della compagnia ‘Carlo Rivolta’. Tanti i protagonisti: Davide Grioni interpreterà la lettura scenica, Alessandro Lupo Pasini accompagnerà al pianoforte, Eleonora Pasquali alla chitarra, Alfredo Savoldelli al contrabbasso, Roberto Ricci alla batteria e Laura Rivolta alla fisarmonica. Organizza il sistema bibliotecario cremasco-soresinese presieduto da Maria Grazia Maghini e diretto da Francesca Moruzzi, che da qui a domenica promuoveranno eventi in 18Comuni del circondario.
Crema – Pieno di cultura – Manifestazioni-Eventi – CremonaOnLine.
audiolibro “Il Simposio” di Platone, adattamento da “Il Simposio” di Platone e liberamente ispirato al testo teatrale “Il Simposio di Platone” di Carlo Rivolta
FOSSANO/ Sabato 29 maggio presentazione dell’audiolibro “Il Simposio” di Platone |
DIALOGO SULL’ARTE DI GOVERNARE. Nell’ambito delle iniziative culturali promosse dall’Assessorato alla Cultura di Fossano, sabato 29 maggio alle ore 18 nel Castello degli Acaja di Fossano sarà presentato l’audiolibro “Il Simposio” di Platone, adattamento da “Il Simposio” di Platone e liberamente ispirato al testo teatrale “Il Simposio di Platone” di Carlo Rivolta, ideato e curato da Vincenza Cannavale, Pasquale Iezza e Rosanna Criscuolo, con il patrocinio dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Alla serata sarà presente uno degli autori, il prof. Pasquale Iezza, dirigente del Liceo Classico “G. Arimondi” di Savigliano, introdurranno il prof. Carlo Turco, docente di filosofia del Liceo Classico “G. Arimondi” e l’Assessore alla cultura, prof. Paolo Cortese, dirigente dell’Istituto “M. Eula” di Savigliano
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Carlo Rivolta: un barlume della sua Eternità nella recitazione del Simposio
Luciano Bertoli, Rappresentazione tratta dal libro biblico «Giobbe» della Compagnia Carlo Rivolta, con traduzione di Roberto Vignolo, versione scenica di Carlo Rivolta e Nuvola De Capua
Il grido doloroso di Giobbe
Foto Reporter Favretto © http://www.giornaledibrescia.it
Ore: 18:18
giovedì, 11 marzo 2010
«Perché gli innocenti soffrono e prosperano coloro che fanno il male?». È un grido pieno di dolore, una domanda posta quasi con violenza, quella che Giobbe leva verso Jahvé, nell’omonimo libro della Bibbia. Giobbe continua a nutrire la sua pazienza, anche se a tratti vacilla, e la sofferenza sembra annientarlo. Ma, a fronte di quegli che è soltanto un uomo, si staglia il disegno divino e, con esso, trionfano la fede e la sapienza.
Un’interpretazione intensa quella resa da Luciano Bertoli protagonista, in un’affollata Chiesa di San Francesco, della rappresentazione tratta dal libro biblico «Giobbe» della Compagnia Carlo Rivolta, con traduzione di Roberto Vignolo, versione scenica di Carlo Rivolta e Nuvola De Capua. L’iniziativa è stata promossa dalla Ccdc – con il Convento San Francesco d’Assisi e la Parrocchia dei Santi Faustino e Giovita – anche per manifestare l’omaggio a Carlo Rivolta, scomparso nel 2008.
In scena, un Bertoli che, muovendosi nell’ambito di una trasposizione ed interpretazione scenica fedele all’integrità del testo biblico, agisce sullo schema del dramma didascalico tipico del Medioevo, restituendo con maestrìa tutta l’efficacia del «teatro di parola».
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Comune di Lodi: Inaugurazione della nuova sala ‘Carlo Rivolta’ al teatro alle Vigne
Inaugurazione della nuova sala ‘Carlo Rivolta’ al teatro alle Vigne
Il Sindaco: “Un doveroso e grato riconoscimento della città alla figura del grande attore”
È stato inaugurato venerdì 13 novembre alle ore 18.00 presso il Teatro alle Vigne, in via Cavour a Lodi, il nuovo spazio ex ‘Ridotto’ alle Vigne ed ora intitolato al grande attore e regista lodigiano Carlo Rivolta, scomparso lo scorso anno.
La “seconda sala”, nata dalla riqualificazione dell’ex Ridotto del Teatro, sarà valorizzata non solo come spazio teatrale, ma anche nelle sue potenzialità multifunzionali come sede di esposizioni artistiche e proiezioni cinematografiche, nonché sala conferenze e convegni.
Nel corso della cerimonia sono intervenuti il sindaco Lorenzo Guerini, l’assessore alla cultura Andrea Ferrari, il noto biblista ed amico di Carlo Rivolta don Roberto Vignolo e Nuvola de Capua, vedova del regista.
La serata è proseguita con la lettura di alcuni brani poetici interpretati da Wanda Bruttomesso e con la proiezione di un video dal titolo “Il teatro come emozione”, realizzato da Alberto Prina e Gigi Mazzucchi. Ha chiuso la cerimonia di inaugurazione l’intervento musicale a cura dell’Accademia “F. Gaffurio” di Lodi.
Puoi guardare i video dell’inaugurazione sul canale YouTube del Comune
http://www.facebook.com/note.php?note_id=181293902126
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Carlo Rivolta (1943-2008), 65 anni
- Carlo Rivolta (1943-2008), 65 anni
Vai al: sito ufficiale di Carlo Rivolta
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PAROLA E MISTERO immagini dell’uomo nelle interpretazioni di Carlo Rivolta, nella Chiesa dello Sciarè, in via Carlo Cattaneo, 30 settembre 2008

PAROLA E MISTERO immagini dell’uomo nelle interpretazioni di Carlo Rivolta |
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Locandina:
La serata è un grande omaggio e ringraziamento a Carlo Rivolta,
attore e regista che ha avuto una parte rilevante nella storia dell’intera Rassegna
sia per la proposta di testi biblici che per l’interpretazione.
Lo spettacolo di questa sera
“La notte è chiara”
riprende parole, canzoni e musica che l’hanno visto interprete in lavori come Giobbe, Qohelet, Salmi,Cantico dei Cantici e Apologia di Socrate, Fedone, Critone.
Il testo è stato selezionato dalla moglie Nuvola De Capua che,in armonia con Marzia Bonfanti, ha curato pure la regia.
La lettura scenica è di Davide Grioni, allievo di Rivolta,
mentre la parte di vocalist è sostenuta da Elena Festini.
Il tutto sarà accompagnato da un’orchestra diretta da Alessandro Lupo Pasini.
Con questo lavoro, che riprende nel titolo parole di Socrate e Galileo,
si celebra il passaggio da questa vita che attraversiamo all’altra che non conosciamo, in un contesto di speranza e di fiducia che qualcosa di noi
continui a vivere … di là.
A questa serena conclusione si arriva attaraverso una vita fatta di ricerca,
dubbio creativo, pensiero e soprattutto amore.
Lo spettacolo avrà inizio alle ore 21
nella Chiesa dello Sciarè,
in via Carlo Cattaneo
Chiesa che l’ha visto interprete pochi giorni prima del trapasso,
di un “Cantico dei Cantici” memorabile, e con un pubblico da grandi occasioni
che gremiva la Chiesa in ogni angolo.
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Mia memoria della serata
Ho partecipato alla rappresentazione come ad un rituale.
Per raggiungere Gallarate da Como si può attraversare un bosco: la pineta dell’Abetina. Già questo preparava al rito.
La Chiesa di S. Paolo Apostolo del quartire Sciarè è di architettura moderna. Un edificio basso e tondeggiante, molto ispiratore per un atteggiamento introiettivo.
Sulla soglia, colui che credo fosse don Alberto parla di Carlo Rivolta e di quel suo gesto che ho ben conosciuto. Quello di inchinarsi davanti al testo che aveva appena letto e di indicarlo al pubblico. Lo fece anche con la Bibbia, due giorni prima di morire, proprio in quella chiesa.
Per raggiungere Gallarate da Como si può attraversare un bosco: la pineta dell’Abetina. Già questo preparava al rito.
La Chiesa di S. Paolo Apostolo del quartire Sciarè è di architettura moderna. Un edificio basso e tondeggiante, molto ispiratore per un atteggiamento introiettivo.
Sulla soglia, colui che credo fosse don Alberto parla di Carlo Rivolta e di quel suo gesto che ho ben conosciuto. Quello di inchinarsi davanti al testo che aveva appena letto e di indicarlo al pubblico. Lo fece anche con la Bibbia, due giorni prima di morire, proprio in quella chiesa.

La sala è di forma ovale, con il soffitto basso. Il crocefisso è disposto in modo laterale. Nella penombra la figura nuda tende a risaltare contro il colore del legno. E’ un simbolo che ha sempre prodotto una grande emozione nella mia personalità.
Dall’altra parte un grande schermo proietta le fotografie di Carlo Rivolta e la sua immensa presenza corporea sulla scena teatrale. Riesco a riprenderne alcune:

Il testo curato dalla moglie Nuvola de Capua è un sapiente montaggio di letture: Cantico dei cantici, Qothelet, Apologia di Socrate, Memorie di Adriano.
I temi sono la persona nel progetto del vivente (come direbbe Silvia Montefoschi): l’eros e l’amore per il corpo, la ricerca di senso, la responsabilità, il tempo fuggevole, la presenza soggettiva in un mondo che ci sopravviverà …
Il giovane Davide Grioni (davvero giovanissimo!) che recita è bravissimo e evidentemente formato alla scuola di Carlo. La cantante Elena Festini è una meraviglia di tono vocale. Il pianista Alessandro Lupo Pasini sa adattare ed adattarsi al ritmo dei testi, accompagnato da un gruppo di musicisti sensibili e appassionati.
I temi sono la persona nel progetto del vivente (come direbbe Silvia Montefoschi): l’eros e l’amore per il corpo, la ricerca di senso, la responsabilità, il tempo fuggevole, la presenza soggettiva in un mondo che ci sopravviverà …
Il giovane Davide Grioni (davvero giovanissimo!) che recita è bravissimo e evidentemente formato alla scuola di Carlo. La cantante Elena Festini è una meraviglia di tono vocale. Il pianista Alessandro Lupo Pasini sa adattare ed adattarsi al ritmo dei testi, accompagnato da un gruppo di musicisti sensibili e appassionati.

L’applauso è intenso e lungo.
Sulla porta incrocio Nuvola de Capua. La saluto e mi tengo dentro il suo dolcissimo sorriso
Sulla porta incrocio Nuvola de Capua. La saluto e mi tengo dentro il suo dolcissimo sorriso

Attraverso la notturna urbanizzazione di quel territorio e riesco ad immergermi di nuovo nel bosco.
Ho la netta percezione di avere partecipato ad una situazione di intensa empatia individuale e collettiva.
Con una percezione della presenza di Carlo Rivolta che il mio realismo psicologico non riesce ad allontanare.
Oggi riprendo le parole di Silvia Montefoschi, le sue parole dell’ultimo tratto:
Ho la netta percezione di avere partecipato ad una situazione di intensa empatia individuale e collettiva.
Con una percezione della presenza di Carlo Rivolta che il mio realismo psicologico non riesce ad allontanare.
Oggi riprendo le parole di Silvia Montefoschi, le sue parole dell’ultimo tratto:
” – Cosa vuole dire che è ciò che è?
– Vuole dire che ciò che è è l’esserci della presenza al cospetto d’altra presenza quale è infinito della vita”
in L’ultimo tratto di percorso del Pensiero Uno, Zephyro Edizioni

Carlo Rivolta interpreta I SOMMERSI E I SALVATI di Primo Levi, Cantù (Como), 18 aprile 2007. Registrazione AUDIO

Sono grato all’Auser di Cantù (Como) che lo invitò in un piccolo teatro parrocchiale a recitare queste pagine, in occasione dl “Giorno della memoria”.
Caro lettore, ti invito ad un ascolto che chiede un atteggiamento interiore
Ti chiedo di “fare anima” dentro di te.
Se non hai tempo per te, lascia questo sentiero e torna in altra occasione.
Si tratta della lettura che l’attore Carlo Rivolta ha fatto di alcune immense e definitive pagine di
Primo Levi
nel suo I sommersi e i salvati.
Devi immaginare una sala che improvvisamente si fa buia …. dal fondo Carlo Rivolta, vestito di leggerissimi indumenti bianchi, avanza con una candela in mano … e poi, dal silenzio, questa voce:
CARLO RIVOLTA interpreta ALBERTO VIGEVANI, al Castello di Pomerio di Erba l’11 novembre 2006
Credo sia opportuno conoscere qualche dato di contesto. Queste registrazioni sono state raccolte ad un convegno locale che si è svolto al Castello di Pomerio di Erba l’11 novembre 2006 ed organizzato da Centro Gadda di Longone al Segrino.
Il lavoro culturale di Carlo Rivolta era questo: mettersi al servizio degli autori e dei testi in situazioni associative di questo tipo.
Per lui era importante la richiesta del “committente” e il tipo di pubblico che sarebbe intervenuto.
Era profondamente interessato a creare un articolato rapporto fra autore, testo e lettori in ascolto.
E così anche un autore così particolare come Alberto Vigevani (un intellettuale organizzatore di biblioteche e di librerie bibliofile) veniva fatto risplendere nella sua prosa carica di tensione biografica.
In questi testi e nella risonanza che ne sa esprimere Carlo Rivolta si sentirà come Marcel Proust ha segnato la letteratura del primo novecento.
CARLO RIVOLTA interpreta GIUSEPPE PONTIGGIA, Erba 14 giugno 2006
Grandi scrittori
I grandi scrittori sono in continuo aumento
Quelli che scarseggiano sono gli scrittori.Giuseppe Pontiggia, Prima persona, Mondadori2002
I grandi scrittori sono in continuo aumento
Quelli che scarseggiano sono gli scrittori.Giuseppe Pontiggia, Prima persona, Mondadori2002
Domani saranno due settimane dalla morte di Carlo rivolta, attore (1943-2008, 65 anni).
Nel corso degli ultimi anni (purtroppo solo dal 2004) ho registrato alcune sue interpretazioni e letture.
Il 14 giugno 2006, a Erba (Como), lesse alcune pagine di Giuseppe Pontiggia (1934-2003, 69 anni).
Il luogo era suggestivo: Il Castello di Pomerio.
La situazione di memoria era particolarmente emozionante: Pontiggia era morto nel 2003 e in sala c’erano la moglie ed il figlio da lui raccontato nel libro Nati due volte.
Lo stile letterario di Pontiggia e la sua nitida e precisa scrittura che tratteggia due biografie locali vengono fatti risuonare dalla voce di Rivolta in questo modo:
- Corridoni Alfredo viene alla luce alle due di notte a Erba il 5 aprile 1988. E’ secondogenito …
- Ghioni Ludovico nato in una notte di pioggia il 19 novembre 1905 nella campagna di Pontelambro …
Carlo Rivolta interpreta : Carlo Emilio Gadda, La casa della Brianza e Viaggi di Gulliver, cioè del Gaddus
1 LUGLIO 2008
La settimana scorsa è morto Carlo Rivolta.
Lascio per i passanti Carlo Rivolta interpreta : Carlo Emilio Gadda, La casa della Brianza e Viaggi di Gulliver, cioè del Gaddus
Nel 2005 il Centro Studi C.E. Gadda di Longone al Segrino, in una manifestazione culturale coordinata dal Prof. Mario Porro, lo invitò a leggere alcune pagine della fase milanese-lombarda dello scrittore
AUDIO
Testo del pezzo che ho denominato “Breanza”:
Questa terra felice, denominata Breanza, da ‘bre’ che significa fortunato, è tra le più ridenti e verdi della provincia nostra ed è la natural sedia di quelle amplissime e venustissime ville ch”e i maggiori nostri edificarono a loro dimora per l’ozio loro, dopo le urbane contenzioni e li affanni delle politiche invidie: piantandovi d’attorno convenienti ed acconcissime piante, che superstiti sopra la banalità popolano d’uno fantasioso e nobile popolo antichi giardini.
I discendenti de’ vecchi signori intristirono nelle democratiche giostre, nel corso delle quali vennero tra le nuvole de’ molti coriàndoli quasi al tutto disarcionati. Altri infetidirono nel commercio del borbonzola, sorta di odorosissimo e pedagno escremento venato d’un suo borbomiceto verde-azzurro che ne fa ghiotti i deglutitori sua. Sicché le antiche ville, o ne vennero segati appiè i grandissimi ed alti sogni d’alberi, per cavarne legno d’opera e sul terreno edificarvi le scuole di chi non impara, o siffattamente diradarono nella verde piana, da parer pochi e verdi cespi fra le distrette d’un fumoso cantiere; dove comandano i capimastri e i bozzolieri.
….
Questa felice Breanza gode di otto generazioni di felicità, di cui voglio dire. Prima è quella che ne’ pozzi neri non accoglie i doni soltanto de’ suoi naturali e gutturali inabitanti,ma quelli anche preziosissimi della signoria che vi va in villa, la di cui qualità è così ricca d’ogni fecondativa sustanzia, che quésta sola cagione basterebbe a implorare da Dio quella prelodata signoria, se l’onnipotente Iddio a nostro sostegno e allegrezza non l’avesse già di per sé procurata. Tu vedi qui la dama e i dami, la ex dama e li ex dami condescendere con caritatevole e dolce guardo e labbro all’eloquio e al commercio de’ cavernicoli, prendere soave informazione de’ ricolti e delle loro patate, o suggerir medicina alle femmine, affaticate ogni dì più da que’ duo mali temibilissimi verso di cui per solito non usano la medicina, che sono la miseria e il mastio. Il mastio le astringe a promulgare la prole, e la miseria a ringhiottir le lacrime, e frenare lo sbadiglio. Ma il sorriso de’ marchesi è di tanto loro conforto, che esse dopo quello sorriso, corrono a uno nuovo figlio, e a un nuovo digiuno. Come vedi, non è piccolo dono che nel salvadanaio tu vi metta non il tuo soldo solo, ma il mio pure, che l’Italia Letteraria me ne consente d’averne uno sì lauto. E così non è felicità poca a questa già così felice Breanza, lo aver ne’ pozzi neri una doppia restituzione delle susine sue, con quella di quelle che la signoria comporta d’altronde, di Bosnia, o California, o Provenza.
La seconda generazione di felicità è nelle mosche, che vi vengono ancor più numerose che i signori, sebbene non ne abbino le insigni qualità e virtù sue. Dal Campanone di Teodolinda Regina alla Ritonda del Cagnola sopr’Inverigo l’agosto e tutto un campanare di campane e uno volo di molteplicissime mosche, delle quali la qual si da ne’ formaggi, la qual nelli frutti, la qual nelli deretani de’ cavalli, la qual nella perniciosa defecazione de’ viventi e dipoi subito nel risotto loro, che è uno buonissimo condito di Lombardia. E quale osa pervenire, per difetto di riverenza qual è propio delle mosche, a mettersi a generare con la compagna in sull’ appisolato naso della precommemorata Signoria. E come, anco in sul naso de’ Grandi di mosche si genera mosche, così tu ne vedi venire delle nuvole sopra la costoletta, ch’è altro buonissimo condito di Lombardia. Donde vedi quanto sia più saggio quel povero villanello che si astiene dal mangiar costoletta, con che si astiene ad un tempo e dal gravame dello stomaco e dalla perenne insidia di queste felicissime mosche.
La terza generazione di felicità di Breanza è le campane, che distendono il loro metallo ne’ cuori di tutti: appena addormito che tu sie, ecco ti risvegliano subite, chiamandoti senza indugio alle lodi del Signore. Queste laudi tu le puoi dire in diversi modi, e cioè nel volgare nostro o anche per chiaro e preciso latino. Il latino compiace a Dio, pur che sie latino d’una sorta che non l’offenda o con la durezza de’ propositi o con la varietà delle comparazioni animalesche. Ed è in Breanza alcuna sorta di preti che fanno sermoni buonissimi e con esempli grandi e propiamente suasivi, su qual tu vogli de’ comandamenti d’Iddio N.S. e de’ peccati ch’Elli ne difende dal fare e che noi, o per pravità inveterata di nostra natura o calore alcuno che si genera ne’ visceri nostri dopo la cena, o per il freddo che vi ha in mancanza di quella, del continovo facciamo, dico questi peccati proibitissimi et anco di venerdì. Uno vizio solo hanno purtuttavia questi cotali preti ch’io dico, ed è che quando li da il farnetico, si missono in la mente che le sua campane non suonino bastante per intronare la gloria di Dio nelli orecchi de’ peccatori e delle peccatrici. Ed è in quello farneticante zelo che fatto il consiglio e persuaso della bisogna, subito imprendono a mutar campane, e sempre le mutano facendole duo volte le priori campane; e come l’onda del suono è nel peso, e il peso è nel volumine, e per duo volte la misura il volumine è otto volte, così d’otto in otto fanno cotali campane che il campanile non l’ha da reggere. E allora o rirsaldano il campanile o rifanno quello: che la prima è migliore che la seconda, che se a rifare bisogna primo tu lo levi dal sópra in giù, rinsaldare bisogna tu lo rifacci dal sotto in su. Ma perché l’appetito del doppio suonare non istia così lungo quanto dura il rifar campane e campanile nella chiesa, ne vengono questi cotali e soavissimi preti con alcuni messeri di Fabbrica, a casa de’ marchesi per l’obolo. Ed è marchesi di duo nature, e cioè quelli che innanzi le ville hanno pan d’oro da mangiare e quelli che dietro le ville hanno croste da ródere. E dar dinaio nelle campane, è per li uni una gloria celeste: e per gli altri è una gloria verde. E quando questi secondi Marchesi hanno figli difettivi che non si contentano a mangiar l’ugne in sopra il latino, ma vogliono pane dopo il latino, così per la gloria delle campane ci sarà l’obolo e per i figli le lacrime, senza speranza.
Ma dirò della quarta generazione di felicità, ch’è in la ditta Breanza. Ed è nello ingresso di detta terra; dove soffia uno treno che ti fa nel viso uno fummo buonissimo, e tu te ne lavi dipoi in uno bacile di tua casa, che con quel fummo che hai preso ne li cigli fai un brodo da otto. Questo treno pertiene a una compagnia, che forse la fece Moisè profeta quando volse lasciare la terra di Egitto e rasciugati li mari andorno per La Magna e la Breanza a Milano a deporvi l’ova della compagnia di questo venusto treno. Dicono altri che li fussero alcuni mercatanti della Belgica a far primi quel treno dove sono officine denominate « La Meuse »; e in uno monumento ch’io vedo eretto in Erba dove detto treno più piffera, vedo ch’è scritto il nome del Senatore Giuseppe Gadda, come di principe del fare quel treno. Ma il mio zio di nobile e onesta memoria fece far quello da mezzo secolo in qua, e se fu allora buono, è oggi buonissimo. Io dico che le ova di Moisè le si dischiusero in una gallina che la fece poi mille polli: e piffete e puf fé te con quel treno tu ne giugni felicemente a Breanza. Puoi pensare che ‘l postremo di que’ treni, con che pervenghi a Erba, si diparta di Milano all’ore di notte, conchiusi li negozi tua, ma tu erri: che a notte si dorme, e quel treno pure. Puoi pensare che se ne venghi, come dicono li Spagnoli, «uno poco liviano, pero livianito livianito». E che no! Che viene cacagio cacagio, quanto e più Biagio, a suo dolce e bell’agio. Fa prima, a venire, messer marchese Checco Pedolzi, detto il Cocco: che vi viene in uno suo calesse, e con il venire in calesse ha servato li duo rognoni tanto sani e suavi, che più sani e più dolci di quelli ha soltanto li piedi.
Dirò ora della quinta generazione di felicità ch’è infitta nella felice Breanza. Et è dessa quell’antiquo e felice modo dell’aucupio che dicesi da noi della bressanella, come che provenghi da quella nobile villa che Druso chiamavala Brixia e noi diciam Bressa. Questo gradevole aucupio è nel paretaio, sovr’alle coste che soprapprendono più nel piano, dove tu vi ti ascondi, dentro le verzure e ‘l bosco di dette costole, e vi stai sufolando con intenzione grande de’ tua nervi, dall’alba a mezzo il mattino. Li augelli purtuttavia non vi vengono, non perché abbino essi alcuna astuzia o una froda siffatta da scansare quello ingegno, che poi così temibilmente li occupa, ma perché non v’ha in Lombardia nissuno augello volante, se non balsamato ne’ musei, oltracché le galline, quando tu queste vogli pur dire che son augelli. Ma «l’uomo è cacciatore» dice uno modo da noi: e tu, che sei vuomo e cacciatore e lombardo, sùfola per l’augello,e così puoi augellare per il sùfolo.
E, lasciando dell’aucupio, dirò che altri animali sono in la terra, che non sono nel cielo. Che v’ha la donnola, ovver bellòla, lo scorpio, la sanamandra, il ghiro, il tasso, l’ariccio detto l’istrice, la volpe, e ‘l più di tutti ghiotto che da noi li cacciatori grandi lo chiaman «légora», et io lo chiamo, dato l’un caso o l’altro, o gatto ovverosìa coniglio. Questa légora la fa mettere li stivali grandi a costoro, che per cacciar légora vuole calzar duo grandi stivali. Fa prendere cadauno un fucile, detto schioppo o doppietta, e tre o quattro cani ansimanti, che «tirano», che «puntano», che fanno ù, ù, ù quanto è lunga la mane; e con mille puntamenti e mille tirature e ù, ù non ne vengono a capo di nissuna légora, avvegnacché siano quaranta schioppi, ottanta stivali e cani centoventi. Solo v’ha centoventi palmi di lingua e dugentoquaranta mantici in soffio che basterebbono a Vulcano d’accender li fochi dello scudo. E v’ha di grandi e gloriosi ritorni, e poco a poco, tra li stivali e i cani, quella légora che di terra lombarda è onninamente fugitiva, se non che la entrò con l’anima dentro nel corpo di messer lo micio gnào gnào, quella légora, dico, tu te la trovi imaginata, stanata, puntata, tirata ed ancisa nei discorsi che ne fanno: e dipoi come di légora si genera légora, quella medemà doventa duo, e le duo quattro, e le quattro increscono fino a quel nòvero che quelli boriando e trionfando, con passi di Marte e stivaloni di Vinciguerra, possono sustenere col nòvero de’ conigli, o de’ gatti, o d’entrambi li generi che faranno cotti la gran festa di Nembrot in nella osteria del suo vico. Tu li senti nel treno, che con la légora e con il cane e con la pinna e con il pelo e col punta e col tira, già ti vincono il soffiare del pìffete pàffete. Tu li senti dentro cucina del trattore, urlare circa la sua imaginata légora e dirne grandissime laudi, e dipingerla così presta, così scaltra, così feroce, che quasi ella li avrebbe mangiati, se elli non erano quei virtuosi che sono. Ma incontra a loro neppur potè quella légora, benché légora la fusse al certo: che incontra a uomini così fatti, con tanto stivale nel suo pie, gli è d’uopo alla légora che infine dopo una infinita corsa la si persuada daddovero esser légora se pure al principio la fussi buon’anima del gatto, ch’era fuggito alla ciavatta di monna Perpetua.
Ed è pure, in questa generazione di felicità, una terza sottospezie, dopo l’aria e la terra: e cioè dopo lo star a sufolare nell’aucupio e il circuire nella légora. E la è questa propiamente uno stare, come l’aucupio, ma ti bisogna qui tutto il contrario che sufolare: che lo animale a che tu intendi qui non vuoi sùfolo, ma uno vermicino minimo di che si ciba, tanta è la varietà delli appetiti dei detti animali, ch’è come quella dell’uomini, che qual ciba il vermine e qual ciba lo sùfolo. Dico che questo animale non è se non il pesce, la di cui nazione è più propia nella marina, ma quando il suo regno nativo vi vengon soverchio, o è il regno troppo salso per chi non ami salsedine, vengono simili pesci a far l’ova sua in sui fiumi e di questi nei laghi. Così v’ha pesci anco nei lachi di Breanza che son cinque, e cioè l’Eupili, il laco di Oggiono, che può nelle sciutte divenir duo; e i lachi di Alserio, Segrino e Montorfano. Tu non vi peschi però né cavedoni, né trote, né anguille, né rombi, né scorfani, né naselli; e neppur quelli pesci tenche, o lucci, o lavarelli, né agoni (Corno), che i trisavoli nostri, di memoria santa, stati cent’anni in sui detti laghi, vi pescarono per la festa del Buonaparte dopo essersi lasciati pescare essi col vermicino trino, che ebbe il capo di libertà, il mezzo di egualità, e la coda di fraternità. Tu non vi peschi altro pesce che i gobbetti, o gobitt, il di cui seme fu immesso ne’ detti laghi dall’alta provvidenza di chi lo importò non so se d’America o d’Affrica o d’Oceania; che quella materia centuplicante, ch’è il seme del pesce, è bene venga dal di fuori a migliorare il di dentro. Questi gobbi hanno duo virtù grandi, che li fanno principi e civi soli delle nostrane lacustri città. Prima virtù è quella ch’essi mangiano tutti li altri infanti pesci (che nissun pesce è fante), li quali per esser più dolci e men gobbi, non hanno possa all’incontro. Seconda è ch’elli sono tanto suavi nel fritto, che men dolce non è né l’assenzio, né il fiele. Non so qual cattedra né quale ambulanza li suggerì per suo profitto a’ Lombardi, correndo gli anni di nostro Signore da 1900 a 1910. Ma la provvidenza fu certa, che, con tanta dolcezza di detti pesci gobbi, ogni villano d’Eupili ama più tosto pescar carote di pentola, che uno viperone fuor dal laco.
E v’ha una felicità sesta, ch’è uno arbore pungentissimo, ed è la robinia. Questa robinia, sopra a la terra lombarda, è più feconda che non le mosche sopra al risotto o i pesci gobbi in Eupili. Ignota in antico ai maggiori, uno grande scrittor nostro, che fece scritture assai buone e castissime, e compiacevasi a un tempo medesimo in nell’agricoltura, dicono l’avesse fatta venir d’Oceania. Ah! quanto amerei che il detto scrittore non avesse ad aver fatto quest’opera, ch’è la pessima sua: egli propagò la robinia come nessun santo apostolo ha mai propagato la Fede di N.S. In quella terra che tutta la ricopriva il folto e sano popolo delli abeti, e la mormorante abetaia, nel vento, pareva dare agli umani il suspiro e la resina, egli vi fece venire questo arbore nuovo, ch’è a quelli nobilissimi come uno signor nuovo a uno vecchio signore. Neppure li virtuosi discepoli di Nembrot vi andrebbono a cercar la légora con li stivali, dentro cotali spine della robinia. Ma la robinia cresce in tre anni quanto l’abete in trenta: più celere che la zucca dell’Ariosto salita in sul pero, da notte a mattina, e va in passo con le voglie del celere tempo; nel quale si sente che tutto ciò che è materia si muove così celermente, che messer domine Giove, se l’ fusse oggi qua e tramutatosi in toro, non arriverebbe a ingredire nella ritrosa vacca Europa; e che detta vacca al vederlo già la si sarebbe ritramutata in una comune femina, con grande berleffo del detto Giove. Ela Pasifae ch’era per contro una femina invereconda di quelli rimotissimi secoli l’avrebbe potuto con questo gran toro venire in quel suo nefandissimo connubio, sendoli mancata l’Europa in sul meglio.
Ed è settima felicità di Breanza che il vino vi viene dal colle, e la grandine vi arriva dal cielo. Tu metti l’uve ne’ filari, | poi le pigi e fai vino crodello: le torchi e ne spiccia il torchiato. Ogni cosa propiamente vi arriva da quella parte che arrivar; suole e degge: così di Milano il piffete puffete, e la reverendissima signoria; del campanile il suono delle campanone,
come lustrale acqua si spande secondo disse in una buonissima e serena poetica l’abate Giacomo Zanella; ch’era un animo alto e buono: e le campane ti mettono in corpo il giuraddìo, le mosche d’ogni dove vi vengono, la légora in ogni dove la corre e fino dentro alle spoglie delli gnàvoli, gnàvoli, il di cui principe è il grande Gnào-Gnào.
… Il vino ecc.
Ed è ottava felicità di Breanza che potrà murare un dì marmora publiche, inscritte al mio nome con dire:
Qui sul colle ch’è aperto al cielo e ridente
Non si accomunò con i vivi
II Marchese della Nobile Miseria.
Da: Carlo Emilio Gadda, Racconti dispersi, Viaggi di Gulliver, cioè del Gaddus, in Romanzi e racconti II, a cura di Dante Isella, Garzanti, Milano 1989, pagg. 960-966
Indispensabile per collocare sul piano letterario e su quello biografico questo testo consiglio questa colta analisi:
Mario Porro (cur.), Gadda e la Brianza, nei luoghi della “cognizione del dolore”, Edizioni Medusa, Milano 2007, p. 226
Il racconto che inizia con la frase “Il signor Francesco Pellegatta credeva in Dio” è stato pubblicato qui:
Carlo Emilio Gadda, Villa in Brianza, a cura di Giorgio Pinotti, Adelphi, 2007, p. 70
CARLO RIVOLTA interpreta: Platone, APOLOGIA DI SOCRATE
ASCOLTA L’AUDIO:
anche qui:
Link diretto al testo completo in Italiano (traduzione di Francesco Acri): Apologia di Socrate
segnalato da https://www.facebook.com/PlatoneIT
Il significato della morte
Consideriamo anche da questo lato il fatto che c’è molta speranza che il morire sia un bene. In effetti, una di queste due cose è il morire: o è come un non essere nulla e chi è morto non ha più alcuna sensazione di nulla; oppure, stando ad alcune cose che si tramandano, è un mutamento e una migrazione dell’anima da questo luogo che è quaggiù ad un altro luogo . Ora,se la morte è il non aver più alcuna sensazione, ma è come un sonno che si ha quando nel dormire non si vede più nulla neppure in sogno, allora la morte sarebbe un guadagno meraviglioso. Infatti, io ritengo che se uno, dopo aver scelto questa notte in cui avesse dormito così bene da non vedere nemmeno un sogno, e, dopo aver messo a confronto con questa le altre notti e gli altri giorni della sua vita, dovesse fare un esame e dirci quanti giorni e quante notti abbia vissuto in modo più felice e più piacevole di quella notte durante tutta la sua vita; ebbene, io credo che costui, anche se non fosse non solo un qualche privato cittadino, ma il Gran Re, troverebbe lui pure che questi giorni e queste notti sono pochi da contare rispetto agli altri giorni e alle altre notti. Se, dunque, la morte è qualcosa di tal genere, io dico che è un guadagno. Infatti, tutto quanto il tempo della morte non sembra essere altro che un’unica notte.
Invece, se la morte è come un partire di qui per andare in un altro luogo, e sono vere le cose che si raccontano, ossia che in quel luogo ci sono tutti i morti, quale bene, o giudici, ci potrebbe essere più grande di questo? Infatti, se uno,giunto all’Ade, liberatosi di quelli che qui da noi si dicono giudici, ne troverà di veri, quelli che si dice che là pronunciano sentenza: Minosse, Radamante, Eaco, Trittolemo e quanti altri dei semidei sono stati giusti nella loro vita”; ebbene, in tal caso, questo passare nell’aldilà sarebbe forse una cosa da poco?
E poi, quanto non sarebbe disposto a pagare ciascuno di voi, per stare insieme con Orfeo e con Museo, con Omero e con Esiodo?
Per quello che mi riguarda, sono disposto a morire molte volte, se questo è vero. Infatti, per me, sarebbe straordinario trascorrere il mio tempo, allorché mi incontrassi con Palamede, con Aiace figlio di Telamonio e con qualche altro degli antichi che sono morti a causa di un ingiusto giudizio, mettendo a confronto i miei casi con i loro ! E io credo che questo non sarebbe davvero spiacevole.
Ma la cosa per me più bella sarebbe sottoporre ad esame quelli che stanno di là, interrogandoli come facevo con questi che stanno qui, per vedere chi è sapiente e chi ritiene di essere tale, ma non lo è.
Quanto sarebbe disposto a pagare uno di voi, o giudici, per esaminare chi ha portato a Troia il grande esercito, oppure Odisseo o Sisifo e altre innumerevoli persone che si possono menzionare, sia uomini che donne?
E il discutere e lo stare là insieme con loro e interrogarli, non sarebbe davvero il colmo della felicità?
E certamente, per questo, quelli di là non condannano nessuno a morte. Infatti, quelli di là, oltre ad essere più felici di quelli di qua, sono altresì per tutto il tempo immortali, se sono vere le cose che si dicono.
Messaggio conclusivo di Socrate e commiato
Ebbene, anche voi, o giudici, bisogna che abbiate buone speranze davanti alla morte, e dovete pensare che una cosa è vera in modo particolare, che ad un uomo buono non può capitare nessun male, né in vita né in morte. Le cose che lo riguardano non vengono trascurate dagli dèi.
E anche le cose che ora mi riguardano non sono successe per caso; ma per me è evidente questo, che ormai morire e liberarmi degli affanni era meglio per me.
Per questo motivo il segno divino non mi ha mai deviato dalla via seguita.
Perciò io non ho un grande rancore contro coloro che hanno votato per la mia condanna, né contro i miei accusatori, anche se mi hanno condannato e mi hanno accusato non certo con tale proposito, bensì nella convinzione di farmi del male.E in ciò meritano biasimo.
Però io vi prego proprio di questo. Quando i miei figli saranno diventati adulti, puniteli, o cittadini, procurando a loro quegli stessi dolori che io ho procurato a voi, se vi sembreranno prendersi cura delle ricchezze o di qualche altra cosa prima che della virtù.
E se si daranno arie di valere qualche cosa, mentre non valgono nulla, rimproverateli così come io ho rimproverato voi, perché non si danno cura di ciò di cui dovrebbero darsi cura, e perché credono di valere qualche cosa, mentre in realtà non valgono niente.]
Se farete questo, avrò ricevuto da voi quello che è giusto: io e i miei figli.
Ma è ormai venuta l’ora di andare: io a morire, e voi, invece, a vivere.
Ma chi di noi vada verso ciò che è meglio, è oscuro a tutti, tranne che al dio.
Platone, Apologia di Socrate
In: Platone, Tutti gli scritti, a cura di Giovanni Reale, Rusconi, 1991, p. 44-46
Addio a Carlo Rivolta
Ai seguenti link c’è la possibilità di ascoltare alcune fra le immortali interpretazioni di Carlo Rivolta:
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Carlo Rivolta interpreta: Platone, Apologia di Socrate
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Carlo Rivolta interpreta Giobbe
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Carlo Rivolta interpreta I sommersi e i salvati di Primo Levi
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Carlo Rivolta interpreta: Carlo Emilio Gadda: Quer pasticciaccio …
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Carlo Rivolta interpreta : Carlo Emilio Gadda, La casa della Brianza e Viaggi di Gulliver, cioè del Gaddus
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Carlo Rivolta interpreta Giuseppe Pontiggia
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Carlo Rivolta interpreta Alberto Vigevani
Se vuoi trasferire sul tuo computer o su un Dvd questi audio, segui le istruzioni qui contenute:
Carlo Rivolta interpreta Giobbe, a Erba (Como), 22 giugno 2006
ASCOLTA CARLO RIVOLTA
E' morto Carlo Rivolta (14 aprile 1943 – 21 giugno 2008)
Carlo Rivolta, Attore |
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Il 21 giugno è morto Carlo Rivolta, attore (1943-2008).
Viene a mancare un pezzo della cultura italiana. Non vedo valori equivalenti sulla scena della rappresentazione artistica
Nessuno come lui sapeva far parlare un testo e riverberarlo nei suoi significati più profondi di pensiero e di sentimento.
In fondo lui usava il testo come Nina Simone usava la canzone.
Entrambi facevano vibrare la forza di quanto andavano a interpretare
Ho reagito al dolore con l’atto di “fare memoria”
Negli anni scorsi ho registrato alcune sue interpretazioni.
VAI ai seguent Link:
Carlo Rivolta interpreta: Platone, Apologia di Socrate
Carlo Rivolta interpreta Giobbe
Carlo Rivolta interpreta I sommersi e i salvati
Carlo Rivolta interpreta: Carlo Emilio Gadda: Quer pasticciaccio …
Carlo Rivolta interpreta Giuseppe Pontiggia
Carlo Rivolta legge: Carlo Emilio Gadda, La casa della Brianza
Già un’altra volta mi dicevo che abitare in provincia ha qualche svantaggio, ma anche molti pregi.
Per esempio si può vivere a 15 chilometri dai luoghi della prima fase della vita di Carlo Emilio Gadda.
E può anche capitare che un gruppo di persone abbia la bella idea di fondare un Centro Studi Gadda.
Se poi questa associazione ha l’altrettanto bella idea di organizzare pomeriggi di lettura di testi d’autore, allora si è vicini al godimento intellettuale.
Se, infine, a fare queste letture è Carlo Rivolta … beh a quel punto è fatta…
Si è manifestato un momento Zen.
Cioè una di quelle circostanze in cui, in modo ineluttabile, tutte le cose sembrano convergere a creare l’ “irripetibile dotato di significato”.
Certo occorre anche assecondare il caso: occorre che uno sia lì con l’Ipod trasformato in registratore.
Carlo Rivolta è un attore di bravura sovrumana.
Non esagero.
Quando legge un testo questo si libra in tutte le direzioni: parole, voce e corpo danno vita a una vera e propria esperienza esistenziale.
L’impasto linguistico di Carlo Emilio Gadda lo si impara ad apprezzare, fino a non poterne più fare a meno, piano piano.
Con l’adatta lentezza.
Forse ci vuole età per arrivare a goderne.
Gadda ricrea una nuova lingua.
Oppure la adatta per metterla al servizio del suo messaggio letterario.
Qui sotto, nella
“Villa in Brianza”
il tema di sfondo è una parte del suo “romanzo familiare”.
In particolare la casa di campagna voluta da suo padre e da lui detestata.
Non entro nel merito del valore letterario di questo testo.
Ne parla con competenza Mario Porro in “Carlo Emilio Gadda, Longone al Segrino e la Brianza“, in Gadda e la Brianza. Nei luoghi della “Cognizione del dolore”, Medusa editore, 2007.
Volevo condividere, con te caro lettore, il senso dell’umorismo localista che trasuda da questo testo.
Qui si ride.
Si ride di gusto.
Attenzione: ci vuole una mezz’oretta per ascoltarlo.
Sarà tempo ben usato.
I lombardi ne godranno di più, per via delle inflessioni dialettali.
Ecco la lettura:
Carlo Rivolta legge di lui dopo Auschwitz
Carlo Rivolta legge di lui dopo Auschwitz
Di lui dopo Auschwitz
Due cose a volte
immagino di lui
che esista
e dorma
fuori dal tempo
mentre noi
lo invochiamo
da dentro
Alberto Vigevani
Ma solo la voce straordinaria di Carlo Rivolta può rendere la potenza di questi versi (è la seconda poesia):
“Noi sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera,
che può suonare Bach e Schubert,
e andare a fare la sua giornata di lavoro
ad Auschwitz la mattina“.
George Steiner
e un appunto di Giulia Parini Bruno:
Il giorno della memoria è importante per tutti e per qualcuno un pò di più.
Per chi ancora ricorda, per chi non riesce neanche più a sorvolare la Germania, per quei sopravvissuti che per anni avevano paura di non essere creduti per cui tacevano, tale era l’orrore che avevano vissuto, per chi ha dovuto negare le sue origini per paura.
Per tutte queste persone vi ringrazio di ricordare.
In tutta Israele il giorno della memoria a mezzogiorno risuona l’acuto di una sirena, tutti si fermano abbandonano qualsiasi cosa stiano facendo e per un minuto si stanno immobili, è lungo quel minuto ma è un rito in cui tutto il dolore viene a galla, si è bello far tornare la memoria così.
Se riuscite il 27 gennaio abbandonatevi ad un minuto di silenzio e sentirete le loro voci che recitano il Kaddish.
Carlo Rivolta legge di lui dopo Auschwitz
Carlo Rivolta legge di lui dopo Auschwitz
Di lui dopo Auschwitz
Due cose a volte
immagino di lui
che esista
e dorma
fuori dal tempo
mentre noi
lo invochiamo
da dentro
immagino di lui
che esista
e dorma
fuori dal tempo
mentre noi
lo invochiamo
da dentro
Alberto Vigevani
Ma solo la voce straordinaria di Carlo Rivolta può rendere la potenza di questi versi (è la seconda poesia):
“Noi sappiamo che un uomo può leggere Goethe o Rilke la sera,
che può suonare Bach e Schubert,
e andare a fare la sua giornata di lavoro
ad Auschwitz la mattina“.
George Steiner
e un appunto di Giulia Parini Bruno:
Il giorno della memoria è importante per tutti e per qualcuno un pò di più.
Per chi ancora ricorda, per chi non riesce neanche più a sorvolare la Germania, per quei sopravvissuti che per anni avevano paura di non essere creduti per cui tacevano, tale era l’orrore che avevano vissuto, per chi ha dovuto negare le sue origini per paura.
Per tutte queste persone vi ringrazio di ricordare.
In tutta Israele il giorno della memoria a mezzogiorno risuona l’acuto di una sirena, tutti si fermano abbandonano qualsiasi cosa stiano facendo e per un minuto si stanno immobili, è lungo quel minuto ma è un rito in cui tutto il dolore viene a galla, si è bello far tornare la memoria così.
Se riuscite il 27 gennaio abbandonatevi ad un minuto di silenzio e sentirete le loro voci che recitano il Kaddish
A Erba è nata una associazione dedicata a Carlo Emilio Gadda
A Erba è nata una associazione dedicata a Carlo Emilio Gadda e in particolare alla sua presenza nella odiata/amata casa di Longone al Segrino.
Ieri l’attore Carlo Rivolta ha letto in modo straordinario due brani dedicati appunto alla “Villa della Brianza” (tratti forse dai Racconti dispersi o da Viaggi di Gulliver):
-
il signor Francesco Pellegatta credeva in Dio …
-
Ville che i maggiori nostri edificarono a loro dimora …
Sono diventato il socio n. 3:
Gadda è uno dei miei desideri della vecchiaia: immergermi in questa scrittura in cui le parole sono inventate come i colori di un acquarello (Bartezzaghi). Ora, purtroppo, non è ancora il tempo.
Successivamente, il 5 ottobre 2005
Caro Carlo Rivolta
In tempi diversi, nei mesi scorsi, io e mia moglie abbiamo avuto la possibilità di ascoltare ed anche registrare le sue recitazioni su testi di Carlo Emilio Gadda. Una volta a Erba e un’altra a Como.
Ne sono rimasti così colpito da mettermi ad imparare un programma per riportare la voce su un file leggibile anche su Cd. Ci sono riuscito: io sento i due compact anche dal giradischi. Spero che anche a lei possa “ritornare” la sua voce in questi “pezzi unici”.
Sono un docente di Politica sociale: il mio lavoro è documentato nel sito http://www.segnalo.it.
Sono piuttosto entusiasta delle possibilità dovute alle tecnologie: captare un’esperienza artistica di tale intensità e poterla risentire ancora.
Ma spero che in futuro anche lei metta in circolazione si compact le sue recite.
Cercherò su Internet le segnalazioni di altre sue interpretazioni. Se per caso volesse indicarmi i prossimi suoi passaggi, il mio indirizzo e-mail è: p.ferrario@tin.it
Le ripeto quello che le ho detto per telefono: “Grande Gadda, ma anche grande lei che lo ha interpretato”
Auguri per il suo lavoro
Paolo Ferrario