15 maggio 1950
Toro
15 maggio 1950
Toro
8 aprile 1950
Ariete
8 aprile 1950
Ariete
4 novembre 1949
Scorpione
“Credo di essere stato quel bambino.
Che lo sia stato non è una verità indiscutibile:
è una fede“
da Emanuele Severino in IL MIO RICORDO DEGLI ETERNI
Link:
… mi chiamo Paolo … Paolo Ferrario (1948-)
Nato nel mezzo del ‘900, morto il più tardi possibile. Gli eventi storici del 1948
Diplomato Perito Edile all’Istituto Tecnico Magistri Cumacini di Como (il 23 luglio 1968), dove ho conosciuto Dante Visconti, uno storico che mi ha trasmesso i primi e robusti orientamenti nel campo della storia moderna e della scienza politica.
Laureato in sociologia alla Facoltà di Trento (il 25 gennaio 1974), con Tullio Aymone. Oltre a lui, il docente che più ha contribuito alla mia formazione è stato Carlo Tullio-Altan.
L’incontro interpersonale con Laura Conti è stato fondamentale innanzitutto per la mia tesi di laurea sulla storia del sistema sanitario italiano e poi per strutturare il successivo percorso di ricerca e di lavoro.
Ricordo con affetto anche: Franco Fornari, Gianfranco Albertelli, Chiara Saraceno, Silvia Bonino, Paolo Bozzi.
Per molti anni (1973-1994) ho insegnato Politica dei servizi sociali alla Scuola regionale per operatori sociali del Comune di Milano (prima Ensiss, in Via Ruffini 3, poi in Via Pace, presso l’Umanitaria, e infine in Via G. D’Annunzio): ricordo con gratitudine retrospettiva i colleghi di lavoro di quella comunità scolastica.
Poi sono stato docente di Politica e legislazione sociale al corso di laurea in Servizio Sociale della Università Ca’ Foscari di Venezia (1996-2002). Ho il culto dei Luoghi e Venezia mi ha preso il cuore.
Fra il 1978 e il 1992 ho effettuato un lungo e necessario percorso psicanalitico con Claudio Risè che mi ha aiutato, con la sua profonda capacità nel lavorare con i sogni e i simboli, a cambiare i vissuti della esperienza e a ridefinire il mio personale destino. In primo luogo l’incontro con Luciana e poi questi incontri sono il vero cuore pulsante della mia vita di abitatore della terra.
Ho, come si dice, “fatto politica” (locale). Ma il 2001 mi ha aperto gli occhi ed è avvenuto il mio “To Cross the Line“.
Non sono in pensione, lavoro su committenza ed ho incarichi sporadici, sempre in materia di politica sociale, alla Università di Milano Bicocca: un luogo transizionale, che alcuni associano ai “non luoghi” e che, invece, trovo interessantissimo per la metamorfosi fra vita diurna e vita notturna.
Mi considero l’”esperto di un francobollo” (la politica dei servizi sociali, per l’appunto): e dunque devo tutta la mia vita professionale agli studenti che su questo francobollo si sono chinati con gli occhi e la mente.
In quest’ultimo tratto di vita sono diventato un intenso utilizzatore delle tecnologie del Web, che considero una estensione collettiva del cervello individuale.
Motto fondante:
“L’essere è. Il nulla non è. Questo ti esorto a considerare”
(Parmenide, Sulla natura, Frammento 6, Bompiani, 2001, p. 49),
ma con il cambiamento di prospettiva apportato da Emanuele Severino (temporalmente l’ultimo dei miei maestri, ma diventato il primo ed il più necessario):
“ci si deve mettere in cammino – un cammino che oggi non è ancora finito –
per andare alla ricerca di quell’essere che sia fuori del tempo”
(in Essenza del nichilismo, Adelphi, 1982, p. 23)
La rete biografica del mio stare in situazione:
Auguro buoni giorni a tutti e buon futuro ai più giovani
Como 8 luglio 2013, aggiornato il 20 ottobre 2015
PAOLO FERRARIO (Como, 1948-)
Paolo Ferrario, Annotazione sul risultato delle ELEZIONI POLITICHE del 24 /25 febbraio 2013
ELEZIONI POLITICHE 24 /25 febbraio 2013: le ragioni del mio voto alle liste Monti
2007: Rapporti sessuali e Partito Democratico
la seconda caduta del Governo Prodi, 24 gennaio 2008
Tappe del mio rapporto con la sinistra politica, 2006
Vite parallele: Giorgio Napolitano e Dave Brubeck, 22 aprile 2006
13 settembre 1947
Vergine
9 Maggio 1947
Toro
20 aprile 1947
Ariete
13 aprile 1947
Ariete
18 luglio 1946
Cancro
26 febbraio 1954
Pesci
28 ottobre 1944
Scorpione
12 marzo 1943
Pesci
1 aprile 1942
Ariete
21 marzo 1940
Ariete
27 gennaio 1938
11 marzo 1937
Pesci
4 dicembre 1936
Sagittario
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VITA
Nato il 26 gennaio 1929 a Brescia, Emanuele Severino si laurea a Pavia nel 1950 con Gustavo Bontadini, con una tesi su “Heidegger e la metafisica”. Ottiene la libera docenza in filosofia teoretica nel 1951. Dopo un periodo di insegnamento come incaricato all’Università Cattolica di Milano, nel 1962 diventa ordinario di Filosofia morale presso la stessa Università. Dal 1970 è ordinario di Filosofia teoretica presso l’Università di Venezia dove è stato direttore del Dipartimento di filosofia e teoria delle scienze fino al 1989.OPERE
Note sul problematicismo italiano,Brescia, 1950; La struttura originaria (1957), Milano, 1981;Studi di filosofiadella prassi(1962), Milano, 1984;Essenza del nichilismo, Milano, 1972;Gli abitatori del tempo,Roma , 1978;Legge e caso, Milano, 1979;Techne. Le radici della violenza,Milano, 1979;Destino della necessità, Milano, 1980;A Cesare e a Dio,Milano, 1983La strada,Milano, 1983;La filosofia antica,Milano, 1985;La filosofia moderna,Milano, 1985;Il parricidio mancato,Milano, 1985;La filosofia contemporanea,Milano, 1988;Il giogo, Milano, 1989;La filosofia futura,Milano, 1989;Alle origini della ragione:Eschilo, Milano, 1989;Antologia filosofica, Milano, 1989;Il nulla e la poesia. Alla fine dell’età della tecnica: Leopardi, Milano, 1990;La guerra, Milano, 1992;Oltre il linguaggio,Milano, 1992;Tautotes, Adelphi, Milano, l995.
PENSIERO
A partire da Platone una “cosa” è ciò che si mantiene in un provvisorio equilibrio tra essere e non essere. Questa “fede nel divenire” implica che
l’ “ente” sia un niente, quando non è ancora nato o non è più. E’ questa, per Severino, la “follia” dell’Occidente, il “sentiero della notte”, lo spazio originario in cui sono venuti a muoversi e ad articolarsi non solo le forme della cultura occidentale, ma anche le sue istituzioni sociali e politiche. Di fronte all’angoscia del divenire, l’Occidente, rispondendo a quella che Severino chiama la “logica del rimedio”, ha evocato gli “immutabili” (Dio, le leggi della natura, la dialettica, il libero mercato, le leggi etiche o politiche, ecc.). La civiltà della tecnica sarebbe il modo in cui oggi domina il senso greco della “cosa”. All’inizio della nostra civiltà Dio – il Primo Tecnico – crea il mondo dal nulla e può sospingerlo nel nulla. Oggi, la tecnica – ultimo dio – ricrea il mondo e ha la possibilità di annientarlo. Nella sua opera Severino intende mettere in questione la fede nel divenire entro cui l’Occidente si muove, nella convinzione che l’uomo vada alla ricerca del rimedio contro l’angoscia del divenire innanzitutto perché crede che il divenire esista.
Contributi dell’autore all’Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche:
Trasmissioni
Articoli
Aforismi
Interviste
da: Emanuele Severino.
8 agosto 1927
6 luglio 1921
Cancro
31 marzo 1921
Ariete
1 marzo 1917
11 aprile 1915
Ariete
Rispondevo:
2° metà del 900-later than never. “Perché vale la pena di vivere? E’ un’ottima domanda… Be’, ci sono cose per cui vale la pena di vivere … Per esempio, per me, direi … tutta la musica e le interpretazioni di Nina Simone … la voce di Ray Charles, quasi sempre … Il ballo di Al Pacino in Scent of a Woman … le note di John Lewis quando volano nelle fughe di Bach … Louis Armstrong, l’incisione di West and Blues del 1928 … i film di Sergio Leone … i racconti di Stephen King … gli azzurri e i gialli di Van Gogh … i quadri di Peppo Spagnoli, che dimostra che si può fare molto anche da luoghi piccoli … il definitivo e prospettico Logos-Pensiero di Silvia Montefoschi … il minimalismo, perchè sono minimo … su tutti e tutto il sorriso di Luciana …. … e poi anche … e ancora …” (rielaborato su suggestione di Woody Allen in Manhattan, con qualche cambiamento).
Alberto Cima intervista Peppo Spagnoli
In Jazz Magazine marzo – aprile 2009-05-08
Da quasi 27 anni l’etichetta varesina propone il migliore jazz italiano – senza dimenticare però quello internazionale -, di cui da sempre è vetrina attenta e stimolante, che apre ampi spazi ai giovani e alle idee innovative. Grazie in primis al suo lungimirante presidente.
Il 4 dicembre 1982 nasceva, ad Arcisate (Varese),l’etichetta discografica Splasc(H) (si legge come si scrive), acronimo di “Società Promozione Locale Arte Spettacolo e Cultura”, con l’obiettivo di favorire, senza alcun fine di lucro, attività educativo-culturali. Artefice dell’iniziativa, unitamente ad alcuni amici, Peppo Spagnoli, ancora oggi ne è il presidente, grande amante della musica afroamericana, sua passione sin dagli anni giovanili. Senza di lui – persona squisita, gentile e sempre disposta al dialogo – non avremmo una delle case discografiche più significative, non solo in ambito nazionale, tesa a valorizzare il jazz italiano in ogni suo aspetto: dalla fertile vena lirica alle atmosfere solari, dalla tecnica all’espressione, sino alla padronanza armonica. A oggi sono circa ottocento i dischi prodotti da questa infaticabile etichetta, che raccoglie il meglio del nostro panorama jazzistico, dando spazio anche alle figure emergenti, ai giovani che potranno lasciare un solco importante nella sua evoluzione.
Particolare caratteristica della Splasc(H) è pure la veste grafica, moderna e accattivante. Molte copertine sono state ideate e dipinte direttamente dallo stesso Spagnoli, che si è occupato sino a poco tempo fa di disegni per tessitura, sua fonte di reddito principale.
Lo abbiamo incontrato, per fare il punto della situazione di questi quasi 27 anni di attività discografico-musicale e per farci dire come è cambiato in questi anni il mondo del jazz italiano.
“Certamente in meglio“, ci dice con il suo fare sempre amichevole. “Ha assunto un ruolo fondamentale anche in ambito internazionale. Abbiamo musicisti di alto livello, oggigiorno fra i migliori in assoluto, americani compresi. Abbiamo giovani talenti di elevato spessore artistico, per cui non è più un jazz italiano, è jazz.“
Qual è oggi l’orientamento jazzistico europeo?
“Non c’è una rivoluzione o un’evoluzione eclatante, com’è avvenuto negli anni 60/70. Si rimane in buona parte ancorati all’hard bop. Molti musicisti italiani, ad esempio, si riconoscono in questo stile. Penso che oggi non si possa più dire “il jazz italiano fa” oppure “il jazz americano fa”, ormai il jazz è universale. I nostri artisti (italiani ed europei) sono molto attenti e sensibili, per cui si evolvono naturalmente in linea con quello che succede nel mondo. Il jazz europeo, italiano e francese in particolare, ha raggiunto un livello elevatissimo. Restano sì i caratteri, ma nel dettaglio quello che succede in questi Paesi è lo stesso che accade in tutto il mondo.”
Quali sono i giovani emergenti?
“Ce ne sono tanti e non vorrei dimenticarne qualcuno. Però posso ricordare in questo momento Felice Reggio (trombettista, nonché direttore e arrangiatore), Max Tempia (organista), Massimo Serra (batterista), Duccio Bertini (sassofonista e clarinettista), Vincenzo Iacono (chitarrista), Pino Jodi-ce (pianista), Giuliana Soscia (fisarmonicista e cantante), Stefano D’Anna (sassofonista) e la sassofonista Helga Planken-steiner, che suona spesso in gruppi italiani
Quali sono state le maggiori difficoltà che ha dovuto superare in questi ultimi anni di attività?
“In primo luogo sicuramente difficoltà di carattere finanziario, dovute al calo di vendite dei ed. Non si possono stampare meno di 500 copie per ogni disco, poiché la produzione in un certo senso è fissa, ma la vendita è molto più lenta, si produce, ma non sempre si vende o si vende poco. Adesso si scarica quasi tutto da Internet.”
C’è ancora, secondo lei, un futuro per il Cd?
“Credo di sì, anche se si tende ad acquistare sempre meno musica con i supporti tradizionali. Come dicevo la musica prevalentemente si scarica. Per i giovani stare al pc è come un gioco; lo sanno utilizzare meravigliosamente e non trovano le difficoltà che incontrano quelli della mia generazione.”
Però si può dire che molti grandi jazzisti italiani abbiano mosso i primi passi proprio con la Splasc(H)…
“Non i primi passi, ma il primo passo. Il primo disco, Lunet,era stato registrato il 17 marzo 1982 con l’European Quartet di Gianni Basso, a cui era seguito il Guido Manusardi Quintet in Bridge Into The New Generation. Nel 1984 aveva visto la luce Streams con Tiziana Ghiglioni e il suo Sextet. È stata una delle prime al mondo a cantare brani di Thelonious Monk. Qui appariva, in veste di direttore artistico e pianista, l’indimenticato Luca Flores. Persino Paolo Fresu (Ostinato,1985) è stato tenuto a battesimo dalla Splasc(H). Mi piace poi ricordare anche Pietro Tonolo, Pino Minafra, Stefano Battaglia, Roberto Ottaviano, Attilio Zanchi, Riccardo Fassi, Tiziano Tononi, Tino Tracanna, Paolino Dalla Porta, Umberto Petrin, Antonello Salis, Arrigo Cappelletti… So di non poterli citare tutti, e questi sono solo alcuni.”
Flores è stato una punta di diamante della sua etichetta. Come ricorda questo pianista prematuramente scomparso?
“Lo ricordo con grande affetto. Ero rimasto molto colpito dalla sua arte e dal suo modo di suonare. Notevoli i suoi arrangiamenti e l’orchestrazione, ottimo come pianista. In lui non vi era solo tecnica, ma anche emozione. In qualche modo, con la sua produzione artistica, è rimasto legato a me. Ricordo ancora, come se fosse oggi, il suo piano solo prodotto poco prima di suicidarsi. “How Far Can You Fly” è una delle sue composizioni straordinarie. Dopo un periodo di oblio è ritornato in auge grazie al libro scritto da Walter Veltroni.”
Quale ricordo ha invece di Giancarlo Prina, indimenticabile batterista?
“Non ho un ricordo diretto, con me infatti non ha mai inciso alcun disco a suo nome, ma era presente come batterista in vari gruppi. Mi ricordo l’ultimo ed, bellissimo, con il pianista Giuseppe Emmanuele. Prina è stato indubbiamente un grande batterista, un artista eccellente, fuori dalla normalità. Era già un grande, lo si sentiva nel tocco, sin dagli esordi, già molto apprezzato.”
La Splasc(H) si è sempre caratterizzata per essere, in un certo senso, la portavoce del nuovo jazz italiano. Ancora oggi l’etichetta mantiene questa prerogativa?
“Senz’altro. È vero, è stata la portavoce del jazz italiano e continua a esserlo. Carattere particolare dell’etichetta è quello di offrire una musica fresca, nuova, sempre in divenire. Direi alla pari con le espressioni e le manifestazioni che caratterizzano questa musica in tutto il mondo.
” Ricorda qualche aneddoto?
“Siamo nel 1983: in quel periodo sognavo il jazz anche di notte. Si sposava mia figlia Simona e, per l’occasione, avevo pensato a un evento jazzistico. Avevo così invitato Basso e Manusardi a esibirsi in un locale di collina, un ristorante a Montallegro, vicino Varese. Era il primo incontro per tutti e due e si temevano, ognuno aveva “paura” dell’altro. Improvvisamente si erano trovati insieme a suonare, senza avere fatto delle prove. Era tutto improvvisato, nel miglior stampo della musica jazz. Finiva un assolo e subito ne cominciava un altro, senza tregua: ne sono uscite tante cose interessanti. Nacque così il disco Maestro+Maestro = Exciting Duo, inciso a Induno Olona il 20 febbraio 1983.”
Avete però dato vita anche a una collana di musica straniera…
“Sì. È quella che ho denominato “World Series”, ossia una collana in cui ci sono musicisti americani e comprende un centinaio di titoli. Grandi sono gli interpreti: da Anthony Braxton e Dave Douglas a Butch Morris, da Sheila Jordan a Tim Berne, da Henry Texier e Mick Goodrick a William Parker, da Matthew Shipp a David S. Ware. Di grande interesse è anche la “Contemporary Series”, in cui la figura di Andrea Rossi Andrea emerge in modo evidente.”
Qual è l’obiettivo della “Splasc(H)” nei prossimi anni?
“È triste doverlo ammettere, ma il primo obiettivo è sopravvivere. Ce in realtà una crisi del disco che fa paura. Tutti sperano che possa essere superata, ma… Dobbiamo resistere, resistere, resistere. Sono certo che il ed, o qualsiasi possibile evoluzione tecnica, non sparirà, come non spariranno i libri, Ma forse più che una certezza è la speranza di chi, su dischi e libri, ha fondato la propria vita. Bisogna attenersi ai fatti: il disco è crollato; e come dicevo prima sta imperando il computer. Ed è per questo motivo che la nostra etichetta sarà pronta a breve per riversare la propria musica sulle più importanti piattaforme web. Cominceremo sicuramente dai dischi ormai esauriti da tempo, la cui richiesta è ancora molto viva, ma contiamo, con il consenso dei musicisti, di estendere questa opportunità a tutto il catalogo.”
C’è qualche progetto, nel quale crede, che uscirà prossimamente in Cd?
“Sì. È un disco di Ghiglioni che canterà composizioni di Mal Waldron. Atteso da parecchio tempo, quest’anno finalmente uscirà. Sarà un’occasione speciale perché coinciderà con i trentanni di carriera di Tiziana, un grande traguardo per una delle vocalist più importanti del panorama del jazz italiano. Penso che sia una prova superba. Waldron è un compositore eccellente, la sua musica non è semplicissima, ma la voce di Tiziana, con l’ottima interpretazione, lo ha trasformato in un caposaldo.”